Un team di ricercatori di fisica e AI, guidato dal MIT - Massachusetts Institute of Technology, sfrutta intelligenza artificiale e machine learning per studiare la fisica delle particelle. E se la portata della ricerca in questo campo dovesse sfuggirci, ci basti sapere che, tra le applicazioni sviluppate in passato, frutto di ricadute tecnologiche di alcuni progetti, figurano il World Wide Web, il protocollo http, il linguaggio HTML e la PET - Positron Emission Tomography, tecnica di medicina nucleare per lo studio delle patologie neoplastiche.
Quello dell’intelligenza artificiale applicata alla fisica nucleare è, in questo momento, il tema centrale del National Science Foundation Institute for Artificial Intelligence and Fundamental Interactions (IAIFI), composto da ricercatori di fisica e AI presso le università del MIT – Massachusetts Institute of Technology, di Harvard, della Northeastern University di Boston e della Tufts University, vicino Boston.
In particolare, questo inedito ambito di ricerca – servendosi di algoritmi di machine learning – studia come effettuare calcoli precisi relativi ai principi che regolano il Modello Standard della fisica delle particelle.
Che cos’è la fisica delle particelle? È quella branca sperimentale della fisica moderna che studia l’infinitamente piccolo, ovvero le particelle elementari che costituiscono la materia.
Per osservare in laboratorio il comportamento di queste particelle, vengono utilizzati macchinari come i grandi acceleratori, in cui protoni o elettroni vengono portati a velocità che si avvicinano a quella della luce. Il Modello Standard è il nome della teoria che descrive le interazioni fra le particelle elementari, messa a punto in seguito agli esperimenti realizzati negli ultimi decenni.
Per comprendere la portata della ricerca nell’ambito della fisica delle particelle, basti ricordare che, tra le applicazioni sviluppate in passato, frutto di ricadute tecnologiche di alcuni progetti, figurano il World Wide Web, nato all’interno del CERN per migliorare gli strumenti di comunicazione scientifica; il protocollo http e il linguaggio HTML; i rivelatori di particelle utilizzati per la diagnostica medica e la tomografia a emissione di positroni (o PET, dall’inglese Positron Emission Tomography), tecnica di medicina nucleare per lo studio delle patologie neoplastiche, la diagnosi delle demenze e studi di neuroimaging funzionale.
Artificial intelligence e fisica nucleare: le tecniche del machine learning per il campionamento del flusso di dati
Il Modello Standard della fisica delle particelle descrive tutte le particelle elementari conosciute e tre delle quattro forze che governano l’universo: forte, elettromagnetica e debole (la quarta è la forza gravitazionale, per la quale, ad oggi, non esiste ancora una teoria coerente).
Ma, per gli studiosi, questo modello presenta un problema: quello delle risorse di calcolo. Puntualizza Phiala Shanahan, professore di fisica presso il MIT – Massachusetts Institute of Technology:
“Studiare la fisica delle particelle significa fare riferimento a calcoli numerici su larga scala. E questo, per noi ricercatori, comporta diverse difficoltà. Ad esempio, per indagare le proprietà di protoni, neutroni e nuclei, molti aspetti della ‘forza forte’ richiedono una simulazione numerica su una scala che va da 1/10 a 1/100 della dimensione di un protone. Ma non abbiamo abbastanza risorse di calcolo, anche se utilizzassimo i più grandi supercomputer del mondo. Siamo limitati, dal punto di vista computazionale”
Per superare questi limiti, Shanahan guida un gruppo di ricercatori del MIT impegnati nel coniugare fisica nucleare e modelli di machine learning, dimostrando come l’integrazione delle simmetrie della fisica delle particelle, da un lato, e le tecniche nel machine learning e delle architetture di intelligenza artificiale dall’altro, sia in grado di fornire algoritmi molto più veloci per applicazioni di fisica nucleare.
La tecnologia alla base del machine learning, in realtà – aggiunge il professore – in questo caso viene sfruttata non per analizzare grandi quantità di dati, ma per velocizzarne il campionamento, vale a dire per scegliere accuratamente (e velocemente) la sotto-porzione di dati più rappresentativa ai fini della ricerca.

Le teorie della fisica integrate nelle architetture AI: gli scenari futuri
“Grazie a questi calcoli su larga scala, abbiamo la possibilità di studiare il funzionamento interno del Modello Standard della fisica delle particelle, la teoria fondamentale sulla composizione della materia. E di poter confrontare i nostri risultati con quelli di altri lavori, come, ad esempio, il Large Hadron Collider, acceleratore di particelle presente presso il CERN di Ginevra, utilizzato per ricerche sperimentali nel campo della fisica delle particelle. Oltre a questo, il confronto ci preme anche per rilevare eventuali falle nel modello che abbiamo sviluppato, in modo da poterlo trasformare in qualcosa di ancora più completo e puntuale” sottolinea Phiala Shanahan.
“Con questo lavoro, non solo abbiamo dimostrato che è possibile combinare teorie della fisica e tecniche di AI, ma che questa combinazione porta ad applicazioni interessanti” afferma Gurtej Kanwar collega del professor Shanahan presso il Massachusetts Institute of Technology. E, alla domanda sugli scenari futuri, rimarca:
“Stiamo già pensando a come superare le difficoltà che il nostro approccio ancora incontra nell’eseguire simulazioni su vasta scala. E mi auguro, nei prossimi due anni, di riuscirci. Se saremo in grado di farlo, questo significherebbe potere eseguire calcoli in grado di giungere a nuove intuizioni sulla materia e a spingerci oltre la nostra attuale comprensione della fisica”
Ricordiamo, infine, che i ricercatori dell’IAIFI – di cui fanno parte anche i ricercatori di fisica e AI del MIT – stanno lavorando anche a un metodo che consentirebbe di utilizzare l’intelligenza artificiale per elevare il potenziale di alcune strutture, tra cui il Large Hadron Collider (al quale ho accennato) e il Laser Interferometer Gravity Wave Observatory (LIGO), osservatorio statunitense ideato per il rilevamento delle onde gravitazionali.