Dalla base comune della disciplina del design thinking sono state intrapresi vari indirizzi metodologici, volti a soddisfare al meglio le esigenze degli specifici ambiti di impiego. È il caso del creative problem solving, che si propone di individuare soluzioni ai problemi mediante un approccio creativo, basato su tecniche come il brainstorming, che facilitano la generazione di idee innovative, in grado di uscire dagli schemi consolidati per garantire al business nuove prospettive di sviluppo e crescita.

Cos’è il creative problem solving

Il creative problem solving, riscontrabile anche con l’acronimo CPS, è un metodo che consente di risolvere problemi e trovare opportunità nei contesti in cui gli approcci di pensiero tradizionali si rivelano inefficaci. Il CPS incentiva l’adozione di nuove prospettive, capaci di guidare verso soluzioni realmente innovative, in grado di superare i problemi previsti e raggiungere con successo gli obiettivi di business.

La genesi del creative problem solving risale addirittura agli anni Quaranta del Novecento, quando Alex Osborn, fondatore della Creative Education Foundation, lo ha sostanzialmente introdotto con il nome di brainstorming.

Successivamente, insieme e Sid Parnes, lo stesso Osborn ha definito il Creative Problem Solving Process, che rimane tuttora un valido framework per approcciare con successo tale disciplina, oltre che un’instancabile fonte di ispirazione per gli strumenti e le metodologie di CPS che si sono susseguite nel corso di tutti questi anni.

Tra I modelli di creative problem solving più recenti è opportuno segnalare sin d’ora i quattro step del CPS Learner’s Model, messo a punto, tra gli altri, da Gerard J. Puccio e Marie Mance, ancora sotto l’egida della Creative Education Foundation.

Un’altra risorsa molto utile per iniziare ad applicare concretamente il creative problem solving è costituita dal testo di Sam Kaner: Facilitator’s Guide to Participatory Decision-Making, pubblicato per la prima volta nel corso del 2001.

Per comprendere lo spirito che ispira l’adozione del creative problem solving è necessario partire dal presupposto che innovare prodotti, servizi e soluzioni nei vari ambiti di business è tutt’altro che semplice, soprattutto se si procede con i consueti schemi di ragionamento e ci si confronta con i vincoli prima ancora di aver immaginato nuove possibilità.

Il creative problem solving cerca di uscire dall’immobilismo delle idee alternando fasi di pensiero divergente a fasi di pensiero convergente.

Il pensiero divergente (divergent thinking) è un processo che consiste nella generazione di molte possibili soluzioni ad un problema. Il pensiero convergente (convergent thinking) procede con la valutazione delle idee formulate nelle fasi di pensiero divergente per cercare di individuare la più idonea e procedere nel suo sviluppo.

È fondamentale che i facilitatori che impiegano il CPS sappiano distinguere bene questi due momenti, resistendo alla tentazione di adottarli simultaneamente. La corretta alternanza di fasi divergenti e fasi convergenti è indispensabile per evitare bias e distorsioni che potrebbero dare luogo a soluzioni poco bilanciate.

Perché utilizzare il creative problem solving

Una delle principali particolarità del creative problem solving coincide con l’essere decisamente meno strutturato rispetto ad altri processi utilizzati nell’ambito dell’innovazione, per incoraggiare lo sviluppo di idee in maniera libera ed incondizionata. Tra i principali benefici che le aziende possono ottenere grazie all’adozione del creative problem solving nei momenti di ricerca dell’innovazione, figurano:

  • Trovare soluzioni creative a problemi complessi
  • Prepararsi ed adattarsi al cambiamento
  • Contribuire all’innovazione e alla crescita aziendale

In particolare, l’ultimo degli aspetti citati è probabilmente il più rilevante, se si considera la capacità del creative problem solving di andare ben oltre la soluzione dei problemi comuni e dei problemi complessi, soprattutto se impiegato in combinazione con i futures studies. Il CSP è in grado di ispirare nuove linee di prodotti, servizi e modificare in maniera radicale la struttura operativa dei processi esistenti per incrementarne l’efficienza e l’adattabilità verso gli scenari futuri, di fatto anticipandoli.

Molti stakeholder dell’innovazione, tra cui il World Economic Forum, sostengono dichiaratamente che tra le skill che caratterizzeranno i lavori del futuro vi siano le capacità creative nel problem solving, al punto che i candidati per le posizioni aperte dovranno dimostrare di esserne in possesso.

I principi fondamentali del creative problem solving

Secondo il CPS Learner’s Model, curato e pubblicato dalla Creative Education Foundation, il creative problem solving si basa su quattro principi fondamentali, che citiamo espressamente:

  1. Il pensiero divergente e il pensiero convergente devono essere bilanciati. La chiave della creatività risiede nel bilanciare il pensiero divergente e convergente, svolgendoli in separata sede, oltre ad intuire quando sia meglio praticare l’uno, piuttosto che l’altro.
  2. Considerare i problemi come domande, inquadrandoli nella prospettiva di domande aperte a cui sia possibile offrire una possibilità di risposta multipla, in modo da favorire la varietà delle soluzioni. Dalle domande che prevedono risposte chiuse, come un si o un no, sarebbe altrimenti complesso trovare spunti ed approfondimenti in grado di favorire l’innovazione.
  3. Differire e rimandare le decisioni, in modo da non limitare la portata innovativa delle idee formulate in fase di brainstorming. In particolare, le fasi dedicate al pensiero convergente non devono assumere un approccio sbrigativo.
  4. Focalizzarsi sul “si, e…” piuttosto che sul “no, ma…”, per incoraggiare i partecipanti alle sessioni previste nelle varie fasi del CPS ad assumere un atteggiamento propositivo ed orientato ad allargare la visione e il pensiero nei confronti delle nuove possibilità per risolvere un problema. Secondo quanto indicato dal CPS Learner’s Model, l’impiego del “ma”, che sia preceduto dal si o dal no, tende a chiudere una conversazione, oltretutto negando quanto affermato in precedenza, e sarebbe pertanto da scoraggiare nel contesto dei lavori collegiali.

Gli strumenti del mestiere

Sin dai primi lavori di Osborn, l’intento dei facilitatori del creative problem solving è stato creare dei framework e degli strumenti pratici, utili a supportare le sessioni di lavoro con gli stakeholder.

I più comuni sono i seguenti, ma è opportuno sottolineare in prima istanza come si tratti di strumenti che vengono quasi sempre personalizzati per rispondere nel modo migliore alle esigenze specifiche, che possono variare sensibilmente in ogni contesto applicativo.

Creare un problema

Il primo step, quando si tratta di innovare, coincide spesso con la creazione di una storia relativa ad un problema, per capire come questo condiziona gli utenti e quali soluzioni potrebbero adattarsi nel modo migliore ai loro bisogni. Tale processo si articola in varie fasi specifiche:

  • Identificare il problema, altrimenti noto come fenomeno indesiderato (undesired phenomena – UDP).
  • Muoversi in avanti nel tempo, chiedendosi in primo luogo perché quello considerato sia un problema, ed accertarsi che sia tale.
  • Muoversi all’indietro nel tempo, interrogandosi sulle cause che hanno generato il problema, per individuarne sostanzialmente la radice, attraverso la formulazione di varie ipotesi, a cui dare sostanzialmente una risposta.
  • Rompere le catene, cercando di collegare le varie storyline UDP formulate nelle prime fasi, ai fini di rompere i legami che frenano l’innovazione. Ciò avviene solitamente usando due metodi: l’inversione, che prevede quale soluzione l’esatto opposto del problema, e la neutralizzazione, tesa ad eliminare la relazione causa-effetto alla base del problema stesso.

Brainstorming

Il brainstorming è una tecnica molto diffusa nel creative problem solving, al punto che i due termini spesso vengono utilizzati quali sinonimi, anche per via della definizione originale di Osborn. Tuttavia, il brainstorming, nella sua concezione attuale, risulta quale uno strumento utile per supportare le fasi ideative del CPS e del design thinking nella sua accezione più generale.

Il brainstorming si attua quale processo iterativo in cui gli stakeholder vengono invitati a discutere apertamente riguardo a vari argomenti, in maniera collegiale, stimolando la soluzione ai problemi identificati. Tale approccio facilita la creazione e l’esplorazione delle fasi ideative, favorendo soprattutto l’adozione di varie prospettive e vari punti di vista, che potrebbero venire ignorati qualora il processo creativo fosse demandato al singolo individuo o a pochi specialisti, qualora questi non fossero dotati dell’opportuna visione di insieme.

Facilitare una sessione di brainstorming è un compito spesso più arduo di ciò che potrebbe apparire in prima istanza, in quanto richiede una notevole esperienza e sensibilità nell’alternare le fasi di pensiero divergenti e le fasi di pensiero convergenti indispensabili per focalizzare e sperimentare le idee in oggetto di comune riflessione. Le sessioni di brainstorming condotte da un facilitatore esperto possono generare un notevole valore aggiunto nel contesto aziendale, soprattutto per la capacità di focalizzare in maniera puntuale sugli effettivi problemi da risolvere.

Scenari alternativi (mondi alternativi)

Il metodo degli scenari alternativi consiste in un approccio empatico per favorire la risoluzione creativa dei problemi individuati, incoraggiando pertanto la valutazione degli stessi in una situazione differente. In altri termini, ci si chiede come quel problema verrebbe risolto da qualcuno in uno scenario differente.

Tale approccio è molto utile per capire se e come lo stesso problema, uno simile, o uno causato dalle medesime circostanze, è già stato risolto in altri contesti o ambiti applicativi, in modo da trarre utili spunti in relazione al caso specifico.

A partire da questa constatazione, si procede alternando fasi di pensiero divergente e convergente per adattare le soluzioni opzionate. In questa sede, il ruolo del facilitatore diventa soprattutto quello di evitare di “dare per buona” la soluzione degli scenari alternativi, favorendo un’adozione aperta ed orientata alla soluzione del caso specifico.

Creative problem solving e design thinking

Dopo aver individuato in cosa consiste il creative problem solving, quali siano i suoi fondamenti e le principali tecniche utilizzate, possiamo comprendere al meglio come questi venga contestualizzato nella più ampia disciplina del design thinking.

L’approccio creativo al problem solving è infatti utilizzato molto spesso quando nel contesto aziendale emerge la volontà di sviluppare nuove idee e soluzioni innovativi a problemi che in molti casi devono essere prima di tutto identificati in maniera puntuale e facilmente comprensibile per tutti gli stakeholder (spesso ricorrendo anche al cosiddetto creative confidence). Non a caso le prime fasi dei lavori sono sempre orientate al problem finding, entrando soltanto successivamente nel contesto del problem solving.

Questa precisazione ci consente di comprendere il senso del CPS nel contesto di una disciplina maggiormente strutturata come il design thinking. Per comprendere al meglio in cosa consiste, prendiamo spunto dal framework del corso Design Thinking and Innovation, tenuto da Dean Srikant Datar presso la Harvard Business School.

Il design thinking è un processo human-centered che si focalizza sulla creazione e sullo sviluppo delle soluzioni ai problemi, attraverso quattro fasi fondamentali, articolate secondo un vero e proprio framework:

  • Clarify (Chiarimento): consiste nel generare empatia con gli utenti ai fini di identificare i problemi, supportandole attraverso ricerche approfondite, arrivando a riformularli in vere e proprie domande, a cui gli stakeholder sono tenuti a dare una risposta secondo varie prospettive.
  • Ideate (Idea): è il processo in cui vengono formulate le nuove idee, cercando approcci divergenti, da far convergere con tecniche di problem solving. È proprio qui che si contestualizza nello specifico il creative problem solving, che può tuttavia trovare luogo e consapevole applicazione anche nelle fasi successive.
  • Develop (Sviluppo): le idee selezionate vengono verificate in termini di fattibilità e condotte verso i successi stadi di sviluppo, adottando soprattutto un approccio convergente, per arrivare a definire dei veri e propri prototipi da sottoporre all’approvazione finale da parte degli stakeholder.
  • Implement (Implementazione): dall’approvazione del prototipo si entra nel merito del testing e della sperimentazione finalizzata all’effettiva implementazione dei nuovi progetti / prodotti nei processi esistenti, o nel loro lancio sul mercato.
Scritto da:

Nicoletta Boldrini

Futures & Foresight Director | Editor in Chief Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin