L'eucalipto è tra gli alberi forestali più piantati al mondo. Tuttavia, la sua diffusione come pianta esotica può alterare gli equilibri all’ecosistema locale. Per mitigare il suo flusso genico, è stata mutata, per mezzo del sistema CRISPR Cas9, la sequenza del DNA deputata alla fioritura, senza comunque intaccare lo sviluppo vegetale, la fisiologia e la morfologia dell’organismo.
TAKEAWAY
- Si chiamano “specie invasive” quelle piante che si trovano a crescere in luoghi diversi dalle loro aree di origine naturale, alterando gli equilibri locali fino a provocare gravi impatti sugli ecosistemi.
- In Europa, si stima che, di circa 12.000 specie esotiche presenti – tra animali e vegetali – il 10-15% sia invasivo. E dal 2015, nei paesi UE, è in vigore un Regolamento volto a prevenire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive.
- L’eucalipto, oltre a essere tra le specie esotiche più invasive, è anche tra gli alberi forestali più piantati al mondo. E, per mitigare il suo flusso genico, è stata mutata la sequenza del DNA deputata alla sua fioritura con la tecnica del CRISPR Cas9.
CRISPR cas9 e specie invasive, ovvero un tema inedito, che vede il più recente strumento di editing genomico intervenire, modificandole, su parti della sequenza del DNA di quelle piante che – trasportate intenzionalmente o accidentalmente dall’uomo – si trovano a crescere in luoghi diversi dalle loro aree di origine naturale.
Piante esotiche, dunque. Definite “invasive” perché, per sopravvivere in ambienti a loro estranei, fanno appello alle proprie capacità competitive, alterando gli equilibri locali fino a provocare gravi impatti sugli ecosistemi e, conseguentemente, sull’essere umano, il quale ne fa parte.
In natura, l’equilibrio è paragonabile alla trama di un tessuto. Quando viene a mancare, si crea uno squarcio di cui risentono tutti i fili dell’ordito. Non è tanto una questione di “ordine”, quanto di armonia dinamica tra tutti gli organismi.
Quello delle piante esotiche invasive è un problema avvertito a livello globale. Circa il 7% delle foreste, nel mondo, sono piantagioni e il 25% di quest’area contiene piante non autoctone e ibride. In particolare, all’interno della comunità scientifica europea se ne dibatte da tempo. Qui si stima che, di circa 12.000 specie esotiche presenti – tra animali e vegetali – il 10-15% sia invasivo.
E dal 2015, nei paesi dell’UE, è in vigore il Regolamento 1143/2014 – recepito, in Italia, col D. Lgs. n. 230/2017 – volto a prevenire e a gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive, con – allegate – le liste delle 66 specie esotiche invasive di rilevanza unionale, di cui circa la metà sono vegetali.
Tra queste ultime, piante come l’Ailanto, l’Albero delle farfalle, l’Ambrosia con foglie di artemisia, il Panace di Mantegazza, il Poligono di Boemia e il Senecio sudafricano. E anche l’Eucalipto – sempreverde appartenente alla famiglia delle Myrtaceae, originaria dell’Australia meridionale – tra gli alberi forestali più diffusi al mondo, esteso su 5,7 milioni di ettari in Brasile, 4,5 milioni di ettari in Cina e 3,9 milioni di ettari in India.
CRISPR cas9 e specie invasive: l’intervento di mutazione genetica sul DNA dell’Eucalipto per renderlo sterile
Resistente ai parassiti, particolarmente apprezzata per il suo legname resistente e l’olio che ne deriva, l’Eucalipto, in qualità di pianta esotica, è in grado di creare criticità agli equilibri dell’ecosistema locale.
Più nel dettaglio, le sue piantagioni – notano gli scienziati – sono la causa di mescolanze problematiche con gli ecosistemi nativi. Una soluzione possibile sta nell’eliminare la capacità, da parte di questi alberi, di riprodursi. In poche parole, nel renderli sterili, riducendo, così, il loro potenziale di diffusione invasiva in quelle aree in cui questo è considerato un importante nodo sotto il profilo ecologico.
In tema di CRISPR cas9 e specie invasive, è stato il professor Steve Strauss, della Oregon State University, – alla guida di un team di studio internazionale al quale hanno preso parte l’Università del Colorado, l’Università Forestale di Pechino e l’Università di Pretoria, in Sudafrica – a dimostrare come, servendosi della tecnica di editing genomico CRISPR Cas9, sia possibile mitigare il flusso genico della pianta di Eucalipto, eliminando (dal genoma) LEAFY, il gene deputato alla formazione dei suoi fiori, senza comunque andare a intaccare lo sviluppo vegetale, la fisiologia e la morfologia dell’albero. Spiega lo scienziato:
“Nel corso degli esperimenti – condotti su un ibrido formato da due specie, l’Eucalyptus grandis e l’Eucalyptus urophylla – i fiori non si sono mai sviluppati, dunque non hanno prodotto polline per riprodursi. E questo non ha causato effetti negativi né sulla crescita, né sulla forma degli alberi. Uno studio sul campo sarà il passo successivo della ricerca, finalizzato a uno sguardo più attento alla stabilità dei tratti di sterilità vegetativa e floreale. Anche se, con questa mutazione del gene, ci aspettiamo un’elevata affidabilità per tutto il ciclo di vita di questa specie vegetale”
Il no (di ancora molti Paesi) alle tecniche di ingegneria genetica sugli organismi vegetali
CRISPR cas9 e specie invasive, come accennato all’inizio, è un tema inedito. E questa ricerca segna la prima applicazione di successo dell’editing genomico alla risoluzione di un problema correlato all’ecosistema delle foreste e ai loro equilibri. Lo studio che porta alla modifica – con il taglio del gene LEAFY – della sequenza del DNA della piana di Eucalipto, è in corso nei laboratori di molti paesi nel mondo.
Il riscaldamento globale – aggiunge Steve Strauss – sta avendo impatti molto forti sulle foreste a livello globale. E l’editing genomico potrebbe rappresentare un nuovo importante strumento per rendere più forti alcuni organismi vegetali.
Nonostante, però, i risultati promettenti ottenuti dalla ricerca, in Brasile – paese con il più grande valore economico derivante dalla coltivazione di alberi di Eucalipto – questa pianta geneticamente modificata non ha potuto essere piantata, a causa di una legislazione che si oppone all’ingegneria genetica sui vegetali.
Ma questo è un punto spinoso che non tocca solo lo Stato sudamericano, bensì numerosi paesi del mondo, le cui politiche eccessivamente restrittive in materia di ricerca biotecnologica – rimarca il professore – sono da ostacolo al progresso della scienza. E conclude:
“Come scienziati, io e il mio team ci auguriamo che studi come questo – il quale mostra quanto precisa e sicura possa essere la tecnologia nel modificare i tratti genetici di un organismo vegetale e che contribuisce a promuovere la sicurezza degli ecosistemi – possano aiutare a fare evolvere le posizioni rigide di alcuni paesi, come peraltro già accade in molte altre realtà nel mondo”