Grazie a Internet, alle tecnologie 3D e alle tecniche di OSINT (Open Source INTelligence), sono stati avviati progetti collettivi finalizzati a digitalizzare i beni culturali delle zone di crisi, per conservare la loro memoria nel caso in cui dovessero essere distrutti dagli eventi bellici. Il successo di iniziative come Backup Ukraine, SUCHO, REKREI e delle investigazioni di Forensics Architecture aprono l’era dei moderni Monuments Men.

TAKEAWAY

  • Per salvare i beni culturali dell’Ucraina dalla guerra, sono nate iniziative open source come Backup Ukraine e SUCHO, capaci di coinvolgere attivamente community composte da migliaia di volontari, tra addetti ai lavori e semplici cittadini, uniti nell’intento di preservazione culturale.
  • Il progetto collettivo open source REKREI ha consentito di digitalizzare in 3D decine di reperti distrutti o rubati dall’ISIS durante la crisi in Siria, onorando la memoria dell’archeologo Khaled al-Asaad, martirizzato a Palmira nel 2015.
  • Forensics Architecture ha utilizzato un’ibridazione tecnologica senza precedenti, per costituire le prove utili all’Associazione per la difesa dei diritti umani Al-Haq per denunciare Israele del sistematico apartheid culturale condotto contro il popolo palestinese.

Salvare i beni culturali dalla furia della guerra è da sempre uno dei pilastri della Cultural Heritage, nelle sue molteplici sfaccettature. In passato, ci ha regalato storie di incredibile tensione e fascino, come quella dei Monuments Men, una task force istituita dalla Mfaa (Monuments, fine arts and archives) per salvare le opere d’arte requisite dai nazisti dalle collezioni pubbliche e private dei territori occupati dalle armate di Hitler.

I Monuments Men erano, a tutti gli effetti, un reparto speciale formato da 345 professionisti reclutati tra storici dell’arte, specialisti in ambito museale, architetti ed esperti di archivistica di tutto il mondo. Con le armi affilate della cultura, sono riusciti a recuperare oltre centomila opere d’arte, per restituirle ai legittimi proprietari e alla memoria collettiva.

Oltre alle testimonianze storiche, la loro straordinaria missione culturale è stata raccontata al grande pubblico dal film Monuments Men (2014), prodotto, diretto e interpretato da George Clooney con il supporto di un cast stellare, in cui figurano anche Matt Damon, Cate Blanchett e Bill Murray. La sceneggiatura, non originale e romanzata ad arte, è tratta dall’omonimo libro di Robert Edsel, ricercatore particolarmente prolifico nel riscoprire e documentare l’attività della Mfaa.

Il termine della seconda guerra mondiale non ha purtroppo fermato l’escalation dei conflitti nei decenni successivi. Il tema legato alla tutela e alla conservazione dei beni culturali minacciati dall’azione bellica si dimostra più che mai attuale.

Tuttavia, le tecnologie 3D, Internet e i social network offrono ai missionari della cultura una grande quantità di opzioni digitali per opporsi alla barbarie e all’inumanità della guerra, estendendo il riconoscimento di valore del bene culturale verso una nuova dimensione.

Cultural Heritage: 3D, social network e Internet per l’eredità digitale del bene perduto

In certi contesti, non c’è modo di salvare la materia, in quanto l’azione bellica, accidentalmente o di proposito, è in grado di distruggere per sempre un bene culturale.

Distruggere i simboli di una nazione costituisce, infatti, un’arma non convenzionale che consente di colpire duramente il morale dell’avversario. Se un tempo un bene poteva considerarsi perso per sempre, il digitale ha cambiato profondamente le carte in tavola.

Utilizzando le tecnologie e i mezzi di comunicazione attualmente a nostra disposizione, è possibile tutelare la memoria del bene storico-culturale creando una versione digitale dello stesso, attraverso i dati acquisiti, grazie a una grande varietà di tecnologie.

È il caso della scansione e della fotogrammetria 3D per le fonti dirette o le immagini di archivio per quanto concerne le fonti indirette, che consentono di creare preziose banche dati da cui attingere per ricostruire un modello 3D texturizzato del bene, una replica digitale il più possibile accurata dell’opera perduta. Anche in questo caso, la creazione dell’asset è possibile grazie all’azione ricostruttiva della fotogrammetria 3D.

La diffusione di Internet ha consentito la crescita di community interessate a creare e condividere un patrimonio digitale per conservare la memoria delle opere a rischio. Le iniziative nate sulla rete vedono solitamente un coordinamento scientifico di Università, centri di ricerca o eccellenze tecnologiche e si rivelano capaci di coinvolgere sia gli addetti ai lavori che i comuni cittadini appassionati o, loro malgrado, coinvolti dai conflitti.

Un semplice smartphone oggi dispone, infatti, di un arsenale tecnologico in grado di documentare in maniera sempre più accurata lo stato del patrimonio da tutelare, anche nelle situazioni più insospettabili. Vediamo alcune delle iniziative di Cultural Heritage open source più significative.

Backup Ukraine: il 3D Cultural Heritage con un semplice smartphone

In tema di Cultural Heritage, il precipitare degli eventi tra Russia e Ucraina ha innescato l’emergenza di tutelare il patrimonio culturale delle città occupate dall’offensiva ordinata da Vladimir Putin.

L’iniziativa Backup Ukraine consente di utilizzare l’applicazione Polycam, disponibile per Android e iOS, per effettuare una scansione 3D di qualsiasi manufatto grazie alla fotocamera dello smartphone. Un livello di precisione più elevato è, inoltre, garantito dal LiDAR, disponibile dalla versione 12 Pro di iPhone.

Sul portale Backup Ukraine è disponibile una libreria che ci mostra i modelli 3D, rilevati dai cittadini nei luoghi resi tristemente noti dalle cronache quotidiane, come Bucha e Mariupol, e caricati attraverso la procedura guidata della app.

Una volta “ripulita” dai test e da alcuni asset piuttosto improbabili, la libreria 3D di Backup Ukraine costituirà una preziosa banca dati per ottenere una versione digitale delle migliaia di beni culturali distrutti durante il conflitto.

Il progetto dimostra come digitale e community possano rendere possibile la creazione di contenuti generati dagli utenti in grado di testimoniare i segni e le atrocità del conflitto. Oltre alla salvaguardia digitale delle opere, i modelli 3D costituiscono preziosi documenti per l’attività OSINT (Open Source INTelligence) di organizzazioni come Bellingcat, quotidianamente impegnate a dimostrare come si sono svolti realmente i fatti relativi a crimini di guerra e altri episodi contestati dalle parti in causa.

Il progetto Backup Ukraine è nato sulla base dell’iniziativa congiunta della Commissione nazionale danese dell’UNESCO, dell’organizzazione no profit Blue Shield Danmark, attiva nell’ambito della conservazione dei beni culturali nelle zone di crisi, con il supporto scientifico del Museo Nazionale di Storia dell’Ucraina.

Polycam, quale partner tecnico dell’iniziativa, ha sviluppato una versione gratuita e semplificata della propria app per metterla a disposizione di chiunque voglia contribuire a questo stimolante progetto di memoria collettiva.

Il trailer-tutorial del progetto Backup Ukraine, realizzato con il patrocinio ufficiale UNESCO.

SUCHO (Saving Ukrainian Cultural Heritage Online)

Backup Ukraine non è l’unica iniziativa in atto per salvaguardare il patrimonio culturale dell’Ucraina dalla minaccia dell’offensiva di Vladimir Putin.

Tra i progetti degni di nota possiamo certamente citare SUCHO, acronimo di Saving Ukrainian Cultural Heritage Online, iniziativa open source condotta da una community di oltre 1300 professionisti nell’ambito del Cultural Heritage (ricercatori universitari, archivisti, bibliotecari, sviluppatori) che hanno deciso di unire le forze con l’obiettivo di identificare e archiviare siti a rischio, contenuti digitali e dati delle istituzioni del patrimonio culturale ucraino.

Dal punto di vista tecnologico, SUCHO è un’iniziativa di OSINT basata sul cloud che utilizza una pluralità di tool come il crawler Browsertrix Cloud e Wayback Machine di Internet Archive per scansionare, individuare e archiviare dati provenienti da fonti quali siti web di musei, biblioteche e archivi ucraini.

Per allargare la propria community, i professionisti di SUCHO hanno realizzato dei tutorial che illustrano l’intero workflow di acquisizione. Il progetto ricerca, inoltre, figure come volontari addetti al controllo qualità dei contenuti in lingua ucraina e traduttori in altre lingue.

REKREI, la memoria open source del patrimonio archeologico di Mosul e Palmira in 3D

Una delle più terribili zone di crisi degli ultimi anni è rappresentata dalla Siria e dai territori settentrionali dell’Iraq, durante l’occupazione dell’ISIS.

L’azione dei terroristi dello Stato Islamico ha vissuto la propria fase più intensa dal 2013 al 2017, quando tra le sue azioni di propaganda vi fu anche la distruzione del patrimonio culturale di regioni come Mosul e Palmira, autentiche culle del genere umano sin dai tempi degli assiri, con lasciti archeologici stratificati nell’età greca, romana, bizantina e araba.

L’azione iconoclasta dell’ISIS costituì soltanto l’opera di propaganda di un disegno criminale ben più ampio, finalizzato al commercio illegale di beni culturali ai fini di finanziare le proprie attività.

Molti reperti si sono salvati grazie al martirio dell’archeologo Khaled-al-Asaad, che ha lavorato per tutta la vita a Palmira, contribuendo a farla diventare patrimonio UNESCO nel 1980.

Khaled-al-Asaad era stato dal 1963 al 2003 direttore del Museo e del sito archeologico di Palmira, che non ha voluto abbandonare nemmeno quando era ormai ampiamente noto che la regione sarebbe stata occupata dall’ISIS.

Dopo essere stato inutilmente torturato per mesi ai fini di ottenere informazioni per rinvenire alle opere del museo che aveva preventivamente nascosto, l’ormai ottantunenne archeologo è stato pubblicamente decapitato nell’agosto del 2015, provocando lo sdegno unanime della comunità internazionale, comprese entrambe le parti in causa nella guerra civile siriana, a dimostrazione della straordinaria e incondizionata reputazione di cui lo studioso godeva.

Il sacrificio di Khaled-al-Asaad non è rimasto tuttavia invano, in quanto ha contribuito a motivare ancora una volta un’azione di memoria collettiva, finalizzata a ricostruire almeno digitalmente il patrimonio materico irrimediabilmente perduto.

Per quanto riguarda la digitalizzazione delle opere, non si era agito preventivamente con un rilievo 3D diretto. Una volta che il conflitto ha preso corpo, non è stato ovviamente possibile accedere direttamente ai beni fino a quando l’ISIS non è stato scacciato. E anche successivamente, tali operazioni sarebbero state decisamente complesse per via delle mine anti-uomo lasciate di proposito per causare un ulteriore danno alla popolazione civile.

È nata così un’iniziativa internazionale, originariamente nota come Project Mosul e poi ridefinita come REKREI, con l’obiettivo di creare un database di immagini attraverso una ricerca sulle fonti indirette, setacciando archivi e digitalizzando qualsiasi documento potesse rivelarsi utile a ricostruire attraverso la fotogrammetria i modelli 3D texturizzati delle opere.

Le fonti di dati del progetto REKREI sono state organizzate in cartelle specifiche, contenenti tutte le immagini del bene culturale a cui fanno riferimento.

Il progetto REKREI, oltre al patrocinio UNESCO, ha visto tra i propri partner ufficiali anche contributori italiani, come la Fondazione Bruno Kessler e 3DFlow, azienda veronese specializzata nello sviluppo dell’omonima soluzione di fotogrammetria 3D, largamente utilizzata per creare le geometrie 3D dei manufatti da ricostruire.

Le architetture e le sculture modellate e texturizzate sulla base delle fonti indirette sono state successivamente condivise su Sketchfab, noto repository di modelli 3D.

Screenshot della ricostruzione 3D del Tempio Bel di Palmira, realizzata da un volontario del progetto REKREI (Fonte: https://skfb.ly/UyEw).
Screenshot della ricostruzione 3D del Tempio Bel di Palmira, realizzata da un volontario del progetto REKREI (Fonte: https://skfb.ly/UyEw).

3D Cultural Heritage: Open Source Intelligence (OSINT) nel sito archeologico di Gaza

Tra le iniziative di Cultural Heritage recenti, un’eccellenza assoluta è rappresentata dal progetto di investigazione forense Living Archaeology in Gaza, condotto dall’agenzia britannica indipendente Forensics Architecture (FA), con la collaborazione dell’Associazione per la difesa dei diritti umani Al-Haq.

Il sito in questione corrisponde all’antica città di Anthedon ed è entrato a fare parte del patrimonio UNESCO nel 2012, sulla base dell’istruttoria svolta dalla missione archeologica (1995-2005) del French Biblical and Archaeological School di Gerusalemme, diretta dal professor Jean-Baptiste Humbert, che ha messo a disposizione di Forensics Architecture l’intero archivio della ricerca.

L’indagine si propone su un duplice livello di obiettivi: ricostruire in 3D una visione di insieme della complessa stratigrafia di un patrimonio a rischio, per dimostrare che i bombardamenti condotti da Israele fanno parte di una intenzionale attività di apartheid culturale, finalizzata a distruggere la memoria storica del popolo palestinese.

Il sito di Anthedon è il risultato di una storia ultra millenaria che parte dall’età del ferro e arriva al dominio bizantino nell’alto medioevo, dopo aver ospitato le civilizzazioni assiro-babilonesi, greca e romana.

Forensics Architecture è partita da un modello tridimensionale realistico corrispondente alla situazione attuale, ottenuta mediante un rilievo con drone, sovrapponendo le ricostruzioni 3D di tutte le fasi documentate dagli studi svolti in precedenza.

Sulla base della digitalizzazione archeologica in 3D, Forensics Architecture ha condotto una dettagliata attività di OSINT per ricostruire la timeline degli eventi riconducibili ai bombardamenti condotti da Israele nel 2012, 2014, 2018 e 2021.

Il sito di Anthedon è, inoltre, minacciato da una fisiologica azione erosiva della costa, di recente accelerata dai cambiamenti climatici.

L’innovativo approccio di archeologia open source adottato da Forensics Architecture è il risultato del know-how sulle decine di investigazioni forensi che l’agenzia britannica vanta nel proprio portfolio e consiste in una complessa ibridazione tecnologica e documentale, che comprende:

  • rilievo drone (restituzione nuvola di punti in 3D)
  • rilievo fotografico
  • raccolta materiali in sito
  • scansione, fotogrammetria e modellazione 3D
  • SocMINT – Social Media INTelligence
  • interviste verificate a testimoni sul posto (giornalisti, residenti, archeologi)
  • geolocalizzazione avanzata
  • immagini satellitari storiche
  • immagini missione archeologica (1995-2005)
  • rilievi archeologici (1995-2005)
  • modelli architettonici in scala

Il lavoro di Forensics Architecture assumerà finalità probatorie a supporto del report legale redatto da Al-Haq, di recente pubblicato e reso accessibile a tutti.

Al-Haq ha intrapreso il tentativo di incriminare Israele per crimini di guerra e crimini contro l’umanità presso la ICC (Corte Criminale Internazionale), secondo i disposti dello Statuto di Roma. L’azione legale è alle fasi iniziali ed è stata annunciata all’ONU nel contesto di una presentazione della ricerca tenutasi a marzo 2022.

La ricostruzione 3D del Tempio Bel di Palmira evidenza l’incidenza dei bombardamenti israeliani (in rosso), per dimostrare l’intenzione di colpire in maniera volontaria il sito archeologico. (Credit: Forensic Architecture, 2022. Satellite Image: ©CNES 2018, Distribution Airbus DS/Spot Image ©FORENSIC ARCHITECTURE, 2022).
La ricostruzione in 3D evidenza l’incidenza dei bombardamenti israeliani (in rosso) su Gaza, per dimostrare l’intenzione di colpire in maniera volontaria il sito archeologico. (Credit: Forensic Architecture, 2022. Satellite Image: ©CNES 2018, Distribution Airbus DS/Spot Image ©FORENSIC ARCHITECTURE, 2022).
Scritto da:

Francesco La Trofa

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