Video intervista a Valentina Vavassori, biotecnologa e ricercatrice presso l’Istituto San Raffaele Telethon di Milano per la Terapia Genica.
L’editing genetico si avvia a lasciare il laboratorio per andare “verso il paziente”, per divenire terapia? La risposta, ricca di speranza, proviene dall’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano (SR-Tiget) – diretto da Luigi Naldini, professore di Istologia e di Terapia genica e cellulare presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – e vede al centro una delle prime applicazioni cliniche della tecnica CRISPR Cas9, che potrebbe, a breve, consentire di correggere il difetto genetico alla base di una rara e grave patologia ai danni del sistema immunitario, la sindrome da Iper IgM.
Ricordiamo che, dal 2012 – anno della sua scoperta – la comunità scientifica mondiale ha iniziato a studiare le potenziali applicazioni del CRISPR Cas9 in ambito diagnostico e terapeutico, a cominciare dalle malattie genetiche quali distrofia muscolare e fibrosi cistica, dalle malattie neurologiche come Alzheimer e Parkinson, fino ad arrivare, anno dopo anno, alle malattie infettive come l’AIDS e a particolari tipologie di tumori.
Ma, a differenza delle applicazioni sugli organismi animali e vegetali (che sono, da tempo, fatto concreto), le pratiche dell’editing genetico sull’organismo umano finora si sono sempre svolte sul piano della ricerca e dello studio in laboratorio.
Da questo si evince l’enorme portata dello studio – coordinato dallo stesso Luigi Naldini e da Pietro Genovese – condotto dall’Istituto San Raffaele Telethon, che getta le basi della sperimentazione clinica della correzione mirata con editing genetico del difetto responsabile di una malattia genetica.
Ne abbiamo parlato con Valentina Vavassori, biotecnologa e ricercatrice presso l’SR-Tiget e prima firmataria (insieme a Elisabetta Mercuri) dello studio, insieme alla quale abbiamo fatto anche alcune riflessioni sul dibattito attorno all’intervento del sistema CRISPR-Cas9 sugli embrioni umani. Pratica, questa, per mezzo della quale, in un futuro lontano, quando le procedure saranno sicure ed efficienti e solo all’interno di un puntuale quadro normativo, si potrà pensare di intervenire per correggere, già nel feto, i geni responsabili dell’ereditarietà di alcune gravi e complesse malattie.