Insieme al professor Carlo Alberto Redi, biologo e presidente del Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi, un breve viaggio nella ricerca in materia di editing genomico, con l’occhio agli interrogativi di carattere morale che questa solleva e al contributo delle nuove tecnologie.

Parlare, oggi, alla fine del 2021, di editing genomico e di ricerca, ci fa immediatamente pensare a come, in campo tecnico-scientifico, l’ultimo decennio sia stato tra i periodi più fertili dal punto di vista delle scoperte e delle innovazioni. E il più ricco di contaminazioni tra discipline diverse, supportate e potenziate – in tempi più recenti – dalla digitalizzazione e, più in particolare, dall’utilizzo di tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale.

Il tutto non senza ricadute importanti sotto il profilo etico e non senza interrogativi circa i concreti vantaggi e il benessere che l’essere umano trarrebbe dal nuovo progresso e l’uso consapevole e responsabile degli inediti e straordinari strumenti di cui questo lo ha dotato.

Se guardiamo, ad esempio, alla ricerca biomedica, a partire dal 2012 la rivoluzione porta il nome di CRISPR Cas9, sistema di editing genomico valso, anni dopo (nel 2020), alle scienziate Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna, il Premio Nobel per la chimica.

Il professor Carlo Alberto Redi, biologo e presidente del Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi
Il professor Carlo Alberto Redi

«Da allora, la biologia non è più soltanto una disciplina che descrive il vivente, ma è una scienza della “sintesi” del vivente. Che cosa significa? Che disponiamo di tecniche che ci permettono di intervenire sulla costituzione dell’informazione chimica del DNA presente in ciascun organismo vivente, grazie a tutta una serie di conoscenze che vengono da molto lontano e che sono esemplificate nella forbice genetica più avanzata di cui disponiamo in questo momento»

osserva il professor Carlo Alberto Redi, biologo, presidente del Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi, docente presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Lazzaro Spallanzani dell’Università degli Studi di Pavia e membro dello European Center for Law, Science and New Technologies presso lo stesso Ateneo (solo per citare alcuni dei suoi numerosi incarichi). Dove, con l’espressione ”forbice genetica”, lo scienziato fa riferimento alle «attività enzimatiche che esistono in natura e che oggi, invece, abbiamo in laboratorio. Costano poco, si possono applicare a qualsiasi cellula vivente e consentono di intervenire sul genoma per correggerne le sequenze».

Editing genomico e ricerca: i nuovi filoni di studio

Dunque, grazie al CRISPR Cas9, grazie a questa forbice che “taglia il DNA”, siamo in grado, artificialmente, di riprodurre il vivente. O anche solo di eliminare “qualcosa” che, del suo genoma, non ci interessa, oppure – al contrario – di inserire qualcosa che ci interessa. «E questa tecnica è, attualmente, la migliore di cui disponiamo. Rispetto ad altre, è la più rapida, la meno costosa e la più disponibile su qualsiasi tipo di organismo vivente» fa notare il professore.

E sono proprio queste caratteristiche (rapidità, basso costo ed elevata disponibilità) a fare sì che il più recente sistema di editing genomico venga utilizzato in innumerevoli applicazioni, su organismi animali e vegetali (ricordiamo, invece, che le sue pratiche sull’organismo umano si svolgono solo a livello di studio e di sperimentazioni in laboratorio).

In tema di editing genomico e ricerca, uno degli attuali filoni vede l’intervento del CRISPR Cas9 nell’ambito del trapianto di organi da animali umanizzati. Il procedimento, nel dettaglio, prevede la correzione del genoma del maiale inserendo, al suo interno, uno o più geni umani ed eliminando quelli dell’animale, che creano reazione immunitaria e il rigetto degli organi suini: questo – spiega Redi – fa sì che si possano utilizzare gli organi di questo mammifero (più simili a quelli umani per corporatura) per i trapianti sull’uomo.

Un importate passo avanti in questa direzione è stato compiuto il 25 settembre 2021, quando, presso il NYU Langone Health di New York City – clinica universitaria affiliata alla New University – è stato eseguito l’esperimento di trapianto di rene da un maiale geneticamente modificato a una paziente in stato vegetativo, su consenso dei familiari e prima che i medici staccassero i macchinari che la tenevano in vita.

Lo scienziato cita anche la gain-of-function research (nella definizione che ne dà wikipedia, è quel filone di ricerca “che altera geneticamente un organismo, in modo che questo possa migliorare le funzioni biologiche dei prodotti genici”), divenuto un segmento di studi rilevante – e, oggi, in tempo di pandemia, di estrema attualità – a partire dal 2011, quando un gruppo di ricercatori dell’Erasmus Medical Centre di Rotterdam ha, in laboratorio, reso altamente infettivo il virus dell’influenza aviaria H5N1, con l’obiettivo di arrivarne a comprendere i meccanismi di funzionamento. Grazie a tale ricerca, quando il virus si è ripresentato, con una carica estremamente elevata, «abbiamo avuto le conoscenze e le competenze per combatterlo».

Gli interrogativi etici

In materia di editing genomico e ricerca, gli indirizzi illustrati pongono interrogativi precisi: abbiamo il diritto di inserire nuove funzioni nel genoma degli organismi? Abbiamo il diritto di modificarli? Si domanda il presidente del Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi.

Non si tratta di questioni semplici. Le innovazioni, le rivoluzioni scientifiche degli ultimi anni richiedono nuovi quadri concettuali. La complessità necessita di tempo per essere interpretata.

In particolare, il parere del Comitato Etico della Fondazione Veronesi è favorevole per quanto riguarda il ricorso a tecniche di editing del genona umano come terapia per quelle patologie genetiche particolarmente gravi e per le quali non si ha ancora a disposizione una cura. È favorevole anche al suo utilizzo nell’ambito dei test sull’efficacia dei farmaci sperimentali.

Tutt’altra è la posizione del Comitato (in linea con quella delle Autorità competenti) – sottolinea il professor Redi – relativamente all’adozione del CRISPR Cas9 per modificare il genoma delle cellule staminali embrionali, nelle fasi che precedono il concepimento o nelle prime fasi dello sviluppo dell’embrione, col fine di prevenire patologie geneticamente trasmissibili: il nodo morale, in questo specifico caso, verte sull’impatto delle modificazioni genetiche sulle generazioni successive. Impatti che, al momento, non è possibile prevedere.

Editing genomico e ricerca: il contributo dell’intelligenza artificiale e la necessità di disporre di grandi banche dati

L’accelerazione che, negli ultimi anni, ha registrato la ricerca nel campo dell’editing genomico è stata resa possibile anche grazie al contributo dell’intelligenza artificiale:

«Un apporto immenso. Che, in futuro, sempre più darà i suoi frutti. In laboratorio, in fase di ricerca e di studio, la potenza di calcolo della macchina è fondamentale, ad esempio, per cogliere le correlazioni tra le caratteristiche genetiche degli individui e specifiche patologie, arrivando a sviluppare modelli predittivi»

rimarca il professore. L’intervento della potenza di calcolo si fa più urgente, in modo particolare, nel momento in cui il ricercatore si trova a dover analizzare e a correlare tra loro una rete di dati piuttosto ampia e complessa.

In taluni casi, poi, la necessità è quella di un algoritmo AI (spesso si tratta del machine learning) che vada oltre la capacità statistica, che sia in grado, cioè, di compiere un’analisi su molteplici tipologie di dati e di incrociarli tra loro a centinaia e non soltanto a piccoli gruppi, identificando – ad esempio – i parametri più predittivi del decorso di una determinata patologia. Redi evidenzia, però, quella che, attualmente, appare come una criticità:

«Abbiamo questa importante opportunità dataci dall’intelligenza artificiale, ma questa necessita di una vasta mole di dati su cui lavorare. La medicina personalizzata ha bisogno di fondare le proprie conoscenze su grandi banche dati. Dovremmo essere tutti più generosi e dare il nostro consenso affinché la scienza possa disporre – in modo anonimo – dei nostri dati biologici per studiarli. Solo così potremo costruire biblioteche di dati, che sono quelle che le macchine dalle potenti capacità di calcolo potranno esplorare, per individuare quali sono, ad esempio, i geni coinvolti in una data tipologia di tumore»

Dunque, nella ricerca in ambito medico, le straordinarie potenzialità delle nuove tecnologie applicate alla genomica trovano ragion d’essere solo a patto di avere a disposizione le cosiddette “genome-wide”, ovvero ampie conoscenze basate su centinaia di migliaia di genomi umani.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin