Da un recente studio diretto dal Politecnico di Zurigo, un braccio robotico in grado di posizionare e di movimentare con precisione un dispositivo acustofluidico per la micromanipolazione automatizzata di liquidi all’interno dei laboratori.
Il riferimento alla robotica per applicazioni di microfluidica rimanda all’automazione di quei processi che, nella ricerca chimica e biologica, nell’industria farmaceutica e cosmetica, nei centri diagnostici e nei laboratori clinici, regolano la manipolazione dei fluidi su scala micro. Ma facciamo un passo indietro.
Da qualche tempo, per quanto riguarda le operazioni di preparazione dei campioni da analizzare al microscopio – in particolare, nella ricerca genomica e clinica – un numero crescente di laboratori sta adottando flussi di lavoro più economici e rapidi attraverso l’impiego di sistemi robotici. Al punto che, oggi, è possibile parlare di “robotica da laboratorio”, ossia di dispositivi che, grazie all’ausilio di tecniche di intelligenza artificiale, sono in grado di sostituire gli operatori umani, ad esempio, nel trasferimento di fluidi tra recipienti (pipettaggio), nelle aperture delle fiale e nella manipolazione di campioni solidi e liquidi su scala macro.
Tra le criticità di tali sistemi – osservano gli autori dello studio “A robot-assisted acoustofluidic end effector”, a cura del Department of Mechanical and Process Engineering del Politecnico di Zurigo, del Department of Molecular Life Sciences dell’Ateneo della stessa città e del Department of Mechanical & Materials Engineering dell’Università del Nebraska – il fatto che, al momento, essi «oltre a consumare grandi quantità di costosi reagenti biochimici durante il loro funzionamento, non possiedono ancora la capacità di lavorare anche su microscala, per svolgere operazioni come l’intrappolamento di particelle liquide e la fusione di goccioline».
Questo significa che, attualmente, lo sviluppo di una piattaforma robotica unica, che possa supportare – automatizzandole – funzionalità di laboratorio su scala macro e micro, «rimane un lavoro in corso» [per approfondimenti, consigliamo la lettura della nostra guida alla robotica, che spiega cos’è, come funziona e quali sono gli esempi applicativi– ndr].
Microfluidica in laboratorio: un braccio robotico imita l’operatività umana
Nell’ambito della robotica per la microfluidica in laboratorio – fanno notare i ricercatori che hanno preso parte allo studio citato – «oggi vi è un urgente bisogno di automazione e di multifunzionalità per fare avanzare il comparto».
Una possibile risposta a tale bisogno proviene dalla messa a punto di un sistema che coniuga funzioni di robotica e di acustofluidica, frutto del lavoro descritto dagli autori.
Più nel dettaglio, il sistema (denominato RAEE – Robot-Assisted Acoustofluidic End Effector) è composto da un braccio robotico e da un dispositivo acustofluidico. Quest’ultimo, guidato da ultrasuoni – spiega il team – crea oscillazioni all’interno del corpo dell’ago di vetro (il “capillary holder” indicato nello schema a blocchi) «e genera due profili di flusso controllati quando l’ago è immerso nel liquido»:
- un microvortice elicoidale, ovvero un movimento del fluido simile a quello del cavatappi, generato lungo l’asse dell’ago
- un microstreaming 3D prodotto sulla punta dell’ago
Le capacità multifunzionali del sistema sono state testate dal team eseguendo il pompaggio di liquidi, la fusione di goccioline, l’intrappolamento selettivo di microparticelle e la miscelazione di liquidi viscosi complessi.
Se la funzione del dispositivo acustofluidico descritto è quella di generare flussi di liquidi su richiesta, il ruolo del braccio robotico consiste nel posizionare il dispositivo e nell’assisterlo nei suoi movimenti, determinandone la velocità.
In particolare, nel generare i microvortici e i microstreaming 3D, il dispositivo acustofluidico viene diretto dal braccio robotico attraverso schemi automatizzati, tra cui lo schema di un rettangolo e di una clessidra.
«Al fine di garantire la precisione e l’accuratezza dei movimenti, durante i test il braccio robotico è stato manipolato a velocità di 1 mm/s. E, per garantire la continuità del movimento, è stato programmato un ritardo di 1 s prima di eseguire una virata» hanno precisato i ricercatori.
Robotica per la microfluidica: focus sul pompaggio dei liquidi
Nell’ambito della microfluidica da laboratorio, il pompaggio di liquidi su scala micro e nanometrica rappresenta un’operazione cruciale nell’elaborazione dei campioni da analizzare a microscopio.
Ad oggi – rammenta il team di studio – sono state sviluppate diverse tecnologie per il pompaggio microfluidico, tra cui quelle che si avvalgono di campi elettrici, di campi magnetici e di effetti termici, solo per citare le più note.
Tuttavia, «nonostante i progressi, rimangono ancora molte sfide. Tra queste, il raggiungimento dell’indipendenza dalle microparticelle, il fare fronte al rischio di deformazione del canale microfluidico e la messa a punto di pompe ad alto rendimento per fluidi viscosi» viene evidenziato.
In tema di robotica per la microfluidica, il metodo definito dal gruppo di lavoro guidato dal Politecnico di Zurigo mira a eseguire il pompaggio automatizzato all’interno di qualsiasi involucro microfluidico, compreso un canale a spirale. Inoltre, la velocità di pompaggio del fluido può essere facilmente gestita regolando la tensione applicata dal braccio robotico per controllare l’oscillazione della punta dell’ago di vetro.
«Tale capacità di controllo operativo, insieme al controllo della posizione dell’ago da parte del braccio robotico, fa del dispositivo acustofluidico una tecnica versatile per il pompaggio nell’ambito dei flussi di lavoro microfluidici di routine» affermano gli autori.
Intrappolamento e trasporto di microparticelle e di cellule
È nella micromanipolazione biologica che l’intrappolamento e il trasporto di microparticelle e di cellule trovano applicazioni significative. In questo specifico campo, però, ottenere una manipolazione selettiva e dinamica è da sempre un obiettivo di complesso raggiungimento. A tale riguardo, il team ricorda che, in passato, «un dispositivo di intrappolamento acustico in grado di prelevare e di spostare singole cellule è stato sviluppato depositando elettrodi a spirale su un substrato piezoelettrico. Ma questo metodo non possiede alcuna specificità in termini di particelle che intrappola».
Un ulteriore punto critico attribuito ad altre metodologie riguarda l’instabilità del dispositivo impiegato, reo di offrire «capacità di manipolazione limitate, in quanto non facilmente traslabili in ambienti diversi dalle camere microfluidiche».
In tema di robotica per la microfluidica, il sistema RAEE è, invece, basato su capillari (aghi) la cui funzione è quella di intrappolare “selettivamente” le microparticelle in base alle loro dimensioni. Inoltre, per mezzo del braccio robotico, è possibile programmare il dispositivo acustofluidico per seguire qualsiasi traiettoria in 3D.
«Microparticelle fluide come polistirene, cellule e microrganismi posti vicino all’ago di vetro attivato acusticamente, sperimentano una forza di radiazione acustica e di trascinamento indotto dallo streaming acustico» specifica il gruppo di ricerca.
Robotica per la microfluidica in laboratorio: prospettive future
In tema di robotica per la microfluidica, il lavoro futuro – fanno sapere gli autori dello studio descritto – fornirà un’indagine dettagliata circa la natura 3D dei profili di flusso prodotti dal dispositivo acustofluidico. In particolare:
«Indagheremo ulteriormente la manipolazione di microparticelle 3D utilizzando la tecnologia sviluppata. L’impiego di un tale metodo per posizionare con precisione le cellule in un’architettura 3D consentirà nuove funzioni nel campo dell’ingegneria tissutale».
In programma c’è anche l’analisi approfondita dei profili di microstreaming 3D generati attraverso l’utilizzo di più aghi: «Poiché ogni ago di vetro è programmabile attivando e disattivando selettivamente specifici dispositivi, tale concetto può essere ulteriormente sviluppato nella futura “fluidica acusto-capillare modulare”, in cui più fluidiche basate su aghi (capillari) possono eseguire sequenze specializzate individualmente» spiegano i ricercatori.
Infine, l’attuale studio dimostra il pompaggio di liquidi solo in una direzione. Mentre, la realizzazione di un movimento bidirezionale – vale a dire “infusione” e “retrazione” del fluido – potrebbe giovare a differenti metodi di microfluidica.