La ricerca lavora sui batteri per generare energia pulita: un team dell’Università di Parma intende produrvi idrogeno verde, mentre un altro gruppo di studio - presso la Scuola Politecnica Federale di Losanna - si concentra sul “fotovoltaico vivente”.
TAKEAWAY
- I batteri potrebbero aiutarci a produrre energia pulita. Su questa finalità sono attivi diversi scienziati nel mondo, convinti di poter sfruttare le proprietà cleantech di alcuni specifici microorganismi che due miliardi di anni fa hanno “inventato” la fotosintesi.
- Un team di ricerca dell’Università di Parma intende mettere a punto un prototipo per produrre idrogeno verde da colture di cianobatteri. Per questo ha ricevuto un finanziamento PNRR di oltre due milioni di euro e che ha diversi caratteri che lo rendono unico al mondo, oltre che molto promettente.
- In Svizzera, all’EPFL, i ricercatori sono all’opera sempre sui cianobatteri per il “fotovoltaico vivente”, un particolare dispositivo biologico che consente di produrre energia utilizzando microrganismi fotosintetici.
Produrre energia pulita impiegando i batteri è una delle frontiere più avanzate della ricerca. La transizione ecologica ed energetica potrebbe passare anche da loro.
Sembra strano, ma non lo è: i batteri rappresentano la prima forma di clean technology esistente in natura. I cianobatteri, circa due miliardi di anni, fa hanno trovato il modo di accumulare l’energia luminosa proveniente dal sole convertendola in energia chimica di legame, grazie all’ “invenzione” della fotosintesi ossigenasica, processo successivamente “ereditato” dalle piante. Su di essi stanno lavorando vari team di scienziati in tutto il mondo.
Uno dei progetti più promettenti, per le prospettive che potrebbe aprire, e più interessanti a livello mondiale, è stato avviato ufficialmente a luglio dl 2022 in Italia da un team del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma. Esso intende realizzare un sistema prototipo per produrre idrogeno verde da colture di batteri fotosintetici. Su di esso il Ministero della Transizione ecologica ha deciso si stanziare oltre due milioni di euro di finanziamento*.
Un altro filone, chiamato “fotovoltaico vivente”, è basato su dispositivi che generano energia utilizzando batteri fotosintetici. Una recente ricerca, condotta dagli scienziati dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), è riuscita per la prima volta a far sì che i batteri assumessero spontaneamente nanotubi di carbonio fluorescenti: è una scoperta che apre a nuove applicazioni biotecnologiche, come appunto la possibilità di produrre energia fotovoltaica sfruttando la fotosintesi. Anche in questo caso la ricerca italiana c’è: infatti, al progetto collaborano l’Università del Salento e la “Sapienza” di Roma.
Batteri, esseri minuscoli dalle enormi potenzialità
I batteri sono ovunque. Vivono in acqua, sopra e sotto suolo, in ambienti estremi, dove prosperano nutrendosi di petrolio, rifiuti, persino di scorie radioattive. Ecco perché si sono riusciti a espandersi sulla Terra, dove se ne contano un numero sconfinato e formano una biomassa superata solo dalle piante.
Sono presenti anche negli esseri umani: in media se ne contano circa 39mila miliardi, più o meno quante sono le cellule, secondo gli studi svolti da alcuni scienziati dello Weizmann Institute of Science.
I bacteria costituiscono un regno, nella classificazione scientifica, con svariati gruppi (phyla). Tra questi ci sono i cianobatteri, un particolare phylum di batteri fotosintetici produttori di ossigeno. Su di essi si basa sia la ricerca guidata dall’Università di Parma sia quella dell’EPFL, convinte entrambi delle potenzialità, nella produzione di energia pulita, dei batteri.
Energia pulita dai batteri: il progetto dell’Università di Parma per l’idrogeno verde
Ma come si può ottenere energia pulita avvalendosi dei batteri e, più in particolare, dei cianobatteri? A questa domanda cercherà di rispondere il progetto “Enzimi artificiali per la produzione fotocatalitica di idrogeno in batteri fotosintetici” condotto da un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma.
Coordinato dal professor Matteo Tegoni, docente di chimica generale e inorganica, vede impegnati altri docenti esperti dello SCVSA: Giovanni Maestri (chimica organica), Angelo Bolchi (biologia molecolare) e Anna Torelli (botanica).
Il progetto intende trovare alternative energetiche green ai combustibili fossili. In particolare, vuole esplorare la possibilità di produrre idrogeno verde in forma gassosa. Oggi l’idrogeno, nella stragrande maggioranza, è prodotto da petrolio e metano, o mediante elettrolisi dell’acqua a partire da corrente elettrica, il cosiddetto green hydrogen, anche se con notevole perdita di energia.
Ma c’è un’altra potenziale opportunità allo studio e su cui si basa il progetto dell’Ateneo parmense. «Nel caso dell’idrogeno, per la sua produzione serve trovare un altro modo da cui partire: una strada praticabile la insegna la biosfera, che ricava l’energia dalla radiazione solare. Oltre alle piante, ci sono organismi sulla superficie della Terra in grado di catturare l’energia, sotto forma di radiazione luminosa, e convertirla in energia di legame chimico producendo molecole ad alto contenuto energetico: i batteri fotosintetici» illustra Tegoni.
Imitare la natura e sfruttare la tecnologia
In tema di energia pulita dai batteri, alla base del processo che impiega i cianobatteri c’è la fotosintesi clorofilliana.
«Se si vuole produrre idrogeno in modo green, senza utilizzare energia elettrica prodotta da fonti fossili e rinnovabili, occorre sfruttare la radiazione solare. Qui serve l’apporto dei batteri fotosintetizzanti e la possibilità di introdurre sulla loro superficie dei siti catalitici in grado, a loro volta, di promuovere specifiche reazioni chimiche. Vogliamo dimostrare che se la reazione avviene sulla superficie del batterio, le molecole ad alto contenuto energetico prodotte dalla fotosintesi all’interno della cellula sono in grado di fuoriuscire da essa e possono essere utilizzate per produrre idrogeno»
evidenzia il coordinatore del progetto. Per realizzare questo obiettivo, il team di Parma vuole realizzare all’esterno della cellula di cianobatterio un enzima artificiale, mediante ingegnerizzazione proteica.
«Intendiamo creare dei centri fotochimici artificiali all’esterno della superficie dei batteri in grado di catturare a loro volta energia luminosa e trasferirla poi a un centro in cui avviene lo sviluppo di idrogeno. Se dovesse funzionare, avremo un prototipo efficiente: un sistema ibrido basato su enzimi artificiali costruiti all’esterno del batterio, capace di indurre trasferimento di energia chimica all’esterno delle cellule e utilizzarla per alimentare la reazione. A questo punto sarebbe possibile produrre idrogeno in maniera autonoma» prosegue il professor Tegoni.
Un sistema di questo genere potrebbe non richiede un quantitativo elevato di batteri: più diventa efficiente l’enzima artificiale, minore è la quantità di batteri richiesti e anche l’intervento chimico artificiale dall’esterno.
«Decisa la dimensione del reattore batterico, sarà poi possibile produrre sempre più idrogeno». Tra l’altro, i cianobatteri sono facilmente coltivabili in spazi relativamente ridotti, utilizzando terreni semplici e poco costosi.
Enzimi, peptidi e intelligenza artificiale: l’unicità del progetto italiano
Il progetto avviato dall’Ateneo parmense prevede sviluppo, test in vitro ed evoluzione di un enzima (particolare proteina capace di favorire reazioni chimiche) fotocatalitico.
In particolare, specifica lo stesso team, «si vuole insegnare a una proteina a operare secondo nuove funzioni. In questo sistema, l’energia luminosa immagazzinata dai batteri attraverso il processo di fotosintesi sarà utilizzata per la produzione di idrogeno gas».
Per farlo, verrà utilizzata una nuova tecnologia di progettazione di proteine, detta del “cavallo di Troia”. Il lavoro di progettazione non avverrà su una proteina intera, ma su peptide, che è un frammento di questa e che conterrà i siti per la produzione fotocatalica di idrogeno.
Esso verrà sintetizzato artificialmente e poi riassociato alla stessa proteina, espressa sulla superficie dei batteri: il catalizzatore sarà a quel punto presente in prossimità della cellula di cianobatterio.
Ed è qui che si evidenzia l’unicità del progetto sviluppato dal Dipartimento SCVSA: «ci sono già esempi in natura di sistemi proteici in grado di produrre idrogeno con l’intervento della luce, come pure realizzato artificialmente, ma non c’è ancora nulla che permetta di dimostrare che è possibile farlo all’esterno di una cellula, la quale lo alimenta energeticamente – specifica Tegoni – Nei sistemi finora sviluppati l’energia doveva essere fornita dall’esterno. La finalità della nostra ricerca è far sì che siano i batteri stessi a produrre questi co-fattori ad alto contenuto energetico, permettendo così al sistema di essere autonomo, oltre che efficiente».
Nel progetto dell’Università di Parma diventa strategico, oltre all’impiego di batteri per produrre energia pulita, anche il ruolo dell’intelligenza artificiale:
«L’analisi strutturale delle proteine deve essere caratterizzata da una sempre più elevata precisione; per questo si richiede l’impiego di tecniche di intelligenza artificiale, specie a livello di progettazione di sistema. L’ingegnerizzazione di proteine richiede di intervenire con uno studio di tipo computazionale, in cui l’AI è elemento imprescindibile».
A questo proposito, è stata avviata una collaborazione con Antonella Di Pizio, docente italiana attiva in Germania al Leibniz-Institute for Food Systems Biology at TUM, quale esperta di protein design con tecniche computazionali.
Energia pulita dai batteri: cos’è il “fotovoltaico vivente”
Oltre al progetto avviato a Parma, c’è un’altra ricerca che vede la produzione di energia pulita tramite l’utilizzo dei batteri. È stata condotta dall’EPFL di Losanna e i risultati, presentati di recente, sono lusinghieri: gli scienziati hanno ottenuto per la prima volta che i batteri assumessero spontaneamente nanotubi di carbonio fluorescenti.
La ricerca, coordinata da Ardemis Boghossian, docente della School of Basic Sciences dell’ateneo elvetico, si concentra sull’interfacciamento di nanomateriali artificiali con costrutti biologici, comprese le cellule viventi. Le tecnologie “nanobioniche” che ne derivano combinano i vantaggi del mondo vivente e non vivente.
Uno degli aspetti più interessanti è legato alla produzione energetica: «quando inseriamo i nanotubi all’interno dei batteri, questi mostrano un significativo aumento dell’elettricità prodotta quando vengono illuminati dalla luce» spiega Melania Reggente, postdoc del gruppo di Boghossian. Il laboratorio sta ora lavorando all’idea di utilizzare questi batteri nanobionici in un “fotovoltaico vivente”, particolare dispositivo biologico per la produzione di energia che utilizza microrganismi fotosintetici.
Sebbene sia ancora nelle prime fasi di sviluppo, questo filone bio-fotovoltaico è molto promettente, soprattutto a livello di impatto ambientale:
«il bello della fotosintesi è che sfrutta l’energia solare, ma ha anche un’impronta di carbonio negativa. Invece di rilasciare CO2, la assorbe. In questo modo risolve due problemi contemporaneamente: la conversione dell’energia solare e il sequestro della CO2. Non solo. Queste celle solari sono vive. Non c’è bisogno di una fabbrica per costruire ogni singola cellula batterica. I batteri sono auto-replicanti»
I fattori critici di questo filone energetico biologico sono rappresentati dai costi e dagli effetti ambientali dell’inserimento di nanotubi all’interno dei cianobatteri su larga scala. Su questo, il team guidato da Boghossian sta lavorando sulla biologia di sintesi, bio ingegnerizzando cianobatteri in grado di produrre elettricità senza bisogno di additivi nanotecnologici, così che la produzione di elettricità sia letteralmente nel DNA dei batteri.
* Il progetto dell’Università di Parma è finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU – Piano Nazionale Resistenza e Resilienza (PNRR) – Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, Componente 2 “Energia Rinnovabile, Idrogeno, Rete e Mobilità Sostenibile”, Investimento 3.5 “Ricerca e Sviluppo sull’Idrogeno” – Decreto del Ministro. della Transizione Ecologica del 23.12.2021, articolo 1, comma 5, Lettera A. Codice Progetto RSH2A_000009, CUP F97G22000270006.