Zuckerberg prepara il Facebook “post web” e sul podcast di The Information promette che potremo “teletrasportarci” ovunque, riducendo sensibilmente l’impatto economico e ambientale causato dalle relazioni sociali. Quando Zuckerberg parla di social network, sa catturare l’attenzione dei media e degli investitori. Ma cosa intende per davvero? Quale sarà la realtà virtuale del 2030?

TAKEAWAY

  • In un recente podcast di The Information, Mark Zuckerberg ha prospettato che nel 2030 potremo “teletrasportarci” ovunque, riducendo l’impatto economico e ambientale causato dalle relazioni sociali.
  • Oggi i metaversi virtuali sono troppo limitati per poter costituire un fattore rilevante, anche se si intuiscono delle potenzialità straordinarie a livello di interazione e coinvolgimento.
  • Gli spazi virtuali “del 2030” dovranno essere ibridi, accessibili con device meno specifici rispetto a quelli attuali, capaci di rendere accessibile a tutti la realtà mista, dove realtà virtuale e realtà aumentata finalmente sapranno convergere grazie allo Spatial Computing (AR Cloud).

Saranno i social VR i social network del futuro? È presto per dare una risposta, ammesso che abbia senso porre la domanda in maniera così categorica. L’emergenza Covid-19 ha in qualche modo segnato un punto di non ritorno nella direzione di un digitale capace di offrire troppi oggettivi vantaggi rispetto al “com’era prima” per poter soltanto immaginare un drastico dietrofront una volta cessata la pandemia.

Il ritorno agli eventi e alle riunioni in presenza lascia presagire una progressiva ibridazione tra eventi fisici ed eventi virtuali. Le relazioni virtuali sono insomma destinate a durare.

Ci attende un decennio di grande trasformazione, in cui la nostra presenza nella rete sarà sempre più profonda, sia in termini esperienza immersiva, che di tempo d’orologio passato insieme sulle piattaforme collaborative, come nel caso dei social network. Lo sa bene Mark Zuckerberg, che in tempi non sospetti ha intuito che un pioniere come Oculus VR valesse 2.3 miliardi di dollari. Era il 25 marzo 2014, quando Facebook entrò dichiaratamente nel mondo virtuale, con la prima di una lunga serie di acquisizioni, che prosegue tuttora.

Nel corso di una recente intervista per il podcast di The Information, Mark Zuckerberg ha detto che entro il 2030 le nuove applicazioni avranno interfacce che consentiranno di “teletrasportarci” insieme ad altre persone in uno spazio virtuale condiviso, con un vantaggio enorme in termini di sostenibilità economica e ambientale, derivante dal poter ovviare in gran parte dagli oneri delle relazioni sociali in presenza.

Ciò sarà consentito tramite infrastrutture AR Cloud, presumibilmente utilizzando gli AR glasses che Facebook sta sviluppando ormai da tempo, peraltro in collaborazione con Luxottica.

Zuckerberg ha ottenuto ciò che voleva. La sua dichiarazione è diventata ben presto virale, rimbalzando sui media di tutto il mondo, quale inequivocabile segnale per gli investitori.

Vediamo dunque cos’è oggi il social VR di Facebook e qual è la direzione annunciata per il futuro della ricerca nelle tecnologie immersive su cui Zuckerberg sta investendo non soltanto miliardi di dollari, ma il futuro stesso della sua incredibile iniziativa imprenditoriale.

Perché a Zuckerberg interessa così tanto la realtà virtuale, ancor prima della realtà aumentata?

Un social network basa la propria fortuna economica grazie al tempo che gli utenti trascorrono su applicazioni come Facebook, che possono direzionare loro degli ads mirati, sulla base dei dati comportamentali condivisi dall’utente stesso, spesso inconsapevole delle policy che accetta espressamente nel momento in cui accede al servizio.

Le aziende hanno tutto l’interesse a raggiungere il loro target e pagano cifre molto importanti per sostenere le proprie campagne di social marketing.

L’enorme fatturato garantito ogni anno da social app come Facebook, Instagram e Whatsapp appare tanto solido nel breve periodo, quanto incerto nel medio e lungo termine. Trasportare la community dagli attuali device mobile ai dispositivi wearable di prossima generazione, come gli occhiali AR (smart glasses o AR glasses), offrirebbe a Zuckerberg un’alternativa molto interessante per due fondamentali motivi:

  • il wearable ha una UX in rapida ascesa, in grado di connettere utenti e piattaforme social per lunghi periodi, potenzialmente per tutta la giornata: la precondizione per vendere servizi ads agli sponsor
  • consentono a Facebook di sviluppare un ecosistema più indipendente dalle sorti e dalle decisioni di terze parti, proteggendosi a priori dalle decisioni unilaterali di un Apple, che dalla sera alla mattina può ad esempio decidere di cessare i servizi di supporto agli ads mirati

Secondo fonti ufficiali, provenienti dai comunicati stessi dell’azienda, Facebook Reality Labs, la divisione specifica per lo sviluppo delle tecnologie immersive finanziate dal colosso di Mark Zuckerberg, nel momento in cui scriviamo impegna circa diecimila persone, un quinto della forza lavoro dipendente della holding Facebook Inc. Un impegno straordinario: oltre alla ricerca, Reality Labs si occupa di tutte le tecnologie VR-AR delle app del gruppo, per cui anche i celebri filtri di Instagram in realtà aumentata (tecnologia Spark AR).

Facebook Horizon: il social VR per pochi intimi

Un primo esempio di social VR dell’universo virtuale di Zuckerberg è Facebook Horizon, servizio disponibile in beta soltanto in pochi paesi, tra cui non rientra al momento l’Italia.

Nato sulle ceneri di Facebook Spaces e Oculus Room, chiusure forzate in suo favore, Horizon è un social VR che prevede mondi virtuali non fotorealistici cui si accede con un avatar 3D, in multipresenza con gli altri utenti utenti, con cui è possibile interagire in vari modi.

In attesa che Horizon venga reso disponibile a tutti, le alternative più celebri, ossia Altspace VR, VR Chat e Mozilla Hubs contano utenti nell’ordine di migliaia di iscritti, numeri troppo marginali per attirare l’interesse delle aziende.

Finora i brand stanno infatti orientando le proprie attenzioni verso altre forme di 3D interattivo, come i videogiochi, capaci di raggiungere molti milioni di utenti, soprattutto giovani e decisamente inclini a spendere. Lo dimostrano i numerosi eventi sponsorizzati su Fortnite, piuttosto che su Animal Crossing, dove addirittura Ikea ha ambientato parte di un proprio catalogo.

È l’attuale Facebook Horizon quanto intende Zuckerberg per il Facebook immersivo del 2030? Decisamente improbabile. Per coinvolgere il numero di utenti necessario a Facebook per sostenere un business paragonabile a ciò che attualmente sta facendo sul web serve ben altro, sia in termini di tecnologie che in termini di applicazioni.

Oggi, del Facebook del futuro, non sappiamo all’atto pratico ancora nulla. Possiamo soltanto fare delle previsioni in attesa che si inizi a giocare a carte scoperte. I tempi di questa rivelazione non saranno brevi.

Il social VR del domani: un futuro di realtà e tecnologie convergenti

Innanzitutto, in tema di social VR, il teletrasporto cui fa riferimento Zuckerberg nelle sue interessate confidenze con The Information non è quello dei film di fantascienza, in cui il soggetto fisico scompare per rimaterializzarsi in una nuova posizione, beffando il nemico di turno.

Piuttosto, possiamo ipotizzare uno spazio in multipresenza, un “metaverso” ibrido cui si può accedere in vari modi: tramite un computer, in modalità a display non immersiva, o con visori in realtà virtuale o aumentata, per abilitare le feature collaborative previste per ogni input method.

Un esempio concreto di questa visione ce la offrono Spatial, uno dei più diffusi software di workplace collaborativo, piuttosto che Microsoft Mesh, la futura estensione in AR Cloud di Microsoft Teams, di recente presentato a Ignite 2021 e atteso in beta entro l’anno in corso.

Un ulteriore passo in avanti a livello tecnologico è relativo all’ergonomia e alla potenza dei device wearable, ottenibile on board e/o mediante connessione a una sorgente di calcolo remota.

Difficile credere che un device possa avere una diffusione massiva se esclusivo per una certa applicazione, come nel caso degli attuali visori VR o se caratterizzato da costi che limitano il loro impiego al segmento enterprise, come nel caso dei visori in realtà mista, vedi Microsoft Hololens.

Gli attuali occhiali in realtà aumentata (smart glasses), come i Vuzix Blade, sono invece al momento troppo limitati, ma indicativi della strada da seguire a livello di esperienza utente. Bisogna però trovare loro un senso, un motivo per acquistarli e utilizzarli. In altri termini, mancano le applicazioni. La versione povera delle app già presenti su smartphone non convincerà mai nessuno.

Per portare la realtà immersiva a oltre un miliardo di persone, citando la celebre promessa di Zuckerberg quando nel 2017 presentò alcune tecnologie di fatto oggi già morte, occorrono dispositivi wearable potenti ma anche di utilizzo corrente, come nel caso di un comune paio di occhiali. Questo spiega perché Facebook abbia avviato una importante ricerca in collaborazione con Luxottica.

Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin