I concerti streaming e gli eventi virtuali sono saliti prepotentemente alla ribalta in seguito alle limitazioni imposte dalla pandemia. Le tecnologie 3D consentono di creare format esperienziali le cui potenzialità vanno ben oltre l’alternativa in fase di emergenza. Il futuro dell’industria musicale si gioca attraverso opportunità nuove, come il brand placement sulle piattaforme gaming, capaci di generare nuove forme di coinvolgimento per il pubblico, che ha risposto con soddisfazione all’offerta dei concerti streaming.

TAKEAWAY

  • Tomorrowland: Around The World nasce per sostituire la versione fisica annullata dal lockdown. Il risultato va oltre ogni aspettativa. Oltre un milione di spettatori online caratterizzano l’inizio di una nuova era per i concerti virtuali.
  • Fortnite ospita regolarmente le performance di artisti come J Balvin, Travis Scott e dj Mashmello. Un fenomeno in espansione anche su altre piattaforme gaming, come Roblox e Minecraft, capaci di coinvolgere milioni di appassionati.
  • I concerti virtuali esprimono un’ampia gamma di possibilità creative, con un vero parcogiochi tecnologico basato sulla produzione virtuale, sia in live action che in animazione 3D.
  • La produzione indipendente e il virtual clubbing, una nicchia artistica tutta da esplorare, in realtà virtuale.
  • Realtà virtuale e realtà aumentata supportano i concerti reali e virtuali per creare esperienze uniche ed esclusive, come ci insegnano i Muse e Childish Gambino.
  • Musica e Gaming aprono una collaborazione cross disciplinare all’insegna dei contenuti interattivi, capaci di coinvolgere il loro pubblico anche dopo il cessare della pandemia Covid-19

Gli eventi virtuali in 3D e i concerti streaming e sono saliti prepotentemente alla ribalta in seguito alle limitazioni della pandemia da Covid-19, che ha comportato il crollo degli introiti dell’industria musicale, causati dall’impossibilità di realizzare concerti ed eventi dal vivo, show che rappresentano una quota di assoluto rilievo alla voce fatturato degli artisti.

Un recente report della SIAE sui numeri dell’industria dello spettacolo italiano ha evidenziato un calo di due terzi per quanto concerne la spesa del pubblico e di ben tre quarti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con riferimento al primo semestre 2020.

Dopo un 2019 da record, si avvia alla conclusione un annus horribilis che ha travolto senza preavviso moltissimi settori lavorativi, considerato l’ampio indotto occupazionale che gli eventi dello spettacolo sono in grado di alimentare, tra produzione e logistica. In questa prospettiva, il 2021 degli eventi in presenza non parte sotto i migliori auspici.

La reazione più naturale per cercare di colmare almeno in parte questa autentica voragine è stata la ricerca di un’alternativa virtuale, cercando platee online in grado di garantire un adeguato seguito di pubblico, in attesa di poter tornare on the road, con la consapevolezza che i tempi potrebbero non rivelarsi affatto brevi. La marea umana abituata a riversarsi di fronte ai palchi di tutto il mondo, ha iniziato a scoprire i concerti virtuali e, nonostante tutto, ha preso atto che non sono così male.

Per i produttori, la scelta più naturale è stata quella di provare a organizzare eventi live su Instagram, piuttosto che su Youtube, così come tentare la fortuna su Twitch, piattaforma nata per lo streaming di sessioni gaming, diventata con il tempo sempre più generalista, al punto che molti dei canali più seguiti ormai hanno ben poco a che fare con il gaming in senso stretto.

Abbiamo assistito a risultati caratterizzati da alterne fortune, in cui si è distinto soprattutto chi ha investito in maniera decisa, con l’obiettivo di creare un valore aggiunto grazie alle potenzialità del digitale, coinvolgendo davvero a fondo la propria community.

Per creare uno show online, che si tratti di una diretta integrale piuttosto che di una composizione in differita, è quasi sempre necessaria una produzione virtuale in 3D, capace di dematerializzare quanto di fisico non può essere disponibile, o conveniente, durante il processo creativo.

Analizziamo insieme alcuni casi di successo, cercando di evidenziare le opportunità che un utilizzo consapevole della tecnologia in ambito audio-visual è in grado di concretizzare, interfacciando milioni di persone con la propria offerta.

I festival virtuali: un Tomorrowland da record che nasce in green screen

Tra le vittime designate della pandemia Covid-19 non poteva mancare Tomorrowland, festival di musica elettronica capace di richiamare ogni anno in Belgio una fiumana di appassionati da tutto il mondo. Favorevolmente complice un periodo in cui è possibile organizzare una comoda vacanza da accompagnare all’evento, Tomorrowland 2020, in programma per la scorsa estate, aveva registrato un record di prevendite per oltre 400.000 persone.

Sono rimasti tutti comodamente a casa propria, assistendo a un evento online realizzato a tempo di record da un team di oltre 200 professionisti, attivi su quattro differenti stage di produzione a Boom (Belgio), Los Angeles, San Paolo e Sidney, per ospitare gli artisti di fronte a un green screen che li avrebbe successivamente proiettati al centro di un’esperienza audiovisiva dallo straordinario impatto creativo. Lo show virtuale è stato ambientato sull’immaginaria isola di Pāpiliōnem, con otto stage dj-set capaci di riprodurre altrettanti palinsesti.

Ai 400.000 spettatori originariamente previsti, se ne sono aggiunti oltre 600.000 che non avrebbero altrimenti assistito all’evento in presenza. La prima edizione virtuale di Tomorrowland non è stata un’alternativa “per tappare il buco”, come si suol dire, ma qualcosa di davvero unico, di differente da ciò che sarebbe avvenuto sulle colline del parco di De Schorre, dove l’unico punto di contatto è stata la musica dei più popolari dj ed artisti pop di tutto il mondo: da Martin Garrix a David Guetta, da Steve Aoki a Tiesto, con Katy Perry nel ruolo della ciliegina sulla torta, che ti si presenta a sorpresa. The people of tomorrow, il popolo del domani, ha avuto esattamente ciò che voleva: uno spettacolo straordinario.

L’esordio online dell’edizione integrale si è rivelato un successo inaspettato, al punto che, prima di tornare, salvo ulteriori imprevisti, in presenza con Tomorrowland 2021, è già stata prevista un’edizione virtuale per capodanno: 10 ore di musica su 4 palchi virtuali, trasmessi in tutto il mondo dalle 17:00 del 31 dicembre 2020 alle ore 3:00 del 1 gennaio 2021, senza condizionamenti sulla base del fuso orario locale.

Inutile sottolineare che se nell’edizione estiva è prevalso il senso di curiosità e di reazione al lockdown, al secondo round le aspettative saranno davvero molto elevate, anche dal punto di vista della produzione. Dopo il primo miracolo, lo staff creativo di Tomorrowland sarà chiamato a migliorarsi, a stupire nuovamente con uno show ancora una volta unico.

Considerati i risultati dell’esordio, una volta cessata la pandemia, non è escluso che il format “around the world” del Tomorrowland digitale proceda nella propria crescita in maniera sinergica rispetto all’evento principale, andando a potenziare quel comparto streaming/online dell’offerta del Festival, attivo anche pre-Covid soprattutto in ambito promozionale. Di sicuro non si tornerà indietro e grazie alla produzione virtuale in 3D, potremo assistere a eventi sempre più spettacolari e coinvolgenti.

La performance di Katy Perry, incinta all’ottavo mese, sul palco virtuale di Tomorrowland Around The World 2020 – La location stage dove gli artisti hanno performato le loro prestazioni coincideva con un palco circondato da una serie di green screen, con sei camere fisiche ultra HD 4k, fondamentali per elaborare le sequenze di dettaglio. Il girato è stato dunque integrato nei software 3D utilizzati per la post produzione, dove è stato integrato l’ambiente virtuale, creando anche le riprese aeree e a grande distanza. Una volta definito integralmente il set, il regista ha avuto a disposizione ben 38 camere virtuali con cui procedere al montaggio definitivo.

Un breve documentario sulla creazione della prima edizione virtuale di Tomorrowland: un risultato incredibile ottenuto in soli tre mesi di lavoro.

I concerti virtuali di Fortnite: il grande evento Halloween in live action 3D di J Balvin

Chiunque abbia una certa confidenza con gli spettacoli virtuali, avrà notato come Tomorrowland Around The World si sia ispirato, almeno dal punto di vista creativo, ai concerti di Fortnite, ormai un vero e proprio punto di riferimento, sia in termini di brand placement che nel coinvolgere la propria community con contenuti esclusivi.

Rispetto ad un festival come Tomorrowland, che vende biglietti ai propri spettatori, nel caso di Fortnite il modello di business cambia, in quanto è Epic Games, sviluppatore e host del re dei battle royale, a ingaggiare gli artisti ai fini di realizzare show gratuiti per il pubblico della sua piattaforma ludica. Per avere un ordine di grandezza, Fortnite vanta circa 350 milioni di giocatori registrati in tutto il mondo.

Se musica e cinema, nelle loro configurazioni tradizionali, piangono le restrizioni imposte dall’emergenza Covid-19, il gaming, pur dovendo rinunciare ai suoi principali eventi in presenza, ha visto aumentare i propri numeri, per ragioni facilmente intuibili.

Tra gli eventi di riferimento di Fortnite figura il tradizionale concerto streaming di Halloween, che nell’edizione 2020 ha visto salire sul palco J Balvin, al lancio del suo ultimo singolo. Lo show ha preso corpo in una scenografia quasi interamente digitale, che ha visto J Balvin entrare su una zucca gigante, quale un grottesco frankenstein circondato da mostri di ogni sorta. Quando si tratta di eccedere, agli americani non si insegna davvero nulla. Ne abbiamo avuto una conferma.

L’esibizione della popstar colombiana non è avvenuta in diretta, ma è stata il risultato di una produzione di quattro giorni negli studi di Glendale, in California. La collaborazione tra Epic Games e J Balvin ha avuto anche una componente squisitamente tecnologica, dal momento che il set in cui si sono svolte le registrazioni è stato implementato grazie alle tecnologie di produzione virtuale basate su Unreal Engine.

Nato per lo sviluppo dei videogiochi, il principale asset di Epic Games è diventato un punto di riferimento anche in altri ambiti dell’entertainment. Unreal Engine sta prendendo rapidamente piede anche nelle applicazioni in ambito enterprise, grazie alla crescente richiesta di app interattive, capaci di relazione in maniera attiva i brand con i loro utenti.

A differenza dei set più tradizionali, i green screen sono stati sostituiti in tutto o in parte da tre grandi schermi led, in grado di proiettare in tempo reale tutti i contenuti creati in 3D. Oltre a offrire agli attori un riferimento visivo molto efficace nel migliorare la loro performance e a illuminare in modo coerente la scena, il fatto di poter effettuare un blending tra reale e virtuale durante la fase di ripresa anticipa gran parte del lavoro tradizionalmente svolto in post produzione, con enormi vantaggi in termini di qualità, riduzione dei costi e, soprattutto, dei tempi di sviluppo.

Anche se non sussiste una relazione diretta, il set predisposto da Epic Games per J Balvin è una versione light del più celebre Stagecraft sviluppato da ILM (Industrial Light and Magic), anch’esso basato sulla tecnologia di Unreal Engine e recentemente salito agli onori della cronaca grazie alla produzione virtuale di The Mandalorian. L’esclusiva Disney+ a tema Star Wars ha definito un nuovo punto di riferimento per le serie TV, sempre più prossime alla qualità delle produzioni per il grande schermo.

Il set di Glendale è stato disposto nel ferreo rispetto delle normative anti-Covid. La stesso J Balvin è risultato vittima dell’infezione nei mesi che hanno preceduto lo show, con un decorso sintomatico della malattia definito piuttosto severo, al punto che la popstar colombiana si è più volte rivolta ai propri fan invitandoli alla prudenza.

La produzione virtuale in animazione full 3D: avatar in puro mood gaming e i numeri da record di Travis Scott

Se la genesi visiva del concerto streaming di Halloween è stata caratterizzata da un blend tra due mondi – quello reale dell’artista e quello virtuale di Fortnite e della sua community – il concept varia decisamente se consideriamo il format più ricorrente per questo genere di situazioni, come è avvenuto nel caso dei concerti di Travis Scott.

Astronomical, il titolo del brano che accompagna lo show, è stato il primo evento di grande rilievo su Fortnite dopo l’inizio dell’emergenza Covid-19, assumendo in toto il linguaggio del mondo virtuale che lo ha ospitato, la stessa identità visiva, in ogni dettaglio presente in scena. Al pari dei giocatori-spettatori, lo stesso Travis Scott è stato rappresentato da un avatar 3D, volutamente fuori scala come la portata del suo show.

La simbiosi tra l’artista, la sua musica e la community di Fortnite diventa totalizzante. Nulla di concettualmente troppo differente da quanto avveniva già dieci anni fa in Second Life, dove impazzarono nientemeno che i Duran Duran, che oltre a performare negli show acquistarono anche una delle celebri isole personalizzate: Universe.

Rispetto all’opera pionieristica di Linden Lab, che pur lontano dalla ribalta dei giorni di gloria, nonostante l’età gode tuttora di buona salute, il palinsesto di Fortnite riesce a garantire un livello di coinvolgimento sicuramente più maturo, in un internet più consapevole sui grandi numeri, grazie ad una qualità dei contenuti generati in 3D semplicemente di un’altra generazione.

A differenza di J Balvin, che si è definito un casual gamer, Travis Scott ha una maggior confidenza con l’immaginario videoludico, al punto che Sony lo ha reclutato quale ambassador per il lancio della nuova PS5, affidandogli un ruolo di primissimo piano.

La proiezione integrale di Astronomical – I concerti di Fortnite sono in genere molto brevi, con una durata nell’ordine dei 10 minuti, in cui le attività “belliche” vengono forzatamente sospese. L’idea è di un momento che consente di creare grande attesa, da vivere intensamente prima di rigettarsi nella mischia, più carichi di prima. Quasi fosse l’halftime show del Superbowl.

Grazie ai quattro show trasmessi in altrettanti giorni consecutivi, Travis Scott ha totalizzato 45,8 milioni di spettatori, con un’affluenza massima di circa 12 milioni per il singolo show, superando il precedente record fatto riscontrare pre-Covid dai concerti streaming Dj Marshmello, in un contesto certamente impari, anche per quanto riguarda il livello della produzione, decisamente sbilanciata a favore del rapper di Houston, che peraltro non ha prodotto in diretta la sua performance.

Dj Marshmello è stato l’artista che ha messo i concerti di Fortnite sulla carta geografica dei grandi eventi online. Era il 2 febbraio 2019, quando oltre dieci milioni di persone si sono ritrovate con i loro avatar a Parco Pacifico, nella zona nord della mappa di gioco, per dieci minuti di grande spettacolo, prima di tornare a fraggarsi allegramente. L’alter ego musicale di Christopher Comstock è molto legato all’immaginario del battle royale di casa Epic Games, al punto da aver ambientato anche altri lavori, tra cui il video ufficiale di Alone.

Non solo Fortnite. A ciascuno la sua musica

Fortnite non è l’unica piattaforma gaming su cui vengono trasmessi abitualmente concerti streaming virtuali. Di recente Lil Nas X ha tenuto quattro show su Roblox, celebre sandbox frequentato soprattutto da giovanissimi, totalizzando ben 33 milioni di spettatori. Per l’occasione è avvenuto il lancio del singolo Holyday, in pochi minuti di show che hanno richiesto ben otto mesi di preparazione, considerando prima il lavoro del team marketing dell’artista, poi l’effettiva produzione della performance virtuale. Ennesima dimostrazione che, emergenza o non, il successo non si improvvisa.

Di impronta e formato totalmente differente, anche se distante dai numeri finora citati, è stato il festival Block by Blockwest, che ha visto una folta platea di artisti, capitanati dai Massive Attack, alternarsi sul palco virtuale di Minecraft, di fronte a circa 130.000 spettatori virtuali.

Organizzato dai Courier Club, il palinsesto di Block by Blockwest presentava tutti i caratteri di un festival tradizionale, trasportato nell’inconfondibile mondo a blocchi di Minecraft. Dotato di una durata convenzionale, il festival a blocchi ha avuto una connotazione decisamente più matura rispetto a quelli di Fortnite, in quanto l’identità culturale dell’evento era dichiaratamente votata al supporto di una associazione impegnata contro il Covid-19, cui peraltro è stato devoluto l’intero ricavato.

Tra le curiosità, il clamoroso crash dei server in occasione della data originale dell’evento, inizialmente fissata per il 25 aprile. Nonostante la figuraccia rimediata, l’indesiderato intoppo ha costituito una pubblicità involontaria per il rilancio. Al secondo tentativo, andato online su Youtube e Twitch il 16 maggio, l’intera kermesse si è per fortuna conclusa regolarmente, nella piena soddisfazione di tutti i partecipanti.

Musica e Gaming, un matrimonio di convenienza? Più della tecnologia, conta l’esperienza

Che si tratti di un evento originale, piuttosto che di un brand placement su una piattaforma gaming, è evidente come gli scenari dell’industria musicale stiano rapidamente mutando, al punto da rendere doveroso il proverbiale supplemento d’indagine. La possibilità tecnica di realizzare un concerto virtuale su una piattaforma gaming non è certamente un’esclusiva dell’ultima ora.

L’industria musicale ha finalmente capito che per creare nuovi mercati non deve di per sé cambiare il prodotto, ma soprattutto i formati in cui veicola la propria offerta, andando dichiaratamente nella direzione delle esigenze e dei desideri del proprio pubblico.

Anni fa, eventi di questo genere, al di là di sporadiche eccezioni, non sarebbero nemmeno stati presi in considerazione, anche per via di un certo scetticismo, per non dire di vero e proprio snobismo, nei confronti del mondo dei videogiochi. Ora la prospettiva si è decisamente ribaltata e l’industria dell’entertainment appare sempre più disposta a contaminazioni transmediali. Se non altro per ragioni di opportunità.

A garantire il naturale successo di questo genere di collaborazioni artistiche è soprattutto il DNA esperienziale del videogioco, nativamente basato sull’interazione, una componente chiave di un’esperienza digitale in grado di coinvolgere davvero il pubblico. Sono le ragioni per cui i game engine sono diventati dei tool di sviluppo sempre più richiesti anche per la realizzazione delle applicazioni enterprise, che non possono prescindere da logiche customer-centric.

Se il concerto dal vivo vede il pubblico interagire in presenza grazie al coinvolgimento emotivo che si crea nel viaggio, nel prendere posizione sotto il palco molte ore prima, in compagnia di amici con cui lasciarsi trasportare dalle sonorità dei propri artisti preferiti, si potrebbe dire la stessa cosa assistendo alla medesima performance su Youtube, magari nella dimensione misera del display di uno smartphone? Lo stesso prodotto musicale, nel contesto di un’esperienza più o meno coinvolgente, varia sensibilmente il proprio esito.

Se le emozioni della musica e l’interazione dei videogame sono in grado di coinvolgere community spesso condivise, oggi assistiamo a una garanzia di successo e, se non vogliamo sbilanciarci nel matrimonio, l’impressione è che si tratti per lo meno di un fidanzamento con serie intenzioni, in grado di durare oltre i termini della scappatella pandemica. Solo allora, al termine dell’emergenza, capiremo se il sodalizio tra musica e videogiochi potrà crescere ancora o se le rispettive strade si separeranno nuovamente.

E la scena indipendente? Il clubbing in realtà virtuale

Se le tecnologie immersive sono sempre più frequenti, diffuse e spesso anche indispensabili nel supporto della produzione virtuale, lo stesso non si può dire nel caso della fruizione per l’utente finale. L’aspetto emerge in maniera evidente quando ci accingiamo ad analizzare fenomeni consumer come quelli dell’industria del divertimento, caratterizzati da numeriche particolarmente elevate.

Non mancano però le nicchie applicative, tipiche della realtà indie, dove la passione è in grado di gettare, come si suol dire, il cuore oltre l’ostacolo. E’ il caso del virtual clubbing, che ha visto un’accelerazione nel periodo del primo lockdown, per continuare almeno dal punto di vista socio-culturale un’attività troncata di netto dalle restrizioni.

La volontà di creare delle room virtuali per socializzare ed assistere a performance di musica elettronica è alla base di progetti interessanti come The Dome, a cura del collettivo torinese Algo:Ritmi. Si tratta di un progetto di room virtuali in cui è possibile calendarizzare qualsiasi evento in multipresenza: dal festival musicale all’esposizione museale. Il progetto, basato sulla tecnologia di Mozilla Hubs, ha natura open source ed è concepito espressamente per il web.

The Dome nasce come alternativa online, ma i suoi spazi digitali derivano da una visione artistica che si discosta dichiaratamente dal reale, per dare luogo ad un design concepito esclusivamente per l’esperienza virtuale.

La realtà virtuale e la realtà aumentata per eventi e concerti streaming “tradizionali”

Per completare un quadro tecnologico ed esperienziale relativo ai concerti virtuali, è utile porre l’attenzione anche sul supporto virtuale agli eventi in presenza. Si tratta di una ibridazione in grado di aprire nuove possibilità di fruizione e di business in moltissime situazioni. Le applicazioni in realtà virtuale più strutturate appartengono, per il momento, all’era pre-Covid, per amplificare portata e potenzialità dei grandi eventi reali. Un esempio lampante è costituito da NextVR, che offre una sorta di “prima fila” in video 360 di concerti ed eventi sportivi, come le partite NBA.

Si tratta di una virtualità differente rispetto a quella che abbiamo sin qui configurato. Non è l’evento in sé, la fonte originale, a essere caratterizzato dalla dimensione sintetica, ma l’esperienza vissuta dall’utente finale, che si ritrova immerso in una situazione altrimenti impossibile da vivere: essere in diretta sul palco del proprio artista preferito, come assistere a bordo campo ad una partita, piuttosto che ad un incontro di pugilato.

Quanti potrebbero permettersi una situazione di questo genere? Tra le infinite capacità immersive della realtà virtuale c’è quella di far provare sensazioni ed emozioni che la maggior parte delle persone può vivere solo grazie alla simulazione virtuale. Gli eventi non sfuggono a questa regola, capace di democratizzare condizioni altrimenti elitarie.

In altri termini, la realtà virtuale assume una valenza creativa a supporto di una proposta artistica. Dopo aver esplorato in passato applicazioni con i droni ed altri ritrovati tecnologici, per il Tour dell’ultimo album, Simulation Theory, i Muse hanno voluto spingersi oltre, offrendo un’esperienza a tutti gli effetti esclusiva.

Da una stretta collaborazione con Microsoft ha preso forma la Simulation Theory Enhanced Experience, un pre-show composto da tre giochi in VR, basati sui contenuti dell’album e dall’ iconografia pop-nerd alla Ready Player One, riconoscibilissima sin dai tratti delle illustrazioni di Karl Lambert (che ha lavorato, tra gli altri, anche per Stranger Things, NdR). La Enhanced Experience di Simulation Theory, costituisce un autentico valore aggiunto, accessibile soltanto a chi acquista un biglietto specifico, che oltre al VR pre-show assicura anche un posto fronte palco durante il concerto vero e proprio.

La presentazione di Simulation Theory Enhanced Experience, sviluppata in collaborazione con Microsoft. Lo storico frontman dei Muse, Matt Bellamy, ha confessato di essersi appassionato alla VR dopo un periodo di lontananza dal gaming classico, che lo aveva visto parecchio impegnato durante la fase adolescenziale. (credit: Microsoft)

Per quanto riguarda la realtà aumentata, la diffusione è resa più agevole per via della capillare diffusione sui dispositivi mobile. Tra le esperienze di maggior rilievo, va senza dubbio annoverata Pharos AR, un’applicazione che consente di esplorare l’inconfondibile universo creativo di Childish Gambino, ascoltando i suoi brani involandosi per ambienti a dir poco psichedelici.

Dopo aver scaricato l’app dai consueti store mobile iOS e Android, l’esperienza consente di accedere a un portale dedicato e di immergersi in un mondo surreale, da soli o in un multipresenza, per intraprendere un viaggio che porta dalla caverna allo spazio, chiara allegoria dell’evoluzione umana, in cui non manca una citazione al 2001 di Kubrick.

Per provare tutto questo non è ovviamente necessario recarsi per forza a un concerto di Childish Gambino, che altri non è che l’alter ego musicale della popstar Donald Glover. La app è in grado di “aggiungere” il mondo di Pharos in ogni luogo, in qualsiasi momento, unendoci ad altre persone accomunate dalla stessa passione, in ogni angolo del mondo.

L’esperienza in realtà aumentata di Pharos è stata realizzata con Unity, software 3D real time che ad oggi, insieme ad Unreal Engine, costituisce il principale punto di riferimento tecnologico per lo sviluppo delle esperienze immersive (credit: Unity)

Se da un lato sarebbe errato considerare le tecnologie immersive come accessorie, non sarebbe neppure corretto dotare di eccessiva enfasi una dimensione che al momento risulta perfetta per creare valore aggiunto, ma non può ancora reggere in autonomia il peso di un’esperienza di fruizione integrale legata agli eventi virtuali.

Se la realtà aumentata ha, infatti, per definizione, bisogno di una realtà fisica cui fare riferimento, la realtà virtuale deve fare i conti con il numero limitato di device attualmente diffusi, che ne limita a priori il pubblico di riferimento, contestualizzando le sue applicazioni a particolari nicchie o al contesto enterprise, anche se il formato privilegiato rimane quello dell’esperienza location based.

Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin