I musei stanno riprogrammando il proprio core business attraverso una fase molto complessa, in cui gli effetti della pandemia si sono sommati ad una radicale trasformazione già in atto. Le limitazioni alla visita in presenza hanno accelerato la fruizione online, in cui i virtual tour assumono sia la valenza di un’alternativa, che un indispensabile valore aggiunto all’esperienza tradizionale. In questo contesto le produzioni multimediali e i virtual tour interattivi in 3D costituiscono gli strumenti privilegiati per dare il via ad una nuova era per l’industria della cultura.

TAKEAWAY

  • A causa dei ripetuti lockdown, il Design Museum di Londra ha creato un virtual tour della mostra Electronic: dai Kraftwerk ai Chemical Brothers, una delle più attese dell’anno, in grado di coinvolgere migliaia di appassionati di musica elettronica e non.
  • Le tecnologie 3D offrono alle istituzioni museali potenzialità inedite per formare e valorizzare le proprie collezioni. È possibile creare reperti digitali, così come allestire un’esperienza di visita in tutto o in parte digitale.
  • Il caso della David Gilmour Guitar Collection rimane un esempio straordinario della capacità del digitale di supportare strategie cross disciplinari, che vanno dalla mostra museale alla vendita all’asta delle collezioni private.
  • I virtual tour e le esperienze digitali di norma non si sostituiscono all’allestimento fisico, mirando piuttosto ad integrare l’offerta per raggiungere una quota di pubblico che difficilmente sarebbe stata coinvolta dall’esperienza tradizionale, oltre a fidelizzare il pubblico già acquisito.
  • I musei sono ormai equiparabili ad un brand in grado di valorizzare e promuovere i propri asset, nel contesto di strategie di marketing digitale che possono contare su contenuti unici e di grande qualità.

Virtual tour e contenuti esclusivi in 3D sono tra le principali risorse a disposizione dei musei impegnati a fronteggiare le limitazioni imposte dalla pandemia da Covid. Un caso esemplare è offerto dalla mostra Electronic: dai Kraftwerk ai Chemical Brothers. Attesissima, aperta in ritardo a causa del lockdown primaverile, con prevendite costantemente esaurite, il principale evento sulla cultura della musica elettronica ha cercato nuove vie per coinvolgere i tantissimi “follower” interessati.

A causa della recrudescenza pandemica che ha investito la Gran Bretagna, le saracinesche del Design Museum di Londra, sede della mostra, si sono nuovamente abbassate a partire dal 16 dicembre, senza alcuna certezza sui tempi e sui modi in cui sarà nuovamente possibile riaprire i battenti.

Per diretta ammissione del direttore Tim Marlow, le difficoltà di accesso del pubblico hanno convinto il Design Museum a produrre un contenuto esclusivo per i propri sostenitori e per tutti coloro che fossero interessati ad acquistare l’esperienza digitale della mostra.

Contrariamente a ciò che ci si sarebbe potuti attendere dal suffisso “virtual tour”, il Design Museum di Londra non ha, come nel caso della simultanea Beazley Designs of the year, proposto un tour interattivo dell’esposizione, ma ha prodotto un documento esclusivo in cui alcuni dei protagonisti illustrano i loro contributi, per spiegare nel dettaglio i contenuti della mostra.

La mostra Beazley Designs of the year 2020 è disponibile anche nel virtual tour interattivo, che consente di visitare online l’allestimento digitalizzato in 3D, con l’aggiunta delle informazioni contestuali in grado di dare un valore aggiunto all’esperienza di navigazione.

Vediamo i motivi per cui Electronic è stata capace a generare una simile aspettativa di pubblico, prima di soffermarci sull’efficacia delle strategie digitali che i musei stanno attuando per cercare di superare il drammatico periodo della pandemia Covid-19, che ha letteralmente stravolto il loro tradizionale modello di business.

Il virtual tour della mostra Electronic: dai Kraftwerk ai Chemical Brothers. Storia di un successo annunciato

Concepita come una antologia dei vari aspetti in grado di connotare la storia della musica elettronica, l’edizione londinese è in realtà una versione riveduta e notevolmente ampliata della mostra che ha esordito nel 2019 nelle sale della Philarmonie de Paris. A dispetto del titolo, la rassegna di Electronic inizia ben prima dei Kraftwerk, facendoci conoscere addirittura il leggendario Telharmonium, il sintetizzatore che nel 1901 ha emesso il primo bip, dando inconsapevolmente il via ad una nuova era per la produzione musicale, considerando l’enorme influenza che questo genere è stato in grado di determinare a livello sociale nelle generazioni che si sono succedute.

Il virtual tour della mostra Electronic è un’esperienza totalizzante, che in quattro sezioni esplora la storia del genere ed offre una serie di allestimenti e installazioni artistiche in grado di rievocare quello che, alla luce dei lockdown, appare almeno per il momento quale un vero e proprio paradiso perduto, quello del popolo della notte.

Il loop del remix del dj francese Laurent Garnier accompagna il visitatore durante l’intero percorso di visita, all’interno del quale sono allestiti una serie di reperti unici, come i sintetizzatori, le macchine in grado di creare il suo elettronico, i bip . Si tratta di veri oggetti di design, la cui estetica è in grado di affascinare anche i non addetti ai lavori: dai pionieristici Croix Sonore o Ondes Martenot, fino alla serie Roland TB-303, passando per alcuni pezzi unici, come il sintetizzatore tripedale realizzato da Yuri Suzuki per un autentico mostro sacro come Jeff Mills.

La musica elettronica è da sempre accompagnata da visioni digitali capaci di contestualizzare i live show. È il caso della produzione artistica di Weirdcore, autore dei data stream astratti utilizzati da Aphex Twin.

In questo festival di arte visiva e sonora non poteva mancare ovviamente il 3D, alla base di molti video tributi, in particolare quello dedicato al tour 3-D – The Catalogue, realizzato dai Kraftwerk nel 2017, che ha fatto tappa anche in Italia in quattro straordinarie serate presso le OGR di Torino.

Alla produzione digitale si affianca il fascino della testimonia del graphic design, con i flyer che hanno annunciato e invitato a partecipare alle serate dei club di tutto il mondo. Un’occasione per ricordare la cultura della nightlife di realtà quali Chicago, Detroit, New York e Berlino, senza dimenticare ovviamente i club dei padroni di casa della scena anglosassone. In questo contesto troviamo una selezione di immagini che ritraggono la vita della notte.

La sezione Utopian Dreams si fa carico di una testimonianza per ricordare come i club siano stati, oltre che il luogo del divertimento di chi ama fare particolarmente tardi, anche il luogo simbolo della rivalsa sociale della comunità LGBT ben prima dei celebri pride, allo stesso modo con cui i rave hanno assunto il valore simbolico dell’antagonismo, attirandosi le attenzioni non proprio amorevoli delle forze dell’ordine, a causa della presenza di droghe e dei problemi di sicurezza causati dall’occupazione illegale di aree dismesse.

Non mancano le installazioni artistiche commissionate per l’occasione, come Core, realizzata da 1024 architects, che consiste in una serie di 24mila luci LED capaci di reagire ai suoni presenti nell’ambiente dando luogo ad una performance visiva senza interruzioni. Si tratta di un’esperienza che enfatizza, in maniera particolarmente immersiva, uno degli aspetti caratteristici della musica elettronica, ossia i 120 beat al minuto, che la rendono indipendente dal ritmo della batteria che caratterizza la maggior parte degli altri generi musicali.

Le mostre temporanee in virtual tour: tra reperti storici, collezioni in 3D e chitarre di David Gilmour

L’esperienza di Electronic ci apre la mente per quanto concerne l’immaginario legato alla musica di genere e al suo background socio-culturale, ma soprattutto sulla principale qualità che le collezioni museali offrono per allestire le mostre temporanee e permanenti, nelle versioni tradizionali e nei virtual tour che stanno iniziando a proliferare negli ultimi anni, ancor prima dell’accelerazione forzata dai lockdown.

I musei hanno infatti in dotazione l’elemento fondamentale per poter dare luogo ad una strategia digitale, ossia i contenuti esclusivi che fanno parte delle loro collezioni, oltre ai materiali delle esposizioni temporanee anno per anno sul calendario mostre, entrando a far parte dei rispettivi cataloghi.

Concepire una collezione oggi vuol dire ragionare in senso ampio, connotando sia i reperti fisici che le ricostruzioni digitali in 3D che possono ad esempio consentire di riunire sotto lo stesso tetto dei pezzi la cui versione fisica è conservata in sedi differenti, piuttosto che completare virtualmente delle collezioni oggetto di lacune ricostruite grazie all’indagine degli studiosi.

In termini di allestimento, la creazione delle esperienze digitali spazia dalle produzioni audio-video tradizionali, agli allestimenti virtuali generati in 3D. In entrambi i casi, i visitatori possono esplorare le mostre digitali sia su un display tradizionale che utilizzando i visori per la realtà virtuale.

Le tecnologie 3D, grazie alla capacità di modellare e visualizzare qualsiasi contenuto, offrono quindi un potenziale creativo in grado di supportare iniziative che superano la semplice contestualizzazione museale. Un caso esemplare, per la sua cross disciplinarità, è rappresentato dalla vendita della collezione di chitarre di David Gilmour, curata da Christie’s nel corso del 2019.

La rassegna comprendeva anche la leggendaria Black Strat, la Fender Stratocaster utilizzata nella registrazione di Dark Side of The Moon, Wish you were here e The wall, un cimelio che i collezionisti si sono aggiudicati per 4 milioni di euro. Inutile precisare come si tratti della chitarra più cara di tutti i tempi.

La collezione appartenuta all’ex Pink Floyd contava ben 126 pezzi, battuti da Christie’s per oltre 22 milioni di euro, interamente devoluti in beneficenza dall’artista a sostegno della causa ambientale promossa da Greta Thunberg. Nel corso di un’intervista rilasciata a The Guitar, Gilmour ha motivato le ragioni alla base di un gesto così sorprendente: “Abbiamo bisogno di un mondo civilizzato che vada avanti per tutti i nostri nipoti e oltre, in cui queste chitarre possano essere suonate e le canzoni possano essere cantate”.

La vendita all’asta è stata preceduta da una serie di mostre temporanee con finalità promozionali, allestite rispettivamente a Londra, Los Angeles e New York, sede dell’asta finale, cui hanno partecipato oltre 2000 persone. Un autentico viaggio in una storia senza tempo, tra le icone in grado di creare la musica dei Pink Floyd. L’unica ed ultima occasione offerta ai fan per percepire un’unità che da lì a breve sarebbe stata destinata volontariamente frantumata.

La mostra è stata interamente digitalizzata grazie alla tecnologia di Matterport 3D, per essere riprodotta online sul sito ufficiale di Christie’s con un virtual tour corredato dalle informazioni relative alle basi d’asta dei vari lotti formati per la futura asta di vendita. La risorsa digitale è rimasta online anche successivamente la chiusura dell’iniziativa d’asta e consente tuttora di poter visitare virtualmente la David Gilmour Guitar Collection.

Strategie digitali per il settore museale: quando il digitale aggiunge valore all’esperienza tradizionale

In uno scenario come quello delineato, i musei diventano sempre più dei veri e propri brand, “costretti” a fare di necessità virtù impostando dei modelli di business simili in tutto e per tutto a quella di un’azienda chiamata a valorizzare i propri asset.

I contenuti digitali possono dare forma a strategie molto articolate, aprendo la strada ad infinite nuove possibilità, che vanno dalla replica digitale degli spazi museali alla creazione di apposite sezioni, esclusivamente virtuali, capaci di esporre, in virtual tour, collezioni permanenti che, altrimenti, non riuscirebbero mai ad uscire dagli archivi, dal momento che le sale del museo non ce la farebbero fisicamente ad ospitarle.

I vantaggi di affiancare una strategia digitale a quella tradizionale sono molteplici, proviamo a riassumere quelli probabilmente più rilevanti:

  • aumento della clientela diretta grazie agli accessi virtuali, il cui prezzo è peraltro inferiore rispetto a quello dell’accesso fisico;
  • raggiungimento del pubblico già interessato che altrimenti non potrebbe visitare in presenza la mostra, per via della distanza o di altre forme di limitazioni;
  • raggiungimento di un potenziale nuovo pubblico, interessato al tema della mostra, grazie a nuovi formati esperienziali;
  • aumento della popolarità e la reputazione del museo, incentivando la visita e l’acquisto presso lo shop ufficiale (contenuti relativi a mostre, merchandising, ecc.);
  • sviluppo di esperienze edutainment capaci di generare nuovi business sulla base di prodotti e servizi basati sulle collezioni del museo;
  • coinvolgimento in remoto delle scuole per attività didattiche;
  • possibilità di partnership e co-marketing con aziende che intendono associare il proprio brand all’immaginario culturale;
  • generazione contenuti digitali utili e pronti in qualsiasi momento per le strategie di marketing.

Come si può facilmente evincere, quelli citati sono in gran parte vantaggi che una strategia digitale implementata in maniera efficace è in grado di garantire anche in altri settori di business, con particolare riferimento all’ambito enterprise. Il museo è dunque sostanzialmente chiamato a rinnovare la propria offerta per raggiungere un pubblico attraverso nuovi canali, con esperienze immersive sviluppate ad hoc.

A prescindere dall’emergenza pandemica, che ha di fatto reso traumatico e non ulteriormente rimandabile il processo di trasformazione digitale, ci attende un new normal che non sostituirà la tradizionale visita in presenza, ma sfrutterà le opportunità dei tour virtuali per generare nuove opportunità di business, coinvolgendo le persone di tutto il mondo grazie a contenuti in grado di generare emozioni uniche.

Scritto da:

Francesco La Trofa

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin