L’edutainment è una disciplina basata su esperienze multimediali interattive che consentono di imparare divertendosi, secondo quel paradigma “learning by doing” che contraddistingue le attività didattiche in modalità micro-learning.
Siamo nel contesto di situazioni formative ideate per essere vissute in maniera intensa, massimizzando l’attenzione degli utenti nell’arco di un breve periodo di tempo. Le esperienze edutainment sono spesso concepite per essere fruite in maniera collaborativa, in analogia con quanto accade con il multiplayer nei videogiochi, con una modalità “hands on” sui contenuti da apprendere.
I musei ricorrono sempre più spesso ad esperienze di edutainment nell’ambito della divulgazione tecnico-scientifica, per eventi temporanei o presso allestimenti permanenti.

Per comprendere pienamente in cosa consiste e come prende forma un’esperienza museale edutainment abbiamo incontrato Luca Roncella, Game Designer e Responsabile Gaming & Digital Interactivity del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, istituzione ormai da diversi anni impegnata in questo genere di iniziative, utilizzando nuovi media e tecnologie emergenti per sperimentare soluzioni didattiche innovative, rivolte ad un pubblico molto trasversale.
Quali sono le principali tendenze nell’ambito delle esperienze interattive museali?


Roncella: Vi sono molti modelli di esperienza che dipendono da una molteplicità di fattori, cominciando dal rispondere a domande come: che progetto è? In che contesto nasce? A che pubblico si rivolge? La scelta delle tecnologie da utilizzare è condizionata dagli obiettivi culturali che il museo intende raggiungere nelle varie iniziative che intraprende.
Fatta questa debita premessa, tendenzialmente emergono due linee di intervento.
Il primo caso è costituito dall’esperienza temporanea, in cui ci si basa prevalentemente su contenuti già esistenti, costruendo “intorno” l’esperienza della visita museale e tutti i momenti didattici che questa comporta.
Il secondo caso è invece caratterizzato dai progetti ideati in toto dal museo, contestualmente alla realizzazione di una nuova sezione permanente o al rinnovamento di una già esistente. In questo caso l’esperienza edutainment è una produzione originale, così come i serious game sviluppati per rendere interattivi gli exhibit dell’allestimento museale.
Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano è stato tra i primi, almeno in Italia, ad offrire al proprio pubblico una serie di esperienze in realtà virtuale. Quali sono state le prime impressioni?
Roncella: Abbiamo avuto varie iniziative, a cominciare da un corner supportato da Sony, dove abbiamo utilizzato dei contenuti già esistenti sul catalogo Playstation VR per organizzare delle iniziative guidate, con un educatore a supporto, utile a guidare e completare l’esperienza immersiva. In questo caso, il prodotto commerciale viene sottoposto ad una curatela. Gli esperti nella specifica disciplina ci confermano l’attendibilità dal punto di vista tecnico-scientifico e attorno a questo prodotto viene sviluppato un progetto didattico museale completo.
L’esperienza immersiva diventa in tal senso aumentata dall’uomo, oltre che dalla simulazione digitale. Come definiresti questo rapporto tra le tecnologie 3D dei mondi virtuali esplorati dai visitatori e la presenza di un educatore tradizionale?
Roncella: Si, è l’umano che per certi versi aumenta l’esperienza digitale. L’educatore svolge un ruolo cruciale, sotto molti aspetti, soprattutto considerando il ruolo dell’istituzione museale quale luogo di cultura. Oltre a supportare e guidare il visitatore alla scoperta dei contenuti in mostra, l’educatore svolge un ruolo cruciale nella gestione dell’exhibit.
Al momento le esperienze in realtà virtuale non sono di fatto autonome, vi è bisogno di un costante supporto tecnico, sia per istruire il visitatore, che spesso indossa per la prima volta un visore VR, sia per riavviare o riconfigurare i device coinvolti in caso di imprevisti. Entrambi questi ruoli vengono riassunti nella figura dell’educatore, un professionista formato culturalmente sui temi in mostra, sulle tecnologie adottate e capace di relazionarsi in maniera corretta col pubblico.
Le esperienze immersive sono legate ai contenuti delle sezioni tradizionali del museo?
Roncella: In molti casi si. Per chiarire questo concetto riassumo il funzionamento dell’esperienza A Space Walk VR. I visitatori possono vivere in maniera immersiva un’esperienza del catalogo Meta Quest, ma in maniera decisamente differente rispetto al modo in cui potrebbero farlo a casa loro, ammesso di possedere l’hardware e il software necessario.
L’esperienza in VR entra a far parte di un’offerta culturale più ampia ed esclusiva, dove oltre al già citato supporto dell’educatore, gli utenti possono visitare la sezione spazio del museo con un maggior livello di consapevolezza.
Come accennavo, vi sono molti modelli quando parliamo di edutainment. In questo caso, l’esperienza digitale completa la fruizione del reperto fisico. Dopo aver camminato nello spazio in VR insieme agli astronauti della ISS, i nostri visitatori possono approcciarsi al frammento lunare o alla tuta di Samanta Cristoforetti decisamente più coinvolti rispetto a ciò che accadrebbe nel contesto di una visita tradizionale. Ciò avviene grazie a tutte le nozioni precedentemente acquisite grazie ai contenuti in realtà virtuale.
In un contesto di attenzione per la tecnologia come quello del Museo Scienza, quanto incide per il visitatore l’effetto novità della realtà virtuale?
Roncella: La tecnologia è un aspetto indubbiamente molto presente sia nei contenuti delle nostre esposizioni che negli strumenti che adottiamo per le fasi interattive. Le persone sviluppano un notevole senso di curiosità nei confronti della tecnologia. Il suo impatto è vissuto in maniera positiva devo dire in tutti i profili di pubblico con cui siamo soliti interagire: dallo studente alla persona curiosa, senza trascurare gli addetti ai lavori.
La realtà virtuale non è una tecnologia trasparente rispetto al contenuto, il suo impatto si sente eccome. Entra a stretto contatto con il pubblico e sviluppa un forte rapporto emozionale con il contenuto stesso. La VR è uno strumento molto potente, che i progettisti devono saper usare in maniera molto consapevole, per rendere il fascino della tecnologia funzionale rispetto alle finalità culturali dell’esperienza museale.
La realtà virtuale non è certo il primo media digitale ad entrare nelle sale di un museo. Cosa sta cambiando rispetto alle esperienze che potremmo definire tradizionali, in cui l’interazione avviene mediante esperienze non immersive?
Roncella: La chiave risiede proprio nell’immediatezza e nel livello di coinvolgimento che si genera. Possiamo affermarlo con ragionevole certezza, grazie ai feedback dei nostri visitatori, la cui tipologia spazia dai bambini delle scuole a persone anziane, anche oltre gli ottant’anni di età. I risultati sono sorprendenti, al punto che anche persone oltre gli ottant’anni di età riescono a fruire in maniera soddisfacente delle esperienze immersive ed indossare i visori con buona disinvoltura. È una tecnologia che piace e coinvolge i visitatori molto di più rispetto alle applicazioni mobile e altre situazioni attualmente molto più diffuse in ambito culturale.
In precedenza hai fatto riferimento alla differenza tra vivere un’esperienza in VR al museo, rispetto a fruirne a casa propria, magari con un maggior livello di controllo sui tempi e sulle modalità rispetto ad un percorso guidato? Perché un utente dovrebbe preferire il museo?
Roncella: Si tratta di esperienze differenti in situazioni differenti. A livello culturale ci poniamo su livelli di offerta differenti. In questo contesto ciascun utente può valutare cosa preferisce, oppure scegliere di provare entrambe le esperienze.
A differenza della fruizione domestica, nel contesto museale, l’esperienza in VR rappresenta un semplice pezzo del puzzle, funzionale ad un obiettivo più ampio in cui si crea una sinergia tra il virtuale e il reale, che risponde pienamente ai progetti di curatela che coordinano tutte le nostre iniziative.
Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci assume inoltre un ruolo di evangelizzatore per far conoscere le tecnologie immersive a persone che altrimenti difficilmente avrebbero un approccio diretto con la realtà virtuale.
Roncella: Capita spesso che i visitatori provino tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata per la prima all’interno del museo. Soprattutto nel caso della VR, pochi dispongono in forma autonoma dei visori necessari. Le nostre esperienze immersive, salvo rarissime eccezioni, non comportano un extra fee rispetto al prezzo dell’ingresso generale. Tra gli obiettivi che fanno capo a questa scelta vi è anche quello di incentivare le persone a provare la realtà virtuale.
Per quanto la tecnologia sia sempre strumentale agli obiettivi culturali, le nostre iniziative di edutainment non possono ignorare che la realtà virtuale oggi costituisca un elemento di novità ed attenzione ben differente rispetto a tecnologie digitali ormai consolidate, come i touchscreen interattivi. Siamo ben consapevoli di questo aspetto, così come lo sono gli educatori che assistono puntualmente i visitatori del museo durante le esperienze immersive.
Arriviamo quindi al tema dell’allestimento. Uno dei problemi ricorrenti delle istituzioni museali è trovare nuovi spazi da dedicare agli exhibit di nuova formazione, che vedono l’impiego delle tecnologie emergenti. Qual è il vostro approccio?
Roncella: La lotta per ottenere nuovi spazi dove esporre rappresenta una costante, e nel caso degli exhibit che prevedono la VR dobbiamo rispettare molti accorgimenti di natura tecnica, rendendo la soluzione del problema ancora più complessa.
Tuttavia, le difficoltà non implicano il fatto che un problema non si possa affrontare e risolvere con successo. Fortunatamente stiamo riuscendo nel nostro intento e i feedback positivi che riceviamo dal pubblico, oltre a confortarci, ci spingono sempre più a lavorare in questa direzione.
Il Covid ha rallentato alcuni progetti che avevamo iniziato, ma nonostante queste lungaggini, dal prossimo mese di giugno, il museo vedrà l’apertura di una XR Zone dedicata interamente alle esperienze immersive, per cui potremo avviare iniziative sempre più strutturate, con una base permanente per le postazioni VR.
Tra le iniziative in atto, spicca la collaborazione con Rai Cinema
Roncella: Di recente abbiamo presentato al pubblico del museo i contenuti di Divina Commedia VR, dei cortometraggi in VR 360 prodotti in esclusiva da Rai Cinema, con cui da oltre un anno condividiamo un’attività, proponendo contenuti sia di taglio scientifico-documentaristico, come being an astronaut, nicola tesla e vulcano, sia rivolti a tematiche più sociali e di inclusività, con corti di docu-fiction riguardanti, per esempio, il fenomeno degli hikikomori, il revenge porn e molti altri. La nuova XR Zone potrà consentirci di stabilizzare questo genere di iniziative con Rai Cinema, come accade ad esempio da qualche tempo al Museo del Cinema di Torino.

Lo scenario complessivo pare molto promettente. Al momento, tuttavia, esperienze come quelle da voi proposte non sono comuni nell’offerta culturale del nostro paese. Quali sono le principali difficoltà che la realizzazione di iniziative edutainment comporta?
Roncella: La definizione delle partnership e la capacità di trovare interlocutori attenti al dialogo culturale. Il Museo Scienza non può agire quale un semplice tramite commerciale, accettando contenuti promozionali che non rispondono ai requisiti che caratterizzano la missione culturale di un’istituzione come la nostra.
Allo stesso tempo, e credo di parlare per molte realtà museali in Italia, è molto difficile reperire i budget per acquistare o realizzare da zero certi contenuti, nel nostro caso le esperienze edutainment basate sulla VR 360 o sui serious games che ritroviamo negli allestimenti permanenti.
In Italia non è semplice offrire al pubblico questa tipologia di contenuti. Il fatto di essere tra i pochi a farlo da un lato ci gratifica, ma dall’altro siamo i primi a scontrarci ogni giorno contro una serie di barriere che al momento rendono complessa la diffusione su ampia scala delle esperienze immersive in ambito culturale.