Le caratteristiche delle piante della stessa specie possono avere cause genetiche differenti, a seconda del luogo di origine. A dimostrarlo, uno studio dell'Università di Würzburg, in Germania.

TAKEAWAY

  • I recenti studi sul genoma della specie vegetale aprono nuove finestre sul miglioramento genetico per la sostenibilità alimentare e il contrasto a malattie e a cambiamenti climatici.
  • È dello scorso aprile il completamento del sequenziamento del genoma dell’ulivo varietà Leccino, che inaugura un nuovo filone di conoscenze per l’approfondimento degli aspetti di adattabilità della pianta ai mutamenti ambientali.
  • Ultimo, in ordine di tempo, uno studio tedesco in materia di una maggiore comprensione dell’architettura genetica dei tratti complessi di alcune specie vegetali, con spunti interessanti sulle colture di nuove varietà di piante e sull’adattamento di queste ai cambiamenti climatici”.

Proseguono gli studi sul genoma della specie vegetale, con l’obiettivo di aprire nuove prospettive in tema di miglioramento genetico per la sostenibilità alimentare e il contrasto a malattie e a cambiamenti climatici.

Lo scorso aprile, ad esempio, nell’ambito di un progetto di ricerca tutto italiano (progetto Olgemone), il CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) ha annunciato il completamento del sequenziamento del genoma dell’ulivo varietà Leccino, tra le più diffuse sul territorio italiano.

Uno studio importante, che inaugura un nuovo filone di conoscenze per lo sviluppo di strumenti utili al miglioramento della specie, all’identificazione di nuovi marcatori molecolari per la genotipizzazione e all’approfondimento degli aspetti di adattabilità della pianta ai mutamenti ambientali.

E lo scorso maggio, uno studio internazionale, i cui risultati sono stati resi noti il 25 marzo 2021 sulla rivista Cell, rileva che esistono molte piante in grado di produrre composti organici della categoria dei glicosidi fenolici. Composti che rappresentano una sorta di arma di difesa, in quanto tossici per quasi tutti gli insetti erbivori, tranne per la mosca bianca del tabacco, parassita di molte specie vegetali.

Il motivo di tale eccezione – spiegano i ricercatori – è dato da un particolare gene, (battezzato BtPMaT1), presente nelle piante che producono il composto organico tossico e – questa è la scoperta – presente anche nel genoma della mosca citata.

Da qui, l’idea di manipolare il genoma di alcune piante di pomodoro affinché inizino a produrre molecole di RNA capaci di silenziare tale gene, portando così alla morte gli esemplari di mosca bianca del tabacco che si nutrono di queste piante.

Va nella direzione di una maggiore comprensione dell’architettura genetica dei tratti complessi di alcune specie vegetali, il recente studio di un team di ricercatori dell’Università di Würzburg, pubblicato l’8 luglio 2021 sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution, i quali, prendendola come organismo modello da cui acquisire conoscenze per altre specie di piante, hanno analizzato l’erba dal nome botanico Arabidopsis thaliana. Vediamo che cosa hanno scoperto.

Genoma della specie vegetale: analizzati tre milioni di nucleotidi del genoma dell’Arabidopsis thaliana 

Sono le dimensioni contenute del suo genoma (circa 125 milioni di paia di nucleotidi) che hanno fatto dell’Arabidopsis thaliana l’ “organismo modello” per la genetica e la biologia molecolare delle piante e, più in particolare, per la creazione di mappe genetiche e il sequenziamento del genoma. Commenta Arthur Korte, professore di Genomica evolutiva presso l’Ateneo di Würzburg e membro del team di studio sul genoma della specie vegetale:

Del materiale genetico di questa pianta, ormai, si sa tutto. Il suo genoma da 125 milioni di paia di basi è come un manuale Lego lungo 125 milioni di lettere, contenente tutto ciò che ci serve per ‘costruire’ una pianta di Arabidopsis

Ma, esattamente come per il genoma umano – osserva Korte – diversi esemplari di Arabidopsis non sono geneticamente identici: “… se dovessimo confrontare il ‘manuale di costruzione’ di tutte le piante di questa specie, incontreremmo differenze in circa 10 milioni di punti”.

Quello che i ricercatori tedeschi, in sostanza, hanno fatto è stato analizzare tre milioni di nucleotidi del genoma in 900 piante di Arabidopsis provenienti da luoghi molto diversi in tutta Europa, dalla Spagna meridionale alla Svezia centrale.

Ricordiamo che le variazioni del genoma sono responsabili delle differenze tra le singole piante della stessa specie: alcune, ad esempio, in virtù di alcuni tratti genetici, sono in grado di fare fronte meglio alla siccità, mentre altre sono più resistenti al gelo. “Specificità, queste, che vorremmo poter introdurre in tutte le piante coltivate – fa notare il docente – Ma, per farlo, dobbiamo prima capire quali differenze genetiche sono correlate a quali tratti della pianta“.

A questo scopo, gli scienziati si servono da sempre di un approccio standard che fa capo agli studi di associazione genome-wide (in inglese genome-wide association study o GWAS), finalizzato a identificare i polimorfismi genetici responsabili della variazione nei tratti di interesse.

Tale metodo, applicato alle specie vegetali, prevede l’esame dei genomi di migliaia di piante, alla ricerca di variazioni nel progetto genetico frequentemente associate a determinati tratti, tra cui, ad esempio, la già citata migliore resistenza alla siccità. Più esemplari vengono confrontati seguendo tale schema, più i legami tra genotipo (il progetto genetico individuale) e fenotipo (le proprietà della pianta in questione) risaltano.

genoma della specie vegetale
Erba dal nome botanico Arabidopsis thaliana, di cui il team dell’Ateneo di Würzburg ha analizzato tre milioni di nucleotidi (dei 125 milioni) contenuti nel genoma (credit: Arthur Korte, professore di Genomica evolutiva presso l’Università di Würzburg, in Germania).

Gli adattamenti genetici alle condizioni locali e i conseguenti cambiamenti su intere reti di geni

Eppure, questa regola non vale sempre. Lo studio dell’Ateneo tedesco sul genoma della specie vegetale – spiega il team – è stato in grado di dimostrare che, spesso, è meglio limitarsi a un numero inferiore di esemplari vegetali, ma provenienti da aree locali diverse.

Il motivo? Le popolazioni di piante che crescono in luoghi dalle condizioni ambientali e climatiche molto diverse tra loro spesso differiscono in modo significativo nei loro genomi. E questa eterogeneità potrebbe portare allo scenario in base al quale un tratto come la “resistenza alla siccità” può avere origini genetiche diverse a seconda dei luoghi.

Nel loro studio, gli scienziati sono stati effettivamente in grado di dimostrare questo effetto. Da un lato, hanno condotto uno studio di associazione genome-wide su 900 esemplari di Arabidopsis thaliana e, dall’altro, hanno esaminato solo le sottopopolazioni, ad esempio gli esemplari raccolti nella penisola iberica meridionale. Sottolinea il professor Korte:

In questo modo, abbiamo trovato correlazioni genetiche che non sono state osservate nella popolazione complessiva, in quanto troppo ‘diluite’. Tali risultati mostrano che è possibile ottenere nuove preziose informazioni da campioni più piccoli e più geneticamente omogenei

E questo – rimarca – non vale solo per la specie vegetale, ma anche per il metodo GWAS applicato allo studio del genoma umano. Lo studio fornisce anche spunti interessanti sull’evoluzione di nuovi tratti: gli adattamenti genetici alle condizioni locali (ad esempio, a un ambiente particolarmente secco) di solito non si basano sul fatto che un singolo “gene della siccità” sia cambiato e, quindi, sia diventato più efficace. Invece, spesso coinvolgono “geni regolatori” che, a loro volta, intervengono su intere reti di tratti genetici.

Questa scoperta è rilevante anche per la coltura di nuove varietà di piante. In passato, si pensava che si dovesse semplicemente incrociare un certo gene in una linea di coltura per ottenere il tratto desiderato.

Nel frattempo, invece, è diventato sempre più chiaro che devono essere considerate le reti di molti fattori diversi. “Ora stiamo imparando a identificare tali reti – conclude Arthur Korte – Con queste nuove conoscenze acquisite, potrebbe essere possibile, in futuro, adattare le colture odierne a nuove sfide, tra cui i cambiamenti climatici“.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin