A primo quadrimestre concluso, siamo tornati all’Istituto comprensivo “Mattarella” di Modena per capire come sta andando il primo progetto italiano di scuola sperimentale sull’intelligenza artificiale per i ragazzi di terza media.

TAKEAWAY

  • A Modena ha avuto il via Lucy: scuola sperimentale sull’intelligenza artificiale, rivolta agli istituti secondari di primo grado. È la prima in Italia.
  • L’intelligenza artificiale nella didattica attiva è l’ultima proposta innovativa dell’Istituto Comprensivo 3 di Modena, una scuola tecnologica ai vertici nazionali per dotazione e per progetti educativi.
  • L’intelligenza artificiale supporta la didattica attiva, che supera la metodologia didattica tradizionale e sviluppa al massimo l’apprendimento attraverso il coinvolgimento dei ragazzi.

L’intelligenza artificiale nella didattica attiva è una realtà a Modena. Possibile e replicabile in ogni istituto e che ha che fare con la scuola, tecnologica e non solo. Nell’istituto “Mattarella” di Modena ha visto la luce Lucyscuola sperimentale sull’intelligenza artificiale, rivolta agli istituti secondari di primo grado. È la prima in Italia. 

Più precisamente è il nome del percorso didattico innovativo, in materia di intelligenza artificiale e di data science, a beneficio per ora degli studenti di terza media. Nel primo ciclo, Lucy vede coinvolte le quattro classi di terza media per un totale di circa 100 ragazzi. Per ogni quadrimestre verrà attivato il corso in due classi. Ogni ciclo è di 14 ore e 7 incontri.

Ne abbiamo scritto a novembre, poco prima che si avviasse il progetto. Oggi, a primo quadrimestre concluso, siamo tornati a Modena per capire come sta andando. Intanto abbiamo scoperto che la componente AI ha la proprietà di essere curriculare, ovvero fa parte dell’orario di scuola come una materia.

Nelle varie classi impegnate nel progetto, le lezioni di artificial intelligence hanno sostituito quelle di tecnologia, lingua inglese e matematica, integrandosi alla materia attraverso l’insegnamento di un esperto della disciplina.

Gli insegnanti potenziano l’apprendimento in altri momenti, così i ragazzi godono di un duplice vantaggio: contare su doppie competenze e rafforzare quelle basilari” spiega Daniele Barca, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo 3 modenese.

L’intelligenza artificiale nella didattica attiva è solo la ciliegina sulla torta di una scuola tecnologica fin dalle proprie dotazioni. A partire dalla banda ultralarga per tutti e dai quattro plessi, che ospitano circa 1000 studenti dai 3 ai 14 anni.

Tutti gli alunni della primaria e secondaria di primo grado (le vecchie elementari e medie) sono provvisti di pc, e la scuola si è dotata di strumentazioni all’avanguardia, dalla stampante 3D ai robot didattici. Tutto quello che di solito è appannaggio delle migliori realtà scolastiche mondiali, qui è la norma. L’artificial intelligence, quindi, è solo una componente, seppure di spicco:

“Lo scopo è far comprendere che l’AI è intorno a noi, in qualsiasi cosa facciamo: occorre, quindi, essere capaci di riconoscerla, di comprenderne i rischi, ma anche le grandi potenzialità”

Intelligenza artificiale nella didattica attiva: l’AI piace agli studenti

Lucy è la prima scuola in Italia sull’intelligenza artificiale, sia per il target di riferimento (studenti delle medie), sia per la metodologia, che si fonda sull’integrazione tra approccio tecnico-scientifico, educazione alla complessità ed educazione al pensiero critico. Spiega lo stesso Istituto Comprensivo 3 “Mattarella”:

Il format nasce per educare all’integrazione tra caratteristiche cognitive ed epistemologiche dell’intelligenza umana e capacità analitiche dell’intelligenza artificiale. Progressivamente si costruirà un percorso che coinvolgerà anche le altre classi della scuola primaria secondaria, quindi anche gli studenti di seconda media e pure in prima. Una sfida complessa. Osserva Daniele Barca:

“Si vogliono creare i presupposti per sviluppare un curriculum di Artificial Intelligence open, ovvero liberamente usabile da chi volesse fare questo tipo di attività. Un modello replicabile in altre scuole. Inoltre non è una materia rivolta a una élite, ma a tutti. Questo implica un impatto sociale non indifferente”

L’insegnante, Pietro Monari di Ammagamma, ha avuto l’onere e l’onore di raccogliere la sfida e proporre l’AI in classe. Così l’intelligenza artificiale è didattica attiva, diramandosi in qualsiasi materia. “Il merito del docente non è di insegnarla a scatola chiusa, ma prendere uno spunto di vita quotidiana per integrarla e spiegarla” specifica Barca.

Tutto ciò implica comunque la creazione di un determinato curriculum studi e dei contenuti che sono tradotti attraverso i lavori svolti dagli studenti, quale manifestazione concreta delle esperienze fatte nel corso dell’anno e degli argomenti toccati. Agli studenti verrà consegnato alla fine dell’anno anche un “diploma di Intelligenza artificiale” che andrà in pagella.

Ma quali sono le impressioni degli studenti che l’hanno già scoperta nei confronti dell’intelligenza artificiale nella didattica attiva? “C’è grande meraviglia, perché sono abituati alla scuola e all’approccio metodologico tradizionale. Invece in questo caso è un’esperienza più che una materia verticale di studio

L’intelligenza artificiale nella didattica attiva e l’approccio “Big Fish” 

L’intelligenza artificiale nella didattica attiva è parte di quell’approccio Big Fish che caratterizza l’istituto modenese e che Daniele Barca ha avuto modo di illustrare anche al Maker Faire Rome 2020:

È un approccio più filosofico all’educazione e ha analogie con la pesca. Si sa che chi la pratica non sogna di prendere all’amo un pesce piccolo, ma quello più grande. Da qui siamo partiti a pensare e a impostare tutto il lavoro svolto sull’intelligenza artificiale e non solo: non c’è nulla che non possa essere compreso dai ragazzi. Si è voluto così portare nella quotidianità un’esperienza, l’intelligenza artificiale, che solitamente riesce difficile pensare di applicare a scuola. L’AI è il Big Fish, la grande opportunità che si voleva cogliere

L’insegnamento, secondo Daniele Barca, deve superare il metodo classico, cosiddetto “frontale” ancora presente nella maggior parte delle scuole, e spostarsi decisamente su metodologie più aperte e laboratoriali, anche attraverso l’uso di strumenti tecnologici e digitali, proprio per sviluppare al massimo l’apprendimento attraverso il coinvolgimento dei ragazzi.

La tecnologia può essere di aiuto: “nella nostra esperienza abbiamo tra i nostri obiettivi la didattica attiva, superando la lezione frontale. Ma il vero tema è duplice: spaziale e tecnologico. Nel primo caso l’approccio didattico attivo prevede la necessità di cambiare gli spazi, lavorando in aule attrezzate in modo diverso dove troverebbero una logica anche i famosi banchi con le rotelle, che in classi tradizionali non hanno senso”.

La tecnologia a scuola: da materia di ripiego a opportunità per il futuro

Nel secondo caso si intende ribaltare uno stereotipo: la tecnologia a scuola è vissuta come una materia di ripiego, limitato all’esperienza del laboratorio. Per capovolgere il paradigma a Modena si è fatta un’azione di cambiamento profondo.

Innanzitutto costruendo il “tappeto digitale”: grazie all’amministrazione comunale, la banda ultralarga è presente in tutti e quattro i plessi: dall’infanzia alle medie, creando le condizioni per un Internet diffuso.

Tutti gli studenti hanno un pc, acquistato dalle famiglie e offerto in comodato d’uso a quelle meno abbienti. Così la tecnologia diventa abilitante e favorisce la didattica attiva, ovvero creare le condizioni preliminari perché tutti ne possano godere e metterla in pratica.

In particolare, nel plesso dove si svolge il programma di AI, viene svolto tutto nello Spazio Leo – spazio didattico e di formazione permanente anche per i docenti di ogni grado e scuola – che conta su tre laboratori su ruote, ampio 4×4 m soprannominate “le zattere della conoscenza”: una è dedicata alla robotica, l’altra al videomaking e web radio, la terza all’agrifood.

Questo è il risultato di un grande sforzo, in termini organizzativi e amministrativi, che sottintende un notevole lavoro di fundraising, che spazia dalla partecipazione a bandi, nazionali ed europei alla necessaria rendicontazione.

Ciò ha permesso di contare sulla presenza di lavagne interattive in ogni classe, dalle elementari alle medie e persino due all’infanzia, uno dei quali è dedicato ai libri digitali specifici per bimbi piccoli dotati di audio-video. Inoltre ogni plesso è dotato dell’hardware specifico: per esempio, nel plesso delle medie il lab tecnologia dispone di stampante 3D e robot didattici.

L’intelligenza artificiale nella didattica attiva non poteva mancare, non come “sfizio” quanto come valore aggiunto. “Sono almeno due i motivi per considerarla così: Il primo per l’attività didattica, che riguarda il presente non il futuro. L’AI ci circonda e dobbiamo conoscerla. Il secondo ha a che fare con il metodo di apprendimento che, una volta fissate le nozioni fondamentali, non può essere a compartimenti stagni, ma trasversale. È ciò che chiede oggi il mondo del lavoro e ha a che fare davvero col futuro. L’esperienza di Lucy riguarda proprio questo fine” conclude Barca.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin