Le metodiche di monitoraggio e di misurazione delle emissioni di gas serra in agricoltura possono essere rese più rapide e precise dalle tecniche AI, in particolare ricorrendo a modelli addestrati con dati rilevati da agroecosistemi naturali riprodotti in scala.

TAKEAWAY

  • Uno studio congiunto in ambito USA ha messo a confronto due modelli di machine learning per la previsione dei flussi di protossido di azoto generati dal suolo agricolo, dove il primo è stato allenato con dati sintetici, il secondo con i dati provenienti da un ecosistema agricolo naturale ricreato in scala.
  • È stato il secondo modello di apprendimento automatico a dare risultati più apprezzabili, in particolare nel prevedere i picchi di emissione del gas e nell’individuare ulteriori aspetti relativi alle interazioni tra clima, umidità del suolo, grado di fertilizzazione e colture.
  • In futuro, per poter applicare su larga scala il sistema AI sviluppato, occorrerà somministrargli molti più dati, in primis riguardanti caratteristiche più specifiche del suolo, delle colture praticate e della loro gestione da parte dell’uomo.

«C’è un urgente bisogno di “chiudere la valvola” dei gas serra. Ma non è possibile gestire ciò che non si può misurare»: queste le parole di Licheng Liu, ricercatore presso il Digital Agriculture Group dell’Università del Minnesota e tra gli autori – insieme ad alcuni colleghi dell’Università dell’Illinois, del Lawrence Berkeley National Laboratory e dell’Università di Pittsburgh – dello studio illustrato nel paper dal titolo “KGML-ag: a modeling framework of knowledge-guided machine learning to simulate agroecosystems: a case study of estimating N2O emission using data from mesocosm experiments”, in tema di intelligenza artificiale impiegata nella riduzione dei gas serra agricoli, responsabili anch’essi del riscaldamento climatico globale.

Focus del lungo lavoro di ricerca, il protossido di azoto (N20), gas serra meno noto rispetto all’anidride carbonica e al metanole cui emissioni – derivate soprattutto dai suoli agricoli, in seguito all’utilizzo di fertilizzanti chimici e di letame bovino – sono andate aumentando del 30% negli ultimi quattro decenni.

Più nel dettaglio – si legge nel documento – «durante il periodo di tempo compreso tra il 2010 e il 2015, il tasso di aumento globale della concentrazione atmosferica del protossido di azoto è stato del 44% superiore rispetto al periodo 2000-2005. E si stima che circa il 60% degli aumenti contemporanei provengano dalla gestione dell’agricoltura su scala mondiale».

In agricoltura – spiega Licheng Liu – il controllo di tali emissioni (finalizzato alla loro riduzione, in vista dell’Obiettivo Net Zero fissato al 2050) per mezzo della misurazione costante dei livelli di crescita, è un’operazione complessa, che deve necessariamente tenere conto dei «processi microbici» che vi sono alla base, a loro volta determinati dalle interazioni tra clima, caratteristiche del suolo, caratteristiche delle colture, livello di fertilizzazione e attività umane. A livello globale, la variabilità delle emissioni di N2O – sotto il profilo temporale e geografico – è dovuta proprio all’insieme di questi fattori.

Metodologia strategica: la riproduzione in scala di un agroecosistema naturale

Per il team di studio, il grosso nodo da sciogliere ha riguardato innanzitutto la definizione di un metodo di misurazione che fosse in grado di considerare tutte le variabili citate, relative ai molteplici processi che avvengono nel terreno e che conducono all’emissione del protossido di azoto.

In particolare, in materia di intelligenza artificiale e riduzione dei gas serra, è stata di ispirazione una precedente ricerca sulle tecniche di machine learning a cura del Dipartimento di Informatica e Ingegneria dell’Università del Minnesota, fondata sulle conoscenze dei sistemi ambientali.

Nello specifico, in quello studio l’attenzione era rivolta alle previsioni della temperatura dei laghi. Ma, al di là del tema trattato, inedita è stata la metodologia applicata, che ha visto la collaborazione tra sviluppatori di algoritmi di intelligenza artificiale e scienziati esperti di ambiente.

Collaborazione che è stata ricreata dai ricercatori dell’Università del Minnesota, dell’Università dell’Illinois, del Lawrence Berkeley National Laboratory e dell’Università di Pittsburgh, i quali – avvalendosi del contributo di esperti di clima, del suolo e di tecniche agricole – hanno riprodotto in scala un agroecosistema naturale, sul quale sono stati condotti esperimenti e osservazioni.

Il sistema AI messo a punto ha previsto due modelli di machine learning per la previsione dei flussi di protossido di azoto generati dal suolo: il primo addestrato per mezzo di dati sintetici generati da un modello computazionale di agroecosistema, il secondo con i dati raccolti dalla struttura dell’agroecosistema naturale.

Intelligenza artificiale e riduzione dei gas serra agricoli: la previsione dei flussi

Ciò che è emerso dallo studio in tema di intelligenza artificiale e riduzione dei gas serra agricoli, è che il modello di apprendimento automatico allenato con i dati naturali – rispetto a precedenti modelli computazionali, nonché al modello addestrato con i dati sintetici – ha mostrato performance migliori in fase di test (realizzati ricorrendo a stime passate, relative a terreni agricoli già studiati), sia in termini di rapidità delle previsioni, sia sotto il profilo della precisione e della completezza della stima.

In particolare – osservano gli autori della ricerca – «il modello si è dimostrato più affidabile in presenza di dinamiche temporali complesse, oltre che nella stima dei picchi di emissione, riuscendo a individuare ulteriori aspetti delle complesse interazioni tra clima, umidità del suolo, il grado di fertilizzazione di quest’ultimo, le tipologie di colture e le attività umane».

I dati ottenuti in seguito all’osservazione e agli esperimenti eseguiti direttamente sull’agroecosistema naturale riprodotto in scala – ricorda il team – e utilizzati come base di uno dei sistemi di intelligenza artificiale sviluppati, «hanno fornito una serie completa di input e di variabili intermedie oltre all’output dei flussi di N2O, fungendo così da banco di prova finora, inedito».

L’aspetto saliente – viene sottolineato – riguarda la possibilità, grazie a tale sistema, di fornire «informazioni biogeofisiche e chimiche sui processi chiave che controllano i flussi di protossido di azoto, utili – oltre che per previsioni sempre più accurate – per lo sviluppo di strategie di mitigazione delle emissioni di gas serra agricoli».

Intelligenza artificiale e riduzione gas serra: la ricerca futura

Per applicare su larga scala il modello di machine learning illustrato nel paper in tema di intelligenza artificiale e riduzione dei gas serra agricoli – tuttora in fase di test – occorre incrociare ulteriori dati ricavati dall’osservazione di un ecosistema agricolo naturale.

Tra questi, le caratteristiche di base del suolo e le proprietà delle colture, ad esempio la densità del terreno, il suo ph e il tipo esatto di coltura presente. E poi le informazioni sulla sua gestione – tra cui il tipo di fertilizzanti impiegati, l’irrigazione e le fasi di lavorazione – e sulle diverse condizioni meteorologiche presenti al verificarsi di determinati picchi di N2O.

L’intenzione del team è stimolare un filone di ricerca dedito all’utilizzo delle tecniche di intelligenza artificiale nell’ambito della geoscienza e della biogeochimica, con tutti i processi correlati.

In futuro, è in previsione il perfezionamento del modello ML descritto, col fine di giungere a prevedere le emissioni di carbonio dal suolo a partire da una varietà di fattori, comprese le in formazioni provenienti dalle immagini satellitari ad alta risoluzione.

Ricordiamo che – a livello globale – la puntuale quantificazione (figlia delle operazioni di monitoraggio) delle emissioni di gas serra è importante nella determinazione dell’impronta di carbonio di ogni attività, nonché per definire i “crediti di carbonio”, in seguito ai quali viene emesso un certificato, un titolo che attesta il quantitativo di gas serra non emesso grazie a interventi e a progetti ad hoc di salvaguardia ambientale.

Grazie ai crediti di carbonio, dunque, gli agricoltori impegnati in pratiche di riduzione delle emissioni, possono essere rimborsati. E lo strumento AI descritto è destinato – in futuro – alla misurazione di tutte le tipologie di gas serra derivati dall’agricoltura, contribuendo, in questo modo, alla determinazione dei crediti di carbonio nel settore, all’ottimizzazione delle pratiche di gestione dell’agricoltura e all’elaborazione delle politiche ambientali in materia.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin