L’impiego dei polimeri è uno dei filoni più interessanti su cui si concentra la materials science. E l’intelligenza artificiale può fornire un importante contributo al suo sviluppo.
TAKEAWAY
- Sulla scienza dei materiali c’è un forte interesse a livello internazionale per le potenzialità che apre, per esempio nell’elettronica, energia e nel biomedicale.
- La ricerca lavora attivamente. L’esempio è il lab coordinato da Alberto Salleo alla Stanford University, co-artefice della prima sinapsi artificiale.
- Per gestire al meglio la notevole mole di dati generati nell’ambito dello studio di nuovi filoni di materials sciences, si rivela prezioso l’uso dell’intelligenza artificiale.
L’impiego delle tecniche di intelligenza artificiale per la scienza dei materiali è promettente sotto molti aspetti. Sulla disciplina molti Paesi stanno investendo parecchio, convinti dagli sviluppi della ricerca. La Cina svetta ed è il paese in più rapida ascesa nel campo. Anche gli Stati Uniti investono forte, convinti delle potenzialità anche in campo energetico. Il loro Department of Energy ha annunciato, a fine 2020, uno stanziamento di 32 milioni di dollari per sfruttare i supercomputer del DOE per la ricerca avanzata in una vasta gamma di campi scientifici, tra cui appunto la scienza dei materiali.
Uno dei campi che attira grande interesse è quello dedicato allo studio dei polimeri. Si prenda, a esempio, l’elettronica polimerica organica: si stima che il suo valore di mercato registrerà un tasso di crescita annuale del 22,3% nel periodo di previsione dal 2020 al 2025. I dispositivi nati da questa branca rappresentano un’alternativa low cost alle tradizionali applicazioni elettroniche inorganiche, a causa del basso utilizzo di materiale e dalla relativamente semplice elaborazione.
Pensiamo ai display OLED e, in prospettiva, quanto promette il fotovoltaico organico, con celle solari organiche semitrasparenti e quindi impiegabili su superfici applicabili in edilizia e in altre realizzazioni.Sempre in campo elettronico, nel 2020 la Leibniz Institute for Solid State and Materials Research, in Germania, ha sviluppato il primo chip elettronico flessibile fatto di sensori magnetici e circuiti organici a base di polimeri. Può fornire un contributo importante per interfacce uomo-macchina (Human-Machine Interface – HMI).
C’è poi lo sviluppo di materiali smart come polimeri conduttori, gel ionici, polimeri cristallini liquidi e materiali piezoelettrici, che hanno proprietà interessanti per essere impiegati per wearable device oppure per sensori indossabili.
Per la selezione dei materiali più promettenti diventa un elemento strategico l’AI, in particolare le tecniche di Machine Learning. Sistemi specifici impiegano singoli set di dati per generare modelli predittivi delle proprietà dei materiali. “Questo può permettere una migliore comprensione delle proprietà dei materiali usando dati acquisiti da diverse tecniche di modellazione e sperimentali”, scrive su Nature Rohit Batra, ricercatore del Center of Nanoscale Materials della Argonne National Laboratory.
C’è chi la sta applicando con profitto per sviluppare nuove soluzioni che spaziano in molti ambiti, per realizzare dispositivi elettrochimici per neuromorphic computing (lo sviluppo dei chip neuromorfici è uno dei risultati più interessanti), per realizzare anche dispositivi “di frontiera” come la prima sinapsi artificiale. Nel gruppo internazionale di scienziati che hanno lavorato a questa scoperta c’è Alberto Salleo, docente di Materials Science and Engineering alla Stanford University, a capo del Salleo Research Group, team interessato a nuovi materiali e tecniche di lavorazione per dispositivi elettronici/fotonici flessibili e di grande superficie.
Intelligenza artificiale per la scienza dei materiali: dalla sinapsi artificiale alla soft robotics, le potenzialità dei materiali polimerici
Nell’incontro virtuale (via skype), è lo stesso professor Salleo a illustrare l’impiego di tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale per la scienza dei materiali. Prima, però, torniamo all’esito della ricerca e alla messa a punto della prima sinapsi artificiale: «quale team di scienziati attivi su materiali polimerici, utilizzati come materiali elettronici, abbiamo concepito l’idea di impiegarli per realizzare un dispositivo che si comportasse proprio come una sinapsi. L’interesse della ricerca era replicare la caratteristica base di questa struttura. Essa funziona un po’ come una resistenza elettrica, che può aumentare o diminuire, finché non interviene un cambiamento». È un processo alla base dell’apprendimento, in cui le sinapsi che collegano i neuroni cambiano la loro conducibilità e la capacità di un neurone di connettersi a quelli vicini. Quando si apprendono nuove informazioni, si rafforzano le connessioni tra neuroni. «Questo era il comportamento che volevamo emulare: creare le condizioni perché i neuroni siano connessi e vi rimangano, una volta imparata una regola. Lo abbiamo fatto grazie a specifici dispositivi polimerici, semiconduttori poco convenzionali, difficili da integrare con le soluzioni tradizionalmente presenti oggi sul mercato, basate sul silicio».
C’è anche una questione culturale, che in parte limita chi opera in contesti classici dall’esplorare le potenzialità di alternative con polimeri. «È un peccato, perché i polimeri, proprio perché materiali sintetici, sono molto duttili a livello progettuale e c’è una grande varietà di materiali utilizzabili a seconda delle proprietà che si vogliono esaltare. Nel caso delle sinapsi artificiali, contando sul materiale giusto si può integrare con la materia vivente e nel nostro caso, invece di usare stimoli elettrici per cambiare lo stato di resistenza della sinapsi si è utilizzata una molecola, un neurotrasmettitore efficace e naturale come la dopamina».
La ricerca apre a prospettive notevoli, specie in ambito biomedico. Ma non solo: un potenziale utilizzo, invece, a più breve termine è considerare questo tipo di dispositivi nella branca della soft robotics. «In questo caso, è interessante pensare a sistemi elettronici interamente pensati con questo tipo di approccio, magari per dispositivi con capacità computazionale più limitata, ma comunque interessante».
Un esempio recente, messo a punto sempre in un lavoro di ricerca congiunto, per il quale ha lavorato anche il docente italiano insieme al suo team, in cui si è dotato un robot giocattolo di un circuito elettrico intelligente e adattivo fatto di materiali organici morbidi, in modo simile alla materia biologica. «Con questo approccio bio-ispirato, siamo stati in grado di insegnare al robot a navigare autonomamente, utilizzando segnali visivi per la guida. Abbiamo voluto dimostrare che con un circuito elettronico semplicissimo e sfruttando la proprietà di questi materiali di avere una memoria intrinseca è possibile implementare una forma elementare di apprendimento impiegando una quantità di energia molto bassa e locale» [per approfondimenti, consigliamo la lettura della nostra guida sulla robotica, che spiega cos’è, come funziona e quali sono gli esempi applicativi – ndr].
Elettronica polimerica: potenzialità, limiti e nuove prospettive
Il Salleo Research Group opera su vari aspetti della scienza dei materiali, a cominciare dallo studio della struttura del polimero a livello molecolare, sviluppando per questo tecniche di caratterizzazione ai raggi X al sincotrone oppure a microscopia elettronica, spingendosi fino alla realizzazione di dispositivi singoli e circuiti semplici.
Un aspetto interessante legato alla microscopia elettronica è la possibilità di generare moltissimi dati: ed è qui che si fa spazio l’impiego della dell’intelligenza artificiale per la scienza dei materiali. «Sfruttiamo la possibilità, già attuata in altri ambiti analoghi, di utilizzare Machine Learning e data science per analizzare questi dati, avvalendoci di una tecnica che permette di analizzarne un buon quantitativo. Da qui si parte allo studio dei polimeri, focalizzandoci, in particolare, su quelli capaci di intercalare ioni, che ci permettono di ampliare le possibilità di sviluppo di soluzioni quali batterie e supercapacitori o altri dispositivi per l’energy storage, oppure dispositivi neuromorfici e sensoristica». In quest’ultimo caso, il team della Stanford ne ha messo a punto uno che, applicato direttamente alla cute, analizza il sudore per valutare i livelli di cortisolo e misurare i livelli di stress.
Intelligenza artificiale per la scienza dei materiali: i possibili impieghi
L’AI nella materials science svolge un ruolo importante, sotto forma di ML, in vari modi. Quello forse più rilevante è quello atto a selezionare i materiali più adatti a determinati scopi. Un approccio interessante, in questo senso, è quello messo a punto dal team guidato da Kristin Persson della Università di Berkeley, che studia la fisica e la chimica dei materiali utilizzando metodi computazionali atomistici e la tecnologia di calcolo ad alte prestazioni, in particolare per la produzione di energia pulita e le applicazioni di storage.
In pratica, calcola le proprietà di tutti i materiali inorganici e fornisce gratuitamente ai ricercatori i dati e gli algoritmi di analisi associati, riducendo drasticamente il tempo necessario per inventare nuovi materiali, concentrando gli esperimenti costosi e dispendiosi in termini di tempo sui composti che mostrano le potenzialità più redditizie dal punto di vista computazionale.
«Un impiego interessante dell’intelligenza artificiale per la scienza dei materiali, utilizzato nello specifico dal mio team, riguarda il trattamento dei dati nella messa a punto di tecniche sperimentali – spiega Salleo – Un esempio è la microscopia elettronica: essa produce moltissimi dati e, dovendo trattare polimeri caratterizzati da una sensibile variabilità, abbiamo bisogno di estrarre dati statistici per comprendere le peculiarità strutturali e poi cercare pattern in grado di collegarle a proprietà elettroniche».
C’è poi un possibile uso della scienza dei materiali in aiuto allo sviluppo dell’AI. Dallo studio della sinapsi artificiale, si può ragionare sulla possibilità di esplorare lo sviluppo di reti neurali artificiali, basilari per esempio nel Deep Learning? «Si può ipotizzare l’impiego di materiali polimerici particolari per creare Spiking Neural Network (reti neurali artificiali a impulso, che tentano di mimare più realmente le reti neurali naturali). In questo caso, la parte riguardante gli algoritmi è meno sviluppata. Quindi si potrebbe configurare un esempio di codesign hardware-algoritmi in cui lo sviluppo di algoritmi e di sistemi elettronici è guidato dalle possibilità offerte dal singolo dispositivo, che può avere caratteristiche molto diverse dai transistor tradizionali su cui è fondata l’informatica».
Muscoli robotici e microelettronica organica: duttilità, sostenibilità e vantaggi dei polimeri
Un’altra potenzialità di utilizzo dell’intelligenza artificiale per la scienza dei materiali – e dei polimeri in particolare – è rivolta a fornire intelligenza ai materiali polimerici. Su questo lavora un altro scienziato italiano, Gianluca Rizzello, docente alla Saarland University, in Germania, considerato un vero esperto in materia. È lui a fornire all’unità di controllo l’input necessario per muovere il braccio in modo intelligente. Per questo viene usata l’AI: per controllare i componenti a base di polimeri.
Le opportunità diventano, in prospettiva, significative, considerando che gli arti robotici costruiti con elastomeri intelligenti saranno molto più leggeri. Tuttavia, l’elettronica organica, basata su polimeri, si scontra anche con i suoi limiti. Uno di questi è legato all’integrazione con l’elettronica convenzionale, basata sul silicio e anche alle potenzialità di impiego dell’elettronica basata su polimeri.
«Ci sono ambiti in cui è interessante e proficuo il suo uso e altri dove non lo è – specifica Salleo – Teniamo presente gli elementi di pregio di questo tipo di elettronica basata sui polimeri. Nel caso delle sinapsi artificiali, le proprietà del dispositivo sono eccellenti: linearità, bassa energia, possibilità di switching fino a 10 nanosecondi. Quindi, se da una parte è quasi impossibile usarla per realizzare supercomputer, diventa invece interessante una sua applicazione in ambito micro: penso, in questo senso, all’elettronica flessibile, dove può trovare spazio grazie alle proprie caratteristiche. Se si vanno a guardare le proprietà dei polimeri semiconduttori degli ultimi 5 anni, sono tutte migliori di quelle con silicio amorfo. E poi ci sono le potenzialità che oggi paiono poco promettenti e che, un domani non così lontano, potrebbero essere concrete e di grande successo. L’analogia che mi piace sempre fare è con gli OLED: 20 anni fa duravano pochi secondi e venivano ritenuti poco o per niente utilizzabili. Oggi sono una realtà commerciale».
L’interesse per l’impiego dei polimeri è motivato anche dal loro basso impatto ambientale. Utilizzati in elettronica, una volta terminata la vita utile possono essere riutilizzati, debitamente disciolti in un solvente, in maniera certamente più sostenibile del silicio, che va fuso con sensibile dispendio energetico. «Inoltre possono essere depositati nuovamente con un processo a bassissima energia che impiega ancora una volta solvente a temperatura ambiente. Penso, per esempio, alle celle solari polimeriche: l’efficienza è aumentata costantemente negli anni e seppure inferiore rispetto a quelle in silicio o perovskite, va considerata l’energia necessaria per realizzarle, decisamente minore rispetto alle altre due tecnologie».