Per spiegare che cosa significhi Lean Management per un’organizzazione e sposarne i principi, gli analisti di McKinsey ricorrono a un esempio degno di una lezione di sociologia, dove il protagonista è l’Uragano Sandy che, nell’ottobre del 2012, colpì la costa orientale degli Stati Uniti paralizzando la vita di intere città.
Quali furono le risposte delle aziende di fronte a un evento così catastrofico, nel tentativo di non fermare la propria operatività e di continuare a rispondere alle richieste dei clienti? Eccone alcune, raccolte qualche anno dopo tra i dipendenti e riportate da McKinesy nel compendio dal titolo “The Lean Management Enterprise. A system for daily progress, meaningful purpose, and lasting value”:
«Cercavamo di aiutarci gli uni con gli altri. Stavamo tutti lavorando allo stesso obiettivo»
«Ho provato un senso di appartenenza all’azienda»
«Le divisioni all’interno dell’organizzazione erano scomparse»
Le avversità – si legge nel compendio – incoraggiano le persone a dare il massimo, a fare del loro meglio e a unirsi per «perseguire una causa comune». La domanda allora è: «A quali risultati potrebbero ambire le aziende, se solo riuscissero a trovare un modo per replicare questo effetto in circostanze normali?».
Per esempio, potrebbero giungere a operare senza soluzione di continuità tra funzioni e reparti, a costruire una cultura fatta di collaborazione, di finalità condivise e di rispetto reciproco.
Come spiega David J. Collis, professore di economia aziendale presso la Harvard Business School, in un articolo in tema di lean strategy pubblicato sull’Harvard Business Review, per una impresa la strategia “snella” significa «allineare il lavoro attorno a uno scopo comune e sfruttare al massimo le risorse limitate».
Stando alla tesi di McKinsey, il lean management potrebbe essere descritto come «un meccanismo per codificare le buone pratiche che emergono spontaneamente quando le organizzazioni sono sotto pressione a causa di eventi avversi di varia natura».
Ma andiamo per ordine, iniziando con l’approfondire il significato di “lean management”, per poi ripercorrere le sue origini e illustrare le fasi che scandiscono la sua adozione.
Cos’è il lean management
Allineare il lavoro attorno a uno scopo comune e sfruttare al massimo le risorse limitate: partiamo da questi due concetti delineati da Collis.
Il primo fa riferimento al coinvolgimento di tutte le figure professionali presenti all’interno dell’azienda – senza distinzioni di livelli e di ruoli – nel processo che porta al conseguimento degli obiettivi fissati.
Nel definire le linee guida del lean management, gli analisti di McKinsey fanno riferimento a una gestione volta a «… correlare strategia e obiettivi, operando con una direzione chiara, ossia con una “visione” che modella la strategia e gli obiettivi in modo tale da conferire significato al lavoro quotidiano di ognuno. A ogni livello, a partire dal CEO, i leader articolano la strategia e gli obiettivi affinché tutti possano comprenderli e supportarli. Il passaggio finale vede l’allineamento di obiettivi, strategia e visione, col risultato di avere dipendenti e collaboratori che comprendono appieno il proprio ruolo nell’organizzazione e perché questo sia importante».
L’agire di tutti – secondo la gestione aziendale “lean” – è teso al miglioramento, alla generazione di valore sia all’interno della stessa organizzazione, sia rivolto all’esterno, ossia al cliente. A questo preciso riguardo, gli analisti di McKinsey parlano di «fornire valore ai clienti in modo efficiente, cercando di capire quali prodotti, soluzioni e servizi questi apprezzano maggiormente. Fatto questo, l’organizzazione deve configurare al suo interno un processo che miri a fornire esattamente quel valore, né più né meno, con il minor numero di risorse possibili, migliorando il coordinamento ed eliminando la ridondanza»
E qui entra in scena il secondo concetto espresso dal professor Collis, in base al quale la lean strategy è attenta a produrre valore – per l’impresa e per i suoi clienti – riducendo al contempo gli sprechi, intesi sia in termini di forza lavoro e di tempo, sia in termini di costi, mettendo a punto processi standardizzati a sostegno di una sempre maggiore efficienza aziendale.
Le origini del lean management
«È stato – oltre cento anni fa – l’imprenditore statunitense Henry Ford, tra i fondatori dell’omonima casa automobilistica, il primo “lean thinker” della storia, focalizzato sul “processo di creazione del valore” piuttosto che sulle risorse e sul concetto di organizzazione. Ed è stato il primo a immaginare il “flusso del valore” dall’inizio alla fine, dalla sua ideazione al suo lancio e dalla materia prima al cliente», spiega James (Jim) Womack – fondatore del Lean Enterprise Institute di Boston, dedito allo studio e alla divulgazione del pensiero e della pratica “lean” – a proposito delle origini del lean management.
Già nel 1914, Ford aveva localizzato la maggior parte delle fasi di produzione del suo prodotto all’interno di un edificio e aveva creato un flusso quasi continuo in molte parti dell’operazione, ottimizzando la produzione e riducendo tempistiche e costi.
Negli anni a venire, è stata la giapponese Toyota a perfezionare il primo modello di lean manufacturing pensato da Ford, sviluppando un sistema di produzione snello, caratterizzato da un flusso continuo che, negli anni Quaranta, definirà il Toyota Production System (TPS).
In tale sistema di gestione aziendale (inizialmente, del tutto sperimentale) confluiranno anche una serie di principi organizzativi tratti dalla cultura occidentale, tra cui, ad esempio, quello sul quale si fonda l’operatività dei supermercati, dove ogni prodotto viene rifornito solo quando, sugli scaffali, le sue quantità scendono al di sotto di una determinata soglia, enfatizzando così l’originaria idea di H. Ford sulla riduzione degli sprechi.
Dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta in cui, grazie al sistema TPS, la multinazionale nipponica fu comunque in grado di registrare una crescita del fatturato e del volume di affari, tutto il mondo iniziò a guardare alla gestione aziendale lean come a uno strumento attraverso il quale rendere più efficienti i processi e la produzione, contenendo risorse e sforzi. E non solo in ambito manifatturiero, bensì in tutte le tipologie di organizzazioni.
Le 5 fasi del lean management
Dovendo riassumere il percorso che conduce al lean management, all’operare senza soluzione di continuità tra funzioni e reparti, in un flusso di lavoro continuo, privo di sprechi, in cui si predilige una cultura fatta di collaborazione e di finalità condivise, sono 5 le fasi (o i principi) che tutti – all’interno dell’organizzazione – sono chiamati a seguire, a cominciare dai C-level.
Non si tratta di uno schema che si esaurisce con il susseguirsi delle singole fasi, bensì di un “ciclo” che, ripetuto nel tempo, si traduce in un’evoluzione continua, in un miglioramento costante della gestione aziendale. Ecco, di seguito, i passaggi che segnano tale ciclicità.
Definire il valore
Come si è accennato in precedenza, generare valore – internamente, per l’azienda, e all’esterno, per il cliente – rappresenta il perno attorno al quale ruota la gestione lean. Dunque, il primo step coincide col definire, col dare un nome al “valore” che si intende produrre nell’ambito della propria attività, riferito a un prodotto, a un servizio o a un progetto.
Fondamentale, in questa fase, è avere chiaro che cosa desidera il cliente, di che cosa ha realmente bisogno e quanto è disposto a investire per poterne fruire.
Definire il flusso di lavoro
Correlata alla definizione del valore è l’analisi del flusso di lavoro che concorre alla produzione. In questa fase, l’obiettivo è rilevare quella che McKinsey definisce «ridondanza» all’interno del coordinamento della forza lavoro, identificando sprechi di risorse e di tempo e quelle operazioni che, sebbene abituali e all’apparenza utili, non concorrono, in realtà, a creare alcun valore.
In questo esame del flusso di lavoro, è cruciale anche mettere a fuoco – accanto alle “ridondanze” – quelle attività che, al contrario, generano maggiore valore, all’interno e all’esterno dell’azienda.
Ottimizzare il flusso
Definito il valore e presi in esame i punti forti e i punti deboli del processo attraverso il quale esso viene generato, il terzo principio del lean management prevede il perfezionamento del flusso di lavoro, agendo sugli sprechi e sulle attività non utili rilevate, riducendo i primi e sostituendo le seconde con operatività che portano risultati concreti e con quei processi che consentono di automatizzare le attività ripetitive.
Implementare un sistema pull
Quelle attività che generano maggiore valore, quelle operatività che producono risultati concreti, vanno inquadrate all’interno di un sistema cosiddetto “pull”, in cui è il cliente a fare leva su di esse attraverso la propria “domanda”, esprimendo un’esigenza che trova in loro una risposta effettiva e soddisfacente.
Al contrario, un’attività che non rientri nel sistema pull, sebbene di valore elevato, è comunque considerata uno spreco di risorse e una perdita di tempo se non è correlabile a una richiesta del cliente, se non è “necessaria” a quest’ultimo.
Miglioramento continuo
Nell’approccio lean alla gestione aziendale, non esiste alcun traguardo raggiunto una volta per sempre, nessuna meta assoluta, bensì un processo in itinere, un “viaggio” che l’organizzazione compie alla ricerca della propria evoluzione continua, del miglioramento tappa dopo tappa, rinnovando periodicamente le 5 fasi fin qui descritte.
Passare al lean management
Incorporare nella propria azienda il sistema di gestione lean presuppone un cambiamento incisivo nel modo di vivere l’organizzazione e nel modo di concepire la sua progettualità.
Fare propri i principi illustrati, declinati in cinque fasi, significa dare inizio a un percorso evolutivo, finalizzato a restare competitivi sul mercato, con un focus costante sull’eliminazione degli sprechi di tempo, di risorse, di forze e di finanze, impegnati in attività non ritenute utili, a favore, invece, di attività volte a generare valore e rispondenti ai bisogni del cliente.
Passare al lean management significa primariamente soddisfare il cliente, porlo al centro dell’agire collettivo. E, obbedendo a questo obiettivo, dotarsi di strumenti e di una struttura che supportino la presa in carico delle sue richieste, la gestione del capitale umano nel rispondervi, la raccolta di feedback e il reporting dei dati.
Riguardo al secondo punto (la gestione del capitale umano), è fondamentale, per chi adotta i principi del lean management, disporre delle risorse in modo corretto, equilibrato, impegnandole né più né meno di quanto necessita il bisogno espresso dal cliente, sempre in linea con il concetto di “zero sprechi”.
Un’organizzazione di questo tipo ha il vantaggio di conferire maggiore coesione al gruppo, maggiore efficacia al conseguimento dei traguardi fissati e, allo stesso tempo, una riduzione delle tempistiche lavorative. Inoltre, andando oltre la coesione, guardando al singolo all’interno del gruppo, il passaggio alla gestione snella porta, ognuno, a sviluppare e ad affinare le proprie capacità e abilità individuali, con una conseguente maggiore responsabilizzazione e focalizzazione sugli obiettivi.
Dal lean management al pensiero agile
In contesti globali sempre più dinamici e, soprattutto, volatili, incerti, complessi e ambigui (ossia VUCA, acronimo di Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), il lean management sta evolvendo ancora, diventando perno operativo di una strategia aziendale e di business che ha nel processo di adattamento continuo il vero elemento differenziante.
Per approfondimenti, vi rimando alla lettura dell’articolo “VUCA: Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity”.