Nella conversazione quotidiana, l’immaginazione è frequentemente considerata un aspetto secondario del pensiero: un’attività mentale leggera, ludica e inaffidabile, limitata all’infanzia, alle arti o, nella migliore delle ipotesi, alla creatività praticata. Una “scatola incantata” che si apre soltanto quando il rigore della logica si allenta, quando l’attenzione si dirige verso la creatività e l’immaginazione. Tuttavia, questa prospettiva, per quanto accattivante, è in fin dei conti limitativa, se non addirittura ingannevole.

Analizzata alla luce della scienza cognitiva attuale, l’immaginazione emerge come una funzione cognitiva intricata e profonda. Non solo è coinvolta attivamente nei processi di apprendimento, ma rappresenta anche una delle sue dimensioni fondamentali. È la capacità mentale che ci permette di creare mondi diversi, provare scenari ipotetici ed esplorare l’ignoto senza necessità di viverli direttamente. Lungi dall’essere solo un’aggiunta al pensiero razionale, rappresenta uno dei fondamenti strutturali principali.

Ancora più straordinario è ciò che risulta dalla recente indagine scientifica: l’immaginazione ha una dimensione metacognitiva. Questo implica che non si ferma a creare contenuti mentali che si allontanano dalla realtà, ma può anche analizzarsi – seguendo e aggiustando le proprie direzioni, diventando oggetto di consapevolezza e di controllo intenzionale. In altre parole, immaginare non implica solo richiamare ciò che manca nella realtà, ma anche essere consapevoli di stare immaginando, orientare questo atto verso scopi precisi e analizzarne la qualità, i confini e le conseguenze.

Questo segna un autentico cambiamento epistemologico, che ricolloca l’immaginazione non come un processo meccanico o passivo, ma come un pilastro strategico del pensiero. In questo contesto, l’immaginazione si presenta come una capacità che connette diverse dimensioni della nostra esperienza cognitiva:

  • la percezione, che offre input sensoriali;
  • l’intuizione, che facilita associazioni rapide e non sequenziali;
  • l’intenzionalità, che oriente l’impegno immaginativo verso un obiettivo;
  • l’autoconsapevolezza, che ci consente di rivedere e reinterpretare ciò che è stato concepito, attribuendogli significato e valore.

È in questo ambiente stratificato e in movimento che l’immaginazione acquisisce un nuovo significato: non più un rifugio nell’assurdo, ma un mezzo critico per esplorare l’eventuale. Diventa la prospettiva da cui possiamo vedere non solo ciò che esiste, ma anche ciò che potrebbe avvenire e, tramite questo, ridefinire la nostra connessione con il presente. Ci consente di anticipare senza dover prevedere, e di pianificare senza forzare.

In ambiti educativi, lavorativi e sociali – e soprattutto nei settori del Futures Thinking e del Foresight – questa ripensamento dell’immaginazione come competenza metacognitiva si dimostra strategicamente fondamentale. Anticipare il futuro non implica indovinare gli eventi futuri, ma sviluppare una visione capace di identificare opzioni, affrontare le incognite e concepire percorsi ancora inesplorati. Questo richiede oltre alla creatività, anche una profonda capacità di alfabetizzazione nell’immaginazione consapevole.

Riscoprire l’immaginazione tramite una prospettiva metacognitiva vuol dire ripristinarle il valore di capacità epistemica, trasformativa e educativa. Una abilità non solo in grado di creare visioni, ma anche di sostenerle, esaminarle e perfezionarle. Un potere da riaprire nella nostra educazione intellettuale e civica, affinché ci assista non solo nel concepire mondi alternativi, ma anche nel capire le condizioni che li rendono realizzabili.

Quali sono le competenze metacognitive?

Nel linguaggio delle scienze cognitive e dell’educazione, la “metacognizione” indica la facoltà riflessiva che consente alle persone di prendere coscienza dei propri processi mentali, di osservarli in tempo reale, di analizzarli criticamente e, se necessario, di alterarli.

In sostanza, si tratta della capacità di “riflettere sul proprio pensiero“: comprendere cosa si sta pensando, come lo si sta analizzando e perché.

Anche se questa competenza può apparire astratta a prima impressione, ha un’importanza fondamentale in diversi ambiti della vita cognitiva. Ci consente di liberarci dalle dimensioni automatiche o inconsce del pensiero, introducendo gradi superiori di regolazione, controllo e intenzionalità. Nella pedagogia, la metacognizione è stata da tempo considerata un elemento cruciale per un apprendimento significativo, l’autovalutazione e l’indipendenza nello studio. Quando questa abilità viene applicata al regno dell’immaginazione, però, si apre un panorama concettuale ancora ampiamente inedito, ma estremamente ricco di possibilità.

​Nel suo saggio “Imagining Imagination: Towards Cognitive and Metacognitive Models”, Helen Burns (2022) analizza l’interconnessione essenziale tra immaginazione, cognizione e metacognizione, suggerendo modelli teorici che evidenziano l’immaginazione come elemento fondamentale del pensiero e dell’apprendimento. Secondo Burns, la promozione di una vera alfabetizzazione all’immaginazione – considerata non come fuga, ma come pratica conoscitiva – necessita di una deliberata integrazione della sua componente metacognitiva. L’autrice afferma che l’interazione tra immaginazione e metacognizione potenzia la nostra abilità di apprendere e favorisce la crescita di una consapevolezza individuale e, possibilmente, democratica.

Da questo punto di vista, “immaginare bene” implica essere attenti all’atto dell’immaginazione, analizzandone le direzioni, rivedendone le conseguenze e possibilmente rimodulandole. Si tratta di un invito a non accettare passivamente l’immaginazione come un flusso naturale, ma a rispondere con chiara intenzionalità, proprio come avviene con il ragionamento logico, la narrazione o la pianificazione.

L’immaginazione intesa processo guidato

L’immaginazione, pertanto, non deve più essere considerata come una potenza mentale irrefrenabile – un’energia centrifuga del pensiero – ma invece come un processo che può essere organizzato, diretto e regolato. La metacognizione è essenziale in questo contesto, poiché proporciona una struttura riflessiva che permette un migliore controllo sul contenuto, sulla forma e sugli obiettivi dell’atto creativo.

Questa teoria è sostenuta da dati empirici dello studio realizzato da Xiaoyu Jia, Weijian Li, Liren Cao (2019), pubblicato su Frontiers in Psychology, che evidenzia come le persone con maggiore consapevolezza metacognitiva riescano meglio a praticare il pensiero creativo. Non solo producono un numero superiore di idee, ma dimostrano anche una miglior abilità nel scegliere quelle più significative, innovative e adatte al contesto.

Questa osservazione è fondamentale: non è sufficiente “essere innovativi”. Occorre anche comprendere come si manifesta la creatività, in quali stati mentali si sviluppa e quali approcci la favoriscono o la ostacolano. La metacognizione si configura quindi come una guida interna – un “meta-regolatore” del pensiero – che consente di controllare il flusso dell’immaginazione, di differenziare tra possibilità realistiche e fantasie non fruttuose e di orientare l’immaginazione verso obiettivi significativi, pertinenti e trasformatori.

In situazioni come la soluzione di problemi, l’innovazione e la pianificazione strategica – fondamentali per il Foresight e il Futures Thinking – questa gestione consapevole dell’immaginazione riveste un’importanza essenziale. Aiuta a prevenire l’improvvisazione infruttuosa e la speculazione priva di obiettivi, incoraggiando invece una forma di immaginazione focalizzata sulla progettazione, in grado di affrontare l’intera complessità della realtà.

L’immaginazione intesa come atto consapevole

Nuove prospettive teoriche sono presentate da Kieron P. O’Connor e Frederick Aardema (2003) nel loro lavoro pubblicato su Consciousness and Cognition, in cui delineano una classificazione dei livelli di coscienza legati all’immaginazione: precognitivo, cognitivo e metacognitivo.

Il livello precognitivo include processi sensoriali e mnemonici automatici che producono immagini mentali senza un intento consapevole.

Il livello cognitivo include una consapevolezza parziale dell’immaginazione, come riscontrato nei sogni ad occhi aperti, nel pensiero non convenzionale o nella narrazione improvvisata.

Il livello metacognitivo rappresenta il grado più elevato, in cui le persone sono completamente consapevoli delle loro azioni imaginative e esercitano un controllo riflessivo su di esse.

Da questa prospettiva, immaginare non è affatto un’attività semplice. Si tratta di un’operazione mentale complessa che può – e deve – essere praticata consapevolmente, migliorata nel tempo e sottoposta a valutazione critica. La metacognizione arricchisce non solo la qualità dell’immaginazione, ma ne migliora anche la coerenza, il potenziale euristico e la pertinenza nel contesto.

Questa prospettiva ha conseguenze rilevanti per l’educazione e la formazione. Insegnare alle persone a visualizzare – e, ancora di più, a riflettere su come visualizzare – implica condurle verso un modo di pensiero attivo e integrato, particolarmente indicato per affrontare l’incertezza e l’ambiguità.

L’immaginazione come facoltà epistemica (abilità conoscitiva)

A questo punto, la considerazione si sposta oltre gli elementi cognitivi e pratici dell’immaginazione per addentrarsi in un ambito filosofico più vasto: l’epistemologia – l’analisi della natura, dell’estensione e delle condizioni della conoscenza.

In base a quanto afferma Joshua Myers [The epistemic status of the imagination, 2021], la visualizzazione e la consapevolezza metacognitiva sono fondamentali per l’immaginazione, se concepita come facoltà epistemica – un modo per generare conoscenza.

Questa postura esige di rivalutare in modo profondo il ruolo dell’immaginazione. Non dovrebbe essere considerata solo un’attività mentale aggiuntiva – utile per produrre immagini, metafore o idee – ma piuttosto un autentico strumento di conoscenza, equiparabile all’intuizione, alla deduzione o all’osservazione empirica.

Cosa implica, in modo concreto, considerare l’immaginazione come una capacità conoscitiva?

In primo luogo, implica il riconoscere che il pensare non è un’uscita dalla realtà, ma un’attività cognitiva che permette alle persone di creare rappresentazioni mentali del possibile, di indagare ciò che non è ancora, ma potrebbe diventare. La fantasia ci consente di superare i limiti dell’oggi, dirigendo la mente verso futuri diversi, possibilità nascoste o nuove configurazioni. In questa prospettiva, rappresenta sia una funzione di esplorazione che un approccio euristico, un modo per esaminare la realtà da angolazioni innovative e potenzialmente feconde.

In secondo luogo, quando l’immaginazione è accompagnata dalla consapevolezza metacognitiva, si trasforma in una pratica di riflessione. Ci consente di provare le opzioni, simulare gli effetti e analizzare le conseguenze. Non ci fermiamo a generare mondi teorici, ma apprendiamo a distinguere tra congetture sterili e modelli che presentano coerenza interna, plausibilità e valore epistemico. La metacognizione, vista in questo modo, non frena l’immaginazione, ma la affina e la guida, potenziando la sua abilità di generare intuizioni che, sebbene non sempre verificate empiricamente, risultano comunque rilevanti per la comprensione e l’interazione con il mondo.

Infine, considerare l’immaginazione in chiave epistemica ci consente di riconsiderare il suo ruolo nell’anticipare, progettare e realizzare il futuro. Quando viene utilizzata con disciplina e coscienza, l’immaginazione non solo amplia il campo delle opportunità, ma trasforma anche la nostra percezione della realtà stessa. Diventa uno strumento cognitivo che ci permette di interrogare ciò che è visto come “scontato”, “inevitabile” o “invariabile” e ridefinire il presente attraverso idee nuove e in fase di sviluppo.

In questo modo, l’immaginazione non è opposta alla conoscenza – come le tradizioni razionaliste hanno spesso suggerito – ma è una sua componente fondamentale. Agisce nello spazio di confine tra il conosciuto e l’incognito, tra il certo e il congetturabile, tra ciò che è già stato pensato e ciò che può essere pensato.

Accogliere l’immaginazione come capacità conoscitiva implica darle piena considerazione filosofica e riconoscere il suo incredibile potere di cambiamento. Ci esorta a comprendere che la conoscenza non proviene solo dall’osservazione della realtà attuale, ma anche – e forse in modo più pressante – dall’immaginare come potrebbe essere alterata. In un periodo caratterizzato da profonde interruzioni, crisi strutturali e cambiamenti radicali, questa abilità non costituisce un’opzione: è un obbligo cognitivo, culturale e evolutivo.

Dall’epistemologia alla pratica: la metacognizione immaginativa nel pensiero futurista

Accogliere l’immaginazione come capacità epistemica – come illustrato fino a questo punto – implica riconoscere il suo ruolo attivo e cosciente nella creazione di conoscenza, specialmente in ambiti contraddistinti dall’incertezza, dalla possibilità e dal non ancora. Questo riconoscimento si manifesta nella sua forma più persuasiva e rivoluzionaria nel settore del Futures Thinking e della pianificazione strategica.

Il Futures Thinking non ha l’obiettivo di prevedere il futuro in modo deterministico. Invece, prova a espandere e specificare le opportunità. È un procedimento intenzionale e organizzato che analizza prospettive future, esamina ipotesi diverse, proietta sviluppi e considera le conseguenze delle scelte presenti.

In questo contesto, l’immaginazione non è un aspetto decorativo, né una mera fonte di ispirazione. Agisce come motore centrale del processo cognitivo. E quando la fantasia è sostenuta da una robusta consapevolezza metacognitiva, ovvero da un’analisi critica e sistematica su come e perché visualizziamo ciò che visualizziamo, si trasforma in un efficace strumento di pianificazione strategica.

Una pedagogia dell’immaginazione consapevole

La formazione alla metacognizione dell’immaginazione non riguarda soltanto l’evoluzione del pensiero creativo. Si tratta soprattutto di insegnare a riflettere sul pensiero che crea: a individuare i suoi schemi, i suoi limiti e le sue possibilità. Consiste nel coltivare una forma di sapere che risiede nello spazio tra la razionalità e l’opportunità, tra ciò che esiste e ciò che potrebbe esistere.

Stimolare l’immaginazione – nella sua dimensione più elevata di capacità metacognitiva e epistemologica – non vuol dire promuovere la creatività disordinata o esaltare improvvisi scatti d’intuizione. È un aspetto molto più profondo, sfidante e trasformativo.

Allenare l’immaginazione metacognitiva implica guidare le persone a coinvolgersi in modo critico con i propri processi immaginativi: interrogare non solo ciò che stanno creando mentalmente, ma anche il modo in cui lo stanno realizzando; analizzare i presupposti alla base delle proprie rappresentazioni mentali; indagare i modelli cognitivi in cui si muovono; scoprire le opzioni che non hanno considerato; riflettere su quali immagini stanno favorendo – e per quali motivi.

Questo genere di istruzione, ancora prevalentemente non organizzata negli spazi di apprendimento ufficiali e maggiormente nei contesti aziendali, si propone di favorire un atteggiamento mentale in grado di esplorare il confine fra l’attuale e il potenziale, fra la logica sistematica e l’intuizione creativa, fra ciò che è e ciò che potrebbe – o dovrebbe – diventare. Si tratta, fondamentalmente, di una “pedagogia liminale“: una pedagogia che non si propone di dare conoscenze fisse, ma piuttosto di formare menti in grado di orientarsi nell’incertezza, di restare attive nell’ambiguità creativa e di creare nuovi significati in ambiti sconosciuti.

Nel mondo complicato e tumultuoso di oggi – contrassegnato da crisi multidimensionali, significative discontinuità e transizioni sistemiche – tale abilità si manifesta come una delle competenze fondamentali del XXI secolo. Non è più un lusso, ma una necessità in ambito educativo, politico e culturale.

Insegnare alle persone a pensare in modo consapevole non è un’attività intellettuale teorica. È il processo di educare i costruttori di cambiamento: permettere la crescita di cittadini, professionisti e leader in grado di percepire i segnali del futuro, di adattarsi in modo proattivo alle trasformazioni e, soprattutto, di operare con intelligenza trasformativa.

Questa intelligenza non distingue il pensiero dall’azione, bensì li unisce tramite la visione, l’intuizione controllata e la riflessione sistematica.

Un’infrastruttura per i prossimi anni

Questa modalità di istruzione non può essere confinata solo alle scuole o alle organizzazioni accademiche. Riguarda ogni ambito in cui si generano significati, si effettuano scelte e si concepiscono futuri. Le aziende che mirano all’innovazione sostenibile, le amministrazioni pubbliche che affrontano la complessità sociale, le comunità in cerca di rigenerazione e i movimenti che desiderano trasformarsi: tutti questi settori necessitano di una cultura di immaginazione consapevole. Non come ornamento retorico, ma come base cognitiva ed etica essenziale per il futuro.

In questo modo, una pedagogia dell’immaginazione metacognitiva non rappresenta una materia autonoma da integrare nei curricula o nelle strategie già presenti. È una narrazione trasversale da incorporare nelle pratiche educative, organizzative e sociali. Si tratta di un invito a sviluppare menti in grado non solo di riflettere sul futuro, ma anche di esaminare il presente tramite la prospettiva di ciò che potrebbe essere diverso.

Scritto da:

Nicoletta Boldrini

Futures & Foresight Director Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin