Intervista ad Alex Fergnani, PhD in Management & Organization alla Business School dell'Università di Singapore, ricercatore su Corporate Foresight e Futures Methods
Gli esseri umani sono da sempre interessati (spesso anche ossessionati) dal futuro ma lo hanno sempre osservato ed analizzato in modo molto lineare, basandosi per lo più sulla sola conoscenza del passato. Un approccio che oggi mostra tutti i suoi limiti, anche se si sprecano un po’ in “tutte le salse” le infinite teorie sulla gestione dei cambiamenti per prepararsi al futuro.
«Da studioso e ricercatore, quando sento parlare di ‘cambiamento’ in me partono fuochi d’artificio. È una di quelle parole inflazionate utilizzate, nella stragrande maggioranza dei casi, in modo errato», esordisce Alex Fergnani, PhD in Management & Organization alla Business School dell’Università di Singapore, ricercatore su Corporate Foresight e Futures Methods. «I cambiamenti ci sono sempre stati. C’è un mito da sfatare: il cambiamento non è una cosa nuova. Esistono delle discontinuità (che comunque si presentano periodicamente) che provocano una sorta di ‘risveglio delle coscienze’ di istituzioni pubbliche, aziende, professionisti, cittadini…ma spesso è una sorta di risveglio temporaneo, necessario a gestire le emergenze, destinato poi a ritirarsi nel consueto torpore».
Non cadere nella trappola del “siamo in un’epoca di cambiamenti”
Nella visione di Alex Fergnani “sfatare il mito del cambiamento” significa anche ridimensionare l’enfasi sui modelli concettuali come VUCA (l’ormai noto acronimo coniato nel 1987 utilizzato per descrivere concettualmente condizioni e contesti di volatilità, incertezza, complessità e ambiguità) e tutte le sue evoluzioni, fino al più recente BANI (acronimo di Brittle, Anxious, Non-linear, Incomprehensible), «Perché la storia ci dimostra che non linearità, complessità, incertezza hanno sempre caratterizzato i contesti in cui abbiamo vissuto».
«Sono un grande fan della storia dell’Asia orientale… che poi non è tanto differente dalla storia di tanti altri paesi se si guarda ai contesti di guerre, lotte di potere, condizioni delle popolazioni. Un contadino della Cina del 2mila A.C. doveva ‘fare i conti’ con un le tassazioni imposte da governatori che cambiavano ogni pochi mesi, guerre, disastri ambientali, e altre condizioni che impattavano sulle coltivazioni di riso… la vita non era lineare nemmeno a quel tempo, era caotica, contradditoria, incerta, volatile… esattamente come oggi».
La vera differenza, rispetto al passato, è che oggi i cambiamenti sono molto più frequenti, veloci e ‘connessi’ (un avvenimento in Corea può influenzare in pochissimo tempo le scelte di un ente, una istituzione, una azienda dall’altra parte del mondo). Il cambiamento oggi assume anche nuove forme, specialmente grazie al frequente progresso technologico, mentre in passato la tipologia di avvenimenti futuri era piu’ prevedibile, per esempio le guerre.
«Sono dunque la frequenza con la quale si presenta il cambiamento e la sua originalità ad essere cambiate, non la volatilità, l’incertezza, la complessità, l’ambiguità, o la contraddittorietà del cambiamento», specifica Alex Fergnani.
Condizioni il cui primo impatto evidente è la perdita di efficacia dei tradizionali metodi di previsione, ossia quelli che guardano al passato e lo proiettano nel futuro (Forecasting).
«Guardare nel passato è fondamentale, non possiamo esimerci dal guardare nel passato perché molte cose si ripeteranno», puntualizza comunque Alex Fergnani. «Dobbiamo però iniziare ad inserire altri metodi, oltre al Forecasting».
È qui che si inseriscono i Futures Studies e la metodologia e pratica del Foresight che rappresentano una chiave di volta per osservare, esplorare e analizzare futuri plurimi superando la logica del Forecasting.
«La mia visione ed il mio approccio al Corporate Foresight ed ai Futures Methods sono quelli tipici di un ricercatore e scienziato – spiega Fergnani -. Come nel metodo scientifico, Futures & Foresight richiedono una certa sistematicità metodologica e un approccio rigoroso, anche se, va precisato, non è il medesimo dei metodi quantitativi scientifici. Nel metodo scientifico il rigore è definito dalla validità e dall’affidabilità (validati quantitativamente), mentre nei Futures & Foresight i metodi per misurare il rigore sono la trasparenza, la consistenza degli scenari, la plausibilità. C’è una certa vicinanza tra Foresight e metodo scientifico nella sistematicità e nell’importanza del misurare il rigore, meno nell’obiettivo di ‘validare delle ipotesi future’ perché l’obiettivo del Foresight non è validare cosa succede, non ci interessa cosa succederà ma costruire futuri – sempre al plurale – come metodo per cambiare il nostro mindset. Il fatto che molti analisti e business strategists usino gli scenari per provare a capire qual è lo scenario più probabile rappresenta un grande misunderstanding del Foresight (che non serve affatto a definire uno scenario probabile ma a cambiare mentalità rispetto ai futuri possibili)».
Usare il futuro per prendere decisioni nel presente, dall’approccio alla scelta dei metodi
Non possiamo esimerci dal non complementare gli studi del passato con gli studi di futuri, evitando però le discussioni sterili su quali parole usare focalizzandoci, invece, sullo scopo.
«Il Foresight è un approccio che ci permette di analizzare il presente e il passato, in particolare di analizzare tutti quegli elementi di cambiamento, appunto nel passato e nel presente, come le forze di cambiamento, i segnali deboli, le discontinuita’, ecc. per muoverci verso il futuro (costruendo scenari futuri) e tronare poi nel presente per usare gli insights ottenuti, ossia per usare quella ‘saggezza’ in modo positivo, utile e fruibile per prendere decisioni e definire azioni nel presente», spiega Alex Fergnani. «È una sorta di loop che ci permette di partire dal presente – inteso anche come concretizzazione dei cambiamenti iniziati nel passato – spaziare nel futuro, o meglio nei futuri, e ritornare nel presente, usando i futuri per prendere decisioni migliori nel presente».
Un approccio che non consiste in un unico metodo ma in un insieme di metodi che devono essere “adattati” alle esigenze, ai contesti in cui vengono applicati, ed agli obiettivi. In altre parole, una metodologia. L’approccio – il loop che dal presente ci porta nei futuri per definire scelte, strategie e azioni nel presente – può essere utilizzato ovunque, indipendentemente dal contesto (aziende pubbliche e private, mondo accademico e di ricerca, comunità non profit, governi, associazioni, enti non governativi, ecc.), mente i metodi vanno scelti con attenzione e rigore.
«Molto spesso ciò che viene usato per il Foresight è una combinazione di metodi, non necessariamente provenienti solo dai Futures Studies, anzi… la via che più frequentemente si segue è legata all’ibridazione, innervando nella pratica del Foresight metodi provenienti da altre discipline», ci tiene a evidenziare Fergnani il quale, in qualità di ricercatore e scienziato in ambito Foresight, vive la contaminazione tra metodi (alla cui base ci deve essere necessariamente una approfondita conoscenza sia delle teorie sia degli approcci pratici delle differenti discipline) come spinta allo sviluppo e alla creazione di metodi nuovi [oggetto per altro proprio dei suoi studi e delle sue pubblicazioni scientifiche – nda].
Il ruolo delle tecnologie
Molte aziende sostengono di non avere bisogno dei Futures Studies e di fare già Foresight usando tecnologie avanzate come gli Advanced Analytics, la Data Intelligence e modelli predittivi basati su tecniche di Intelligenza Artificiale. “È sufficiente usare questi strumenti per fare davvero Foresight?”, chiediamo a Fergnani.
«Il primo passo da compiere è capire quali strumenti vengono utilizzati in azienda, come e per quali obiettivi. Ma attenzione, la scelta e l’utilizzo di uno strumento non definisce in alcun modo l’approccio. Facendo un paragone un po’ azzardato, se dico che sono vegano o vegetariano definisco una scelta di alimentazione ma non spiego nulla sul mio approccio all’alimentazione, non definisco se mangio in modo salutare o meno. Essere vegani non significa mangiare sano e seguire un’alimentazione corretta e bilanciata. Mangiare patatine fritte tutti i giorni è vegano. Quindi, per capire se davvero gli strumenti tecnologici già utilizzati in azienda possono effettivamente essere considerati come supporto ad un approccio di Foresight, andrei nel dettaglio della ‘dieta di analisi’ di queste aziende per capire che metodo utilizzano e per quali scopi. Molte aziende utilizzano Machine Learning e Topic Modeling per fare la scansione ambientale e intercettare i segnali di cambiamento; tuttavia, se volessimo davvero fare una corretta analisi dei segnali deboli questi strumenti risulterebbero insufficienti perché basati solo un metodo quantitativo – probabilità assegnate alla frequenza di parole – mentre avremmo bisogno di fare anche analisi qualitative, esplorazioni immaginative, emerging issues analysis, etc.».
Spesso le aziende mostrano un forte attaccamento agli strumenti tecnologici; c’è una fiducia cieca negli strumenti di analisi numeriche perché basati su dati oggettivi, impostati con metodi rigorosi, logici, scientifici… il che è del tutto corretto (oggi una analisi del rischio di frode sui pagamenti online sarebbe impensabile senza gli strumenti tecnologici che fanno analisi in real-time di grandissime moli di dati, solo per citare un esempio), “ma come si approccia un futurista [sostantivo che Alex Fergnani non ama perché ha innescato moltissime incomprensioni di approccio e metodo, lasciando spazio anche ai ciarlatani – nda] alla dialettica fortemente polarizzante legata alle tecnologie emergenti, in particolare quella che alimenta ormai quotidianamente i dibattiti pubblici sull’Intelligenza Artificiale?”, chiediamo.
«Allontanandosi dai pregiudizi cognitivi (innanzitutto, conoscendoli e riconoscendoli) e osservando ed esplorando più di un futuro possibile. Non esiste un solo futuro, e non esistono nemmeno solo due (uno positivo ed uno negativo, come spesso ci viene raccontato dai media quando si tratta il tema dell’Intelligenza Artificiale); per i praticanti di Foresight [non futuristi, dunque, ma Foresight Practitioners – nda] è fondamentale guardare lo spettro di futuri possibili ed esercitare il critical thinking».
L’arrivo di ChatGPT al grande pubblico, solo per fare un esempio, ha immediatamente innescato previsioni apocalittiche sulla fine di diverse professioni, ed addirittura sulla fine della specie umana «C’è stato un salto da A (arrivo di ChatGPT al grande pubblico) a B (varie predizioni apocalittiche) che spesso non ha nessuna logica. Spesso queste narrazioni sono mere speculazioni che non hanno alcun dettaglio di plausibilità e dovremmo tutti fermarci e iniziare a chiedere: “C’è stato un un rigore nel creare questa speculazione? Sono state osservate e analizzare le forze di cambiamento? Quali segnali deboli sono stati individuati? È stata fatta un’analisi sistemica dei possibili mix di essi nei futuri possibili? Sono stati esplorati i possibili impatti? Attraverso quali metodi? …”. Sappiamo tutti fin troppo bene che nelle narrazioni mediatiche non c’è nulla di tutto ciò».
Attenzione ai “futuristi pop”
Poter esplorare futuri plurimi è decisamente affascinante, al punto che moltissimi professionisti si definiscono esperti e consulenti futuristi (o futurologi) cavalcando l’onda. Non possiamo, in chiusura di questa intervista, non chiedere ad Alex Fergnani “Cosa serve davvero per poter fare seriamente e professionalmente il futurista?”, dato il successo di uno dei suoi recenti video su YouTube, “4 Tips to Spot a Charlatan Futurist”, e naturalmente la sua visione di ricercatore e Foresight Practitioner.
«Ci sono ormai moltissime persone che si definiscono “futurista”, “futurologo/a”, “professionista di previsione”, “foresight professional”, “foresight specialist”, “foresight practitioner”, “futures specialist”, “futures practitioner”, “futures professional”, “futures researcher”, “futures literacy expert”, “futures literacy researcher”, e via dicendo… l’elenco potrebbe essere ancora più lungo. Questa confusione è legata soprattutto al fatto che la professione – indipendentemente da come vogliamo poi definire i professionisti che la praticano – è stata poco rilevante per molto tempo, stagnante sia nel mondo accademico sia in quello della pratica professionale, ancor di più nel mondo politico. Il fatto che oggi ci siano così tante persone che si definiscono con appellativi che richiamano questa professione non significa affatto che, in effetti, ci siano molti più professionisti con competenze acquisite, ma semplicemente che c’è un rinnovato interesse verso l’approccio».
Indipendentemente dall’appellativo professionale, ciò che davvero distingue un professionista dai “futuristi pop” (che Fergnani identifica anche come “ciarlatani”) è la solida conoscenza teorica degli approcci metodologici (costruita non solo con la lettura di libri ma anche con l’approfondimento degli studi scientifici, dei lavori accademici e la formazione) unita alla padronanza dei metodi nella loro attuazione pratica in diversi contesti.
«Non basta parlare di futuro ed essere trend spotter, è necessario avere le fondamenta teoriche e pratiche per essere “scenario creator”, è vitale avere una “cassetta degli attrezzi” (padroneggiare i metodi) e saper espandere il proprio toolkit con nuovi metodi dipendentemente dal contesto, dimostrare di avere esperienze e competenze e mantenere imparzialità. I professionisti di Foresight non hanno mai una visione privilegiata del futuro e non dovrebbero spingere la narrazione verso uno scenario preferito. Dovrebbero invece (nella maggior parte dei casi) mantenere imparzialità abbracciando concretamente la visione di futuri plurimi possibili. La professione richiede tempo per sviluppare competenze che implicano anche capacità di facilitazione, capacità di consulenza, capacità di coinvolgimento del cliente, una buona conoscenza della letteratura, esperienza nell’utilizzo di metodi…insomma, è tutto fuorché pop!», conclude Fergnani.