Sebbene i nanomateriali abbiano molte proprietà positive, non sempre si conoscono i rischi per la salute dei lavoratori che ne vengono a contatto all’interno dei siti produttivi. A fare luce sull’argomento, uno studio congiunto che ha come focus il grafene.

TAKEAWAY

  • L’utilizzo e la trasformazione dei nanomateriali porta con sé alcune incognite relative ai possibili effetti sulla salute dell’uomo nei luoghi di lavoro.
  • Una recente pubblicazione su Nanoscale ha analizzato i processi industriali aventi come oggetto il grafene, ricavando preziose indicazioni in termini di sicurezza.
  • L’inavvertita inalazione di nanopolveri o sostanze analoghe può causare infiammazioni e persino a tumori: ecco perché nei luoghi di lavoro occorre stabilire attente politiche di prevenzione a riguardo.

In tema di nanomateriali e sicurezza, è in atto da tempo una riflessione che vede coinvolti il mondo accademico e le istituzioni. In particolare, ci si interroga sui rischi ai quali potrebbe essere esposto chi si occupa della fabbricazione di oggetti composti da materiali su nanoscala, soprattutto una volta entrato a contatto con questi ultimi.

La domanda ricorrente è se, durante i processi produttivi, i nanomateriali siano sicuri per l’uomo, nel caso in cui, inavvertitamente, finisca per respirarne o ingerirne delle parti.

Si tratta di rischi che hanno portato, nel 2017, all’intervento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso le linee guida contenute nel documento “Protecting Workers from Potential Risks of Manufactured Nanomaterials”.

E, recentemente, in un articolo dal titolo “An integrated and multi-technique approach to characterize airborne graphene flakes in the workplace during production phases”, pubblicato sulla rivista Nanoscale, organo ufficiale della Società Britannica delle Scienze Chimiche, si è pronunciato un gruppo di studiosi italiani, provenienti rispettivamente dal Centro di Ricerca per le Nanotecnologie dell’Università La Sapienza di Roma, dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.

Il team ha preso spunto, in particolare, dal grafene, foglio bidimensionale di carbonio dotato di proprietà che lo rendono adatto a una vasta gamma di applicazioni, dai dispositivi elettronici agli imballaggi alimentari.

Nanomateriali e sicurezza: il caso del grafene

La novità metodologica individuata dal team di studiosi consiste nell’integrazione di diverse tecniche, al fine di individuare – durante la sua lavorazione – il potenziale rilascio di “fiocchi di grafene”, i quali, al di sopra di una certa soglia, possono risultare tossici per i lavoratori.

Il contesto su cui si sono concentrati i ricercatori comprende perlopiù lavoratori e stabilimenti industriali, mentre la strategia adoperata si basa sull’approccio proposto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che consiste nel mettere insieme rilevazioni in tempo reale e campionamenti singoli.

Sono stati presi in considerazione i dati relativi alla concentrazione del numero di particelle di grafene, al loro diametro medio e alla superficie di deposizione. Acquisiti in aree d’interesse specifico, tali cifre sono state confrontate con le misurazioni di fondo, dando un preciso contorno al discorso su nanomateriali e sicurezza.

Per dare una caratterizzazione a quanto raccolto, si è ricorso alle tecniche di microscopia elettronica e spettroscopia Raman, entrambe preposte all’analisi della morfologia, della composizione chimica e delle strutture atomiche del grafene.

Tutto questo ha spinto la comunità scientifica ad effettuare ulteriori indagini, atte a migliorare le strategie di gestione del rischio derivante dal contatto diretto col grafene.

Sono nate, a tale riguardo, alcune importanti direttive sui modelli di comportamento da adottare, iniziando dall’utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) come le mascherine, per proteggere le vie aeree. Da appurare un’eventuale penetrazione dermica, poiché se una pelle integra può fare maggiormente da barriera, non si può dire lo stesso per zone che presentano tagli, ferite o irritazioni.

Altro accorgimento da adottare per le realtà coinvolte, è l’installazione di aspiratori aggiuntivi, in grado di potenziare l’areazione nei locali frequentati dai dipendenti, i quali devono indossare, a loro volta, attrezzature necessarie per il campionamento dell’ambiente circostante.

Nanomateriali, i potenziali rischi per i lavoratori

I nanomateriali possono essere sia naturali, tra cui quelli di origine vulcanica, che artificiali, se contenuti, ad esempio, nel fumo di scarico di un’automobile oppure fabbricati appositamente a scopi commerciali o di studio.

Un’origine variegata, da cui deriva un crescente progresso, ma che, al tempo stesso, genera diverse preoccupazioni per la salute dell’uomo. Vediamo quali.

In tema di nanomateriali e sicurezza sul lavoro, gli esperti, negli ultimi anni, hanno messo in luce che alcuni nanomateriali possono creare danni a livello polmonare, con reazioni infiammatorie anche gravi. In secondo luogo, possono essere colpiti il sistema cardiovascolare così come il fegato, i reni, il cuore e il cervello, viaggiando lungo i canali olfattivi o l’apparato digerente.

Inoltre, essendo infinitamente piccoli, i nanomateriali possono arrivare, tramite la placenta, al feto, fattore che rende assai vulnerabili le donne in gravidanza. L’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha fatto presente, in un vademecum stilato nel 2019, che alcuni materiali in nanoscala comportano maggiori problematiche dei loro corrispettivi in forma standard.

Ad esempio, alcune tipologie di nanotubi in carbonio – si legge nel documento – sono stati classificati come possibili cancerogeni per gli esseri umani a differenza di altre particelle di carbonio”. Fortunatamente, in casi particolari, i nanotubi di carbonio, strutture ordinate di forma sferica, possono essere metabolizzate ed espulse dall’organismo, ma restano da capire i meccanismi di eliminazione da parte dalle cellule.

Nanomateriali e sicurezza: le criticità nei luoghi di lavoro

Le probabilità di incorrere in patologie, possono ridursi se i nanomateriali vengono trattati sotto forma di liquame o di pasta oppure quando sono conservati in spazi ristretti per ridurne le emissioni.

Nei luoghi di lavoro, i momenti più critici sono quelli che intercorrono tra la consegna effettuata dai fornitori e il successivo arrivo della merce in magazzino, un percorso detto supply chain o catena di approvvigionamento.

Una fase cruciale sono le operazioni di trasformazione, manutenzione e costruzione dove c’è da fare i conti con l’elevata esplosività delle polveri su scala microscopica, a cui si somma una notevole carica elettrostatica delle stesse.

Ancora da fissare i limiti di esposizione a tutte le sostanze finora elencate, nonostante esistano dei valori di riferimento. Vige intanto il “principio di precauzione”, cioè un approccio preventivo e precauzionale che mira a tenere la situazione sempre sotto controllo, a prescindere da quanto riscontrato.

Uno dei settori più coinvolti da tutto ciò è sicuramente quello sanitario, ma sono in continuo aumento, per l’incedere del progresso, le categorie di professionisti che sono tenute ad aggiornarsi costantemente in materia.

Un’informazione carente in materia di nanomateriali e sicurezza ha delle ripercussioni enormi per cui tutte le attività, compresa la pulizia degli impianti e il trattamento dei rifiuti, devono essere regolate da apposite schede per evitare la diffusione dell’aria di componenti tossiche. Bisogna quindi guardare oltre le pratiche tradizionali di prevenzione e agire con la giusta consapevolezza del problema, in modo da giungere a un sistema collaudato che tuteli i lavoratori dell’intero comparto.

Scritto da:

Emanuele La Veglia

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin