La possibilità di impiegare robot in agricoltura, per operazioni colturali di vario tipo, è più ampia di quanto si pensi. Meccanica, tipologia, motori, funzioni: ecco cosa c’è da sapere e le opportunità aperte.
TAKEAWAY
- La possibilità di impiego dei robot in agricoltura è più ampia di quanto si pensi. Dalla potatura alla semina, non c’è ambito che non sia toccato. Le stime di mercato prevedono una loro crescita esponenziale da qui al 2030.
- Dalla necessità di supplire alla mancanza di personale alla necessità di rendere l’agricoltura più efficiente e sostenibile, sono molte le ragioni che sostengono la crescita dei robot in campo agricolo. Tutto ciò apre a opportunità considerevoli per la ricerca e le startup.
- Lo scenario presente, anche se dinamico, sconta alcune lacune di natura normativa e infrastrutturale. In poche parole: servono norme aggiornate e una copertura internet soddisfacente. Per il resto, il futuro è tutto dalla parte dei robot.
Robot in agricoltura: l’evoluzione dell’automazione che porta vantaggi
È il risultato più avanzato dell’automazione cominciata sui sistemi di guida ed estesa via via ad altre operazioni e offre vantaggi sensibili. Uno di questi riguarda l’aumento della superficie dominabile ottenibile, affidando ai robot alcune operazioni colturali, spesso quelle più ripetitive oppure che hanno una scarsa necessità di richieste decisionali.
«Questo primo risultato, conseguenza della meccanizzazione dell’agricoltura, consente di mettere a reddito maggiori superfici e terreni considerati marginali» ha affermato Marco Sozzi, ricercatore esperto del Dipartimento Territorio e Sistemi agro-forestali dell’Università di Padova. Un ulteriore vantaggio è fornito dall’aumento dell’efficienza energeticadella singola operazione culturale.
Le macchine robotiche spesso sono di tipologia ibrida, quindi accoppiano un motore endotermico a un inverter, svolgendo servizi elettrici e permettendo di ottimizzare i consumi di gasolio e le emissioni di gas a effetto serra.
Tuttavia, come si nota dai dati di mercato, gli agri-robot più moderni sono veicoli elettrici: infatti, il 78% di essi sono electric vehicle, mentre l’8% sono ibridi. La trazione elettrica consegue meno componenti (la meccanica dei veicoli elettrici è più semplice rispetto agli endotermici) e questo si traduce in mezzi più compatti e più leggeri, con maggiore densità di potenza per unità di peso.
Inoltre, fare uso di macchine a forte grado di automazione si traduce in una maggiore sicurezza per l’operatore, che può svolgere in remoto, a distanza, le operazioni colturali senza essere coinvolto in prima persona.
Questo fattore è di considerevole importanza se si pensa che dal 2010 al 2021 sono stati registrati 4.555 incidenti gravi che hanno coinvolto trattori agricoli, con 2.050 morti e 3.067 feriti, segnala l’Osservatorio Asaps.
Agri-robot: tipologie, classi…
Per quanto riguarda una possibile suddivisione per classi di potenza e tipologie, se ne possono individuare quattro. Una prima che raggruppa piattaforme robotiche con una bassa densità di potenza per chilogrammo e un’alimentazione per lo più di tipologia solare, ideale per applicazioni relativamente molto semplici come il monitoraggio.
«Nella seconda classe invece si raggruppano robot per lo più elettrici che svolgono azioni più complesse, come il diserbo e la difesa. Nella terza classe invece abbiamo i robot che presentano un maggiore rapporto peso-potenza, utili come porta attrezzi e per la lavorazione del suolo. Nella quarta classe, infine, si ritrovano i robot per agricoltura destinati ad attività specifiche come la semina» ha illustrato il ricercatore dell’Ateneo padovano. In quest’ultima categoria è allo studio la possibilità di modellare il peso sul terreno, attingendo alla banca dati e variando la partizione dei pesi.
Ma dove svolgono maggiormente la loro attività i robot in agricoltura, specie in ambito colturale? Le colture per cui sono prevalentemente pensati vanno dalle erbacee (quella prevalente col 44% di mezzi) alle arboree (35%) e le orticole (21%).
…dimensioni e funzioni
Per quanto riguarda le dimensioni, si va dai mezzi porta attrezzi, di dimensioni più o meno simili ai trattori tradizionali, ai mezzi più snelli per la semina, potenzialmente attivi in flotta.
Per quanto riguarda le funzioni per cui sono pensati, la maggior parte si focalizza sul diserbo meccanico e sulla difesa: a queste due finalità si riconduce il 38% dei mezzi, (a ciascuno va il 19%).
A seguire ci sono i mezzi per il monitoraggio (16%), i porta-attrezzi e i mezzi per la raccolta (entrambi col 13%). Ancora di nicchia sono i trattori autonomi (3%). A quest’ultimo proposito, tra i mezzi sviluppati a livello di ricerca, va segnalato GRAPE, robot autonomo per il monitoraggio e la protezione dei vigneti, ideato dall’AIRLAB (Artificial Intelligence and Robotics Laboratory) del Politecnico di Milano con la finalità di controllo dei parassiti senza pesticidi nei vigneti. Un robot dotato di un braccio e di un distributore di dispositivi rivestiti di feromoni ha il compito di navigare attraverso il vigneto, trovare le posizioni adatte per i dispositivi e posizionarli.
Ma non mancano soluzioni particolarmente interessanti per la complessità operativa che le caratterizza: a questo proposito, sempre l’Italia può annoverare il frutto del lavoro congiunto tra il team dell’Università Cattolica di Piacenza e dell’IIT, sotto forma di cobot – per la precisione un braccio collaborativo, sviluppato dall’équipe dell’ateneo piacentino – specializzato nella potatura delle viti. Esso è montato sul quadrupede HyQReal, realizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, capace di muoversi su percorsi impervi.
Tra le altre possibilità di robot in agricoltura allo studio c’è il dispositivo in corso di brevetto – sempre realizzato in Italia – che consente di collegare in maniera automatica presa di forza, prese idrauliche ed elettriche al trattore in totale sicurezza e con un sensibile risparmio di tempo.
Il mercato dei robot agricoli
Sempre a proposito di robot in agricoltura, i Paesi che si distinguono quali maggiori produttori sono Stati Uniti e Francia, ma a caratterizzare il mercato specifico è la folta presenza di startup e realtà innovative nate da spinoff universitari.
D’altronde si tratta di uno scenario in piena evoluzione, che ha nella ricerca un elemento predominante. Capita spesso che queste imprese dedicate all’R&D vengono acquisite da gruppi di importanza.
L’esempio più rappresentativo è l’acquisizione, per 250 milioni di dollari, di Bear Flag Robotics (specializzato in automazione di trattori tradizionali, trasformandoli in mezzi pressoché autonomi, tramite sistemi di intelligenza artificiale) da parte del colosso John Deere.
La spinta delle startup si avverte anche guardando al numero di imprese innovative nate nel settore: secondo Better Food Ventures, ci sono quasi 250 startup di robotica agricola che automatizzano varie attività relative alla coltivazione. La mappa è stata realizzata in collaborazione con la University of California Agriculture and Natural Resources.
Robot in agricoltura: normative, limiti e prospettive aperte
Se, a livello tecnologico, i robot in agricoltura stanno facendo progressi sensibili, non così va nel settore della regolamentazione. Come ha fatto notare lo stesso Marco Sozzi nel corso di un convegno a Fieragricola Tech, «attualmente, la normativa sull’utilizzo dei robot in agricoltura fa riferimento alla Direttiva Macchine del 2006, oltre a una serie di normative legate al codice civile e quelle sulla sicurezza. Tale direttiva è in fase di discussione, con un nuovo regolamento che andrà a sostituirla: quest’ultimo si va a inserire in realtà all’interno di azioni legislative del legislatore europeo, legate – tra l’altro – alla cybersecurity, all’intelligenza artificiale, alla gestione dei dati e persino alle norme legate alle emissioni».
Tale regolamento dovrebbe apportare dei vantaggi, tra cui la possibilità di prevedere la possibilità di telecontrollo delle macchine robotiche. L’auspicio è che si possa arrivare a una maggiore autonomia di gestione della macchina, sia pure naturalmente prevedendo il rispetto delle più rigorose misure di sicurezza.
Un altro punto da considerare è che le soluzioni di robotica a uso agricolo sono connesse a Internet. È un punto da considerare e un limite quando la copertura di rete non è sufficientemente adeguata. Servono infrastrutture in grado di assicurare sempre la copertura.
Ultima, ma non certo meno importante: servono competenze, persone formate, in grado di gestire le macchine. Le lacune, quindi, non mancano, ma la strada è segnata: le opportunità che si aprono con l’uso di robot in agricoltura sono decisamente determinanti perché non si sviluppino. L’evoluzione tecnologica, le possibilità di automazione sempre più spinta – anche grazie all’impiego di tecniche di intelligenza artificiale – e la necessità di ridurre l’impatto ambientale e di incrementare le rese, fanno guardare con ottimismo verso la loro progressiva diffusione.