Dal centro di ricerca AMOLF, ad Amsterdam, arriva uno studio che rivoluziona la concezione che abbiamo dei robot, avvicinandoli ancora di più agli esseri umani e alla loro modalità di apprendere continuamente e di adattarsi all’ambiente.

TAKEAWAY

  • Il comportamento e il movimento delle macchine sono solitamente caratterizzati da una certa prevedibilità impostata secondo parametri prestabiliti.
  • Nei Paesi Bassi un team di scienziati ha dimostrato che è possibile guidare i robot lasciando loro una maggiore libertà di azione.
  • Un’automazione robotica in grado di adattarsi ai cambiamenti porterà sicuramente delle rivoluzioni nel prossimo futuro, dall’energia rinnovabile alla gestione delle emergenze.

Robotica e apprendimento continuo sono due sfere che hanno tra loro uno stretto collegamento. La prima è una branca afferente all’ingegneria, la seconda espressione attiene, invece, alla psicologia e fa riferimento alla “costante acquisizione di competenze”, caratteristica che, fino soltanto a qualche anno fa, si attribuiva solamente all’uomo. Con l’emergere di nuove tecniche, l’orizzonte è destinato ad allargarsi.

Lo testimonia quanto successo di recente nei laboratori di ricerca AMOLF, ad Amsterdam, dove si spazia dalla fisica all’elettronica, e all’interno dei quali è venuta alla luce un’idea per produrre dispositivi robotici consapevoli dell’ambiente che li circonda e in grado di adattarvisi.

Robotica e apprendimento continuo: la nuova frontiera

Parlando di robotica e apprendimento continuo, dobbiamo dimenticare i robot androidi dei film di fantascienza che l’immaginazione tende comunemente a figurarsi. Qui siamo davanti a macchine dai piccoli ingranaggi, la cui particolarità è un movimento che non ha impostazioni pregresse.

Si tratta di un approccio moderno volto a cambiare la canonica concezione con cui si inquadrano solitamente i robot e che, pur non rifacendosi a modelli complessi, ha come oggetto la messa a punto di dispositivi robotici in grado di affrontare mutamenti e di adattarsi all’ambiente che li circonda.

Finora, l’ingegneria robotica ha puntato sull’implementazione dei controlli principali all’interno della macchina, mentre la visione che si sta delineando consiste in una “decentralizzazione” di questi.

Dai lavori del team è scaturito un agente robotico dal corpo unico, che deve la sua indipendenza ai singoli pezzi da cui è costituito, come fosse un puzzle.

Ma progettare un robot che sappia apprendere continuamente dall’ambiente richiede un’enorme potenza di calcolo, esigenza dalla quale è nata un’attenta riflessione circa la robustezza della macchina. Essenziale è stato, a tale riguardo, il contributo della soft robotica, disciplina che lavora con materiali morbidi e performanti.

In particolare, l’equipe ha deciso di realizzare robot dalle strutture agili e leggere e dall’architettura fondata sull’auto-assemblaggio, come si precisa nell’articolo “Continuous learning of emergent behavior in robotic matter” – pubblicato il 25 maggio 2021 sulla rivista accademica PNAS – che contiene i risultati della ricerca del centro AMOLF. Cosa ne è scaturito? Vediamo.

Un insieme di parti robotiche

Robotica e apprendimento continuo aprono una frontiera interessante, con la possibilità di allenare le macchine – ad esempio – alla mutevolezza dell’ambiente, all’imprevisto, a eventuali danni subiti o a sbalzi di temperatura, tutti fattori che non rientrano nelle modalità proprie degli automi.

Ognuno dei moduli che compongono il dispositivo robotico – precisano gli autori del documento – viene ad essere una cella a sé stante, grande pochi centimetri e con relativi sensori. Succede un po’ come con il polpo, il cui cervello è distribuito tra i suoi tentacoli”.

Ciascuno degli elementi contiene un minicomputer e una pompa d’aria, una combinazione che dà origine a una respirazione composta da cicli di pochi secondi. A che serve? A fare sì che i diversi moduli finiscano per spingersi l’uno contro l’altro, con l’effetto di far muovere l’intero meccanismo.

Si ha la sensazione di vedere un minuscolo treno, i cui vagoni avanzano, seppur lentamente, su dei binari circolari, e non perdono mai la bussola. Un concetto centrale, a tale proposito, è la cosiddetta “embodied artifical intelligence”, che si configura come un ampliamento della gamma di scelte nell’ambito dell’intelligenza artificiale volto a migliorare l’interazione tra l’uomo e la macchina.

Robotica e apprendimento continuo, gli scenari futuri

Il gruppo che ha condotto lo studio è il Soft Robotic Matter – in seno al centro di ricerche AMOLF – ramo dell’area dedicata al design che esplora le modalità con cui creare dispositivi ispirati al binomio robotica e apprendimento continuo.

Le applicazioni future di agenti robotici capaci di imparare dall’ambiente in cui vengono calati e di adattarvisi spaziano dal mondo delle energie rinnovabili all’ambito medicale. 

Pensiamo, ad esempio, ai pannelli fotovoltaici, chiamati a “seguire”, a ogni ora del giorno, la luce del sole. Macchine come quelle concepite dagli scienziati di Amsterdam consentirebbero loro di non farsi influenzare dalle piccole variazioni meteorologiche, spesso ostacolo per la tecnologia alla base del fotovoltaico.

Prossimamente – ha aggiunto il team – potremmo progettare delle mani meccaniche che ‘sappiano’ perfettamente come afferrare gli oggetti o che sappiano come ovviare a un guasto agli ingranaggi”.

Il ventaglio di applicazioni è pressoché infinito e include perfino l’assistenza sanitaria sul campo, il soccorso durante le emergenze e l’esplorazione spaziale, terreni in cui l’autonomia può diventare veramente vitale per il pianeta in cui viviamo e non solo.

Scritto da:

Emanuele La Veglia

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin