Che aiuto può dare la robotica nella ripresa da un ictus? La risposta arriva da un’azione congiunta tra istituti e atenei italiani e svizzeri che indica come i pazienti potrebbero tornare allo stato precedente al trauma.
TAKEAWAY
- Attraverso sistemi robotici si possono rallentare gli effetti dell’ictus, disturbo a insorgenza acuta che si manifesta con una paralisi improvvisa, dovuta a un danno ai tessuti cerebrali.
- Un’équipe internazionale ha scoperto che la riabilitazione automatizzata ha maggiore efficacia se combinata con la serotonina, ormone chiave per salute e benessere.
- In arrivo grandi ricadute sulla pratica clinica, dove algoritmi di intelligenza artificiale rappresentano un pilastro per le terapie che saranno adottate in futuro.
Robotica e riabilitazione post ictus, può esserci finalmente un nesso decisivo tra i due ambiti? Sì, secondo un gruppo di scienziati che, in un asse articolato tra Italia e Svizzera, ha ragionato sulla capacità che ha il nostro cervello di modificare la propria struttura e le funzionalità annesse.
Un fenomeno che avviene sulla base dell’attività dei neuroni ed è racchiuso nel concetto di plasticità cerebrale. In questa cornice si colloca l’ictus, disturbo a insorgenza acuta che si manifesta con una paralisi improvvisa, dovuta a un danno ai tessuti cerebrali. Una catena che può avere conseguenze devastanti.
Nell’iter da seguire, dopo aver subito il colpo, può essere di grande impatto il contributo dell’automazione. In che modo? La chiave starebbe nella serotonina, neurotrasmettitore che regola il sonno, l’appetito e il desiderio e la cui carenza può essere un segnale di allarme.
Un’intuizione, attentamente verificata, da cui è venuto fuori il lavoro intitolato “Combining robotics with enhanced serotonin-driven cortical plasticity improves post-stroke motor recovery” portato avanti dal CNR-In, ovvero l’istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.
Pubblicato a maggio 2021, ha visto, in aggiunta agli enti citati, l’apporto del Center for Neuroscience and Cognitive Systems (CNCS) dell’IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, con sede a Rovereto, in Trentino; dell’Università di Padova e della Politecnico di Losanna.
Robotica e riabilitazione post ictus: la recente scoperta
La pubblicazione è stata resa nota sulle pagine della rivista “Progress in Neurobiology”. A introdurre la questione è una delle autrici, Sara Conti, dottoranda all’Istituto di Biorobotica della Sant’Anna, la quale spiega:
“Il modello che abbiamo elaborato consiste nel mettere in moto, in maniera selettiva, alcune cellule cerebrali, dopo aver fatto un’iniezione. Il percorso si conclude con la produzione di serotonina, che rende più recettiva la zona adiacente alla lesione preparandola a un rimodellamento complessivo”
Tramite un’iniezione, entra dunque in circolo, nel corpo, il buspirone che, utilizzato solitamente come ansiolitico, va a stimolare direttamente i recettori ormonali. Parliamo di sostanze che provocano reazioni chimiche con l’intento di trasmettere messaggi essenziali per la vita.
Una strategia a cui si abbina uno speciale training di robotica e riabilitazione post ictus, che segue protocolli prestabiliti. “I due approcci – si legge nel documento – devono andare di pari passo. La sperimentazione è avvenuta sugli animali che, in seguito alla terapia, hanno mostrato enormi vantaggi, che si sono conservati nei giorni successivi al periodo di prova”.
Come ha proceduto l’équipe
La riabilitazione post ictus per mezzo di agenti robotici è stata condotta con alti livelli di intensità e iterazione, nonché di precisione e coerenza, come sottolineato nell’articolo. Ad esempio una sessione automatizzata può comportare fino a mille ripetizioni di movimento nel lasso temporale in cui un allenamento tradizionale ne include soltanto una trentina.
Gli esercizi, eseguiti tramite le macchine, supporto di per sé prezioso per il fisioterapista, sono stati rafforzati, nel loro intento, dalla componente farmacologica, somministrata agli animali da laboratorio tra i 30 e i 90 minuti prima dell’allenamento robotico svolto sulla M-Platform, nome del dispositivo che agisce sugli arti compromessi dall’ictus.
A ciò si aggiunge un’assistenza costante, garantita da sensori in grado di misurare e valutare i progressi e, al contempo, la parallela diffusione della sostanza.
“Abbiamo notato – fanno sapere dal team – che gli animali ai quali veniva aumentato il rilascio della serotonina avevano poi le performance migliori. Sono state altresì rispettate tutte le linee guide sull’ Animal Research e il Reporting of In Vivo Experiments (ARRIVE) e le direttive in materia del Consiglio dell’Unione Europea, oltre che del Ministero della Salute“.
In tema di robotica e riabilitazione post ictus, occorrerà ancora un po’ di tempo per adattare agli esseri umani il modus operandi appena descritto, ma si è ormai a un punto di svolta.
L’area del cervello sulla quale va ad agire il sistema di riabilitazione post ictus messo a punto è, in particolar modo, l’emisfero controlaterale, ossia la sezione non colpita, e sulla quale si può lavorare per preservare le funzioni rimaste indenni.
Robotica e riabilitazione post ictus, gli scenari aperti
In Europa, sono quasi 4 milioni ad aver affrontato, e superato, un ictus, che, d’altronde, è la seconda causa di morte nel mondo. Un dato che fa capire che un’ampia fetta della popolazione globale beneficerebbe del metodo descritto.
Attualmente, stando alle statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la maggioranza delle vittime raggiunge una parziale indipendenza a tre mesi di distanza dall’episodio, ma l’intelligenza artificiale può rendere le previsioni decisamente più rosee.
Partendo dalle potenzialità stesse dell’organismo umano si può oggi ottemperare a molteplici forme di disabilità. Nel caso di robotica e riabilitazione post ictus, sono molte le persone che non riescono a compiere mansioni quotidiane, ma strumentazioni all’avanguardia spalancano scenari che erano inimmaginabili solo fino a qualche anno fa.
La prassi prevede ora che uno staff, composto da tecnici, medici e infermieri, prenda in carico la situazione, provando a ripristinare le abilità motorie con diverse opzioni, pensate per i singoli casi e, a seconda delle condizioni fisiche e mentali, può essere necessaria, talvolta, una stabilizzazione della postura. Con una partecipazione attiva da parte dell’interessato, si potrà, alla fine, intervenire sull’intera muscolatura, implementando sia il controllo centrale che quello periferico.