Tre scienziati giapponesi hanno messo a punto una tecnica compatibile con la stampa 3D, per sviluppare micro robot a partire da motori molecolari geneticamente modificati.
TAKEAWAY
- I motori molecolari sono macromolecole presenti all’interno degli organismi viventi, in grado di trasformare l’energia chimica in energia meccanica, consentendo movimenti microscopici, tra cui, ad esempio, la divisione cellulare, il trasporto di proteine all’interno di una singola cellula e la contrazione dei tessuti muscolari.
- Nel corso dell’ultimo decennio, al centro di numerose ricerche vi è stato il tentativo di sfruttare l’azione dei motori molecolari per fare eseguire a micro macchine una serie di compiti in modo controllabile.
- Tre scienziati giapponesi hanno progettato un micro attuatore azionato da due motori molecolari geneticamente modificati – compatibile con le tecniche di stampa 3D che utilizzano la luce – per applicazioni di robotica su scala millimetrica.
Parlare di soft robotica e motori molecolari ci riporta allo studio e alla progettazione di quei piccoli robot dai materiali morbidi e flessibili, spesso ispirati alla natura e, più in particolare, al modo in cui piante e animali si muovono e si adattano all’ambiente che li circonda.
Ma non solo. A ispirare la soft robotica sono anche elementi biologici come, in questo caso, i “motori molecolari“, macromolecole presenti all’interno degli organismi viventi in grado di trasformare l’energia chimica in energia meccanica.
Più nello specifico, i motori molecolari sono “dispositivi biologici” che consentono movimenti microscopici quali, ad esempio, la divisione cellulare, il trasporto di proteine all’interno di una singola cellula e la contrazione dei tessuti muscolari.
Nel corso dell’ultimo decennio, al centro di numerose ricerche vi è stato il tentativo di sfruttare l’azione di questi minuscoli motori biologici per fare eseguire a piccole macchine una serie di compiti in modo controllabile.
Anche se, a tale riguardo, fa notare il professor Yuichi Hiratsuka, del Japan Advanced Institute of Science and Technology (JAIST) – seppure, in alcuni casi, si è trovato il modo per utilizzare l’azione delle reti motorie molecolari – è ancora difficile integrare tali reti nelle macchine, per generare, ad esempio, forze abbastanza grandi da azionare le componenti di un robot.
Un esempio di sforzi in tale direzione è una ricerca del 2017 a cura dell’Università di Manchester – resa nota in un articolo apparso su Nature – grazie alla quale fu realizzato un micro robot molecolare in grado di svolgere nano-compiti (ad esempio, assemblare molecole), costituito da un braccio composto da 150 atomi di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Ma, dopo quella data, non vi fu alcun seguito.
Soft robotica e motori molecolari per applicazioni su scala millimetrica
È stata l’unione di forze tra Hiratsuka, il professor Takahiro Nitta dell’Università di Gifu e il professor Keisuke Morishima dell’Università di Osaka – entrambe in Giappone – che ha reso possibile un salto in avanti nella ricerca in materia di soft robotica e motori molecolari.
Nel loro recente studio pubblicato su Nature Materials, questo gruppo di scienziati illustra la progettazione di un micro attuatore azionato da due motori molecolari geneticamente modificati.
Uno degli aspetti salienti del loro approccio di ispirazione biologica è che la piccola macchina (l’attuatore) si auto-assembla a partire dalle proteine di base, mediante una semplice irradiazione della luce.
In pochi secondi, dopo che la luce ha irradiato una determinata area, le proteine motorie circostanti si fondono con proteine simili a binari – chiamate “microtubuli” – e si dispongono in una struttura macroscopica che assomiglia a fibre muscolari.
Quando questa struttura si forma intorno alla zona bersaglio (illuminata), il “muscolo artificiale” si contrae immediatamente e la forza collettiva delle singole proteine motorie viene amplificata da una scala molecolare a una scala millimetrica.
Come ha dimostrato il professor Yuichi Hiratsuka e i suoi colleghi, tale metodo potrebbe essere utilizzato nell’ambito di applicazioni di robotica su scala millimetrica quali l’attivazione di pinze microscopiche per gestire campioni biologici, l’unione di componenti separati – ad esempio, ruote dentate in miniatura – e l’alimentazione di micro bracci robotici per creare soft robot striscianti simili a insetti.
Elementi di soft robot stampabili in 3D
Un altro aspetto peculiare di tale tecnica, che coniuga soft robotica e motori molecolari, è che l’attuatore messo a punto è compatibile con le tecniche di stampa 3D che utilizzano la luce, come la stereolitografia, tecnica che permette di realizzare oggetti tridimensionali a partire da dati digitali impiegando resine fotosensibili, solidificate tramite una sorgente UV.
In altre parole, i microrobot con muscoli artificiali incorporati possono essere stampati in 3D, consentendo la loro produzione di massa e, quindi, aumentando la loro diffusione e applicabilità. Sottolinea il professor Hiratsuka:
“In futuro, il nostro attuatore stampabile potrebbe diventare esso stesso un ‘inchiostro dell’attuatore’ per la stampa 3D. Riteniamo che un tale inchiostro basato su biomolecole possa spingere in avanti la frontiera della robotica, consentendo, in futuro, la stampa in 3D di elementi ossei complessi oppure di componenti muscolari necessarie affinché i robot assomiglino sempre di più a creature viventi”
In particolare – conclude Hiratsuka – un potenziale miglioramento della tecnica sviluppata sarebbe riuscire a trovare un modo per poter flettere in modo sempre più agile ed efficiente i muscoli artificiali. In alternativa – anziché la flessione – si potrebbe riprodurre un movimento oscillatorio naturale, come quello delle ciglia dei microbi o dei minuscoli muscoli degli insetti durante il volo.