In scenari fantascientifici, la fusione tra materia organica e tecnologia digitale quasi sempre prende forma umana… ve li ricordate l’uomo da sei milioni di dollari o Jaime Sommers (la donna bionica)? Roy Batty e Rachel, i replicanti di Blade Runner… o Terminator? Macchine… tutte spaventosamente umane!

Fantascienza. Ma non troppo…

La convergenza tra nanotecnologie, biotecnologie, neurotecnologie/scienze cognitive e scienze dell’informazione potrebbe, in meno di mezzo secolo, alterare il modo in cui pensiamo ai computer, ai dispositivi, ai dati e alle informazioni e, soprattutto, il modo in cui ci “relazioniamo” con le “macchine”.

Detta così può sembrare una evoluzione spaventosa, perché la mente ci porta a Roy Batty o Terminator, ma alcuni di questi progressi sono “con noi” da molti anni e hanno reso migliore la vita di moltissime persone.

Migliaia di persone in tutto il mondo hanno impianti cocleari, dispositivi impiantati chirurgicamente che fanno elettronicamente ciò che l’orecchio non può più fare naturalmente: trasformare le vibrazioni in segnali che il cervello interpreta come suono. Le protesi degli arti sono sempre più sofisticate e oggi la ricerca scientifica ha raggiunto risultati incredibili unendo scienza dei materiali, tecnologie informatiche, nanotecnologie e biotecnologie, al punto da far provare – a livello cerebrale – ad una persona la sensazione tattile quando tocca un oggetto… quando lo tocca con una protesi artificiale!

Abbiamo già avuto modo di dire quali sono i mattoncini di questo big BANG (Bits, Atoms, Neurons, Genes) [per rivedere il primo video del progetto di divulgazione lanciato insieme a Rudy Bandiera, vai alla pagina “Il nostro big BANG” – nda] concentriamoci su ciascuno di questi lego e iniziamo. Si parte dalla B di Bits.

B di Bits… B di biocomputing

Diverse discipline di ricerca, ciascuna di per sé un’area di conoscenza vasta e complessa, stanno guardando avanti, al giorno in cui raggiungeremo i limiti fisici dei computer attuali e dei loro componenti (come i chip in silicio).

Il silicio e altri semiconduttori iniziano a perdere proprietà chiave, come il controllo della temperatura, quando i componenti vengono miniaturizzati ma ciò di cui il mercato ha bisogno oggi sono proprio componenti nano da inserire in dispositivi di vario genere (comprese le protesi di cui abbiamo accennato).

Allo stato attuale della tecnica, i componenti più piccoli (transistor e diodi) realizzati su un chip di silicio hanno un diametro di circa sette nanometri (miliardesimi di metro). Questo è un millesimo del diametro di un globulo rosso. Incredibile…. eppure, più i componenti si restringono, più criticità come interferenze e dispersione di elettroni si presentano, causando non pochi problemi di affidabilità.

L’industria dei semiconduttori oggi utilizza silicio e ossido di silicio, materiali con ottime proprietà elettroniche. Per molto tempo sono stati utilizzati strati sempre più sottili di questi materiali per miniaturizzare i componenti elettronici. Ha funzionato bene per molto tempo, ma a un certo punto… si raggiunge un limite naturale.

E se da un lato la ricerca dei materiali ha già prodotto incredibili risultati con la scoperta del grafene e dei cosiddetti materiali 2D (che combinano eccellenti proprietà elettroniche con uno spessore minimo), le nuove frontiere del “mattoncino Bit” si stanno delineando su nuovi paradigmi di computing, in particolare quantum computing e biocomputing.

Il quantum computing sfrutta le leggi della fisica quantistica per eseguire calcoli complessi per problemi la cui risoluzione con un computer tradizionale risulterebbe impossibile o richiederebbe un tempo lunghissimo.

Il biocomputing, invece, si riferisce a sistemi di molecole di derivazione biologica, come DNA e proteine, utilizzati come tecnologie per eseguire calcoli computazionali (come l’elaborazione dei dati).

Il biocomputing è forse uno degli esempi più affascinanti di quella contaminazione e convergenza delle scienze verso il BANG. Lo sviluppo dei biocomputer è infatti reso possibile oggi dalla nuova scienza della nanobiotecnologia che, come avrete capito, integra le scienze dei materiali (ricerche nel campo della chimica, della biologia, della fisica e dell’ingegneria) con le scienze della nanotecnologia (tecnologie che utilizzano materiali su nanoscala) e della biotecnologia (tecnologie che utilizzano materiali a base biologica).

E dal biocomputing sono derivati anche i primi “robot di DNA”, oggetti artificiali che sono organismi viventi e programmabili, interamente costituiti da materiale biologico… materia vivente assemblata e programmata per lavorare in un determinato modo.

Detta così, ancora una volta, può sembrare una evoluzione spaventosa ma questi tipi di “robot” potrebbero risultare molto utili in medicina, per esempio per trasportare farmaci personalizzati e rilasciarli solo nelle cellule dove davvero servono senza causare danni ad organi o danneggiare cellule sane.

Certe evoluzioni spaventano. Nicoletta ed io crediamo sia giusto e doveroso parlarne, perché è dalla comprensione dei fenomeni che se ne possono comprendere gli impatti e agire responsabilmente per evitare conseguenze indesiderate.

Alla prossima… con la A di Atoms!

Dove seguire Rudy e trovare i video realizzati in collaborazione con Nicoletta

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Scritto da:

Nicoletta Boldrini

Futures & Foresight Director | Direttrice Responsabile Tech4Future Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin