Uno studio diretto dal Dipartimento dell'Energia USA sembra superare gli annosi ostacoli dati dalla complessa struttura fibrosa della biomassa cellulosica, che rende problematico destrutturarla per avere accesso al glucosio fermentabile, dal quale ricavare biocarburanti.

Le biotecnologie applicate alla produzione di bioenergia (o “energia sostenibile”) rimandano a quella branca del biotech dedita allo studio delle tecniche e delle metodologie atte a trasformare la biomassa in carburanti di natura biologica (biofuel), dove per “biomassa” si intende – secondo la definizione che ne dà il Parlamento europeo – «la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti, compresi i rifiuti industriali e urbani di origine biologica» [fonte: “Direttiva (UE) dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”].

L’Union Bioenergy Sustainability Report, reso pubblico dalla Commissione europea il 24 ottobre 2023, conferma che, all’interno dell’UE, ben il 59% del consumo di energia sostenibile è dato dalla bioenergia derivata dalla biomassa, confermando una tendenza già rilevata nell’arco di tempo tra il 2008 e il 2021, quando nell’Unione fu registrata una crescita complessiva del 33,5%. Lo stesso Report, inoltre, fa sapere che, già alla fine del 2021, nell’UE, quello dei biocarburanti solidi ricavati da residui di legno, rifiuti zootecnici e materiale vegetale, era il comparto trainante, con una fetta del 70,3% del più ampio mercato delle bioenergie.


Inserita tra le materie prime dei biocarburanti avanzati, la biomassa cellulosica, proprio per il fatto di essere ricavabile dai materiali vegetali di scarto, è universalmente ritenuta la risorsa biologica rinnovabile più economica, sostenibile e abbondante oggi disponibile.
Rinnovabile, abbondante e disponibile, la biomassa cellulosica è, tuttavia, di difficile scomposizione, tanto da rendere assai lento il processo biologico (idrolisi enzimatica) che conduce agli zuccheri in essa contenuti e, dunque, alla loro conversione in biocarburanti.
La soluzione avanzata dai ricercatori americani consiste in un sistema che permette di osservare in tempo reale l’azione dell’enzima nel momento stesso in cui degrada la cellulosa, per comprenderne tutti i meccanismi e velocizzarli. In uno scenario futuro, grazie al processo ottimizzato, l’obiettivo è arrivare a produrre sempre più energia sostenibile dalla biomassa cellulosica.

Biotecnologie per la bioenergia, la posizione dell’UE sui biocarburanti per i trasporti

Al di là, però, dei dati numerici contenuti nel Report citato, è doveroso precisare che, in merito – in particolare – alla produzione di biocarburanti destinati ai trasporti, la posizione dell’Unione Europea non è stata, negli anni, affatto lineare, scandita, di volta in volta, da strategie diverse, come viene evidenziato nella Relazione speciale della Corte dei Conti europea, resa pubblica a dicembre 2023,“Il sostegno dell’UE ai biocarburanti sostenibili nei trasporti. Una strada incerta”.

Sebbene vi sia unanimità, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, nel ritenere i biocarburanti «un’alternativa ai combustibili fossili, contribuendo così a ridurre le emissioni di gas serra prodotte dal settore trasporti», quello dei carburanti biologici «si contende le materie prime con altri comparti, specie con quello alimentare, ma anche con quello dei prodotti cosmetici e farmaceutici, delle bioplastiche e del riscaldamento. Ciò influenza la disponibilità e i prezzi di mercato di questi materiali e può anche suscitare questioni etiche riguardanti l’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti» si legge nel documento. Ma non solo:

«I biocarburanti potrebbero anche avere un impatto negativo su ambiente e clima. Ad esempio, i biocarburanti derivanti da materie prime prodotte in terreni coltivabili potrebbero incidere negativamente su biodiversità, suolo e acqua e, qualora queste colture richiedessero ulteriori terreni, si rischierebbe di non riuscire a ridurre le emissioni rispetto a quelle provenienti dall’uso dei combustibili fossili»

In sintesi, concludono i membri della Corte dei Conti, allo stato attuale, nell’UE, il futuro dei biocarburanti nei trasporti non appare limpido, ma caratterizzato da una serie di dubbi e di esitazioni che andranno sciolti, per lasciare il posto a scelte ponderate, sì, ma con prospettive a lungo termine.

Diverso, invece, il quadro a livello internazionale. Basti solo ricordare che, in occasione del G20, a Nuova Delhi, dal 9 al 10 settembre 2023, è stata annunciata The Global Biofuels Alliance (tra i membri, anche il World Economic Forum), il cui scopo è «incrementare, a livello globale, l’offerta e la domanda di biocarburanti, per accelerare la transizione verso l’obiettivo “zero emissioni”».

A Tale riguardo, l’International Energy Agency (IEA) stima, entro il 2030, il triplicare della produzione mondiale di biocarburanti in ogni settore, con USA, Brasile e Singapore in testa [fonte: “IEA shares recommendations for the Global Biofuel Alliance at G20 Energy Transitions Ministerial Meeting” – International Energy Agency].

Dalla biomassa cellulosica, biocarburanti che non si contendono le materie prime con altri settori

Come definito dalla già citata Direttiva UE dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, sono essenzialmente tre le categorie di biocarburanti, classificati a seconda della materia prima o della tecnologia impiegata: il biodiesel – ricavato da olio di colza, di girasole, di palma e di soia – e il bioetanolo, da mais, frumento, barbabietola da zucchero, orzo e segale; i biocarburanti cosiddetti “avanzati”, ottenuti da rifiuti e residui tra cui alghe, rifiuti urbani, materie cellulosiche di origine non alimentare o materie lignocellulosiche; i biocarburanti derivanti – per mezzo di tecnologie mature – da rifiuti e residui come oli da cucina, grassi animali non adatti ad alimenti e mangimi per animali.

Relativamente ai biocarburanti “avanzati” originati da rifiuti e residui, la ricerca in materia di biotecnologie per la bioenergia, nell’ultimo decennio, si è focalizzata, in particolare, sulla strategicità della biomassa cellulosica [fonte: “Biofuels and Industrial Biotechnology” – International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology].

Già nel 2015, una pubblicazione su ScienceDirect – “New Paradigms for Engineering Plant Cell Wall Degrading Enzymes” – a cura del Weizmann Institute of Science, in Israele, e del Biosciences Center del National Renewable Energy Laboratory, nel Colorado (USA), definiva la biomassa cellulosica come «la risorsa biologica naturale rinnovabile più abbondante disponibile sulla Terra», proprio perché presente in quei materiali vegetali di scarto (erbe, rifiuti agricoli, trucioli di legno), il cui utilizzo non va a ledere né il settore alimentare (sottraendo terreni alle coltivazioni), né quello energetico, e non implica questioni di tipo etico, specie in riferimento ai Paesi più fragili dal punto di vista socio-economico.

Biotecnologie per la bioenergia: criticità nell’accedere agli zuccheri contenuti nella cellulosa

In tema di biotecnologie per la bioenergia, gli autori della pubblicazione su ScienceDirect, nove anni fa, osservavano come la biomassa cellulosica sia estremamente difficile da degradare, agendo come una sorta di barriera protettiva naturale nei confronti del materiale vegetale che riveste:

«Gli sforzi della ricerca finora hanno esaminato il variegato insieme di strategie microbiche per capire come queste riescano a ottenere l’accesso ai preziosi zuccheri contenuti nella biomassa cellulosica, al fine di sopravvivere e di prosperare nel loro ambiente. Sono stati identificati vari paradigmi di enzimi cellulolitici, che includono i sistemi enzimatici liberi, il cellulosoma, gli enzimi multifunzionali e gli enzimi associati alla parete cellulare»

Sull’argomento, è di recente intervenuto anche un team di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory, in seno al Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, a Berkeley, e del dipartimento di Biological and Agricultural Engineering dell’Università della California – Davis, in “Spatiotemporal dynamics of cellulose during enzymatic hydrolysis studied by infrared spectromicroscopy”, lavoro apparso sul primo numero del 2024 della rivista Green Chemistry.

«La cellulosa è quel tessuto resistente che costituisce gran parte dei corpi vegetali erbacei e legnosi. È una fonte sostenibile assai ricca di glucosio fermentabile dal quale ricavare biocarburanti, ma è non è semplice scomporla nei suoi zuccheri compositi»

ribadisce il gruppo di studio. Le lunghe catene di glucosio di cui si compone – prosegue – sono intrecciate tra loro, dando origine a complesse strutture simili a “corde” chiamate “fibrille”.

L’ipotesi da sempre sostenuta dai biotecnologi è che tali strutture siano la ragione per cui gli enzimi finora messi a punto per degradare la cellulosa sono così lenti nel loro processo, in quanto le fibrille agiscono da ostacoli, da “muro” che blocca l’accesso agli zuccheri che vi sono racchiusi. Quali strategie è possibile adottare, oggi, per rendere più rapido ed efficiente il processo?

Osservazione diretta e in tempo reale del processo di idrolisi enzimatica

In tema di biotecnologie per la produzione di bioenergia sfruttando la biomassa cellulosica, il team si è avvalso di una tecnica sviluppata presso il Berkeley Synchrotron Infrared Structural Biology (BSISB) Imaging Program (che studia organismi e biomateriali in dimensioni spaziali microscopiche), in grado di coniugare l’impiego di un dispositivo microfluidico e la spettroscopia a infrarossi per osservare in tempo reale come funziona l’enzima nel momento stesso in cui degrada la cellulosa.

Il processo in questione viene chiamato “idrolisi enzimatica” e, in questo caso specifico, fa riferimento al processo biologico che destruttura la biomassa cellulosica per arrivare agli zuccheri in essa racchiusi, a loro volta fermentabili in biocarburanti [fonte: “Promoting enzymatic hydrolysis of lignocellulosic biomass by inexpensive soy protein” – Biotechnology for Biofuels and Bioproducts].

L’intento è comprendere esattamente che cosa accade durante questo processo (e, nl caso, intervnire) – spiegano gli autori – raccogliendo, nel dettaglio, «informazioni su come cambia la struttura atomica della cellulosa mentre l’enzima la scompone». E aggiungono:

«Il sistema è costituito da un piccolo dispositivo a forma di disco con, all’interno, una minima quantità di fluido contenente cellulosa proveniente da alghe verdi e un’esigua quantità di un enzima derivato da un fungo. Il dispositivo scuote i due fluidi insieme, consentendo l’inizio della reazione, nel percorso di un potente raggio di luce infrarossa generato dall’Advanced Light Source del Berkeley Lab, che consente istantanee precise e in tempo reale del campione dei fluidi»

I rilevatori posti accanto al dispositivo misurano, a diversi intervalli di tempo, il modo in cui la luce viene assorbita dai fluidi combinati, quando questi si trovano lungo la direzione del raggio: i cambiamenti nelle caratteristiche spettrali indicheranno modifiche nei legami chimici o all’interno delle molecole stesse.

Glimpses of Futures

In tema di biotecnologie per la bioenergia, l’approccio illustrato, oltre a prestarsi all’applicazione nell’ambito di altri filoni di studi del biotech (ad esempio, sulle sostanze organiche presenti nel suolo, nei tessuti vegetali e animali, in particolare per questioni di biosicurezza), ha il merito di consentire ai ricercatori l’osservazione e il controllo diretti dell’ “ambiente” del campione di biomassa cellulosica durante la sua degradazione biologica.

Che cosa significa questo, nel concreto? Comprendere appieno l’intero processo di idrolisi enzimatica della cellulosa, studiarlo da vicino per coglierne eventuali criticità, ottimizzarlo, renderlo più agile, in un percorso sempre più rapido verso gli zuccheri che essa contiene e, in ultima analisi, verso la conversione di questi ultimi in biocarburanti.

Il traguardo è questo: arrivare a produrre sempre più energia sostenibile dalla biomassa cellulosica – più economica, abbondante e disponibile rispetto ad altre tipologie di biomassa – grazie al superamento delle annose problematiche dovute alla complessità della sua struttura, che non facilita l’accesso agli zuccheri in essa imprigionati.

Con l’obiettivo di anticipare possibili scenari futuri, proviamo a delineare – ricorrendo alla matrice STEPS – gli impatti che l’evoluzione della tecnica messa a punto per studiare in situ la destrutturazione della massa cellulosica dei materiali vegetali di scarto, ha su più fronti.

S – SOCIAL: più biocarburanti avanzati, ovvero prodotti da rifiuti e residui come la cellulosa dei materiali vegetali di scarto, significa meno biocarburanti ottenuti da materiali vegetali destinati al settore alimentare, col risultato di ridurre, in futuro – quando la produzione mondiale di carburanti biologici sarà doppia e tripla, per aderire completamente alle politiche di decarbonizzazione globale – l’impatto negativo del biodiesel e del bioetanolo sull’agricoltura, in particolar modo nelle aree più povere.

T – TECHNOLOGICAL: a tendere, la tecnica basata sul connubio tra dispositivo microfluidico e spettroscopia a infrarossi, per osservare in tempo reale il funzionamento dell’idrolisi enzimatica della cellulosa, potrebbe incrociarsi con le tecniche di intelligenza artificiale e, più nello specifico, con la visione artificiale, per un’analisi complessa e puntuale dei cambiamenti che si verificano durante il processo biologico, andando a sostituire gli attuali rilevatori attualmente previsti accanto al dispositivo.

E – ECONOMIC: in uno scenario futuro, in cui un importante aumento della produzione di bioenergia da biomassa cellulosica potrebbe divenire realtà, in virtù dell’abbondanza e della disponibilità di questa biomassa rispetto ad altre e dell’evoluzione della tecnica per l’accesso più rapido ai suoi zuccheri, occorrerà prevedere la creazione di nuovi posti di lavoro, con figure deputate alla raccolta e al trasporto di quei rifiuti e residui specificatamente destinati alla trasformazione in biocarburanti.

P – POLITICAL: considerando la specifica realtà nell’Unione Europea, il Parlamento dovrà, in futuro, delineare un più chiaro (e definitivo) quadro giuridico che, in generale, disciplini la produzione e l’impiego di tutti i biocarburanti (quindi anche dei biocarburanti avanzati) in ogni settore, compreso quello dei trasporti – finora privo di strategie a lungo termine – data anche la scadenza, nel 2035, che segnerà lo stop dei veicoli a benzina e diesel in tutta l’UE.

S – SUSTAINABILITY: definita da sempre la risorsa biologica naturale rinnovabile più abbondante oggi disponibile, la biomassa cellulosica consente la produzione di bioenergia in modo sostenibile, continuo e senza esaurire le risorse del pianeta. L’evoluzione delle tecniche biotech che ottimizzano l’accesso agli zuccheri che essa ingloba, avrebbero, in futuro, un impatto profondamente positivo sotto il profilo della sostenibilità ambientale, nonché sociale.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin