Un'alga unicellulare viene sottoposta a chirurgia genomica per rimuovere parti non essenziali del suo DNA, rendendola così una fabbrica cellulare più efficiente e potente nella produzione di biocarburanti.

TAKEAWAY

  • A differenza dei carburanti tradizionali, che provengono dai combustibili fossili, i biocarburanti sono ottenuti dalle biomasse, ossia da organismi animali o vegetali, tra cui figurano grano, mais, canna da zucchero, olio di palma e microalghe.
  • Grazie alla presenza di clorofilla – e tramite la radiazione solare, l’anidride carbonica presente nell’aria e i nutrienti contenuti negli habitat acquatici – le microalghe sono in grado di produrre lipidi, proteine e carboidrati, da cui è possibile ottenere biocombustibili.
  • L’Accademia Cinese delle Scienze, a Pechino, ha condotto uno studio sulla modificazione genetica dell’alga unicellulare Nannochloropsis, il cui genoma è stato privato di centinaia di acidi nucleici allo scopo di rendere l’organismo più efficiente, più potente nella produzione di biocarburanti.

Ricavare biocarburanti dalle microalghe: a partire dall’ultimo decennio, questo tema è sotto i riflettori di Università, centri di ricerca e industrie di tutto il mondo, nonché oggetto di una serie di progetti sperimentali per testarne le potenzialità nel settore dei combustibili.

A differenza dei carburanti tradizionali, che provengono dai combustibili fossili, i biocarburanti – lo ricordiamo – sono ottenuti dalle biomasse, vale a dire da organismi animali o vegetali. Tra questi ultimi, ne sono un esempio il grano, il mais, la canna da zucchero e l’olio di palma, solo per citarne alcuni.

La strategia energetica dell’UE impone una trasformazione sostanziale del sistema energetico europeo, che possa poggiare su basse emissioni di anidride carbonica, sull’impegno, entro il 2030, di almeno il 27% di quota di energie rinnovabili e sul 40% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto alle emissioni nel 1990. E, in questo contesto, l’UE ha fissato un limite del 7% al consumo finale di biocarburanti prodotti da colture agricole, a favore di biocarburanti prodotti da materiali non alimentari, comprese le alghe.

Le alghe – fanno notare gli scienziati – offrono diversi vantaggi rispetto alle colture agricole terrestri, tra cui una migliore efficienza fotosintetica, maggiore resa in olio, crescita su terreni non fertili, tolleranza a una varietà di fonti d’acqua e maggiore potenziale di riutilizzo di CO2.

Dalle alghe si ricavano olio, combustibili bio e miscele di gasolio. Ma non stiamo parlando di alghe qualsiasi, né di macroalghe, bensì di un gruppo di microrganismi conosciuti come “microalghe” che, mediante la fotosintesi, crescono rapidamente nelle condizioni ambientali più disparate.

Grazie alla presenza di clorofilla – e tramite la radiazione solare, l’anidride carbonica presente nell’aria e i nutrienti contenuti negli habitat acquatici – le microalghe producono lipidi, proteine e carboidrati, da cui è possibile ottenere biocombustibili, oltre, poi, ad alimenti, mangimi, prodotti farmaceutici e bioplastiche.

Biocarburanti dalle microalghe: il progetto Europeo MacroFuels

In tema di biocarburanti dalle microalghe, in Europa è in essere uno sfidante progetto di ricerca chiamato MacroFuels – finanziato nell’ambito dal programma Horizon 2020 dell’Unione Europea – portato avanti dagli scienziati del laboratorio di Petten, in Olanda, i quali stanno studiando come convertire gli zuccheri delle microalghe marine in carburanti. Ma non solo.

La ricerca punta ad aumentare l’approvvigionamento di biomassa sviluppando un programma di colture rotanti per la coltivazione di alghe. E a migliorare il pretrattamento e lo stoccaggio delle alghe per produrre zuccheri fermentescibili e convertibili a concentrazioni economicamente rilevanti (tra il 10 e il 30%). Insomma, l’obiettivo ultimo è portare la produzione di biocarburanti dalle microalghe a livelli industriali.

Dopo anni di ricerca, il team ha sviluppato un carburante a base di alghe marine, recentemente testato con successo in un motore di prova di un’automobile. Osserva Jaap van Hal, tra gli autori dello studio, in una notizia pubblicata sulla rivista Dutch News:

Abbiamo cercato di capire se il carburante a base di alghe marine possa funzionare come un normale carburante e qual è il suo effetto sul motore. In futuro, questo biocarburante potrebbe essere utilizzato per automobili private, ma si rivela interessante anche per i settori dell’aviazione e della navigazione. Ma ci vorrà ancora del tempo affinché diventi competitivo su larga scala. Quando? Se proseguono con successo tutte le fasi di test, entro il 2050

La chirurgia genomica delle microalghe Nannochloropsisa al centro dello studio dell’Accademia Cinese delle Scienze

Ci spostiamo dal progetto europeo a una sofisticata ricerca che – in materia di biocarburanti dalle microalghe – coinvolge addirittura tecniche di ingegneria genetica.

Siamo in Cina, dove il Qingdao Institute of BioEnergy and Bioprocess Technology (QIBEBT) dell’Accademia Cinese delle Scienze, a Pechino, ha condotto uno studio – pubblicato su The Plant Journal il 14 marzo 2021 – sulla modificazione genetica dell’alga unicellulare Nannochloropsis, il cui genoma è stato privato di centinaia di acidi nucleici allo scopo di rendere l’organismo più efficiente, più potente nella produzione di lipidi, proteine e carboidrati dai quali poi ricavare biocarburanti. Ma andiamo con ordine.

Le Nannochloropsis sono alghe unicellulari dall’elevato potenziale nella produzione di biomolecole dalle quali ottenere biocarburanti. Ma, per rendere concreto tale potenziale, per rendere più produttivi questi microrganismi – fanno notare gli scienziati – è necessario intervenire geneticamente.

E il team cinese lo ha fatto in un modo particolare, eliminando quei geni “non essenziali” al buon funzionamento dell’organismo, con l’obiettivo di creare una Nannochloropsis ridotta al minimo, ma dalla massima efficienza.

Il risultato è una microalga a “genoma minimo”, ossia col genoma privato di tutti i “geni spazzatura“, espressione che, in genetica, fa riferimento a regioni del DNA non codificanti, vale a dire a regioni che non vengono trascritte in proteine, né vengono utilizzate per produrre molecole di RNA e la cui funzione non è nota.

Il gruppo di studio ha dapprima identificato quelle regioni cromosomiche non essenziali della mcroalga, quelle i cui geni sono raramente espressi. In particolare, sono state identificate dieci “regioni a bassa espressione” all’interno del genoma e, attraverso il sistema CRISPR Cas9, sono state eliminate due delle più grandi di queste aree, corrispondenti a oltre duecento acidi nucleici.

biocarburanti dalle microalghe
Illustrazione del taglio – mediante il sistema CRISPR Cas9 – di regioni all’interno del genoma della microalga Nannochloropsis (Credit: LIU Yang, del Qingdao Institute of BioEnergy and Bioprocess Technology dell’Accademia Cinese delle Scienze).

Ricordiamo che il sistema CRISPR, basato sull’impiego della proteina Cas9, è in grado di tagliare con precisione il DNA all’interno del genoma di una cellula animale, umana o vegetale: il taglio viene eseguito in un punto specifico grazie all’utilizzo di una “guida”, ossia di una breve sequenza di RNA complementare al segmento del gene in questione, e permette di eliminare intere sequenze di DNA.

Il genoma della Nannochloropsis così tagliato funge da ceppo per la produzione personalizzata di biomolecole. Spiega Wang Qintao, del Single-Cell Center (SCC) del QIBEBT e tra gli autori dello studio sulla produzione di biocarburanti dalle microalghe:

Nonostante il genoma ridotto al minimo, le microalghe trattate presentano una crescita, con contenuto lipidico, livelli di saturazione degli acidi grassi, fotosintesi e produttività della biomassa superiori rispetto all’organismo in natura

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin