Al Festival della Scienza di Genova si è affrontato il tema della divulgazione-tecnico scientifica nei mondi virtuali del metaverso. Per approfondire il rapporto tra le tecnologie interattive e immersive e i contenuti di carattere scientifico, abbiamo incontrato Luca Roncella, responsabile Gaming & Digital Interactivity al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, tra le principali istituzioni sul tema in Europa.
La divulgazione scientifica è una vera e propria arte, capace di combinare i risultati della ricerca e la capacità di saperli comunicare a un pubblico indifferenziato, rendendo interessanti e semplici da comprendere al pubblico indifferenziato una serie di concetti e contenuti all’origine spesso anche molto complessi. Il tema è stato discusso nel contesto del Festival della Scienza 2022, tenutosi come da tradizione a Genova (20 ottobre – 1° novembre 2022), dove ha avuto luogo l’incontro “Parlare di scienza in mondi virtuali”, dal cui programma emergono gli aspetti cruciali legati all’impiego delle tecnologie e delle metodologie derivanti dall’industria dei videogiochi: «La divulgazione scientifica richiede l’adozione di linguaggi diversi, in grado di avvicinare un pubblico eterogeneo, conquistandone l’attenzione, motivandolo a esplorare concetti e teorie, e spingendolo a partecipare attivamente, mettendo alla prova le proprie conoscenze. […] modi di comunicare coinvolgenti e interattivi – come quelli tipici dei videogiochi – che stanno diventando uno strumento sempre più utile per la comunicazione scientifica, in particolare in ambito museale: un viaggio tra simulazioni, serious game, gamification e possibili metaversi per capire come si comunica la scienza nei mondi virtuali».
Per approfondire questi concetti abbiamo incontrato Luca Roncella, responsabile Gaming & Digital Interactivity al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, tra le principali istituzioni sul tema in Europa.
Quando si è iniziato a utilizzare strumenti interattivi oltre al tradizionale allestimento museale, la cui configurazione è notoriamente statica?
Nel caso del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, questa qualità è presente sin dalle origini. Già nel 1953, anno di fondazione, ritrovavamo sia la classica configurazione del museo tradizionale che la volontà di esplorare nuove modalità di fruizione dei contenuti scientifici, grazie ai primi laboratori didattici interattivi. Era già presente un approccio all’educazione di natura learning by doing, in cui si cercava di fare apprendere la scienza attraverso l’esperienza diretta dell’interazione, se pur attraverso strumenti e modalità non paragonabili con quelle che le tecnologie attuali ci consentono di operare.
Come nasce questo approccio nativamente votato all’innovazione nei confronti della divulgazione scientifica?
Nasce dal cercare di ideare esperienze sempre più coinvolgenti per il pubblico, senza la paura di sperimentare continuamente tecnologie embrionali, ancora poco note o poco diffuse a livello mainstream. Chi ci ha preceduti negli scorsi decenni ha intrapreso un percorso che in realtà prosegue tuttora.
Sperimentiamo continuamente nuove soluzioni, in modo che quando le tecnologie saranno pronte potremo immediatamente implementarle in maniera permanente. Con questo spirito, nel 1997 il Museo della Scienza è diventato la prima istituzione di questo genere in Italia ad attivare un sito Internet, con tanto di personale dedicato alla sua implementazione e un ufficio interamente dedicato al digitale. Da allora non ci siamo più fermati e abbiamo cercato di aumentare gli investimenti in questo settore per garantire al pubblico la miglior esperienza di visita possibile.
Come entra il digitale nelle tradizionali sale di un museo?
Cercando di coinvolgere il pubblico in maniera più profonda, facendo letteralmente toccare con mano gli argomenti divulgati. È dimostrato che l’attenzione di un visitatore nei confronti di un exhibit possa variare mediamente dai cinque ai dieci minuti. Si tratta di un lasso di tempo decisamente breve, a fronte della complessità e della varietà dei temi che vengono puntualmente trattati.
Sintetizzare in un touchpoint digitale interattivo i contenuti che tradizionalmente venivano allestiti fisicamente, consente di dematerializzare le collezioni non essenziali per la fruizione fisica, ottimizzando la gestione deli spazi espositivi, e al tempo stesso di offrire al visitatore tutto il supporto didascalico di cui necessita, consentendogli la possibilità di scegliere in prima persona gli aspetti che intende approfondire, nei tempi di cui dispone.
Come viene gestita la complessità nell’esperienza digitale?
Grazie alla capacità di scomporre in molteplici layer informativi quei contenuti che l’esperienza tradizionale renderebbe molto complesso e dispendioso raccontare, rischiando di risultare limitante nei confronti del visitatore. Questa complessità viene scomposta e resa fruibile attraverso interfacce intuitive che guidano il percorso di visitarendendolo molto più efficiente e coinvolgente.
Il digitale introduce tuttavia nuovi elementi di complessità, che presuppongono la conoscenza dettagliata delle tecnologie abilitanti, al fine di evitare di utilizzarle per quelle che sono le loro effettive peculiarità, risolvendo in maniera puntuale le esigenze legate alla divulgazione scientifica. Si tratta di un incessante percorso di ricerca e sperimentazione, che ti porta di volta in volta a scegliere le tecnologie più idonee in funzione del budget disponibile.
Le esperienze interattive del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci sono tutte produzioni originali?
In realtà adattiamo anche soluzioni commerciali, come i documentari interattivi presenti nei più diffusi marketplace VR. In passato abbiamo, ad esempio, allestito una zona in collaborazione con Sony, con postazioni PSVR attraverso cui il pubblico ha potuto provare esperienze come Everest VR, Titanic VR e altri titoli regolarmente disponibili sul PS Store.
Chiunque potrebbe acquistare e godere di tali esperienze sulla propria PS4 o PS5, ma il Museo Scienza offre un valore aggiunto, dato dall’approccio scientifico nella fruizione di tali contenuti, che vengono adeguatamente selezionati e valutati dai curatori, che devono accertarsi che siano assolutamente attendibili e veritieri dal punto di vista storico-scientifico.
In tema di divulgazione scientifica e mondi virtuali, le visite solitamente vengono predisposte per un numero ristretto di partecipanti, personalmente seguiti dagli educatori scientifici del museo. La realtà virtuale in questo caso è uno strumento che ci aiuta a divulgare meglio i temi che intendiamo trattare, certamente non il fine dell’esperienza. È la ragione per cui crediamo che la visita in presenza sia tuttora indispensabile per garantire un autentico valore aggiunto, soprattutto per quanto concerne gli aspetti educativi. Non credo che in futuro punteremo su esperienze interamente digitali. Sarà sicuramente sempre più forte la sinergia tra il digitale e la visita in presenza.
Il digitale non sarebbe, quindi, quella panacea che molti prospettano per la fruizione dei contenuti culturali?
La questione non è di semplice soluzione. Il digitale stesso, al momento, non è slegato dalla sua natura fisica al punto da poterlo considerare come un’entità puramente virtuale. Vi è un evidente problema di durabilità del dato.
Quanto dura il digitale? Viviamo attualmente un periodo in cui iniziano a presentarsi sempre più frequentemente problemi di supporti fuori produzione e di conservazione dei dati su tecnologie obsolete. Il mercato hardware e software varia molto rapidamente, per cui non è possibile pensare di archiviare un dato digitale senza porsi determinate problematiche.
Oggi dobbiamo affrontare il porting della prima generazione del digitale. Domani si presenteranno altre necessità, alcune del tutto imprevedibili, e via dicendo. Per cui il digitale in sé non può essere considerato come un punto di arrivo. È una grande opportunità che deve essere utilizzata in maniera consapevole.
A che punto è oggi l’esperienza digitale nei musei?
Per rispondere a questa domanda occorrono dati oggettivi e specifiche ricerche in merito. A tal proposito vorrei citare l’esperienza “Serious Gaming e Realtà Virtuale al Museo: L’impatto delle tecnologie digitali sui visitatori del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci”, una ricerca svolta con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, grazie al coordinamento del professor Pietro Guardini.
Attraverso tre serious games interattivi, è stato implementato un survey atto a documentare il livello di conoscenza prima dell’esperienza e di apprendimento dopo aver conseguito la stessa, con un ulteriore momento di inchiesta effettuato alcune settimane dopo la visita. Abbiamo utilizzato vari metodi, che vanno dal questionario classico al rilevamento oggettivo tramite i device VR, secondo le disposizioni della HCI (Human Computer Interaction).
L’obiettivo della ricerca era la valutazione dell’apprendimento informale di concetti scientifici e culturali grazie all’interazione spontanea con le installazioni interattive. Un contesto pertanto decisamente differente rispetto all’apprendimento formale e volontario del museo tradizionale. Le tecnologie immersive consentono al visitatore un livello di coinvolgimento e un trasporto emotivo decisamente superiore.
Con il gruppo di ricerca del professor Guardini abbiamo voluto dare una risposta a tre domande riguardanti l’esperienza interattiva e immersiva: cosa fanno i visitatori? Cosa ne pensano? A cosa servono tali esperienze?
Perché le tecnologie 3D utilizzate per la produzione dei videogiochi si stanno rivelando decisive anche nel contesto della divulgazione scientifica?
Sono tecnologie nativamente predisposte all’interattività e al coinvolgimento in multiplayer, ossia gli stessi requisiti esperienziali di cui necessita anche un exhibit multimediale previsto da un percorso museale. In materia di divulgazione scientifica e mondi virtuali, il serious game della divulgazione scientifica è prodotto con gli stessi software 3D e gli stessi motori real time utilizzati dall’industria del gaming ormai da moltissimi anni.
Certo, non tutte le tecnologie gaming sono adatte alla fruizione in un museo, soprattutto se interessato da numeri di affluenza importanti. Mi riferisco alle tecnologie come Kinect, che offrono ottime funzionalità di tracciamento, ma non possono essere lasciate a libera disposizione del pubblico. Anche in questo caso occorre conoscere e sperimentare molto, per individuare le soluzioni migliori.
Realtà virtuale, realtà mista e realtà aumentata: le tre tecnologie immersive per eccellenza. Come le avete implementate nella divulgazione scientifica?
In tema di divulgazione scientifica e mondi virtuali, nel caso specifico della realtà virtuale, proponiamo produzioni originali o adattamenti di produzioni mainstream sotto l’attenta curatela dei nostri specialisti, con un gruppo di educatori scientifici che segue puntualmente il pubblico in ciascuna fase della visita. Proponiamo esperienze in VR a partire dal 2014, quand’è stato rilasciato il primo devkit di Oculus Rift. Sembra passata un’eternità, eppure non sono nemmeno trascorsi dieci anni.
Tra le esperienze più significative in VR abbiamo proposto una visita in guida autonoma in una città del futuro, per valutare i feedback dei visitatori stessi nel rapporto con le nuove tecnologie, nella valutazione degli impatti che possono avere nelle visioni di futuro. È un progetto in collaborazione con la Commissione Europea che mira a indagare gli aspetti percettivi delle persone in merito alle tecnologie emergenti, ponendosi tra i vari obiettivi quello di farle provare direttamente mediante opportuni exhibit.
Nell’ambito della medesima iniziativa, con la Commissione Europea abbiamo sviluppato un progetto divulgativo sull’etica dell’intelligenza artificiale, attraverso il racconto di tecnologie che non esistono. È stato inscenato un tribunale in cui vari “imputati” raccontano il loro punto di vista sulle tecnologie emergenti.
Questa esperienza interattiva ha consentito di raccogliere gli alberi decisionali e valutare la percezione delle persone in merito ai temi di carattere etico che ci interesseranno sempre più da vicino. Oltre a predire e valutare gli impatti delle tecnologie emergenti negli scenari futuri, l’iniziativa ha voluto descrivere come l’AI sia già oggi molto diffusa nelle applicazioni quotidiane, spesso in maniera del tutto inconsapevole per l’utente finale.
Veniamo infine alla realtà aumentata che, grazie alla possibilità di utilizzare i device mobile, vanta attualmente un buon livello di diffusione rispetto alle tecnologie immersive che richiedono un hardware dedicato.
In tema di divulgazione scientifica e mondi virtuali, vorrei citare due esperienze di rilievo. La prima a supporto di un racconto sul trasporto ferroviario. Un progetto multimediale molto completo che vede un modulo in realtà aumentata per descrivere e far vivere in prima persona l’esperienza all’interno di un vagone ristorante dell’Ottocento, luogo di ritrovo dell’alta società del tempo.Il contenuto si “aggiunge” alla locomotiva fisicamente presente all’interno del padiglione ferroviario del Museo Scienza ed è stato filologicamente ricostruito in 3D grazie all’archivio fotografico e documentale.
La seconda esperienza che vorrei citare è il progetto artistico La Visione di Leonardo che, attraverso un’app mobile, consente di visualizzare otto opere originali, realizzate da altrettanti artisti, in alcuni dei luoghi più significativi della vita milanese di Leonardo da Vinci.
Le otto installazioni digitali, attraverso le loro animazioni in 3D, propongono una serie di visioni che caratterizzano una sorta di estensione nella città dell’esperienza museale tradizionale. Le installazioni in realtà aumentata sono sempre disponibili, per chiunque scarichi la app ImaginAR. Gli autori delle opere sono stati selezionati attraverso una call pubblica.
La realtà aumentata è un medium molto promettente, ma anche in questo caso le criticità non mancano, soprattutto in relazione al fatto che non tutti i device risultano essere compatibili con alcune tecnologie utilizzate per sviluppare le applicazioni. Se l’intento è quello di democratizzare la divulgazione della scienza attraverso l’impiego di dispositivi comuni, bisogna quindi prestare molta attenzione agli aspetti di compatibilità tecnologica, oltre al design dell’esperienza stessa.
Quali sono i progetti futuri che vedranno l’implementazione delle tecnologie 3D interattive e immersive nelle iniziative del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci?
Abbiamo diverse iniziative in itinere, sia dal punto di vista degli eventi culturali che per quanto riguarda le installazioni presso le sale del museo, dove sicuramente apriremo una nuova VR Zone, su cui stiamo attualmente lavorando. L’obiettivo è quello di riuscire a fare sempre più divulgazione scientifica avvalendoci delle straordinarie potenzialità che i mondi virtuali ci mettono a disposizione, soprattutto cercando di crescere insieme alla tecnologia stessa.