Quali sono i benefici derivanti dall’adozione di sistemi AI all’interno delle organizzazioni? Il sondaggio condotto lo scorso giugno da McKinsey su un campione di 2.395 aziende indaga su tale questione e delinea un quadro che tiene conto anche dei rischi legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dell’impatto che la pandemia ha avuto sugli investimenti in nuove tecnologie.

TAKEAWAY

  • L’indagine condotta da McKinsey a livello globale, dal titolo “The state of AI in 2020”, ha raccolto risposte da parte di 2.395 partecipanti sull’adozione di tecnologie e sistemi di intelligenza artificiale all’interno delle aziende.
  • Quello che è emerso è che le organizzazioni che utilizzano, al proprio interno, l’intelligenza artificiale, la considerano uno strumento per generare valore. E sempre più spesso, quel valore coincide col fatturato.
  • Tra queste organizzazioni, un gruppo appartenente a settori diversi, attribuisce all’AI oltre il 22% del proprio fatturato. Ma non solo. I loro dirigenti, in risposta alla pandemia da Covid, prevedono, nei mesi a venire, di investire ancora di più nell’artificial intelligence.

Intelligenza artificiale nelle aziende: quante sono, ad oggi, le organizzazioni che adottano tecnologie e sistemi AI al proprio interno, incorporandole nei processi e nelle operatività? E quali benefici ne ricavano?

L’indagine condotta da McKinsey a livello globale, dal titolo “The state of AI in 2020”, realizzata lo scorso giugno attraverso questionari online, ha raccolto risposte da parte di 2.395 partecipanti, rappresentativi di un ampio ventaglio di settori, di tipologie di imprese, di funzioni e incarichi aziendali.

Di questi intervistati, ben 1.151 – vale a dire quasi la metà – hanno affermato di avere adottato, all’interno delle proprie organizzazioni, tecnologie e sistemi di intelligenza artificiale in almeno una delle funzioni aziendali.

È su questo folto gruppo che si è concentrato il lavoro degli analisti di McKinsey, approfondendo le tematiche anche mediante una serie di interviste ai dirigenti. Quello che è emerso è che le organizzazioni che utilizzano, al proprio interno, l’intelligenza artificiale, la considerano uno strumento per generare valore. E sempre più spesso, quel valore coincide col fatturato.

Tra queste organizzazioni, un gruppo appartenente a settori diversi attribuisce all’AI oltre il 22% del proprio fatturato. Ma non solo. I loro dirigenti, in risposta alla pandemia da Covid, prevedono, nei mesi a venire, di investire ancora di più nell’artificial intelligence.

Il che potrebbe creare un divario ancora più ampio tra queste aziende e la maggior parte di quelle che ancora faticano a trarre vantaggio dalla tecnologia. Ma entriamo, ora, nel dettaglio dell’analisi.

Intelligenza artificiale nelle aziende: la correlazione tra adozione di tecnologie AI, aumento dei profitti e riduzione dei costi

Dal Report che vede al centro l’intelligenza artificiale nelle aziende, emerge che sono gli intervistati appartenenti ai settori Hi-tech e Telecomunicazione i più propensi ad adottare l’intelligenza artificiale nelle proprie organizzazioni, con il settore Automobilistico e il settore Assemblaggio in seconda posizione.

Relativamente alle funzioni aziendali in cui i sistemi AI trovano maggiore espressione, il quadro rimane sostanzialmente invariato rispetto al sondaggio del 2019 con, ai primi posti:

  • Service Operations
  • Product Development
  • Marketing & Sales

All’interno di queste funzioni, la maggior parte degli intervistati segnala una correlazione tra utilizzo di tecnologie AI e aumenti dei profitti, grazie all’ottimizzazione di scorte e ricambi, a prezzi e promozioni, ad analisi predittive e a puntuali previsioni relative alla domanda e all’offerta.

C’è, però, un’altra correlazione. E riguarda l’adozione di tecnologie AI e, parallelamente, la riduzione dei costi aziendali, in particolare in seguito all’ottimizzazione della gestione dei talenti, all’automazione del contact center e all’automazione del magazzino.

E se nel sondaggio realizzato da McKinsey nel 2019 sull’intelligenza artificiale nelle aziende, il 22% degli intervistati affermava che, oltre il 5% degli utili a livello aziendale era attribuibile all’utilizzo di sistemi AI (con il 48% che, invece, indicava meno del 5%), l’indagine del 2020 rileva una quota maggiore di intervistati segnalare un più elevato aumento dei profitti conseguente all’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

In particolare, l’edizione 2020 della survey contiene una domanda specifica, ovvero l’adozione, in azienda, del deep learning (o “apprendimento profondo”), ambito di ricerca del machine learning (o “apprendimento automatico”) e dell’intelligenza artificiale basato su diversi livelli di rappresentazione: ebbene, soltanto il 16% degli intervistati afferma di essere andato oltre la fase pilota, approfondendo la materia.

E ancora una volta, a essere in testa, sono le società High-tech e di Telecomunicazione, con il 30% degli intervistati che conferma l’incorporazione, nelle proprie aziende, di sistemi il deep learning.

Profilo delle organizzazioni che vedono nell’artificial intelligence una leva del business

In base ai dati emersi dalla survey sull’intelligenza artificiale nelle aziende, le organizzazioni che vedono il più alto impatto dell’intelligenza artificiale sui profitti, riportano diversi punti di forza che li distinguono dagli altri intervistati, ossia:

  • migliori prestazioni complessive
  • migliore leadership
  • impegno di risorse per l’adozione di sistemi AI

Dunque, le imprese che rilevano un maggiore impatto dell’intelligenza artificiale sul proprio fatturato, sono quelle che, in realtà, registrano una crescita complessiva maggiore, anno su anno, rispetto ad altre società.

Queste imprese, inoltre, rispetto ad altri intervistati, valutano il proprio C-suite molto efficiente. E sono più propense di altre nell’affermare che le loro iniziative dirette all’adozione di tecnologie AI trovano nel top management dell’azienda un campione particolarmente impegnato e competente.

Il terzo punto di forza vede queste organizzazioni investire gran parte del proprio budget in artificial intelligence rispetto alle loro controparti, con maggiori probabilità di aumentare gli investimenti in AI nei prossimi tre anni.

Le aziende ad alte prestazioni tendono, inoltre, a sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale internamente e a impiegare più talenti legati all’AI – Data Engineer e Data Scientist, ad esempio – rispetto alle loro controparti.

Tuttavia – sottolineano gli analisti di McKinsey – il divario tra gli alti performer dell’AI e coloro che sono più indietro nell’adozione di nuove tecnologie, non risiede solo nel “sapere”, nelle competenze e nelle abilità tecniche, ma anche in quegli aspetti relativi alle interazioni tra le varie figure nelle aziende, tra cui, ad esempio, l’allineamento dei dirigenti senior alla strategia che vede l’adozione di processi di esecuzione standard per scalare l’AI all’interno dell’organizzazione.

I rischi dell’utilizzo dell’AI e la loro gestione da parte delle aziende

I risultati dell’indagine rilevano che solo una minoranza degli intervistati conosce i rischi legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. E questa minoranza è composta prevalentemente da quelle organizzazioni ad alte performance, le quali, più di altre, sono in grado di gestire, ad esempio, il pregiudizio e la mancanza di equità nelle decisioni prese da algoritmi AI.

Ma un’altra problematica derivante dall’uso dell’intelligenza artificiale nelle aziende sta nella mancanza di “spiegabilità” (la cosiddetta AI explainabilty), ossia nella mancata comprensione dei processi e della logica alla base delle decisioni prese da un sistema di artificial intelligence.

Al contrario, l’AI “spiegabile”, l’AI trasparente, fa riferimento a metodi e a tecniche nell’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale, tali da rendere i risultati delle soluzioni e delle decisioni – così come i comportamenti futuri – comprensibili a chi le utilizza.

Ricordiamo che, in Europa, la questione relativa alla trasparenza degli algoritmi AI è al centro di alcuni articoli del GDPR – General Data Protection Regulation, in cui si prevede che, laddove una decisione sia stata presa senza intervento umano ma esclusivamente tramite la macchina, il soggetto a cui i dati si riferiscono ha il diritto di ricevere una spiegazione su come tale decisione sia maturata.

La mancanza di spiegabilità dell’AI presenta un certo livello di rischio in diversi settori. In particolare, in campo sanitario le criticità sono significativamente elevate nel momento in cui il sistema di intelligenza artificiale ha un ruolo cardine nelle scelte terapeutiche.

E nell’ambito dei servizi finanziari, le autorità di regolamentazione potrebbero aver bisogno di sapere perché un’organizzazione, ad esempio, ha preso determinate decisioni nell’erogare alcuni prestiti.

In un’intervista rilasciata agli analisti di McKinsey, il responsabile dei sistemi AI presso un grosso produttore di materiali osserva che senza un modello spiegabile, l’utilizzo di macchine basate su algoritmi di intelligenza artificiale da parte degli operai è pressoché impossibile.

I lavoratori – spiega – devono essere in grado di fidarsi delle decisioni prese da tali macchine, non solo per il fatto di poter intraprendere un’azione efficiente per l’operatività del lavoro e il bene dell’azienda, ma anche – e soprattutto – per la loro sicurezza fisica. Che cosa significa? Che quando la macchina consiglia di utilizzare in una data maniera un’attrezzatura potenzialmente pericolosa, gli operai devono poter essere certi che il ragionamento alla base della decisione sia valido e sicuro.

L’effetto pandemia sull’ingresso dell’intelligenza artificiale nelle aziende

La maggior parte degli intervistati a capo di imprese dalle alte performance afferma che, in risposta alla pandemia, le proprie organizzazioni hanno aumentato gli investimenti in AI in ciascuna delle principali funzioni aziendali.

Si tratta prevalentemente di aziende del settore automobilistico e dell’assemblaggio, nonché del settore sanitario e farmaceutico, le quali, in seguito ai periodi di lockdown, hanno sentito l’esigenza di collaborare in modo più intensivo con gli analisti dei reparti IT per aggiornare i modelli di domanda, riconsiderare le catene di approvvigionamento, definire strategie e piani di scenario attorno alle esigenze di risorse e abilitare l’automazione nelle fabbriche.

Il Report di McKinsey sull’intelligenza artificiale nelle aziende cita, in particolare, il caso di una società farmaceutica che, con lo scoppio dell’epidemia mondiale da Covid, e grazie all’adozione di sistemi AI, ha potuto sviluppare – per ciascuna delle sue linee di prodotto e per ciascuno dei mercati di riferimento – una precisa vision delle dinamiche domanda-offerta, integrandola nei processi di pianificazione finanziaria e operativa.

In questo modo, avendo a disposizione più dati disponibili dai canali digitali, è stata possibile una migliore customer experience, con contenuti personalizzati e un servizio digitale e automatizzato.

Un altro esempio proviene da una grande banca che, grazie all’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale, ha potuto accelerare gli sforzi per accorpare i dati del servizio clienti provenienti sia da operazioni online che offline (presso le filiali fisiche), fornendo in questo modo alle aziende un servizio più tempestivo e mirato durante la pandemia, in particolare per quanto riguarda l’erogazione di contributi per fare fronte alle difficoltà economiche.

Più nel dettaglio, la banca in questione ha creato un corposo set di dati, con i quali ha allenato un chatbot basato su AI in grado di rispondere alle domande dei clienti. Ha spiegato nel corso di un’intervista il responsabile dell’analisi dei dati della banca:

“L’impatto dovuto al Covid è stato, per la nostra direzione e per il reparto IT, un motore così forte da spingerci a esplorare cosa si può fare di più con l’intelligenza artificiale

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