Il recente studio di un ricercatore del Politecnico di Zurigo offre un quadro concettualmente nuovo nella progettazione e implementazione di dispositivi neuro-robotici destinati ai pazienti amputati.

TAKEAWAY

  • La robotica per la neuroriabilitazione studia e sviluppa interfacce neurali atte a collegare sensori protesici direttamente ai nervi residui posti nel moncone dell’arto di un paziente amputato.
  • Tra gli sviluppi più recenti di questa branca della robotica vi è la progettazione della “gamba sensibile” mediante protesi controllata da un microprocessore posto in una soletta sensorizzata.
  • Peculiarità di questo studio è l’utilizzo di un controller esterno che comunica in modalità wireless con la protesi dell’arto inferiore, trasducendo la lettura della soletta sensorizzata e dei sensori del ginocchio in parametri di stimolazione.

La neuroriabilitazione è quel segmento della medicina specializzato nel riabilitare il corpo in seguito a una lesione del sistema nervoso, centrale (encefalo e midollo spinale) o periferico (nervi encefalici e nervi spinali). E quando parliamo, nello specifico, di robotica per la neuroriabilitazione – o “neuro-robotica” – ci riferiamo alla messa a punto di interfacce neurali atte a collegare sensori protesici direttamente ai nervi residui posti nel moncone dell’arto (superiore o inferiore) del paziente amputato.

Tra gli sviluppi più recenti di questa branca della robotica vi è la progettazione della “gamba sensibile” – ottenuta mediante protesi controllata da un microprocessore posto in una soletta sensorizzata appositamente sviluppata – a cura di Stanisa Raspopovic, ricercatore presso il Neuroengineering Laboratory dell’Institute for Robotics and Intelligent Systems del Politecnico di Zurigo e vincitrice dell’edizione 2021 del premio Science & PINS Prize for Neuromodulation.

Il lavoro – riportato su Science del 6 agosto 2021 – poggia, in particolare, sull’utilizzo di un controller esterno che comunica in modalità wireless con la protesi dell’arto inferiore, trasducendo la lettura della soletta sensorizzata e dei sensori del ginocchio in parametri di stimolazione. Lo stimolatore “inietta”, quindi, la corrente negli elettrodi intraneurali, suscitando “sensazioni” da parte dell’arto mancante. Ma vediamone i dettagli.

Neuromodulazione per mezzo di dispositivi neuro-robotici

Un altro concetto chiave, quando si tratta di robotica per la neuroriabilitazione, è quello di “neuromodulazione”, il quale fa riferimento a un “insieme di modificazioni della trasmissione degli impulsi nervosi indotte – a scopo terapeutico – mediante stimolazione elettrica a livello del sistema nervoso centrale o periferico”.

Stanisa Raspopovic spiega che la neuromodulazione innescata da un dispositivo neuro-robotico, attraverso la sua integrazione nel sistema nervoso dei pazienti, influenza le strategie sensomotorie messe in atto da questi ultimi.

Per comprendere meglio i meccanismi sottostanti tale dinamica, il gruppo di studio capitanato da Raspopovic ha osservato e misurato le caratteristiche dell’andatura di alcuni pazienti privi di un arto inferiore in due momenti differenti: durante compiti motori di diversa difficoltà indossando normali protesi disponibili in commercio (le quali non provocano alcuna risposta sensoriale) e, successivamente, indossando un dispositivo neuro-robotico, ovvero dotato di sensori i cui segnali vengono elaborati attraverso un algoritmo e tradotti in biosegnali, a loro volta inviati al sistema nervoso del moncone attraverso elettrodi intraneurali.

Durante i compiti svolti (dai più semplici, come camminare sul terreno, ai più impegnativi, come salire e scendere le scale), sono stati raccolti i parametri relativi all’andatura e alla neurostimolazione.

Ciò che emerso è che l’utilizzo delle neuroprotesi rimodella la cinematica delle gambe dei soggetti verso un’andatura più fisiologica, grazie a strategie sensomotorie che permettono ai pazienti di sfruttare intuitivamente le diverse caratteristiche del codice neurale durante i vari compiti.

Nel dettaglio, queste strategie includevano un diverso ordine temporale e l’uso spaziale dei canali di stimolazione. E, in uno scenario ipotetico – che prevede la guida di un’auto convenzionale da parte di un soggetto amputato – il team ha dimostrato una stima della pressione dell’arto più precisa con la neuroprotesi.

Robotica per la neuroriabilitazione: i vantaggi della “gamba sensibile” comunicante in modalità wireless

Ma torniamo alla robotica per la neuroriabilitazione e, più in particolare, alla “gamba sensibile” progettata da Raspopovic. Lavoro che, per i pazienti amputati che hanno preso parte ai test di laboratorio, ha significato il recupero delle percezioni sensoriali di gambe e piedi, compresi il tatto e la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli.

Durante i test, i soggetti – precisa il gruppo di studio – sono stati anche in grado di percepire quando la gamba protesica, comunicante in modalità wireless con gli impianti, veniva toccata in diversi punti, anche se flessa. E hanno saputo evitare un numero elevato di inciampi durante quelle prove che prevedevano di camminare in presenza di ostacoli oppure indossando occhiali da sole che rendevano poco chiaro il campo visivo inferiore.

In breve sintesi, quando la neuromodulazione ripristinava la percezione degli arti, la mobilità dei soggetti aumentava sostanzialmente. Dopo le prove di laboratorio, i volontari hanno testato la “gamba sensibile” in un ambiente naturale e, grazie al sistema neuromodulante completamente portatile (ossia il controller esterno che comunica in modalità wireless con la protesi), sono stati in grado di camminare con rapidità e sicurezza anche su terreno sabbioso. Il che – per chi indossa un arto protesico – rappresenta un compito impegnativo.

Robotica per la neuroriabilitazione: gli scenari aperti

I benefici derivanti dalla neuromodulazione – sottolinea il team di studio – sono di fondamentale importanza per milioni di persone con disabilità. E anche se il costo economico di tale tecnologia rimane, ad oggi, considerevole, è importante ribadirne i vantaggi associati, tra cui il fatto di contribuire a eliminare la necessità di ricorrere a continue terapie per fare fronte al dolore e ai problemi cardiovascolari spesso correlati all’assenza di un arto.

Insieme ai risultati pionieristici, la ricerca di Stanisa Raspopovic presenta comunque uno scenario nuovo per la progettazione, l’implementazione e i test dei dispositivi neuroprotesici, con particolare focalizzazione sulla comprensione delle diverse problematiche delle persone amputate, sul design del dispositivo robotico e sui test clinici da pianificare in modo puntuale.

La convalida degli esperimenti – inclusi i risultati funzionali, nonché gli aspetti emotivi dei pazienti – fornisce, inoltre, preziosi feedback al fine di aumentare le conoscenze in materia di robotica per la neuroriabilitazione e ottimizzare ulteriormente la progettazione dei dispositivi.

Infine, lo studio basato sui modelli degli effetti della neuromodulazione potrebbe giovare a progetti futuri nel campo emergente della medicina bioelettronica, conclude l’équipe del Politecnico svizzero.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin