L’evoluzione della robotica guarda sempre più a un’interazione forte con l’intelligenza artificiale e la ricerca mira a nuove opportunità di sviluppo. Quali siano queste prospettive le spiega Bruno Siciliano, tra i maggiori esperti mondiali di robot.

Il legame tra robotica e ricerca è forte: non potrebbe essere altrimenti dato che è un settore ad alto tasso di innovazione. Tanto quanto è importante il ruolo dell’Italia nello sviluppo dei robot. Un dato: quasi 6mila dei 40mila brevetti italiani depositati in Europa tra 2010 e 2019 impiega la tecnologia robotica (o più precisamente vede la robotica tra le Key enabling technologies).

A proposito di ricerca sui robot (il termine compie giusto 100 anni), l’Italia conta su esperti di valore mondiale, capaci di contribuire molto alla loro evoluzione con la loro opera. Uno di questi è certamente Bruno Siciliano, docente di Automatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II, fondatore e coordinatore di PRISMA Lab – il Laboratorio di Progetti di Robotica Industriale e di Servizio, Meccatronica e Automazione – e con un ruolo all’interno del Consiglio Direttivo della European Robotics Association e del Consiglio dell’International Foundation of Robotics Research.

È anche coordinatore del team di esperti che ha redatto il documento sulla robotica nel nuovo Piano nazionale della ricerca (Pnr 2021-2027) del Governo e si deve a lui la redazione della voce “robotica” per l’Enciclopedia Treccani.

La sua competenza va di pari passo alla sua passione per la materia: tanto che, oltre a insegnarla all’università e presenziare in convegni in tutto il mondo, porta la sua competenza e passione didattica anche nei licei e istituti tecnici napoletani “perché sono convinto sia una funzione sociale la disseminazione di questi argomenti, e perché mi fa piacere farlo ed è qualcosa in cui credo”.

Professor Siciliano, qual è il nesso più importante tra robotica e ricerca?

Bruno Siciliano
Il professor Bruno Siciliano

Penso che vada cercato nella definizione stessa di robotica, delineata da Sir Michael Brady come connessione intelligente tra percezione e azione. Nel momento in cui si vuole realizzare una macchina intelligente, un robot, lo si deve dotare di capacità percettive, tali da permettergli di interagire in un ambiente e ricavare informazioni sensoriali come accade a noi esseri umani. Inoltre deve essere in grado di effettuare un’azione fisica. Tutto ciò fa comprendere quanto sia complesso realizzare un sistema robotico, che sia in forma di swarm robot o di soluzione industriale. Ha bisogno di intelligenza artificiale, meccanica, elettronica, meccatronica. Ecco il nesso tra robotica e ricerca, inteso come una sfida affrontabile unicamente attraverso l’integrazione di competenze trasversali, interdisciplinari. Costruire un robot intelligente, infatti, non si limita alla realizzazione di una app, come può avvenire per un bot e non è neppure concepibile considerando unicamente un aspetto, per esempio l’hardware, senza comprendere il software. È questa sua complessità che affascina tanto gli scienziati quanto i giovani: ed è per questo che i robot vengono impiegati a scuola per avvicinare alle materie STEM. Con poche decine di euro è possibile assemblare un mini robot capace di svolgere azioni sulla base di alcune semplici interazioni.

Sempre a proposito di robotica e ricerca, quali sono i filoni più interessanti oggi?

A livello europeo, il work programme di Horizon 2020 – oggi in Horizon Europe – prevede quattro macro aree per la robotica: manifattura e logistica, più attinente all’ambito Industry 4.0 e allo sviluppo di macchine come i cobot; ispezione e manutenzione di infrastrutture industriali e civili, in questo caso riguardante in particolare lo sviluppo di robot su ruote o aerei (droni); medica, che comprende tanto la robotica chirurgica quanto quella riabilitativa e assistenziale; agrifood, che comprende agricoltura e settore alimentare e che mostra potenzialità sempre più interessanti, compresi comparti come il packaging. A questi abbiamo aggiunto, come gruppo di esperti della redazione del Pnr, la robotica in ambiente ostile, industriale ma anche medico-sanitario. Ma gli ambiti che legano robotica e ricerca sono più ubiqui, estendendosi nel legame tra robotica e intelligenza artificiale. Pensiamo, per esempio alla recente acquisizione della società di ingegneria Boston Dynamics (divenuta famosa per il quadrupede BigDog e per il bipede Atlas – nda) da parte di Hyundai. L’investimento si giustifica grazie alle notevoli potenzialità della mobilità, che spaziano dall’ambito domestico (casa domotica) e che portano ad altre interessanti diramazioni, come testimonia lo sviluppo di un cobot dal design rivoluzionario – premiato col Red Dot Design Award.

Come e per quale finalità vengono impiegate le tecniche di intelligenza artificiale nella robotica?

L’interazione tra robotica e AI si motiva pensando alla stessa finalità dell’intelligenza artificiale, che permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi, agendo verso un obiettivo specifico. Nel momento in cui si aziona un braccio robotico oppure un “cyber-quadrupede” si mette in atto la Physical AI. È la naturale evoluzione di quello che stiamo vivendo oggi, periodo caratterizzato dalla transizione dal mondo ICT alla InterAction Technology (IAT), interazione tra robot ed essere umano, tra intelligenza naturale e artificiale. Il robot, quale macchina intelligente, considera l’intelligenza nella sua incarnazione in un corpo fisico, ovvero nella cosiddetta embodied AI. Questo legame è anche confermato, a livello europeo, dal nome stesso dell’unità che finanzia i programmi di ricerca: AI, Data and Robotics Partnership.

In generale, l’Italia come si pone nella ricerca sui robot?

A livello di finanziamenti europei in robotica e ricerca, l’Italia contribuisce al budget comunitario con stanziamenti che pesano per il 13% sul totale dei vari settori. Se guardiamo ai progetti di robotica, per la ricerca, di FP7 – H2020 il 16,5% dei finanziamenti è stato destinato a Istituzioni italiane, sotto forma di università, centri di ricerca, imprese. Questo fa capire come, nello specifico settore, il nostro Paese ha ottenuto più di quanto ha stanziato nel complesso. A livello scientifico, il peso specifico dell’Italia nella robotica e nella ricerca relativa lo confermano tre indicatori SciVal che misurano l’impatto della ricerca a livello mondiale: l’Italia è al primo posto in uno, e al secondo posto sugli altri due, dietro solo agli Stati Uniti.

In futuro quale sviluppo avrà la robotica e quali saranno le frontiere verso cui si spingerà?

In tema di robotica e ricerca, oggi la sfida più avvincente riguarda la possibilità di fornire una percezione tattile. Questo aprirebbe opportunità incredibili per la robotica e per la stessa autonomia dei sistemi robotici. Pensiamo, per esempio, alla chirurgia robotica, e alle potenzialità di combinare dati visivi e tattili. Sarà questa una delle frontiere più interessanti, che permetteranno una maggiore e più virtuosa interazione tra uomo e macchina, sempre più collaborativa. Si andrà, quindi, verso la Shared Autonomy, capace di combinare capacità adattive e interattive, intelligente ma che vede sempre l’uomo al comando. Non si perderanno posti di lavoro “per colpa” dei robot, ma se ne creeranno molti di più. Andremo così sempre più verso una nuova forma di umanesimo tecnologico, contando sulla opportunità di disporre di macchine intelligenti che coadiuveranno, semplificando, la nostra vita di tutti i giorni.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin