Da uno studio californiano, il confronto tra prodotti a base di carne animale e vegetale - mediante simulazione meccanica della masticazione - e una rete neurale artificiale che mappa i modelli plant-based dalla texture più conforme alle loro controparti animali.
Oltre ad essere insufficiente a sfamare un pianeta in costante crescita demografica (secondo il “World Population Prospects 2024”, a cura del Department of Economic and Social Affairs ONU, a metà degli anni 2080 saremo circa 10,3 miliardi, rispetto agli 8,2 del 2024), l’attuale produzione di carne nuoce al clima e all’ambiente e presenta fattori di rischio anche per la salute dell’essere umano.
Non c’è molto da aggiungere al riguardo. Tanto si è già detto sul fatto che la carne acquistata proviene, per la maggior parte, da allevamenti intensivi, responsabili di quantità di emissioni di carbonio pari a circa la metà di quelle dei giganti dei combustibili fossili, nonché della deforestazione di ampie aree nel mondo, come l’Amazzonia, per fare pascolare il bestiame e coltivare raccolti sufficienti a nutrirlo [fonte: Greenpeace].
A tutto questo, va ad aggiungersi l’intensificarsi dell’utilizzo di antibiotici destinati al sistema alimentare del bestiame, per promuoverne la protezione dalle infezioni e, dunque, la loro sicurezza. Si pensi che, su una media globale, «il consumo annuo stimato di antimicrobici per chilogrammo di carne animale varia da 172 mg per i suini, a 148 per i polli e 45 mg per i bovini» [fonte: “Global trends in antimicrobial use in food animals” – Agricultural Sciences].
E poi esiste il pericolo – associato a un eccessivo consumo di carne rossa – di malattie cardiovascolari e di cancro al colon-retto che, insieme allo scenario di sintesi al quale si è accennato, suggerisce l’urgenza di una riduzione delle proteine animali nelle nostre diete, a favore di una maggiore quantità di proteine vegetali, oltretutto fonti di fibre, vitamine e minerali preziosi per il benessere psico-fisico [fonte: “Meat consumption: Which are the current global risks? A review of recent (2010–2020) evidences”- Food Research Internatonal].
Takeaway
Alternativa alle proteine animali: la carne ottenuta dalla lavorazione di verdure e legumi
Li chiamano, comunemente, “fake meat” quei prodotti alimentari che, nella forma, imitano la carne di origine animale, ma che sono, invece, ottenuti mediante la lavorazione di vegetali di vario genere (per lo più, ceci, lenticchie, piselli, funghi, soia), con l’aggiunta di cereali e spezie.
Prodotta per la prima volta in California una quindicina di anni fa, oggi la “carne finta” la si trova ovunque, con marchi internazionali e produttori locali che si servono di ortaggi e legumi per creare hamburger, filetti, pollo, salsicce e kebab completamente plant-based.
Alcuni studi in materia hanno quantificato l’impatto ambientale degli alimenti a base di carne vegetale, naturalmente assai inferiore rispetto a quello della carne animale. In particolare, un lavoro del 2023 diretto dal German Institute of Food Technologies (“Meat substitutes: Resource demands and environmental footprints” – Resources, Conservation and Recycling) fa notare come, alle emissioni globali di gas serra legate alla produzione di cibo, gli alimenti di origine animale vi contribuiscano per il 57%, mentre quelli di origine vegetale per il 29%.
Eppure, nonostante tali evidenze, la presenza di fake meat sulle nostre tavole registra, a livello globale, tassi alquanto contenuti.
«Sebbene, nel mondo, sempre più persone siano incuriosite da una dieta flessibile e riducano intenzionalmente il consumo di carne animale, la maggior parte non la elimina dalla propria alimentazione a favore della carne di origine vegetale», osservano gli autori di “Finding flexitarians: Current studies on meat eaters and meat reducers” (Trends in Food Science & Technology).
E i dati di un sondaggio USA condotto tra i consumatori, resi pubblici in “A Survey of Consumer Perceptions of Plant-Based and Clean Meat in the USA, India, and China” (Frontiers Sustainable. Food Systems), hanno rilevato che – vegetariani e vegani a parte – solo un terzo dei partecipanti era “molto o “estremamente propenso” ad acquistare prodotti a base di carne vegetale.
Perché questa resistenza?
La carne vegetale e la questione del gusto e della consistenza
Un sistema alimentare più sostenibile e più sano, in quanto più ricco di proteine vegetali (quindi, non esclusivamente basato su queste ultime), rappresenta un’alternativa praticabile in tuti i paesi sviluppati. Tuttavia, non sembra convincere del tutto i consumatori a rinunciare ai cibi preferiti – tra cui, appunto, la carne – né sembra scardinare abitudini così radicate a tavola.
Meccanismi psicologici a parte (il “paradosso della carne”, ad esempio, è un atteggiamento mentale che, pur facendoci amare gli animali, allo stesso tempo non ci impedisce di mangiarli, a causa di una “dissonanza cognitiva” per cui la bistecca nel piatto non viene collegata all’animale morto dal quale deriva), esiste, molto banalmente, una questione legata al palato, cioè alla difficoltà nel ritrovare, nella carne fatta di ceci e tofu – ad esempio – la stessa consistenza e lo stesso sapore della fetta di carne animale, ricca di tessuto adiposo e, per tale ragione, più gustosa.
Con quest’ultimo concetto, siamo nella sfera dell’esperienza sensoriale correlata al cibo, che è uno dei fattori chiave nella scelta dei prodotti da mangiare. Impossibile non tenerne conto, specie quando si parla di fake-meat.
L’esperienza sensoriale, in passato, è stata al centro di numerose indagini sulla consistenza degli alimenti, ma i loro risultati variano notevolmente a seconda dei gusti personali dei partecipanti, al loro background culturale, all’abilità sensoriale di ognuno e – in ultimo – alla mancanza di una standardizzazione dei dati in materia.
Se davvero chiediamo alla carne vegetale di imitare le caratteristiche strutturali della carne animale, al punto da vivere la medesima esperienza sensoriale con entrambe, il punto è una progettazione che poggi su un’analisi delle proprietà meccaniche delle due tipologie di carne, sul loro confronto in laboratorio e su una metodologia in grado di elaborare modelli computazionali per fissare gli attributi della carne vegetale “migliore” e poi replicarli fuori dal laboratorio.
Da tale assunto, ha preso il via l’inedito studio a cura di un gruppo di ricerca del Department of Mechanical Engineering presso la Stanford University, in California, illustrato in “The mechanical and sensory signature of plant-based and animal meat” (npj Science of Food, novembre 2024). Vediamo insieme di che cosa si tratta.
Carne animale-carne plant-based: specifiche meccaniche a confronto
La carne animale – spiega il team – è costituita da muscoli, tessuto connettivo, grasso e acqua e possiede una microstruttura “anisotropa”, il che significa che essa varia in seguito all’azione di una serie di fattori. Al contrario, la carne di origine vegetale è costituita da verdure, legumi, soia e cereali ed è generalmente “isotropa”, ossia la sua struttura non varia, «presenta le stesse proprietà in tutte le direzioni».
Il confronto si è focalizzato, in particolare, su prodotti a base di carne lavorata animale (tre) e vegetale (cinque), comprendenti fesa di tacchino, salsiccia animale e hotdog per quanto riguarda il primo gruppo; tacchino fatto di tofu, salsiccia a vegetale, hotdog vegetale, tofu extrarigido e tofu compatto per quanto concerne il secondo gruppo, tutti sottoposti a test standardizzati di tensione, compressione e taglio, ai quali ha fatto seguito lo sviluppo di modelli di machine learning addestrati con i parametri delle caratteristiche di ciascun prodotto.
Più nel dettaglio, i ricercatori dell’Ateneo di Stanford hanno eseguito un totale di 157 test meccanici e di 288 simulazioni – per mezzo di una rete neurale artificiale – di modelli di carne vegetale il più possibile somiglianti (per proprietà meccaniche) alla carne animale.
«Il nostro obiettivo era indagare in che misura i prodotti a base di carne vegetale sono capaci di aderire agli attributi meccanici propri della carne animale, non solo per quanto attiene la profilazione della trama e della compressione, ma anche in riferimento all’intero spettro tridimensionale dei prodotti presi in esame». Ma andiamo più in profondità
Carne vegetale: l’AI ne mappa le proprietà che più la avvicinano a quella animale
Consapevole del fatto che questo lavoro possiede le potenzialità per spingere lo sviluppo di prodotti di carne vegetale sempre più simili alla carne animale, il team ha realizzato i test meccanici in modo tale da sondare lo spettro tridimensionale di tutti i campioni.
E lo ha fatto inserendo i pezzi di carne all’interno di una macchina programmata per tenderli, comprimerli e tranciarli: tre modalità atte a rappresentare la masticazione umana.
Esplorare le proprietà tridimensionali delle carni è fondamentale per arrivare a comprendere le sottili differenze di consistenza che, poi, influenzano l’esperienza sensoriale legata al loro consumo.
Dopo la rappresentazione della masticazione mediante la macchina, gli autori hanno dapprima fatto ricorso ad algoritmi di apprendimento automatico per analizzare e classificare la mole di dati emersi dai test e, successivamente, hanno messo a punto una rete neurale artificiale che, a partire da quanto emerso da tale elaborazione, ha appreso le mappature delle caratteristiche strutturali e meccaniche di quei prodotti vegetali che, più di altri, si sono adattati simultaneamente a tutti e tre i test (tensione, compressione e taglio), con l’obiettivo di poterle replicare per poi progettare una carne vegetale migliore.
L’avere coniugato test meccanici e impiego di tecniche di intelligenza artificiale ha permesso di descrivere la consistenza delle carni in modo molto rigoroso e con sorprendente somiglianza rispetto ai giudizi emessi – come vedremo più avanti – dai tester in carne e ossa.
Grazie a questa metodologia, è stato anche possibile – per il gruppo di studio – scoprire che alcuni prodotti di carne vegetale già presenti sul mercato stanno, in realtà, confermando la consistenza delle carni animali che imitano.
L’esito dei test
Per mettere alla prova le equazioni formulate dalla rete neurale, dimostrando se sono davvero in grado di mappare la percezione della consistenza della carne vegetale, il team ha effettuato un sondaggio che ha visto la partecipazione di tester umani, ai quali è stato chiesto di assaggiare i campioni degli otto prodotti e di valutarli su una scala a cinque punti per le seguenti categorie: morbido, duro, friabile, gommoso, viscoso, elastico, appiccicoso, fibroso, grasso e umido.
«Nei test meccanici – evidenziano i ricercatori – in particolare, gli hot dog e le salsicce a base vegetale si sono comportati in modo molto simile – nelle prove di tensione, compressione e taglio – alle loro controparti animali. Il tacchino di origine vegetale, invece, si è rivelato due volte più rigido del tacchino animale e il tofu è risultato molto più morbido dei prodotti a base di carne».
Con sorpresa degli autori, anche i tester umani hanno valutato gli hot dog e le salsicce in un modo che si avvicina molto ai test meccanici e alla mappatura fatta dalle reti neurali.
«La cosa davvero interessante è che la classifica redatta dai tester è quasi identica alla classifica della macchina. Il che suggerisce, per il futuro, l’utilizzo di macchine e di tecniche di artificial intelligence per eseguire ulterioritest quantitativi e riproducibili».
Glimpses of Futures
Perfezionare le proprietà meccaniche dei prodotti proteici di origine vegetale, al fine di renderli il più possibile somiglianti, in quanto a consistenza (variabile che incide sul gusto), ai prodotti derivati dalle proteine animali, rappresenta un ambito di ricerca in rapida crescita che, negli anni a venire, potrebbe accelerare losviluppo di carni vegetali migliori e, dunque, più appetibili anche per i palati dei consumatori di carne tradizionale più incalliti.
Con l’obiettivo di anticipare possibili scenari futuri, cerchiamo ora – avvalendoci della matrice STEPS – di dare una visione circa gli impatti che l’evoluzione di tale campo di indagine potrebbe avere sotto il profilo sociale, tecnologico, economico, politico e della sostenibilità.
S – SOCIAL: il lavoro illustrato va nella direzione di un sistema alimentare globale più sano, efficiente e sostenibile, in cui la ricerca della carne plant-based più gustosa potrebbe, da qui al prossimo trentennio, condurre alla totale eliminazione di cibi ottenuti dalle sofferenze di animali e da allevamenti che contribuiscono alla crisi climatica. I risultati registrati dagli scienziati della Standord University, inoltre – va sottolineato – dimostrano che l’approccio basato sui dati è incoraggiante nell’ipotizzare un metodo che spinga il processo di sviluppo di prodotti di carne vegetale sempre più succulenti e simili a quelli di carne animale. In uno scenario futuro, complice il progredire della procedura data-driven descritta, è facile immaginare la generazione automatizzata, tramite un sistema AI, di ricette per menù a base di carne vegetale dalle caratteristiche predefinite.
T – TECHNOLOGICAL: lo studio californiano dimostra che l’impiego dell’intelligenza artificiale – più in particolare, del machine learning – è in grado di fornire un importante strumento per apprendere e mappare le corrispondenze tra diversi prodotti alimentari e la loro struttura. Restando nell’ambito della progettazione di carne vegetale, tale tecnica, in futuro, potrebbe essere applicata anche per apprendere e mappare le corrispondenze tra un grado di consistenza e di gusto desiderato e gli ingredienti per mettere a punto carne vegetale con quelle specifiche caratteristiche. Un grosso limite a questa futura, possibile, innovazione, è, però, rappresentato dalla mancanza di grosse mole di dati con i quali addestrare i modelli AI della carne vegetale. Mancanza dovuta alla tendenza, da parte di centri di ricerca e di aziende del settore, a non condividere le informazioni in materia. «Come faremo a ideare la bistecca vegetale perfetta, senza sufficienti dati a disposizione?» si domanda il team, il quale, per dare il buon esempio, sta continuando a testare le proprietà meccaniche degli alimenti a base di carne animale e vegetale e a renderne pubblici i risultati attraverso un database aperto.
E – ECONOMIC: dal punto di vista economico, in futuro, alimenti a base di carne vegetale sempre più conformi, in fatto di consistenza e gusto, alla carne animale e, per tale ragione, più attrattivi nei confronti dei consumatori finora riluttanti al cambiamento, fungeranno da traino per quei mercati del plant-based attualmente in brusca frenata, tra cui – ad esempio – quelli degli gli Stati Uniti, dove le vendite di carne e di pesce vegetale sono diminuite del 13% negli ultimi due anni [fonte: “Plant-based: meat, seafood eggs and dairy. 2023 State of the industry Report” – Good Food Institute USA]. Differente la situazione nell’Unione Europea, dove, al contrario, il Good Food Institute Europe, per il biennio 2020-2022, ha rilevato 5,8 miliardi di euro di vendite, con crescite anche oltre il 30% per prodotti come latte e carne, i cui consumi sono aumentati, rispettivamente, del 38% e del 35%. Ma, alla luce di questi dati, che ne sarà del mercato della carne animale? Difficile dare una risposta, oggi, a ormai cinque anni dall’appuntamento col completamento dell’Agenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile, che pone la protezione delle risorse naturali e del clima del pianeta per le generazioni future tra gli obiettivi prioritari. E se pensiamo agli allevamenti intensivi, emblema di un’industria della carne che di umano e di sostenibile non ha nulla, percepiamo la distanza abissale tra i propositi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, da un lato, e gli interessi di un settore sul quale tutto il mondo si interroga, dall’altro.
P – POLITICAL: l’indagine condotta dall’Ateneo di Stanford riporta il focus su una delle numerose questioni annose, che vedono contrapposti il settore dell’alimentazione cruelty-free e la filiera della carne animale, con i Governi che, a seconda dell’orientamento politico e degli interessi di cui, di volta in volta, si fanno garanti, prendono posizioni differenti. In particolare, a novembre 2023, l’Italia ha vietato per legge sia la produzione e la commercializzazione di carne coltivata, sia l’utilizzo di termini come “bistecca”, “hamburger”, “salsiccia” e similari sulle confezioni di quei prodotti a base di carne vegetale, con sanzioni pesanti per i trasgressori. La motivazione verteva sul timore che i consumatori venissero attratti da etichette fuorvianti. Ebbene, il 4 ottobre 2024, la Corte di Giustizia UE ha stabilito che «gli alimenti a base vegetale possono continuare a essere venduti e promossi utilizzando termini tradizionalmente associati alla carne animale, purché la loro composizione sia chiaramente indicata sulla confezione». In uno scenario futuro, in cui l’evoluzione dell’approccio adottato dagli autori darebbe slancio – accelerandolo – al comparto degli alimenti plant-based, la supervisione da parte di un organismo di controllo equivalente a quello della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sarebbe garanzia di tutela degli interessi di tutti gli attori coinvolti, inclusi quelli di chi sostiene la progettazione e la produzione di prodotti dalla ridotta impronta di carbonio e ottenuti nel rispetto dei diritti degli animali.
S – SUSTAINABILITY: come già rimarcato, un mondo in cui lo stile di alimentazione globale dovesse, un giorno, arrivare a sostituire, gran parte o del tutto, i cibi a base di carne proveniente da allevamenti intensivi con cibi ricavati dalla lavorazione di ortaggi e legumi (con aggiunta di cereali e/o tofu) – nutrienti e ricchi di fibre, oltre che altrettanto gustosi quanto la carne animale – sarebbe un luogo in cui sostenibilità alimentare, sostenibilità ambientale ed etica animale troverebbero la giusta e armonica convergenza.