La ricerca data-driven nella scienza dei materiali sta rivoluzionando il settore, accelerando la scoperta di nuovi materiali e ottimizzando i processi di sviluppo.

Nell’ambito della scienza dei materiali l’innovazione è una costante, così come una costante è la ricerca che guida la scoperta di nuovi compositi che si stanno rivelando cruciali per il progresso tecnologico e industriale, per migliorare il benessere delle persone, con impatti significativi anche dal punto di vista dell’economia e dell’ambiente.

Materiali innovativi, “smart”, biodegradabili, compositi avanzati, nanomateriali, destinati ai settori energetico, medico, ottico ed elettronico, così come per l’Internet of Things (IoT), stanno attirando sempre più l’attenzione non solo dei centri di ricerca, ma anche dei grandi gruppi industriali.

Ma quale impatto possono avere sull’economia e sulla società? Come possiamo sfruttare la data science e l’intelligenza artificiale per accelerare e ottimizzare la scoperta e lo sviluppo di questi materiali innovativi? E come possiamo promuovere una maggiore collaborazione tra il mondo accademico, politico e industriale per facilitare il passaggio dalla fase di ricerca alla produzione su larga scala di materiali innovativi nell’Unione Europea?

È questo uno dei temi di cui si è discusso nelle due giornate di TEHA Technology Forum 2024, il principale evento di The European House – Ambrosetti dedicato alle ultime innovazioni e novità tecnologiche, che ha avuto luogo nelle scorse settimane.

Guardando allo stato attuale della ricerca e alle sue prospettive future, una disamina interessante è stata proposta da Gianaurelio Cuniberti della Technische Universität Dresden, con un focus dedicato al ruolo dell’IA nella ricerca di nuovi materiali. Un ruolo così importante da far parlare di “data-driven materials“.


La combinazione di intelligenza artificiale e high-performance computing permette di ridurre drasticamente i tempi necessari per la scoperta e l’implementazione di nuovi materiali. Ad esempio, la ricerca di elettroliti solidi per batterie allo stato solido ha visto una riduzione del numero di materiali candidati da oltre 32 milioni a 18 in meno di 80 ore.
La ricerca data-driven richiede una maggiore collaborazione tra centri di ricerca, industria e politica. Questa sinergia è essenziale per il passaggio dalla fase di ricerca alla produzione su larga scala, garantendo che le innovazioni possano essere applicate rapidamente e in modo efficiente.
I nuovi materiali sviluppati attraverso metodi data-driven hanno potenziali applicazioni che possono migliorare la sostenibilità ambientale e promuovere un’economia circolare. Inoltre, l’efficienza nei processi di scoperta e sviluppo può generare significativi risparmi economici e creare nuove opportunità di mercato, specialmente nei settori energetico, medico ed elettronico.

Un cambio di paradigma importante

Con il tradizionale approccio alla ricerca, potevano passare anche 20 anni dalla scoperta di un materiale fino alla sua implementazione pratica e su scala industriale.

«Basti pensare a materiali come il Teflon o il Velcro  spiega Cuniberti  nati quasi per caso e poi sottoposti a simulazioni, test e manipolazioni fino ad arrivare alla valutazione finale del materiale stesso».

Un approccio che fa, o faceva, leva anche sulla serendipità, ovvero su quella casualità che porta a “scoprire una cosa mentre se ne sta cercando un’altra”.

«Oggi, però, stiamo assistendo a un percorso molto più breve dalla scoperta all’implementazione. Nuovi paradigmi di accelerazione delle fasi di scoperta stanno prendendo piede, tanto che si parla di una “scoperta assistita dall’IA”. Le tecnologie basate sul machine learning vengono utilizzate in tutte le fasi di simulazione, rendendo l’intero processo molto più rapido ed efficiente».

Data-driven materials: AI e HPC per velocizzare la ricerca

Un esempio concreto dell’approccio data-driven materials è una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori del Physical and Computational Sciences Directorate del Pacific Northwest National Laboratory di Richland, con l’obiettivo di sviluppare migliori batterie allo stato solido. L’idea era quella di individuare elettroliti solidi adatti a questo tipo di applicazione.

«Si tratta di un ambito di ricerca molto vasto, considerando che si è partiti da oltre 32 milioni di materiali, 32.598.079 per l’esattezza. Con un processo che ha richiesto meno di 80 ore complessive, il numero di materiali è stato ridotto a 18, sui quali sono stati poi effettuati test ed esperimenti. Questo dimostra come la ricerca di nuovi materiali attraverso calcoli ad alta velocità possa accelerare notevolmente il processo di progettazione e scoperta».

In questo caso, i ricercatori hanno combinato modelli avanzati di intelligenza artificiale con modelli tradizionali basati sulla fisica, utilizzando risorse di calcolo ad alte prestazioni nel cloud.

Con l’uso di circa mille macchine virtuali nel cloud, il processo è stato completato, come già accennato, in meno di 80 ore. I ricercatori hanno sintetizzato e caratterizzato sperimentalmente i principali candidati, dimostrando il potenziale dei composti come elettroliti solidi. Ulteriori materiali candidati sono attualmente in fase di indagine sperimentale, offrendo ulteriori esempi di scoperta computazionale di nuove fasi di elettroliti solidi.

Questo particolare approccio, che integra modelli di IA e HPC nel cloud, non solo accelera la scoperta di nuovi materiali o di materiali idonei a specifici ambiti applicativi, ma dimostra anche l’efficacia della sperimentazione guidata dall’IA nel raggiungere scoperte scientifiche che possano avere applicazioni pratiche.

È importante notare, tuttavia, che questo approccio non è privo di limitazioni, in particolare per quanto riguarda la disponibilità di risorse computazionali su larga scala.

Organa: l’AI generativa crea un laboratorio collaborativo

Un secondo esempio di approccio data-driven materials – che guarda, in questo caso, al mondo della chimica – proviene dall’Università di Toronto ed è rappresentato dal progetto Organa, che traduce in pratica ciò che l’AI generativa in teoria promette: essere non un semplice assistente, ma un vero e proprio collega. Il sistema messo a punto dai ricercatori dell’Università utilizza l’AI generativa per dar vita a un laboratorio di chimica completamente automatizzato.

La sperimentazione chimica richiede spesso molte risorse e manodopera e nonostante l’integrazione di apparecchiature di laboratorio avanzate porti con sé numerosi benefici in termini di tempo e lavoro, molte operazioni devono ancora essere svolte manualmente dai chimici.

In sintesi: le infrastrutture di automazione tradizionali hanno difficoltà ad adattarsi in modo flessibile a tutte le diverse sperimentazioni che si svolgono in laboratorio. E proprio con l’obiettivo di superare quello che a tutti gli effetti può essere un collo di bottiglia, è stato sviluppato Organa, un sistema robotico flessibile e facile da usare che automatizza una vasta gamma di esperimenti chimici.

Organa interagisce con i chimici del laboratorio e del gruppo di ricerca utilizzando il linguaggio naturale, grazie all’utilizzo di Large Language Model (LLM), e informa costantemente i ricercatori sul lavoro svolto, fornendo rapporti tempestivi corredati di analisi statistiche e interagendo con gli utenti per chiarimenti o per la risoluzione di eventuali problemi.

Organa è in grado di interpretare gli input degli utenti per definire gli obiettivi degli esperimenti e pianificare lunghe sequenze di compiti e azioni del robot, utilizzando anche un feedback visivo dall’ambiente nel quale è inserito. Supporta anche la programmazione e l’esecuzione parallela di più esperimenti, gestendo le risorse e coordinando più robot e stazioni sperimentali.

Questo sistema ha dimostrato la sua efficacia in vari esperimenti chimici, tra cui la valutazione della solubilità, la misurazione del pH, la ricristallizzazione e gli esperimenti di elettrochimica.

In particolare, negli esperimenti di elettrochimica, Organa ha eseguito un piano dettagliato composto da 19 fasi eseguite in parallelo per caratterizzare le proprietà elettrochimiche dei derivati dei chinoni, utilizzati nelle batterie a flusso ricaricabili.

Dal punto di vista degli utenti, uno studio specifico sui gruppi di lavoro ha evidenziato come Organa migliori notevolmente l’esperienza degli utenti riducendo il loro carico di lavoro fisico, dimostrando come l’integrazione di AI e automazione avanzata possa modificare il lavoro nei laboratori chimici.

AlphaFold 3, il game changer nella ricerca sui data-driven materials

Un terzo esempio di data-driven materials è sempre legato alla chimica, ma si estende agli ambiti della biologiae della ricerca farmaceutica.

In questo caso, lo studio aveva come oggetto la cristallizzazione dei peptidi. I peptidi sono proteine corte, costituite da stringhe di aminoacidi che si ripiegano su loro stesse. Tradizionalmente, risalire lungo la catena di queste strutture richiedeva notevoli investimenti di tempo e denaro.

Tuttavia, con l’arrivo di AlphaFold 3 a maggio del 2024, la situazione è cambiata radicalmente. Prima della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, la predizione delle strutture proteiche si basava su metodi sperimentali come la cristallografia a raggi X, la spettroscopia NMR e complessi metodi computazionali come il modellamento per omologia.

Metodologie sicuramente costose e onerose che, di fatto, costituivano – e ancora costituiscono – un ostacolo significativo nei processi di scoperta e sviluppo di farmaci. Per anni, gli scienziati hanno cercato di integrare modelli di IA avanzati per accelerare e migliorare l’accuratezza di questi processi.

Con AlphaFold, uno strumento di intelligenza artificiale sviluppato da DeepMind di Google, le cose potrebbero cambiare. La prima versione della tecnologia è stata rilasciata nel 2018, ma è stato AlphaFold 2, nel 2020, a fare notizia vincendo CASP 14.

CASP (Critical Assessment of protein Structure Prediction), è un esperimento condotto a livello mondiale per la previsione della struttura proteica, che si svolge ogni due anni dal 1994 e consente agli oltre 100 gruppi di ricerca che vi prendono parte di testare oggettivamente i propri metodi di previsione della struttura attraverso una valutazione indipendente dello stato dell’arte nella modellazione della struttura delle proteine.

AlphaFold 2 ha superato gli altri metodi nel predire le strutture 3D delle proteine a partire dalle loro sequenze di aminoacidi, utilizzando un’architettura di deep learning chiamata Evoformer. Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare la ricerca sulle strutture proteiche e sui meccanismi di piegatura, portando a importanti progressi nella scoperta di farmaci e nello sviluppo di vaccini.

AlphaFold 3, la versione più recente, rappresenta un ulteriore miglioramento con un modello Evoformer aggiornato, più semplice e focalizzato sulla rappresentazione delle coppie. Utilizza, inoltre, una “rete di diffusione” simile agli strumenti impiegati nella generazione di immagini AI, aumentando significativamente l’accuratezza delle previsioni.

Oltre a prevedere le strutture proteiche, AlphaFold 3 può ora modellare le interazioni tra proteine e altre molecole biologiche come DNA, RNA e ligandi, ampliando notevolmente il campo di applicazione. Questa capacità è cruciale per comprendere i processi biologici fondamentali e identificare potenziali candidati farmaceutici.

L’importanza dell’accesso aperto ai programmi sui quali poggiano le nuove scoperte

AlphaFold 3, se pure già utilizzato in ambito commerciale attraverso la collaborazione con Isomorphic Labs, offre un server gratuito per scopi non commerciali, rendendo questa tecnologia accessibile ai ricercatori di tutto il mondo.

Per amor di completezza, dobbiamo, però, dire che, se la presentazione di AlphaFold 3 ha entusiasmato la comunità scientifica per il suo potenziale di migliorare significativamente le previsioni delle strutture proteiche e facilitare la scoperta di nuovi farmaci, sia DeepMind sia la rivista Nature sono stati criticati per l’accesso limitato al programma e per non aver rilasciato il codice computazionale sottostante.

In una lettera aperta firmata da oltre 650 ricercatori, è stata espressa delusione per la mancanza di risorse a corredo della pubblicazione e si accusa la rivista di non rispettare le proprie regole sulla disponibilità del codice.

Per comprendere quali possono essere le applicazioni pratiche di queste ricerche, ironizza Cuniberti, «basta pensare a un acronimo: GLP. Se negli ultimi tre anni, l’acronimo più noto è stato Chat GPT, nel mondo della chimica e della biologia l’attenzione è rivolta a GLP, ovvero Glucagon-Like Peptide. Il termine GLP si riferisce a un peptide simile al glucagone, un ormone antagonista dell’insulina. Il glucagone agisce convertendo il grasso dalle cellule adipose in zucchero, riducendo così la sensazione di fame. Questa molecola sta diventando il fulcro di nuove metodologie di ricerca nel settore farmaceutico, in particolare nel trattamento di malattie metaboliche come il diabete e l’obesità. Aziende leader nel settore come Novo Nordisk e AstraZeneca stanno concentrando i loro sforzi sullo sviluppo di farmaci basati sul glucagone. Farmaci che mirano a regolamentare il metabolismo dei pazienti, offrendo nuove speranze per il controllo del peso e la gestione del diabete».

Un’accelerazione nella ricerca sui nanomateriali

Un ultimo esempio di data-driven materials è rappresentato dai lavori che da danni si stanno sviluppando nei laboratori dell’Università di Dresda e che riguardano i materiali per la micro e la nanoelettronica.

Lavori sui quali potranno impattare gli investimenti attuali e futuri in Germania per la produzione di microprocessori e che toccano gli aspetti più disparati, dal silicio e dalla sabbia, allo sviluppo di wafer sempre più sottili e che si sono concretizzati, tre anni fa, nella presentazione di materiali nanoelettronici per gli e-nose, i nasi elettronici, e sullo sviluppo di sensori basati sul grafene.

«Grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, la ricerca si è evoluta e accelerata», osserva Cuniberti, il quale racconta della nascita di una startup come SmartNanotubes, che ha sviluppato il primo chip rilevatore di gas con naso elettronico multi-canale per il mercato di massa.

Un chip sensibile, efficiente dal punto di vista energetico e compatto grazie all’utilizzo di elementi sensoriali che contengono nanomateriali finemente regolati. Soprattutto, grazie al riconoscimento dei modelli, la tecnologia del naso elettronico può rilevare diversi gas, odori e composti organici volatili (VOCs).

«Oggi – conclude Cuniberti – ci troviamo di fronte a molte sfide. Sfide che richiedono innovazione. L’innovazione è sempre stata spinta dalla ricerca sui materiali. Ma oggi, a differenza di quanto accadeva in passato, con un “minimal approach”, è possibile ottenere questi materiali in modo diverso, grazie al supporto dell’intelligenza artificiale generativa. Possiamo addirittura pensare di costruire i materiali atomo per atomo».

Glimpses of Futures

L’applicazione dell’AI e dell’AI generativa nella ricerca sui nuovi materiali apre la strada a un modo nuovo di fare innovazione, che potrebbe avere effetti dirompenti su molteplici aspetti non sono scientifici, ma anche economici e sociali.

Col fine di anticipare possibili scenari futuri, cerchiamo – utilizzando la matrice STEPS – di dare una visione circa gli impatti che questo tipo di metodologia potrebbe avere sotto il profilo sociale, tecnologico, economico, politico e della sostenibilità.

S – SOCIAL: il pubblico generale ha un interesse indiretto nella scienza dei materiali. È una ricerca che comunque può accelerare le innovazioni che possono portare a un miglioramento della qualità della vita attraverso nuovi prodotti e tecnologie. Salute, energia, green mobility, produzione industriale sono tutti ambiti nei quali la scienza dei materiali può mettere in moto trasformazioni e innovazioni trasformative, consentendo dunque di indirizzare tematiche di forte impatto per la società legate ai cambiamenti demografici, all’urbanizzazione, alla crisi climatica, alla digital transformation.

T – TECHNOLOGICAL: la data-driven materials è considerata un nuovo paradigma nella scienza dei materiali. In questo campo, i dati sono una risorsa preziosa e la conoscenza viene ricavata da insiemi di dati sui materiali troppo grandi o troppo complessi per il ragionamento umano tradizionale. Per scoprire nuovi materiali, o per migliorare le caratteristiche e proprietà di quelli esistenti entrano oggi in gioco da un lato tutto quanto ruota intono al concetto di “open science”, dall’altro i progressi nelle tecnologie dell’informazione. Advanced analytics, machine learning, AI, high performance computing sono ora parte integrante delle metodologie di ricerca sui materiali. Tuttavia, esistono diverse sfide che ostacolano i progressi nella scienza dei materiali basata sui dati: la veridicità dei dati, l’integrazione di dati sperimentali e computazionali, la longevità dei dati, la standardizzazione e il divario tra gli interessi industriali e gli sforzi accademici.

E – ECONOMIC: i vari attori coinvolti nelle attività di ricerca, dal mondo accademico all’industria fino al mondo governativo e al settore pubblico in generale attribuiscono significati e aspettative diverse a un approccio data driven (e AI driven) alla scienza dei materiali. La ricerca vera e propria viene svolta nelle università e nei dipartimenti di ricerca e sviluppo dell’industria. È in questi “luoghi” che si producono dati sui materiali ed è sempre in questi luoghi che i dati vengono utilizzati ed elaborati per essere integrati in nuove catene del valore. Dal canto loro, i decisori politici e le agenzie di finanziamento governative o private possono avere invece interesse a promuovere i dati della open science, supportando lo sviluppo scientifico con le loro politiche e decisioni di finanziamento. C’è poi un interesse pubblico, al quale abbiamo già fatto cenno. Insieme, questi attori formano un ecosistema di reciproco beneficio, la cui vitalità è cruciale per il successo e la longevità per questo nuovo approccio alla scienza dei materiali.

P – POLITICAL: su questi temi è importante capire cosa stia facendo l’Europa, proprio perché l’innovazione abilitata anche dai nuovi materiali è cruciale per la competitività della UE nel suo insieme. Composti chimici, e materiali avanzati, inclusi i nanomateriali, sono essenziali e vengono utilizzati in tutti i settori, come salute, elettronica, energia, mobilità, costruzioni e in prodotti industriali e di consumo che spaziano dalle batterie al packaging, dai prodotti per la pulizia ai cosmetici, dai farmaci ai materiali da costruzione. La ricerca deve comunque puntare allo sviluppo di materiali superiori nelle prestazioni, ma anche sicuri, sostenibili e circolari. Per questo motivo, l’Unione Europea in questi anni ha diramati diverse direttive, delle quali è importante tener conto. Nel Green Deal Europeo, ad esempio, si parla di materiali avanzati e di materie prime critiche, per un’industria a zero emissioni ed equo scambio commerciale; nello Zero Pollution Action Plan si punta a ridurre l’inquinamento di aria, acqua e suolo; nella Chemicals Strategy for Sustainability si parla di criteri di sicurezza e sostenibilità per le sostanze chimiche e un di piano strategico per la ricerca e l’innovazione; la Sustainable Products Initiative punta a rendere tutti gli aspetti della progettazione, produzione, uso e vendita dei prodotti più ecologici e circolari, affrontando anche la presenza di sostanze chimiche dannose; il Critical Raw Materials Act riconosce l’importanza dei materiali avanzati per l’efficienza e la circolarità dei materiali e annuncia un piano coordinato con i paesi dell’UE; infine il Net Zero Industry Act richiede capacità produttive più forti per le tecnologie pulite nell’UE, includendo materiali avanzati innovativi. Il 27 febbraio di quest’anno, la Commissione ha adottato una Comunicazione su “Advanced Materials for Industrial Leadership” che prevede una serie di azioni dalla ricerca alla commercializzazione per promuovere il design, lo sviluppo e l’uso dei materiali avanzati in Europa. Una delle azioni previste è la proposta di una partnership co-programmata con l’industria: Innovative Materials 4 EU (IM4EU).

S – SUSTAINABILITY: c’è un urgente bisogno di portare la ricerca e lo sviluppo di materiali innovativi al centro degli sforzi attuali per la sostenibilità. Da un lato, servono nuovi materiali che utilizzino energia e materie prime rinnovabili, chimica avanzata, fisica, biologia sintetica e intelligenza artificiale a supporto delle iniziative che puntano al raggiungimento di emissioni nette zero e alla promozione di una economia circolare. Dall’altro, bisogna considerare che la scienza dei materiali tocca ogni aspetto della vita umana, dall’energia rinnovabile all’efficienza energetica, dalla nanotecnologie alla salute, alla costruzione, al trasporto, ai processi di produzione, al riciclaggio e molto altro. Ed è qui che il contributo di questo ambito di ricerca è importante, sia a protezione dell’ambiente sia per garantire un futuro migliore alle generazioni a venire. Servono materiali e dispositivi innovativi e avanzati per favorire la transizione verso tecnologie più ecologiche e contribuire a un futuro sostenibile, coprendo tutti gli aspetti coinvolti nella loro produzione e applicazione: dalla progettazione alla fabbricazione, dalla caratterizzazione ai test, dalla scalabilità all’analisi del ciclo di vita.

Scritto da:

Maria Teresa Della Mura

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