Dall’esperienza di una startup italiana, un modulo automatizzato basato su robotica e intelligenza artificiale per coltivazioni indoor, riducendo costi e ottimizzando le rese.

TAKEAWAY

  • Un modo alternativo all’agricoltura tradizionale passa dalla vertical farming, il cui mercato è in forte crescita: le previsioni dicono che supererà i 24 miliardi di dollari nel 2030, rispetto ai 3 miliardi circa del 2020. 
  • Tra gli approcci più innovativi c’è quello di una startup italiana che ha ideato e brevettato una struttura modulare dove possono venire coltivate diverse specie vegetali. Ogni modulo è gestito con tecniche di intelligenza artificiale, combinando anche meccatronica e robotica.
  • I pregi della coltivazione modulare sono legati al risparmio di acqua, energia e nutrienti, offrendo risultati interessanti in termini di resa. Le prospettive che apre questa metodologia agricola comprendono anche applicazioni medicali e biotecnologiche.

Impiegare tecniche di intelligenza artificiale nella vertical farm per sviluppare un’applicazione che coniuga i principi propri dell’agricoltura di precisione con quelli della robotica. L’idea è venuta a una startup italiana (ONO Exponential Farming) che sta trovando consensi: la scorsa estate ha partecipato nella ristretta compagine italiana (tre aziende) all’evento più importante al mondo sull’agricoltura indoor e tecnologica: Indoor AgTech, tenutosi a New York.

L’esigenza di un nuovo tipo di agricoltura, complementare a quella tradizionale, è prioritaria, date le enormi sfide che si dovranno affrontare: cambiamenti climatici, aumento della popolazione, depauperamento e consumo di suolo.

Ecco allora che è necessario prevedere soluzioni capaci di soddisfare le esigenze alimentari di una popolazione che ha appena toccato gli 8 miliardi e che si avvia a toccare i 10 miliardi da qui al 2050. Anche per questo le aspettative sulla coltivazione verticale sono molto forti: il valore di mercato mondiale si stima raggiungerà i 24,1 miliardi di dollari nel 2030, un valore molto superiore rispetto ai 3,2 miliardi del 2020.

Il principio su cui si basa la startup italiana è molto differente rispetto a quello delle vertical farming di tipo tradizionale. Non è finalizzato, infatti, alla produzione in grandi spazi appositamente dedicati, che richiedono l’impiego di personale dedicato e – soprattutto – di un significativo consumo energetico (è stato calcolato che, per coltivare rucola o lattuga, in una vertical farm tradizionale viene richiesto un quantitativo di elettricità pari a 76,55 kWh al mese, di cui 43 kWh solo per l’illuminazione a LED).

La novità risiede nell’avere concepito un sistema modulare robotizzato, combinando meccatronica e informatica per gestire in maniera pressoché autonoma le coltivazioni. Al suo interno sono presenti vassoi mobili, che vengono movimentati in maniera meccanica senza richiedere la presenza o l’intervento umano.

Ogni modulo è autonomo, anche climaticamente, ma anche ogni vassoio può essere gestito in maniera indipendente, dando così modo di coltivare piante differenti in uno stesso impianto.

Il ruolo delle tecniche di intelligenza artificiale nella vertical farm

In tema di intelligenza artificiale applicata alla vertical farm, la soluzione modulare sviluppata dalla startup italiana è controllata da tecnologia robotica e algoritmi di machine learning, che gestiscono i dati provenienti dall’interno attraverso sensori e videocamere. L’unico intervento umano riguarda la definizione degli output del sistema, per lo più autosufficiente; tutte le operazioni dell’azienda agricola sono automatizzate, compresi i rifornimenti necessari e le operazioni di assistenza e manutenzione. Lo stesso team fondatore spiega che:

«… si tratta di un sistema integrato completo, che non assomiglia tanto a un approccio domotico quanto a una vera e propria piattaforma robotica»

Un algoritmo proprietario regola le funzioni vitali, i cicli colturali, i test e ogni aspetto operativo della farm. L’algoritmo AI viene costantemente aggiornato grazie all’autoapprendimento.

L’intenzione, una volta che la soluzione prenderà piede, è connettere i vari moduli che verranno venduti in Italia e nel mondo a un database: questo avrà il compito di raccogliere e condivide le esperienze locali con tutte le aziende agricole della startup.

Il sistema, basato su un metodo di apprendimento che fa sue le tecniche di intelligenza artificiale, è in grado di prevedere l’andamento della crescita delle colture e di suggerire o implementare autonomamente qualsiasi azione correttiva necessaria.

Anche le tecniche di computer vision vengono utilizzate per rilevare lo stato di crescita della coltura, mentre algoritmi di picture matching ricostruiscono l’intera area coltivata per identificare eventuali variazioni nello sviluppo delle foglie rispetto ai parametri previsti.

«Ogni modulo può essere gestito su misura, monitorandolo e occupandosi dell’analisi dei valori, dal valore del PH alla conduttività elettrica, utile per valutare la concentrazione di sostanze chimiche nei nutrientiSi valuta la curva di crescita attesa e se non sono ottimali viene attivato il sistema basato su intelligenza artificiale che può gestire in modo autonomo la situazione o richiedere l’intervento di un agronomo, che può intervenire anche da remoto» specifica Thomas Ambrosi, CEO della giovane azienda.

Ogni modulo viene climatizzato e in ogni “torre” può essere impostato un clima differente per le varie coltivazioni, dai microgreens (micro-ortaggi) al basilico, fino alle specie utili alle necessità farmaceutiche, un segmento di mercato dalle enormi potenzialità.

Un metodo ispirato alla produzione snella, senza sprechi

Il nome della startup si ispira a Taiichi Ōhno, padre della Lean Production, sistema di produzione snella attuato in Toyota, mirato alla riduzione degli sprechi e alla qualità totale.

La soluzione messa a punto è partita proprio dalla volontà di ottimizzare le prestazioni delle attuali “fattorie verticali”, che si basano su modelli a scaffali a distanza fissa, con impianti che portano i vari nutrienti in modo centralizzato.

A parte il massiccio impiego dell’intelligenza artificiale per la vertical farm, che la contraddistinguono rispetto alle soluzioni tradizionali di agricoltura indoor, gli impianti tradizionali difettano in scalabilità e richiedono un significativo numero di addetti occupati nella gestione.

Le fattorie verticali utilizzano vassoi di piante solitamente idroponiche, impilati in torri dal pavimento al soffitto, con luci LED che illuminano ogni strato in maniera fissa e un controllo climatico che regola costantemente la temperatura, l’umidità e altro ancora.

La soluzione innovativa si basa, invece, su una produzione modulare, con parti che possono aggiungersi nel tempo e nella quale è possibile gestire coltivazioni diverse, offrendo una significativa flessibilità.

Ogni modulo ha una superficie minima occupata a terra di 12 mq, per un’altezza che va da 4 a 16 metri, quindi relativamente compatta. Inoltre, è dotato di un sistema di generazione dinamica del clima, che permette a ogni singolo modulo della fattoria di regolare in modo indipendente valori di temperatura, umidità, CO2, livelli di ionizzazione e purificazione dell’aria, differenziando il clima in ogni singolo rack della fattoria con una tecnologia automatizzata.

Un flusso laminare, costruito con un sistema brevettato di canalizzazione interna, assicura la costante circolazione e il riciclo dell’aria intorno alle colture, come una brezza continua. L’ambiente interno di ogni scaffale è isolato dagli altri e dall’esterno, contando sulla pressione positiva per bloccare l’ingresso di batteri e agenti patogeni in modo naturale ed evitando così l’uso di pesticidi o altre sostanze chimiche.

Intelligenza artificiale nella vertical farm: soluzione adatta al food, oltre che a scopi medicali, farmaceutici e nutraceutici

In tema di intelligenza artificiale applicata alla vertical farm, le potenzialità che apre questa soluzione sono davvero ampie: oltre a rispondere alle necessità del settore food, può essere utile anche per fornire mangime animale. Non solo: è capace di garantire materia prima per scopi medicali, farmaceutici, nutraceutici, il cui mercato è enorme. 

Anche per questo, la startup collabora attivamente con l’Università di Verona, con la quale ha avviato l’opportunità di chiamare in Italia un ricercatore italiano attivo all’Università di Berkeley, negli USA, «il quale – spiega Ambrosi – opererà con noi occupandosi, nello specifico, di piante di tabacco e di bioreattori naturali, impiegati per ricreare le condizioni ideali per la crescita degli organismi biologici su misura di specifiche richieste, utile per la personal pharming».

L’Università di Verona è particolarmente avanzata nelle biotecnologie vegetali e nel molecular farming, impiegando le piante come micro-fabbriche di farmaci, utilizzate anche per la produzione di vaccini.

Il tabacco in struttura modulare permette di produrre il doppio rispetto a una resa in campo e senza contaminanti. La resa della coltivazione modulare è comunque alta: si parla, nell’esempio del basilico, di una produzione attesa di 80 kg per metro quadro.Oltre alla parte strettamente tecnologica, il sistema messo a punto è anche interessante dal punto di vista ambientale: il modulo acquisisce CO2 (10mila parti per milione contro le 400 ppm in natura), utile come nutriente per le piante. Agisce quindi come un dispositivo di cattura, sequestro e storage di anidride carbonica (CCS)

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin