L’industria europea trova nelle tecnologie abilitanti l’alleato ideale per essere competitiva nel mondo. Per stimolare il loro impiego e creare le condizioni opportune, la ricerca riveste un ruolo decisivo.

TAKEAWAY

  • Intelligenza artificiale, biotecnologie industriali, materiali avanzati, micro e nanoelettronica, nanotecnologie, fotonica e tecnologie di produzione avanzate: sono queste le Key Enabling Technologies, elementi essenziali di molti settori, in particolare dell’industria europea.
  • L’Europa trae dalle KET notevoli elementi di valore aggiunto per il presente e il futuro, – soprattutto per competere con USA e Cina – investendovi complessivamente circa 90 miliardi di euro.
  • Per restare competitiva, l’industria deve investire in ricerca e innovazione. Lo sa l’Europa, che ha avviato vari progetti dedicati alle KET. E lo sa anche l’Italia: infatti, un brevetto su cinque di quelli pubblicati dall’EPO – European Patent Office nel 2021 si riferisce alle tecnologie abilitanti.

Le Key Enabling Technologies (KET) rappresentano il futuro dell’industria europea. Non solo: dalla scoperta di nuove soluzioni per la salute fino all’aerospaziale, non c’è settore che non le consideri o le utilizzi già.

Alle tecnologie abilitanti, l’UE già da anni lega produttività e occupazione e il loro peso specifico, a livello economico, è consistente. Lo ha quantificato il KETs Observatory, mettendo in correlazione le prestazioni dei Paesi “UE-28” col valore creato dall’impiego delle tecnologie abilitanti.

I risultati (del 2015) hanno evidenziato un volume di prodotti basati sulle KET ammontante a 953,5 miliardi di euro, pari a circa un quinto (19,2%) della produzione totale Europea a 28 Paesi.

La prosperità e la competitività dell’Europa si basano in gran parte su soluzioni basate su ICT, intelligenza artificiale o sull’impiego di materiali nuovi o migliorati. Tuttavia, in questi settori l’Europa dipende spesso da Paesi extraeuropei.

Ecco perché occorre puntare sulle tecnologie abilitanti chiave, come ha messo in luce lo studio “Key Enabling Technologies for Europe’s technological sovereignty”, pubblicato dal Parlamento europeo.

Seppure l’Europa sia un protagonista mondiale nello sviluppo delle tecnologie abilitanti, è un fanalino di coda nella successiva commercializzazione di beni basati sulle KET. Servono idee, ma serve anche la capacità di attuarle.

Anche per questo motivo è stata stimolata ancora di più l’azione di ricerca e innovazione: così le Key Enabling Technologies sono diventate parte fondamentale di Horizon2020, con uno stanziamento di circa 30 miliardi di euro.

Cosa sono le Key Enabling Technologies

Le Key Enabling Technologies sono un gruppo di tecnologie in grado di incrementare l’innovazione industriale per affrontare nuove sfide «e creare economie avanzate e sostenibili», segnala la Commissione Europea.

Si tratta di tecnologie ad alta intensità di conoscenza, associate a un’elevata intensità di ricerca e sviluppo, a cicli di innovazione rapidi, a un’elevata spesa in conto capitale e a un’occupazione altamente qualificata. 

Sono multidisciplinari, trasversali a molte aree tecnologiche con una tendenza alla convergenza e all’integrazione. Ne fanno parte: biotecnologie industriali, materiali avanzati, micro e nanoelettronica, nanotecnologiefotonica e tecnologie di produzione avanzate. Elemento cardine delle KET è l’intelligenza artificiale, secondo la considerazione della Commissione Europea.

La ricerca italiana sulle KET

Le KET hanno potenzialità applicative che riguardano tutti i processi e i settori produttivi. In particolare, la manifattura ne è una delle principali beneficiarie, ma è anche una voce di stimolo in termini di R&D: le imprese manifatturiere rappresentano il 64% della spesa per lo sviluppo della ricerca del settore privato e il 49% della spesa per l’innovazione in Europa.

Non è casuale, quindi, che la manifattura avanzata sia considerata anch’essa una delle Key Enabling Technologies. Su questo aspetto – che si collega all’automazione, alla robotica e all’Internet of Things – l’Italia mostra una particolare predilezione.

Lo evidenzia un’analisi di Unioncamere–Dintec da poco pubblicata, secondo cui il 74% delle 676 domande italiane di brevetto presentate e pubblicate dall’European Patent Office (EPO) riguardano l’advanced manufacturing.

Peccato che il PNRR non tenda a considerare esplicitamente l’intelligenza artificiale nelle tecnologie abilitanti. Come hanno fatto notare Antonio Bicchi e Bruno Siciliano in un articolo pubblicato su Nature, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, né la robotica né AI sono menzionate tra le dieci tecnologie abilitanti chiave che dovrebbero essere al centro di nuovi centri di ricerca dedicati. A questo proposito scrivono:

«considerare il ruolo della robotica e dell’IA come un fattore abilitante implicito, anziché come una tecnologia abilitante di per sé, ha conseguenze negative sulla ricerca e sull’innovazione nel settore (…) Se l’Italia vuole essere nel gruppo di testa della prossima rivoluzione tecnologica, deve investire in un campo in cui ha già un vantaggio. Questa è la strada indicata dall’Europa con Horizon Europe e i partenariati pubblico-privati in AI, Data and Robotics, in cui le comunità nazionali di robotica e intelligenza artificiale sono collocate in posizione centrale»

Creare le giuste condizioni per sostenere le Key Enabling Technologies

Se si parla di KET, l’UE è ben posizionata per quanto riguarda i finanziamenti pubblici alla ricerca:

«Gli Stati membri investono complessivamente circa 90 miliardi di euro in tutte le tecnologie abilitanti. D’altra parte, si prevede che la Cina guiderà la corsa per la leadership manifatturiera entro il 2049 con la sua ambiziosa strategia Made in China 2025, che prevede di investire l’equivalente di un totale di 100 miliardi di euro per potenziare la sua base industriale in dieci settori chiave, 46 dei quali vanno al di là di ciò che la CE ha definito come KET»

rileva il già citato “Key Enabling Technologies for Europe’s technological sovereignty”. Ecco che le tecnologie abilitanti devono assumere ancor più il ruolo di base portante dell’industria europea (ma non solo) del futuro.

Ma perché le KET possano svolgere il loro pieno valore, devono esserci i giusti presupposti perché si conoscano e si applichino. Su questo lavora il progetto europeo SocKETs (Societal Engagement with Key Enabling Technologies), che riunisce sei partner europei con l’obiettivo di testare e sviluppare metodi e strumenti per allineare lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali ai valori e alle esigenze della società.

SocKETs intende rendere concreta l’opportunità di testare, prototipare, valutare e distribuire strumenti co-creativi e di coinvolgimento della società, permettendo di sviluppare una serie di attività «che consentiranno alle tecnologie abilitanti di essere sviluppate in dialogo con i cittadini e la società» illustrano i partner del progetto.

Tra i partner e i membri coinvolti ci sono due realtà italiane: l’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale e il Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. L’AI è tra le Key Enabling Technologies impiegate nei tre casi studio riguardanti elettronica indossabile, automazione industriale, oltre a tecnologie manifatturiere e materiali avanzati, ICT, Internet of Thing e blockchain.

Il ruolo della ricerca per l’industria

Tra i progetti di ricerca europei particolarmente attivi nel promuovere e realizzare politiche migliori in materia di Key Enabling Technologies, ce ne sono cinque che fanno parte di Interreg Europe, il programma di cooperazione territoriale europea interregionale che coinvolge 29 Paesi.

Si segnalano, in particolare, INNO PROVEMENT – che intende supportare le PMI nell’adozione delle tecnologie dell’Industria 4.0 – ed NMP-REG, che mira a favorire la diffusione delle nanotecnologie e dei materiali avanzati nelle aziende manifatturiere regionali. C’è poi P2L2, che vuole migliorare l’attuazione delle politiche pubbliche a sostegno dell’innovazione nei materiali avanzati.

A proposito di industria del futuro, l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie abilitanti avrà un influsso decisivo sul settore manifatturiero, la cui principale voce è quella automobilistica. Uno degli ambiti in cui si sta facendo molta ricerca è rivolto ai veicoli autonomi.

Avanzare nello sviluppo di KET in grado di fornire capacità tali da consentire ai veicoli autonomi di operare in modo più efficiente dal punto di vista energetico e sicuro e di essere in grado di rilevare ostacoli e condizioni avverse è l’obiettivo di inPercept. Acronimo di Intelligent Perception for connected and autonomous vehicles, il progetto intende ottenere nuovi sistemi di percezione esterna che consentano una migliore individuazione degli elementi dell’ambiente in situazioni e condizioni difficili, oltre a sviluppare tecnologie avanzate di posizionamento e connettività, per consentire la percezione e la guida cooperativa e implementare algoritmi e modelli di intelligenza artificiale per il processo decisionale a bordo del veicolo.

Sostenuto dal Ministero spagnolo della Scienza e dell’Innovazione e finanziato dal Centro iberico per lo sviluppo tecnologico e industriale CDTI, con un budget superiore a 8 milioni di euro, si concluderà a fine 2023.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin