La transizione del sistema industriale verso la sostenibilità si prospetta lunga e complessa perché richiede lo sviluppo di una generazione di prodotti e di processi produttivi a basso impatto, oggi ancora agli albori. Nel frattempo, però, le tecnologie di additive manufacturing consentono di rendere più sostenibile la vita dei prodotti esistenti, innovando e rendendo meno impattante la produzione di accessori e parti di ricambio.

Che la sostenibilità stia rivoluzionando i modelli strategici e organizzativi delle imprese è ormai un dato di fatto. Non è ancora così evidente, invece, l’impatto che è destinata ad avere sui processi produttivi.

Sicuramente è più facile e più veloce agire sulla governance aziendale di quanto lo sia modificare un sistema industriale le cui fondamenta sono saldamente costituite da infrastrutture e mezzi che hanno richiesto forti investimenti economici, con tempi di ammortamento e ritorni spalmati su periodi temporali molto lunghi.

Ecco perché la produzione sta attualmente utilizzando un approccio alla sostenibilità “by default”,sostanzialmente focalizzato sul contenimento nell’immediato dell’impronta energetica e ambientale, in attesa che il contesto di mercato sia maturo per consentire un passaggio graduale all’approccio “by design”, cioè caratterizzato dalla concezione di prodotti “planet-fit” pensati, progettati e realizzati secondo i principi più estensivi della sostenibilità e dell’economia circolare. Le caratteristiche che questa nuova generazione di prodotti dovrebbe avere sono abbastanza chiare:

  • realizzati con utilizzo di materie prime naturali e rinnovabili
  • realizzati con utilizzo di materiali riciclati
  • realizzati con minor impiego di energia
  • non determinano alcun danno per l’ambiente e la biodiversità
  • sono fabbricati a livello locale,
  • sono distribuiti con modalità a basso impatto ambientale
  • durano nel tempo (possono essere facilmente riparati)
  • sono predisposti al riciclo, al riuso e/o allo smaltimento pulito a fine vita

La tecnologia di additive manufacturing

Nel recente passato, l’innovazione tecnologica ha contribuito molto a rendere più sostenibili i processi produttivi e, tra le diverse discipline che rientrano nel modello dell’Industria 4.0, la stampa 3D ha giocato un ruolo importante.

Nell’arco di una decina di anni, da semplice strumento di prototipazione rapida si è evoluta per capacità produttiva, affidabilità e qualità, affiancando i tradizionali sistemi di fabbricazione di tipo sottrattivo (tornitura, fresatura) e di stampaggio, con utilizzo sempre più esteso nella produzione di serie, dove è stata sdoganata con il termine di “additive manufacturing” (o manifattura additiva).

Il motivo di una così rapida escalation è da ricercare nella grande flessibilità produttiva con cui questa tecnologia è in grado di rispondere alle nuove esigenze del mercato:

  • è adatta a gestire piccoli lotti di produzione
  • consente la personalizzazione del prodotto in modo semplice, veloce ed economico
  • offre un’ampia gamma di materiali lavorabili anche riciclabili (solo per fare un esempio, è recente la costituzione di una start-up in Estonia che sta mettendo a punto un sistema per ricavare filamenti plastici per la stampa 3D dai mozziconi di sigaretta)
  • consente la realizzazione di geometrie complesse
  • favorisce l’accorpamento di più parti in un componente unico
  • permette di ridurre pesi e ingombri dei pezzi (ottimizzazione topologica)
  • consente di produrre on-demand senza necessità di fare scorte
  • consente di avere un sistema produttivo geograficamente distribuito riducendo i trasporti
  • non necessita di attrezzature di produzione specifiche (stampi, dime ecc.)
  • si verifica meno spreco di materiale e gli impatti ambientali sono ridotti
  • il funzionamento richiede minor consumo di energia

Dal confronto, risulta abbastanza evidente come le caratteristiche della produzione on-demand con l’additive manufacturing sposino perfettamente i requisiti della sostenibilità “by design”: produrre ciò che serve, nella quantità che serve, dove serve significa ridurre drasticamente l’impronta energetica e ambientale dei processi di fabbricazione e della logistica ad essi connessa.

Processi produttivi e sostenibilità: il contributo agli obiettivi dell’Agenda 2030

In tema di processi produttivi e sostenibilità, la tecnologia di additive manufacturing può essere considerata di grande aiuto rispetto al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, principalmente per gli Obiettivi 9 (“Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile”) e 12 (“Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo“), nel cui contesto i benefici sono quelli precedentemente illustrati, ma secondariamente riconducibili anche agli Obiettivi 8 ( “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti” ) e 13 (“Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico”).

Forse meno evidenti, ma non per questo meno importanti, sono anche gli aspetti legati agli Obiettivi 3 (“Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”), 4 (“Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”)10 (“Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni”), 11 (“Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”). Il ricorso all’additive manufacturing infatti:

  • migliora le condizioni di sicurezza del lavoro, in quanto i macchinari sono più automatizzati e necessitano minori interazioni con gli operatori di produzione
  • richiede un buon livello di specializzazione degli addetti nei diversi profili professionali, dal progettista all’esperto di processo, fino all’operatore macchina
  • favorisce un processo produttivo più snello, meno faticoso e, quindi, più adatto ad essere gestito indistintamente da personale maschile o femminile
  • consente una produzione geograficamente distribuita anche in modo capillare e senza esclusioni territoriali, abilitando lo sviluppo di piccole economie locali anche in zone depresse o caratterizzate da vincoli ostativi agli insediamenti industriali tradizionali, a tutto vantaggio delle comunità sociali, che possono soddisfare i propri bisogni come lavoratori e consumatori senza doversi spostare

La produzione sostenibile dei ricambi

In tema di processi produttivi e sostenibilità, l’attuale produzione industriale è ancora prevalentemente basata sull’utilizzo di tecnologie tradizionali, mentre la transizione verso nuovi modelli più sostenibili richiederà almeno ancora un decennio prima di prendere il sopravvento.

Intanto, molte aziende hanno cominciato a percorrere questa strada, affiancando le diverse tecnologie e sperimentando gradualmente nuove soluzioni in un percorso di avvicinamento graduale all’obiettivo finale da raggiungere.

Esperienze significative, per esempio, sono state fatte nell’ambito della produzione di parti di ricambio e accessori in diversi settori strategici come quello automobilistico, quello aerospaziale, quello dell’elettrodomestico, quello delle macchine utensili.

Partiamo innanzitutto dal presupposto che il pezzo di ricambio allunga la vita di un prodotto e quindi, in un’ottica di economia circolare, ne ritarda il momento dello smaltimento finale. Il problema è che garantire una scorta di ricambi e/o di accessori per un parco di prodotti estremamente ampio e parzialmente già in fase di obsolescenza, comporta uno sforzo decisamente poco sostenibile, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda molteplici altre tipologie di impatto:

  • mantenimento di attrezzature di produzione energivore e obsolete
  • produzione di lotti minimi, con conseguente occupazione di magazzino
  • spreco di materiale per la produzione
  • costo elevato del ricambio
  • tempi lunghi di risposta al cliente, a fronte di richieste particolari (gamma limitata)

Il ricorso all’additive manufacturing ha consentito non solo di ovviare a questi problemi ma ha anche apportato ulteriori benefici al processo produttivo, quali:

  • digitalizzazione dei disegni costruttivi e dei flussi di lavoro
  • utilizzo di materiali diversi da quelli originari, più performanti e/o economici
  • miglioramento del servizio al cliente (disponibilità di gamma, time-to-market)

Un grande passo avanti per la sostenibilità, in attesa che i nuovi scenari di produzione green raggiungano il livello di maturità necessario per dare la svolta definitiva alla salvaguardia del pianeta.

Processi produttivi e sostenibilità: un caso applicativo

In tema di processi produttivi e sostenibilità, si potrebbero citare tanti esempi di applicazione da parte di aziende importanti che si sono mosse in questa direzione nel corso degli ultimi cinque anni.

Uno dei casi più recenti e significativi consiste in un progetto per conto della Gendarmeria francese, che prevedeva la progettazione e la produzione di componenti aftermarket per 400 auto della Polizia francese.

La richiesta era di equipaggiare una flotta di veicoli Peugeot 3008 con nove alloggiamenti che potessero contenere e mantenere saldamente in posizione vari e costosi apparecchi radio e computer.

Le parti dovevano essere sufficientemente robuste da reggere l’elettronica pesante sia nell’abitacolo che nel bagagliaio del veicolo, anche in scenari di guida estremi. Dovevano, inoltre, essere durevoli e resistere alle radiazioni UV e alle condizioni climatiche calde e fredde nei veicoli.

Oltre ai suddetti requisiti tecnico-funzionali, il capitolato di fornitura prevedeva solo tre mesi di tempo per realizzare e consegnare 7200 componenti (18 singole staffe per ciascuno dei 400 veicoli). Non molto tempo, considerando che queste parti dovevano essere progettate su misura da zero.

La società francese che ha realizzato il progetto (R3D), con una sola stampante 3D fotopolimerica è stata in grado di raggiungere la tiratura richiesta di 7200 componenti entro la tempistica di tre mesi, lavorando in continuo 24 ore al giorno, sette giorni su sette.

La qualità dei pezzi realizzati è stata così positiva che sono stati effettuati altri due ordini per 12.600 parti destinati a 700 veicoli aggiuntivi.

In un anno, l’azienda ha utilizzato la sua singola stampante 3D per produrre 18.000 parti per mille auto della polizia. Sono stati utilizzati circa 330 litri di resina durante il processo, cioè la quantità di materia prima strettamente necessaria alla produzione dei componenti, azzerando completamente ogni tipo di spreco.

Scritto da: