Mappare le interazioni tra i principi attivi contenuti nei farmaci e il complesso delle proteine prodotte dal genoma del singolo paziente, pone le basi per l’identificazione sistematica degli effetti sconosciuti dei farmaci esistenti e abilita il progredire delle terapie farmacologiche personalizzate.

«Esistono farmaci in grado di agire più di quanto si pensi. L’esempio più popolare è quello dell’aspirina, la cui efficacia come antidolorifico è ben consolidata da tempo, ma solo successivamente si è scoperto che il suo principio attivo, l’acido acetilsalicilico, ha anche un effetto fluidificante sul sangue, tanto che viene ormai somministrato di routine ai pazienti che soffrono di problematiche cardiovascolari. Crediamo siano molti i farmaci ampiamente utilizzati, dai potenziali benefici ancora sconosciuti. Uno degli obiettivi del nostro lavoro è proprio quello di ricercare sistematicamente tali benefici, di portarli alla luce senza dover attendere scoperte accidentali»: sono le parole di un gruppo di scienziati della School of Life Sciences, in seno alla Technical University di Monaco, contenute nell’articolo “Decrypting the molecular basis of cellular drug phenotypes by dose-resolved expression proteomics” (Nature Biotechnology), in cui illustrano il loro recente lavoro in materia di proteomica applicata allo studio dei meccanismi di azione dei farmaci, più in particolare del rapporto dose-risposta che regola i «cambiamenti di espressione proteica indotti da determinati medicinali».

La crucialità di tale tematica si declina in quella branca della medicina che esplora gli effetti collaterali dei principi attivi contenuti nei farmaci, per arrivare a identificare eventuali reazioni avverse da parte dei pazienti e, in base a queste, definire il trattamento più idoneopersonalizzato, per ognuno di essi.

Lavoro di ricerca – questo – che presuppone la conoscenza approfondita e rigorosa di ciò che accade a livello cellulare durante i processi di risposta ai farmaci. Ma procediamo per gradi.


Tra le cosiddette “scienze omiche”, la proteomica è quella che studia la struttura, le funzioni, le interazioni e le alterazioni delle proteine umane, per applicazioni che vanno dalla rilevazione di marcatori biologici, antigeni batterici e marker riferibili a neoplasie, allo sviluppo di nuovi farmaci e, in base al proteoma individuale, alla messa a punto di terapie farmacologiche personalizzate.
Andando oltre i classici test fenotipici di analisi dose-risposta, il recente lavoro degli scienziati dellaTechnical University di Monaco ha introdotto una metodologia con la quale misurare il rapporto dose-risposta nei cambiamenti di espressione delle proteine, in reazione a determinati farmaci.
In uno scenario futuro, il nuovo approccio potrebbe aprire ad analisi su larga scala a livello di proteoma, con la possibilità di diventare uno strumento standard in ambito farmacologico e clinico, supportando l’identificazione di potenziali benefici non noti nei farmaci in uso, nonché la formulazione di terapie personalizzate, a misura di singolo paziente.

Cos’è la proteomica e qual è il suo apporto alla diagnostica e alla ricerca farmacologica

Segmento della biologia molecolare, la proteomica indaga la struttura, le funzioni e le interazioni delle proteine, nonché i loro cambiamenti di espressione, fornendo una comprensione ampia dell’intero organismo umano. In quest’ultimo, «si stima che esistano quasi un milione di proteine e che il genoma umano ne codifichi circa 26.000-31.000» [fonte: “Proteomics: Concepts and applications in human medicine” – National Library of Medicine, 2021].

A proposito di codifica delle proteine ad opera del genoma, «il termine stesso “proteoma” sta a indicare l’insieme di tutte le proteine da esso codificate».

«Così come è possibile studiare a livello “omico”, ossia “globale”, l’insieme dei geni contenuti nelle cellule e il trasferimento di informazioni tra essi, allo stesso modo è possibile studiare la totalità delle proteine sintetizzate nelle cellule stesse» [fonte: “La proteomica: la storia della cellula raccontata dai biomarker” – Rivista della Società Italiana di Medicina Generale, volume 25, 2018].

A tale riguardo, rammentiamo che genomica e proteomica – insieme a trascrittomica e metabolomica – fanno parte delle “scienze omiche”, il cui obiettivo è «identificare, caratterizzare e quantificare tutte le molecole biologiche coinvolte nella struttura, funzione e dinamica di una cellula, tessuto o organismo [fonte: University of Illinois Urbana Champaign].

Le applicazioni della proteomica includono – in primis – l’identificazione di possibili marcatori biologici(detti anche “biomarker”), vale a dire «indicatori di processi fisiologici, patologici o di risposte biologiche all’intervento terapeutico». Questo è possibile eseguendo l’analisi delle proteine a livello ematochimico, da cui sono rilevabili – ad esempio – antigeni batterici verso cui è rivolta una data risposta immunitaria dell’organismo e marker correlabili a neoplasie.

Relativamente a quest’ultimo punto, ricordiamo – come spiega l’articolo citato, pubblicato sulla Rivista della Società Italiana di Medicina Generale – che «le cellule tumorali producono proteine modificate o proteine che, in condizioni normali, non sarebbero prodotte da quel tipo di cellule e in quel quantitativo e che, pertanto, possono diventare utili biomarker».

Un’altra applicazione di rilievo della proteomica riguarda la ricerca di nuovi farmaci, destinati a diversi tipi di patologie. In particolare, in questo caso – sottolinea l’autrice dello scritto menzionato, ricercatrice presso il Candiolo Cancer Institute di Torino – il lavoro prevede lo studio delle “specifiche” proteine associate a una “specifica” condizione patologica, per farne dei target di nuove terapie. Schema che, «ulteriormente implementato da uno studio individuale del proteoma, conduce allo sviluppo di farmaci personalizzati», messi a punto guardando alla storia clinica del singolo paziente, alla struttura e alle funzioni delle sue proteine e alle alterazioni di queste ultime a se onda della tipologia di terapia somministrata e alle dosi.

Proteomica e dinamica dose-risposta in farmacologia

«Che i farmaci esercitano i loro effetti in modo dose-dipendente e che la maggior parte di essi agisce sulle proteine, è noto fin dalle origini della medicina» fa sapere il già menzionato team della School of Life Sciences dell’Ateneo di Monaco.

Anche l’analisi della dinamica dose-risposta, in relazione alle valutazioni delle caratteristiche proprie di un dato organismo (fenotipo), è una pratica affatto nuova in farmacologia. Ciò che è meno diffuso – osservano – è l’applicazione della proteomica allo studio della “dose del farmaco”.

«Per quanto ne sappiamo, non è stata ancora intrapresa una disamina sistematica delle caratteristiche dose-risposta dei cambiamenti di espressione del proteoma indotti dai farmaci, limitando le conoscenze sulle basi molecolari che guidano e descrivono i cambiamenti fenotipici osservati».

La peculiarità del lavoro condotto dai ricercatori tedeschi sta proprio nell’avere introdotto una metodologia mediante la quale «misurare il rapporto dose-risposta nei cambiamenti di espressione delle proteine», in reazione a determinati farmaci, dalla quale potrebbe derivare una nuova leva per la medicina di precisione.

Il metodo decryptE

In tema di proteomica, il metodo (denominato decryptE) messo a punto dal team si è avvalso di un modello costituito da cellule T Jurkat (cioè «linfoblasti T normalmente impiegati nella ricerca medica per studiare la leucemia acuta»), testato su 144 medicinali appartenenti a 16 diverse classi di farmaci antitumorali, per la maggior parte già utilizzati in ambito oncologico o in fase di approvazione.

«Le cellule sono state coltivate in piastre da 48 pozzetti e trattate per diciotto ore con cinque dosi di farmaco – fanno sapere gli autori – L’attività delle cellule, così come la loro morfologia, sono state osservate e valutate allo stesso modo, in parallelo, con tutti i 144 farmaci, applicando lo stesso intervallo di tempo e le medesime dosi».

Dopo l’estrazione delle proteine, il loro insieme (proteoma) è stato misurato ricorrendo alla tecnica della spettrometria di mobilità ionica asimmetrica ad alto campo.

Lo screening totale dei farmaci ha richiesto 768 ore di tempo (equivalenti a 5,3 ore per ogni farmaco) e ha portato all’identificazione e alla quantificazione di ben 8.892 nuove proteine e alla classificazione di 1.133.847 curve dose-risposta (disponibili online per la comunità scientifica globale), che mostrano i meccanismi alla base degli effetti dei principi attivi nel corso dei trattamenti.

Cambiamenti di espressione proteica innescati dai farmaci: perché nelle patologie oncologiche sono centrali

Il primo modello del sistema decryptE, non a caso, ha riprodotto un tumore (più nello specifico, un tumore del sangue), fornendo, così, un esempio paradigmatico dell’importanza di una comprensione il più possibile puntuale dei processi che segnano il rapporto dose-risposta nell’alterazione del proteoma provocata dai farmaci. Nelle patologie oncologiche, si tratta di processi nodali, come sottolinea il gruppo di lavoro:

«A seconda del tipo di tumore, ci si trova davanti a scenari molto diversi a livello di proteine. E ciò è decisivo per la scelta dei trattamenti più adeguati, oltre che per il rilevamento di indizi per lo sviluppo di nuovi farmaci»

Ad esempio, con i dati raccolti dal primo screening di farmaci eseguito per mezzo del metodo descritto, gli autori hanno dimostrato come il sistema immunitario umano possa essere indebolito da una classe di farmaci noti come inibitori dell’HDAC (acronimo inglese di Histone DeACetylases, proteine coinvolte nella divisione cellulare), comunemente impiegati come farmaci antitumorali. Il che ha come conseguenza un impatto negativo su quei trattamenti antitumorali fondati proprio sull’azione del sistema immunitario.

Si è trattato di una scoperta fatta in modo inconsapevole – aggiunge il team – durante il primo impiego del nuovo sistema, a dimostrazione del suo differente funzionamento rispetto alle metodologie proprie degli esperimenti classici in campo farmacologico, «generalmente condotti con l’obiettivo di trovare una risposta a una domanda ben definita e circoscritta».

Glimpses of Futures

Tutte le terapie farmacologiche influenzano il ricco corredo proteico presente nell’organismo umano. In che modo e in che quantità lo fanno – se a dosi basse, moderate o alte, se stimolando la cellula a produrre nuove proteine oppure bloccando la sua l’attività – non è sempre chiaro.

Il merito dello studio illustrato sta nell’avere fatto luce su alcuni aspetti di questa tematica e nell’aver reso disponibile un tool che si presta a test “dose-risposta” di matrice proteomica su tutte le classi di medicinali, non solo sugli antitumorali.

Ma cerchiamo, ora, di anticipare possibili scenari futuri, analizzando – attraverso la matrice STEPS – gli impatti che l’evoluzione del metodo presentato, tramite il quale misurare il rapporto “dose farmaco”-“risposta del proteoma”, potrebbe avere sotto più profili.

S – SOCIAL: in un futuro scenario, l’evoluzione del metodo sviluppato – che va oltre i test fenotipici di analisi dose-risposta in base alle macro caratteristiche dell’organismo in esame, tra cui, ad esempio, quelle morfologiche e fisiologiche – applicato ad altre specie di farmaci, come potrebbero essere quelli destinati alle malattie autoimmuni o a quelle neurodegenerative, potrebbe portare (in poco più di 5 ore di tempo di analisi) alla rilevazione di migliaia di dati molecolari (relativi a struttura, funzioni, interazioni e alterazioni delle proteine) finora inediti con, in più, migliaia di informazioni quantitative sulle curve dose-risposta. Il nuovo approccio apre, dunque, ad analisi su larga scala a livello di proteoma, con la possibilità di divenire, un domani, uno strumento “standard” in ambito farmacologico e in ambito clinico, supportando l’identificazione di quei potenziali benefici ancora sconosciuti nei farmaci esistenti, nonché la formulazione di terapie personalizzate, a misura di singolo paziente.

T – TECHNOLOGICAL: in futuro, l’evoluzione dell’approccio sviluppato dall’Ateneo di Monaco potrebbe contribuire a fare della genomica e della proteomica – focalizzate su tematiche differenti (geni e proteine), ma entrambe parte delle scienze omiche, di cui condividono l’obiettivo – un terreno in cui saperi e tecniche si incrociano, aiutando, in questo modo, il mondo della ricerca ad affinare la comprensione del filo rosso che lega condizioni patologiche, geni e proteine e a scoprire nuovi trattamenti, in un approccio olistico in cui ogni elemento si allaccia all’altro. Struttura, funzione e mappatura dei genomi, con un focus sulla produzione di proteine da parte dei ribosomi, è materia della genomica, in cui la proteomica, negli anni a venire, potrebbe intervenire mettendo a fuoco il modo in cui le proteine cambiano, specie in risposta alle quantità e alle tipologie di farmaci.

E – ECONOMIC: se, da un lato, la medicina personalizzata – alla quale guarda il metodo decryptE – si pone l’obiettivo di ridurre gli sprechi di denaro in trattamenti terapeutici standard, inefficaci e controproducenti per un gran numero di pazienti, dall’altro le cure individualizzate pongono, esse stesse, sfide sotto il profilo economico ai Sistemi Sanitari nazionali. Nel momento stesso in cui, in futuro, per mezzo dell’approccio ideato dal team di ricercatori tedeschi, si dovesse arrivare non solo a escludere, per il tipo di profilo proteomico e la curva dose-risposta del singolo paziente, taluni farmaci esistenti e preferirne altri, ma anche a sviluppare soluzioni ad hoc, cucite “su misura di paziente”, si dovrà pensare a come decidere i tetti di spesa e a come rendere le terapie personalizzate accessibili e fruibili da parte di tutti, senza discriminazioni.

P – POLITICAL: uno strumento come quello introdotto dal team di ricerca, se in futuro dovesse diffondersi nella comunità scientifica e divenire, nel tempo, une metodo accreditato, si inserirebbe in uno scenario UE dove, dal 2016, è attivo l’International Consortium for Personalised Medicine (ICPerMed), istituito dallaCommissione europea, insieme a finanziatori internazionali nell’ambito della ricerca scientifica, allo scopo di «sostenere la base scientifica della medicina personalizzata attraverso un approccio coordinato alla ricerca e aprire la strada ad approcci di medicina personalizzata per i cittadini». In0ltre, più recentemente, a ottobre 2023, il Consiglio dell’Unione Europea ha lanciato l’European Partnership for Personalised Medicine (EP PerMed), il cui obiettivo è dare un impulso alla ricerca nel campo della medicina di precisione in tutto il territorio dell’Unione, con 49 partner che partecipano al suo sviluppo.

S – SUSTAINABILITY: l’obiettivo della sostenibilità economica che, in futuro, potrebbe conseguire il sistema proposto dagli autori – in quanto ulteriore leva per la medicina personalizzata, grazie alla quale poter evitare gli sprechi dati dall’adozione di terapie standard, inefficaci per un gran numero di pazienti – si coniuga a quello della sostenibilità ambientale. L’impiego di farmaci non idonei, infatti, proprio perché non in linea col proteoma del singolo paziente e, dunque, incapaci di indurre cambiamenti di espressione proteica positivi e funzionali, vanno a sommarsi ai rifiuti di medicinali usati, la cui gestione e il cui smaltimento non sono sempre limpidi e coerenti dal punto di vista normativo. In questo senso, una metodologia che abilita il progredire della medicina di precisione si traduce, nel lungo periodo, in un ecosistema meno inquinato da inutili farmaci standard scartati.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin