Le vendite dei robot industriali crescono e sarà un trend sempre più dominante. Il fattore AI è essenziale al loro sviluppo e alla ricerca, dove l’Italia è protagonista. Lo sottolinea lo scienziato Antonio Bicchi, docente di Robotica e presidente I-RIM, Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti.

TAKEAWAY

  • Crescono le vendite e l’impiego dei robot industriali in tutto il mondo, diffusi in svariati settori, tra cui elettronica e automotive.
  • L’Italia è il sesto Paese al mondo per vendite e uno dei protagonisti assoluti nella ricerca.
  • Uno dei fattori della crescita è legato all’intelligenza artificiale, «elemento centrale della robotica», afferma Antonio Bicchi, scienziato, docente di robotica e presidente I-RIM.

La presenza dell’intelligenza artificiale nella robotica industriale aumenterà, come è destinata a crescere l’adozione di robot nell’industria. I numeri fanno comprendere già oggi lo sviluppo. Il report World Robotics 2021 di IFR – International Federation of Robotics riferisce di un record di 3 milioni di robot industriali operativi negli stabilimenti di tutto il mondo. Nonostante la pandemia, le vendite di nuovi robot non solo non hanno mostrato segni di cedimento, ma sono cresciute, sia pure lievemente (+0,5%). Così si è arrivati a 384mila unità spedite a livello mondiale nel 2020: è il terzo anno di maggior successo nella storia per l’industria della robotica, dopo il 2018 e il 2017.

Il 2021, da poco concluso, è previsto essere ancora più radioso per le installazioni di robot. A livello globale, la crescita stimata è del 13% con 435mila unità, superando così il livello record raggiunto nel 2018.

Sebbene l’Asia sia l’area dove la crescita sia più sostenuta, con la leadership incontrastata e in crescendo della Cina, seguita da Giappone e Corea al quarto posto, subito dietro agli Stati Uniti, l’Europa è comunque un contesto in cui la robotica industriale non solo è destinata a crescere. Tra i Paesi più importanti europei, dopo la Germania c’è l’Italia. Il 13% delle installazioni complessive in Europa è avvenuto nel Belpaese.

Intelligenza artificiale nella robotica industriale: l’Italia dei robot vanta un ruolo di vertice e primati storici

L’Italia ha un ruolo di vertice per vendite e implementazioni di robot industriali: è sesta nel mondo, oltre che seconda nel Vecchio Continente. Ma, soprattutto, ha una storia di primati assoluti nella robotica industriale.

Il primo robot per il taglio industriale 3D è stato fatto in Italia; il nostro Paese anche è tra i primi al mondo per produzione di macchine per imballaggio. Che dire poi del Robogate, considerata la più importante innovazione nel processo produttivo di un’automobile subito dopo l’invenzione della catena di montaggio? Fu introdotta per la prima volta nel mondo dalla Fiat nel 1978. Vanno anche ricordati i primi robot per l’assemblaggio o per la telemanipolazione, frutto dell’ingegno nazionale.

Il nostro Paese è tra i protagonisti mondiali anche nella ricerca robotica: «l’Italia si classifica prima o subito dopo gli Stati Uniti nella graduatoria della qualità delle pubblicazioni scientifiche. Nel suo complesso, la ricerca robotica gode di ottima salute ed è in condizione decisamente invidiabile anche in rapporto ad altri contesti. I motivi sono diversi: innanzitutto conta su un forte segmento industriale che fa robotica e sostiene la ricerca. Inoltre, ha una tradizione lunga e consolidata nella ricerca, coadiuvata da Università che sono realtà di assoluta eccellenza». Lo afferma Antonio Bicchi, Senior Scientist presso l’IIT di Genova e docente di Robotica all’Università di Pisa. Un autentico riferimento per la ricerca scientifica, anche di frontiera, tanto che l’ERC – European Research Council gli ha accordato quattro dei suoi prestigiosi riconoscimenti. Bicchi è anche presidente I-RIM – Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti. A lui chiediamo verso quali prospettive va la robotica e quale impiego si può prevedere per l’intelligenza artificiale nella robotica industriale.

Professor Bicchi, a proposito del ruolo dell’intelligenza artificiale nella robotica industriale, il report 2021 di IFR evidenzia che il numero di robot industriali è cresciuto ancora. Quanto contribuisce l’AI a tale crescita?

Antonio Bicchi, Senior Scientist presso l’IIT di Genova e docente di Robotica all’Università di Pisa
Antonio Bicchi, Senior Scientist presso l’IIT di Genova
e docente di Robotica all’Università di Pisa

L’intelligenza artificiale è un elemento centrale della robotica. L’AI contribuisce alla definizione stessa di robot, che è quell’elemento intelligente che connette la percezione all’azione. Qualsiasi avanzamento che si ha in robotica lo si deve proprio alla presenza di nuovi sensori capaci di raccogliere più dati e in modo mirato e al fatto che migliora la capacità di intervenire sull’ambiente perché evolve l’intelligenza. I grandi progressi dell’Artificial Intelligence sono importantissimi in tutti questi tre aspetti. Inoltre, i sistemi AI permettono un’interazione più naturale e più facile tra uomo e robot, consentendo così a un bacino di persone sempre più ampio di impiegare macchine intelligenti.

Come l’AI consentirà alla robotica industriale di svilupparsi ulteriormente?

Uno dei problemi da sempre posti alla robotica è gestire ambienti di lavoro non perfettamente strutturati. Un esempio è chiedere a un robot di prendere oggetti da un contenitore in cui sono presenti pezzi alla rinfusa per poi disporli per un successivo assemblaggio. Per questo processo, che prevede diversi elementi di complessità, il ruolo dell’AI è fondamentale. Molti progressi sono stati fatti, ma c’è ancora molto su cui lavorare. Ciò richiede una grande necessità di ricerca sull’intelligenza artificiale per risolvere le questioni irrisolte. La tecnologia AI, per certi versi, viene considerata già matura e disponibile quando si parla di sistemi messi a disposizione da Amazon o Google attraverso i loro servizi cloud. Quando, invece, si affronta il tema dell’intelligenza artificiale nella robotica industriale, in cui i problemi sono fisici e non di pura informazione, lo scenario è più complesso. Infatti, l’elemento chiave dell’AI, specie nel caso del Machine Learning o del Deep Learning, è la possibilità, per le macchine, di imparare a svolgere compiti specifici elaborando grandi quantità di dati e riconoscendo i modelli. Nella robotica industriale questo corrisponde alla possibilità di contare su moltissime operazioni svolte in ambiente reale che non sempre sono disponibili.

Quali sono le tecniche d’intelligenza artificiale che rendono maggiormente abilitante lo sviluppo della robotica?

Sempre a proposito di intelligenza artificiale nella robotica industriale, la computer vision è sicuramente importante. Pensiamo alla sua valenza: tutto ciò che fanno i robot nell’ambiente è prima di tutto mediato dalle immagini che ricevono. Il passo successivo è legare la visione all’azione. Su questo si può costruire una sequenza di azioni che portano da un algoritmo a un altro oppure, con un approccio più moderno (end-to-end), la possibilità di costruire reti che imparino a saltare continuamente dai pixel dell’immagine alla determinazione dell’azione finale anziché passare da una serie di elaborazioni successive. Ciò ha permesso di risolvere problemi importanti in robotica e ne spiegano lo sviluppo. Per altri versi c’è ancora bisogno di fare ulteriori progressi, perché non sempre gli approcci di Machine Learning e Deep Learning possono essere applicabili al mondo dell’interazione. Il mondo dell’informazione, delle immagini o dell’elaborazione del suono si basano su una replicabilità praticamente infinita di esempi a disposizione. Il mondo dell’interazione conta su un numero limitato di esempi fisici. Proprio per questo si avverte la necessità di passare da paradigmi di AI tali da apprendere da un numero più limitato di esempi. È un po’ quello che avviene nel bambino, cui gli basta vedere come si svolge un’azione un paio di volte per riuscire a riprodurla. Finora la programmazione dei robot era pressoché svolta totalmente mediante una tastiera oppure con una serie di azioni dimostrate al robot. La prossima rivoluzione passa dall’interazione uomo-macchina, in cui una persona potrà essere in grado di impartire comandi anche quando le situazioni al controllo possono essere variabili. Ciò implica un ragionamento che può essere insegnato in modo semplice e intuitivo, permettendo di ridurre i tempi di riprogrammazione e di riconfigurazione della linea di produzione o logistica, permettendo una maggiore flessibilità.

Veniamo infine all’industria, sempre più proiettata al modello 5.0. Come si caratterizzerà e quale sarà il rapporto tra uomo e macchina? Anche in questo caso che ruolo avrà l’intelligenza artificiale nella robotica industriale?

Premesso che la definizione di Industria 5.0 è ancora flessibile e aperta a diverse interpretazioni, il rapporto sarà improntato a una maggiore interazione tra i due, passando dal concetto di collaborazione (tipico dei cobot) a integrazione uomo-robot. Ciò significa un’interfaccia ancora più trasparente e in grado di agevolare la possibilità di integrare le due parti nello stesso sistema, per le varie attività. La macchina non è più solo la parte esecutiva del processo o cooperativa che, come nel caso dei cobot, può affiancare la persona e interagire con essa per assisterla fisicamente: è proprio una parte integrante nel processo, capace di fornire alla persona un aiuto fisico e intellettivo, suggerendogli anche modi migliori per svolgere una certa operazione oppure fornendogli informazioni non evidenti. Questa evoluzione manterrà comunque la persona al centro, arricchendola però di nuove capacità e possibilità. Anche in questo senso sarà importante l’intelligenza artificiale nella robotica industriale.

L’Italia si pone ai vertici mondiali in termini di robotica industriale. Quali sono, oggi, gli esempi più significativi e innovativi della ricerca in Italia in questo filone?

Uno dei più importanti è la robotica collaborativa, che oggi rappresenta circa un terzo dell’intera produzione di robot. Ci sono centri molto importanti, alcuni più vicini all’industria, altri a carattere più sperimentale. Per citare solo alcuni centri di eccellenza, ricordo il Politecnico di Milano o lo STIIMA – Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato del CNR. Segnalo realtà importanti anche a Napoli, presso l’Università Federico II, e a Roma, senza tralasciare l’IIT e l’Università degli studi di Pisa, per cui lavoro, esempi di applicazione dell’intelligenza artificiale nella robotica industriale. Voglio citare anche l’esperienza virtuosa del JOiiNT LAB, laboratorio congiunto tra IIT e il consorzio Intellimech di Bergamo, insieme a Kilometro Rosso, Confindustria Bergamo e Università di Bergamo. È l’espressione di un nuovo modo di lavorare e collaborare nell’innovazione robotica nell’industria. È anche il paradigma di come si possa fare ricerca di avanguardia pur in un contesto di applicazione industriale, contando su un contesto sinergico tra ricerca, innovazione e realtà industriale del territorio. In esso, grandi aziende investono fondi, attrezzature e risorse umane che lavorano fianco a fianco a esperti del mondo scientifico. Tutto questo aiuta anche ad accelerare il trasferimento tecnologico e a ridurre i tempi di passaggio dell’innovazione in nuovi processi industriali.

Quali saranno i settori che trarranno maggiore beneficio dall’impiego della robotica industriale, magari anche inattesi?

Elettronica e automotive sono due settori consolidati, in cui la robotica industriale è parte integrante. Nel segmento automobilistico ci aspettiamo una forte ristrutturazione del processo produttivo dei veicoli dovuta al cambiamento di modalità di trazione, da endotermico a elettrico, che comporterà anche una crescita dell’ausilio robotico e dell’automazione. Tra i nuovi possibili settori in cui i robot potrebbero farsi più spazio, prevedo quello edile, specie il cantiere. La robotica diverrà un elemento importante nell’ausilio delle persone in edilizia una volta che saranno affrontate e superate questioni importanti in ordine anche di robustezza. Anche le macchine di movimento terra saranno sempre più robotiche. Sembra scontato, ma anche in questo caso sarà strategica l’intelligenza artificiale nella robotica industriale.

La soft robotics è uno dei settori più interessanti della ricerca scientifica. Quale ruolo ha e avrà nell’industria? Dove potrà fornire il contributo più significativo? L’intelligenza artificiale nella robotica industriale soft che ruolo avrà?

La soft robotics è già presente nell’industria, sotto forma di dispositivi che si sostituiscono a molte fasi della programmazione di dettaglio, necessaria per la robotica tradizionale, grazie alla capacità intrinseca del robot di conformarsi e di adattarsi all’ambiente. Penso ai soft robot che assumono la forma di oggetti che devono afferrare, senza bisogno di essere istruiti in questo compito. La loro capacità di adattarsi all’ambiente comporta l’esigenza di un’intelligenza diversa, che tenga conto di questa dimensione spaziale. Nel futuro vedremo sempre di più soft robot in ambito industriale, anche grazie al rafforzamento delle loro strutture e alla loro maggiore robustezza e resistenza all’usura. Certo, ci vorrà ancora tempo per vedere un loro impiego in maniera diffusa. Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella robotica industriale, in particolare per la soft robotics, è e sarà determinante: nel programmare macchine di questo tipo occorre includere, nel modello, l’ambiente in cui interagisce. In questo caso, occorrono moltissimi dati e tecniche specifiche di Machine Learning o Deep Learning.

Scritto da:

Andrea Ballocchi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin