Le possibilità applicative dell’intelligenza artificiale possono fornire benefici anche in termini di sostenibilità. Unione Europea e Italia stanno cercando di pianificare come applicarla al meglio. Visioni e strategie sono state illustrate in occasione dell’AI Forum 2022.
Promuovere un legame più forte tra intelligenza artificiale e sostenibilità è un obiettivo al quale lavorano sia l’Unione Europea sia l’Italia. Cresce la consapevolezza che l’AI ci aiuterà a risollevarci dalla pandemia e ci permetterà di centrare gli obiettivi fissati in tema di clima e ambiente. Ha già permesso di ottenere risultati di ottimo livello nella lotta contro il Covid-19 e già oggi fornisce elementi utili per lavorare a ridurre le emissioni climalteranti, per fare efficienza energetica, per applicare con maggiore efficacia scelte mirate all’economia circolare e all’eco-design.
Si deve lavorare, quindi, a permettere di adottare quanto più sensibilmente tecniche di intelligenza artificiale per la ripresa sostenibile, tema su cui si è concentrata la prima giornata dell’AI Forum 2022, evento ideato e promosso dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) presso il Centro Congressi Padova Fiere, all’interno dell’IEEE World Congress on Computational Intelligence (WCCI).
Due interventi, in particolare, hanno messo in luce il ruolo che l’AI può avere per contribuire a questa ripresa sostenibile: quello di Gianluigi Greco, presidente AIxIA, dedicato al ruolo dell’AI in Italia e alla sua applicazione nell’ambito dello sviluppo sostenibile, e quello di Vittorio Calaprice, analista politico e membro della rappresentanza italiana della Commissione Europea, focalizzato sulla strategia europea per l’AI.
L’Italia dell’AI: luci e ombre
Quanto sta facendo l’Italia per avvicinare intelligenza artificiale e sostenibilità? Su questo è intervenuto Gianluigi Greco, partendo dall’evidenziare i pregi indubbi del nostro Paese in materia di AI.
Si comincia con l’Università: «abbiamo un tessuto universitario molto florido e attivo nel campo dell’intelligenza artificiale». Il lavoro di mappatura che sta conducendo l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale e il CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) e che verrà presentato a settembre, sta delineando la situazione.
Intanto, già oggi ha permesso di individuare 50 Atenei che vi lavorano. Anche la ricerca italiana è ai vertici mondiali, in termini di citazioni nelle pubblicazioni scientifiche (nella top ten mondiale), ma anche in termini di numero di ricercatori (740) che lavorano in questo ambito
È una situazione sorprendente, pensando a quanto poco si investe in Italia sulla ricerca. «Malgrado sia sottodimensionato il contributo degli investimenti in ricerca pubblica e privata, l’Italia riesce a mantenere un livello di estrema competitività nel panorama internazionale. Nel nostro Paese c’è un tessuto in cui l’intelligenza artificiale denota di essere matura». I problemi subentrano nel momento in cui si guarda all’economia e all’impatto sul territorio.
«Se si si confrontano i dati che emergono dalla strategia italiana per l’intelligenza artificiale, l’Italia in confronto con la Germania è dieci volte inferiore rispetto all’indice di intensità brevettuale – sottolinea Greco – L’Italia, quindi, è fortissima a livello accademico e di ricerca, ma davvero poco di queste attività va poi realmente sul tessuto produttivo: si brevetta pochissimo. Quest’attività è fondamentale perché consente di tutelare gli aspetti importantissimi di capitale intellettuale».
Anche nel caso della comprensione e uso dell’AI a livello industriale, si levano note critiche. Le (poche) grandi imprese danno prova di conoscenza e di applicazione, non così le PMI, che costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo nazionale.
Intelligenza artificiale e sostenibilità: da dove partire
Da qui è necessaria una visione che coniughi ricerca e innovazione all’applicabilità economica, alla capacità di unire intelligenza artificiale e sostenibilità ambientale ed economica.
Una visione che ponga in rilievo i Goal dell’Agenda 2030: «occorre crederci e investire perché da qui possono nascere nuovi e interessanti modelli di business finora sotto utilizzati» ha rilevato il presidente AIxIA. Serve un grande modello di business e nella visione di Greco sono tre gli ambiti di interesse: utilizzo di risorse; decisioni consapevoli sull’impatto green; applicazioni per la sostenibilità.
Nel primo caso, occorre affrontare fin da subito situazioni già note. Per esempio, l’impiego di reti neurali nel prossimo futuro crescerà esponenzialmente. Si dovrà procedere non tanto ad affidarsi su nuovo hardware, che richiede ancora più dispendio d’energia, quanto piuttosto su una visione più “creativa”, basata sulle potenzialità del lato software.
Serve anche prendere decisioni consapevoli sull’impatto green: «quante aziende sanno prendere decisioni, conoscendo la possibilità di mettere in campo azioni compensative in termini di emissioni di CO2? Bene, queste azioni possono essere orchestrate dall’intelligenza artificiale».
In termini di applicazioni per la sostenibilità, è bene cominciare a ragionare su nuove opportunità. Greco porta due esempi legati all’impiego dell’AI per l’economia circolare e l’energia: nel primo c’è un documento dell’Ellen MacArthur Foundation che spiega l’impatto dell’AI sulla circular economy e uno del WEF che fa lo stesso con AI ed energia.
Entrambi dicono che le potenzialità sono ampie, ma ci sono ben poche applicazioni, ed è paradossale. «Anche nel caso della ricerca di nuovi materiali sarebbe interessante l’impiego dell’AI nell’inverse design, che cambia drasticamente approccio alla ricerca e permette di trovare soluzioni impensabili. Su questo lavora la fotonica, per esempio».
Di potenziali applicazioni dell’AI ce ne sono tante. Le opportunità che si aprono oggi sono variegate, «stiamo vivendo una nuova primavera dell’intelligenza artificiale», conclude Greco: è bene sfruttare le sue potenzialità.
La visione dell’Europa sulla strategia per l’AI
In materia di Intelligenza artificiale e sostenibilità, Vittorio Calaprice ha fatto il punto sulla strategia dell’Europa in tema di AI. Per questo, l’analista politico della rappresentanza italiana della Commissione UE è partito da un documento del JRC joint Research Centre. Esso monitora le strategie nazionali a proposito di AI, valutando elementi di forza e di debolezza.
È un quadro articolato, in cui emergono gli elementi più competitivi. Serve, quindi, una visione comune, che la Commissione UE ha tratto, anche delineando quattro obiettivi che, d’accordo con gli Stati membri, ha deciso di perseguire.
Il primo è creare le condizioni per lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’UE, sviluppando e acquisendo le analisi legate alle politiche per l’AI, sfruttando al meglio il potenziale dei dati.
Il secondo elemento su cui L’Unione Europea ha chiesto di concentrare gli sforzi degli Stati membri è volto a trasformare l’ecosistema delle eccellenze dell’intelligenza artificiale e a portare dal laboratorio al mercato una serie di iniziative che spaziano dalla collaborazione con le parti interessate, dal partenariato pubblico-privati su AI, dati e robotica, alla creazione di giuste condizioni e capacità di ricerca, test e sperimentazione, anche per le PMI, fino al finanziamento e scalabilità di idee e soluzioni innovative.
La visione antropocentrica si evidenzia nel terzo punto. Esso è finalizzato ad assicurare che le tecnologie AI funzionino per le persone, puntando su talento e competenze, su un quadro di politiche per garantire la fiducia nei sistemi di intelligenza artificiale, nel promuovere la visione dell’UE su un’AI sostenibile e affidabile nel mondo, mettendo in luce il legame tra intelligenza artificiale e sostenibilità.
Quarto obiettivo è costruire una leadership strategica in alcuni settori (clima e ambiente, salute, robotica, mobilità, agricoltura ecc.).
Posti gli obiettivi, come si definisce la strategia? L’impegno passa dallo stanziamento di investimenti. Oltre a progettare di investire 1 miliardo di euro l’anno nell’AI grazie ai programmi Digital Europe (il cui budget di 7,5 miliardi intende sostenere progetti in cinque aree chiave, tra cui c’è l’intelligenza artificiale) e Horizon Europe (che resta il più grande programma di ricerca pubblica nel mondo), la Commissione UE intende attirare più di 20 miliardi di euro di investimenti totali nell’ai all’anno nell’UE nel corso di questo decennio. Il dispositivo per la ripresa e resilienza Next Generation EU contribuirà ad accelerare gli investimenti e ad andare oltre questo obiettivo.
L’impegno considera anche il livello di eccellenza della UE in termini di robotica: più del 25% dei robot industriali e dei servizi alla persona sono prodotti in Europa.
Investimenti privati, intelligenza artificiale e sostenibilità: i temi forti su cui si concentra l’UE
In tema di Intelligenza artificiale e sostenibilità, dal lato degli investimenti privati, si può e si deve fare decisamente di più. Calaprice, a questo proposito, ha citato un documento OCSE che certifica, negli ultimi dieci anni, quale sia stata la quota di investimenti da parte dei venture Capital nelle startup legate all’AI.
Il divario è molto ampio: questo fa capire «che ci sono ampi margini in cui gli investimenti privati possono attivarsi e bisogna creare le condizioni per cui siano attivabili nell’ecosistema europeo». Ciò è possibile attraverso un percorso che la Commissione Europea ha definito, guardando al 2030.
Ragionando su una ipotetica piramide, la cui base è composta dalle tecnologie innovative (cutting-edge technology for people) su cui la Commissione UE sta puntando, occorre definire al tempo stesso le regoledel mercato unico digitale e attuare le finalità di democrazia. Al vertice è posta la bussola digitale composta da quattro obiettivi (skill, infrastructure, business, government).
«Questi quattro punti cardinali ci accompagneranno da qui al 2030: sono i punti su cui tutte le strategie nazionali dovranno convergere attraverso una serie di obiettivi» ha affermato Calaprice, che ha dedicato l’ultima riflessione a un documento strategico da poco uscito: lo Strategic Foresight Report 2022. Fin dal sottotitolo, si mette in luce il legame tra transizione verde e digitale nel nuovo contesto geopolitico.
Il documento parte da una constatazione: per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 dobbiamo liberare il pieno potenziale della digitalizzazione e, allo stesso tempo, mettere la sostenibilità al centro della trasformazione digitale. Accelerare la duplice transizione permette anche di ridurre le dipendenze strategiche che l’Unione Europea si trova ad affrontare.
Ecco allora che investire sulla ricerca, sulle capacità di abbinare tecnologie innovative ed esistenti per lo sviluppo sostenibile (anche in questo caso sarà importante chiarire i punti comuni tra intelligenza artificiale e sostenibilità) permetterà di affrontare il futuro in maniera più efficace.