Alla Camera dei deputati è stata presentata una proposta di legge sulla blockchain, la prima a varcare la soglia di Montecitorio. Su cosa verte e quali potenzialità apre lo spiega William Nonnis, l’esperto che ha curato la parte dedicata alla specifica tecnologia.
TAKEAWAY
- È stata presentata, pochi giorni fa, alla Camera dei Deputati la prima proposta di legge sulla blockchain che – al suo interno – contempla anche un fondo da 500 milioni di euro per la transizione digitale e la diffusione della tecnologia blockchain nel nostro Paese.
- A curare la parte relativa alla blockchain è stato William Nonnis, Full Stack & Blockchain Developer di ENEA, che svela a Tech4Future i passaggi più importanti della proposta, tesa a promuovere una maggiore conoscenza e consapevolezza da parte di cittadini e imprese sulla specifica tecnologia.
- Nel testo della proposta, ora al vaglio del Parlamento, la volontà di costituire un archivio digitale attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain e NFT per valorizzare Beni Culturali e opere museali, ma anche l’avvio di distretti digitali regionali, per fare opera di disseminazione e per la valorizzazione degli asset immateriali detenuti dalle aziende.
Arriva alla Camera una proposta di legge sulla blockchain. Più precisamente, in questi giorni è stata presentata una proposta di legge per la tutela della creatività nazionale «contro ogni atto di pirateria e per stimolare l’innovazione nel segno dei grandi nomi dell’inventiva italiana» che contempla misure specifiche sulla blockchain.
Composta da un intergruppo di esperti di vari temi, contempla un Fondo di 500 milioni di euro (a valere dall’anno in corso) per la transizione digitale e la diffusione della tecnologia blockchain, istituito presso il Ministero della Cultura.
Esso intende, tra l’altro, promuovere l’informazione e la consapevolezza della tecnologia blockchain tra le imprese, Istituzioni e i cittadini, sostenere la creazione di ecosistemi per consentire la più ampia diffusione, anche tra chi promuove l’industria del design e della cultura, promuovere l’avvio di “Distretti Digitali Regionali”, ma anche creare i presupposti per costituire un archivio digitale attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain e NFT, per la valorizzazione dei Beni Culturali e opere museali.
L’utilità di una legge ad hoc si pone innanzitutto per tutelare la proprietà intellettuale in Italia, su cui il nostro Paese si dimostra assai arretrato. Secondo l’International Property Rights Index, si posiziona solo al 50esimo posto sui 125 paesi rappresentati nella ricerca del 2018.
Eppure la proprietà intellettuale è un motore economico e occupazionale incredibile. L’EUIPO (European Union Intellectual Property Office) rileva che le industrie che fanno un uso intensivo dei diritti di proprietà intellettuale come brevetti, marchi, disegni industriali e diritti d’autore generano il 45% del PIL, ovvero 6600 miliardi di euro l’anno, e si traducono in 63 milioni di occupati (che rappresentano il 29% di tutti i posti di lavoro).
Ecco allora l’importanza di una legge ad hoc. La blockchain in tutto questo ha una parte preponderante: per gli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 1 miliardo di euro, metà sono destinati al fondo dedicato.
«Il mio auspicio è che, entro il termine di questa legislatura, questa proposta di legge riesca a porre un primo tassello di livello giuridico che certifichi l’esistenza della blockchain. Da lì, si potranno poi sviluppare verticalmente le varie applicazioni, che sono tante proprio perché è una tecnologia che può entrare in gioco in molteplici attività e dare la possibilità a una filiera che, dalla ricerca, arriva alle startup. Dal tracciamento delle merci alla gestione degli ordini professionali, tutto potrebbe passare da qui»
afferma William Nonnis, Full Stack & Blockchain Developer, prima per il Ministero della Difesa e ora per ENEA.
Questa proposta di legge sulla blockchain e sulla tutela della creatività italiana, quali obiettivi si pone?
La proposta di legge quadro per «tutelare la creatività nazionale contro ogni atto di pirateria e stimolare l’innovazione nel segno dei grandi nomi dell’inventiva italiana» intende innanzitutto tutelare la proprietà intellettuale e creativa. L’intenzione è creare un registro distribuito, oltre che garantire maggiore tutela a brevetti e marchi. Oggi, chiunque ne voglia depositare uno, deve rivolgersi al Ministero dello Sviluppo economico per avviare la pratica, in parte online, in parte ancora da gestire fisicamente a Roma.
L’idea è poter gestire la pratica con la tecnologia blockchain e specifiche automazioni standardizzate per favorire l’accesso a un portale distribuito, in modo da depositare un brevetto o marchio avvalendosi del potenziale tecnologico che la blockchain mette a disposizione, con tutte le sue caratteristiche che la rappresentano.
Successivamente alla proposta di legge sulla blockchain, è stato aggiunto il proposito di realizzare un archivio digitale attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain e NFT, per la valorizzazione dei Beni Culturali e opere museali.
Come attuare questa valorizzazione?
L’idea è di tutelare le opere d’arte, specie quelle di proprietà pubblica, validandole mediante gli NFT, come è inserito nella proposta di legge sulla blockchain. Grazie a un archivio dedicato, sarà possibile notarizzare ogni opera a livello comunale, regionale, nazionale, permettendo alla “tokenizzazione” delle opere d’arte.
Questo permetterà non solo di salvaguardare il patrimonio artistico italiano, ma anche di aprire – volendo – a interventi di investimento. Lo Stato resterà l’azionista di maggioranza, ma la quota restante sarà fruibile da parte di investitori privati (costituito anche da ogni singolo cittadino) che, così, contribuiranno alle eventuali opere di manutenzione e conservazione.
L’idea di un restauro di un’opera d’arte su una blockchain pubblica potrebbe aiutare a tutelarla e a promuoverne la cura, capitalizzando l’investimento. L’esempio da cui trarre ispirazione può essere quanto fatto in Francia per sostenere la ricostruzione e il restauro di Notre Dame: a questo proposito, è stata attivata la possibilità di partecipare agli interventi donando criptovalute. (Esse offrono una modalità più efficiente dal punto di vista fiscale per donare, perché la criptovaluta è classificata come proprietà. Donando criptovalute, si riceve una deduzione fiscale per il valore equo di mercato delle criptovalute e si evita la tassa sulle plusvalenze. In questo modo si può effettuare una donazione e contare una deduzione maggiore del 20-30% – nda).
In questo modo lo Stato non deve sobbarcarsi l’intero investimento ma, grazie all’investimento privato, è possibile contare su un sostegno, offrendo agli investitori benefici, anche sul medio e lungo termine.
C’è anche l’idea di instituire un fondo per la transizione digitale e la diffusione della tecnologia blockchain da 500 milioni di euro all’anno, per l’anno in corso. A cosa servirebbe?
Innanzitutto servirebbe a finanziare un’opera di promozione, conoscenza e consapevolezza della tecnologia blockchain tra le imprese, Istituzioni e i cittadini. La “catena di blocchi” deve andare a tutelare l’individuo nella sua quotidianità: la tracciabilità dei beni; la sicurezza delle informazioni; la tutela della proprietà intellettuale. Inoltre andrebbe a tutelare la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini.
Questo è – o dovrebbe essere – il punto di vicinanza più sensibile tra blockchain e politica, in cui entra in merito la proposta di legge sulla blockchain. Questa tecnologia aiuterebbe a gestire le informazioni, garantendo un elevato grado di cybersecurity. Come si sa, le informazioni che passano su blockchain sono immutabili e inalterabili.
Anche per questo, ho inserito nella proposta di legge l’avvio di “Distretti Digitali Regionali”, in tutta Italia, che possano permettere alle realtà locali/nazionali pubbliche e private, di allinearsi al nuovo Paradigma Digitale, tramite un’attenta opera di disseminazione di conoscenza, a opera di esperti, su tutte le tecnologie digitali.
Ogni distretto si occuperà di avviare percorsi nelle scuole per guidare l’azione di istruzione e formazione degli studenti, in supporto al Ministero dell’Istruzione.
L’idea sarebbe di avviarli sotto forma di distretti partecipati a livello pubblico/privato. Questo comporterà una migliore penetrazione di competenze e di conoscenza delle discipline sulle nuove tecnologie digitali a opera di esperti, per favorire poi un loro maggiore impiego e avendone una maggiore consapevolezza.
Aiuterebbe anche ad aprire l’opportunità di disseminare questa conoscenza non solo tra i giovani, ma anche tra le persone della terza età, che hanno una grande necessità di alfabetizzazione digitale.
Sempre a proposito di questa proposta di legge sulla blockchain, per garantire che le risorse stanziate siano adeguatamente monitorate, sarà istituito presso il Ministero della Cultura il tavolo per la transizione digitale e la diffusione della blockchain, con esperti del settore e le principali categorie. Chi parteciperà?
L’ideale è creare una task force di esperti autorevoli e accreditati (anche Associazioni che stanno in questo settore da anni), in modo che essi mettano a sistema i processi sulle tecnologie che poi diventano materia normativa.
Rappresenta un passaggio fondamentale, eppure mancante, per definire tutti i passaggi essenziali al fine di attuare i necessari processi tecnologici digitali utili nei vari settori e nelle varie iniziative. Il tavolo tecnico serve a completare una lacuna tecnico-normativo in materia digitale.
La proposta intende anche promuovere il contributo della tecnologia blockchain in ottica di valorizzazione degli asset immateriali detenuti dalle aziende. Cosa significa?
Oggi la capitalizzazione finanziaria di un’azienda passa attraverso procedure mirate alla vendita di azioni. L’approccio ideale per tutelare non solo le aziende, ma anche lo Stato, sarebbe “tokenizzare” asset e capitoli finanziari in beni non tangibili.
Questo comporta un processo analogo a quello svolto da Tesla con il suo asset digitale (che conta un valore di mercato in termini di partecipazioni in bitcoin di 1,99 miliardi a fine dicembre 2021, cifra equivalente a circa il 10% delle attività liquide della società – nda).
Sto parlando, quindi, di un sistema tracciato che può garantire allo Stato di contare su fondi che possono essere reperiti e – nel caso di problemi societari – di essere allocati ai dipendenti per superare la crisi.
Resta il fatto che, ad oggi, questa è la prima proposta di legge sulla blockchain che varca i cancelli di Montecitorio. Aggiungiamoci anche che, nel testo del PNRR, il termine “blockchain” compare una sola volta: c’è ancora molto da fare, quindi, perché questa tecnologia possa prendere piede e perché tra blockchain e politica ci sia una relazione vera…
È questo il problema tra blockchain e politica. Manca, da parte della classe dirigente, la conoscenza non tanto tecnica – che pure è carente – ma delle opportunità economiche e sociali che questa tecnologia può offrire. Non si comprende come essa possa avere risvolti positivi per l’intero ecosistema nazionale. Un Piano nazionale, che pure prevede che il 46% dei fondi sia destinato alla transizione ecologica e digitale, contempla una sola volta il termine blockchain, fa comprendere quanto poco sia valutata.
I termini “intelligenza artificiale” e “cybersecurity”, che compaiono più volte, sono elementi certamente utili, ma a valle di un processo. A monte, però, serve contare su una tecnologia/infrastruttura come la blockchain per porre le fondamenta del processo digitale in termini di tracciabilità, sicurezza, trasparenza, condivisione.
A questo potrà contribuire questa proposta di legge sulla blockchain. Ecco perché credo che, a supporto decisionale, sia auspicabile che in alcune posizioni ci sia un governo di tecnici, conscio del singolo tema e che sappia indirizzare le scelte politiche in modo mirato ed efficace.