La robotica e le tecnologie di intelligenza artificiale sostituiranno il capitale umano nelle aziende? Oppure macchine e uomo interagiranno per aumentare la produttività e migliorare le condizioni di lavoro? Domande aperte, sulle quali il recente Forum virtuale del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha cercato di fare luce.

TAKEAWAY

  • L’automazione dei processi lavorativi è, da qualche anno, tema di dibattito sempre più acceso a livello globale, a causa del suo effetto sulla riduzione dei posti di lavoro.
  • In base alla recente analisi realizzata da McKinsey Global Institute (MGI), entro il 2030, circa il 22% delle attività della forza lavoro europea potrebbe essere automatizzato.
  • I settori che – secondo MGI – registreranno i più alti tassi di spostamento dei lavoratori, saranno i lavori di ufficio, l’industria manifatturiera, l’agricoltura e l’edilizia.
  • Il recente convegno virtuale “AI and the work of the future congress”, organizzato dal MIT, ha posto sotto la lente un aspetto chiave del problema: l’automazione delle attività non deve essere considerata come un sostituto del lavoro umano ma come un suo “partner”, in grado di migliorare la produttività dell’uomo e le sue condizioni di lavoro.

L’automazione dei processi nei luoghi di lavoro è, da qualche anno, tema di dibattito sempre più acceso a livello globale, a causa del suo effetto sulla riduzione dei posti di lavoro.

A tale riguardo, McKinsey Global Institute (MGI) ha analizzato ben 1.095 mercati del lavoro nei 27 Paesi UE, raccogliendone i dati emersi in un report pubblicato lo scorso giugno. Dallo scenario tratteggiato, emerge una previsione molto chiara: entro il 2030, circa il 22% delle attività della forza lavoro europea (pari a circa 53 milioni di posti di lavoro) potrebbe essere automatizzato.

Certo, l’automazione inciderà sui diversi settori in modo differente. Quelli che – secondo MGI – registreranno i più alti tassi di spostamento dei lavoratori, saranno i lavori di ufficio, l’industria manifatturiera, l’agricoltura e l’edilizia.

Preoccupazioni e previsioni, queste, che ritroviamo anche fuori dall’Europa. Negli Stati Uniti, lo scorso 18 novembre, il convegno virtuale “AI and the work of the future congress”, organizzato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) alla presenza di relatori del mondo accademico, dell’industria e della politica, ha posto sotto la lente un aspetto chiave del problema: all’interno delle aziende, l’automazione delle attività non deve essere considerata come un sostituto del lavoro umano ma come un suo “partner”, in grado di migliorare la produttività dell’uomo e le sue condizioni di lavoro.

Ha fatto notare Daniela Rus, direttrice del MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL), in seno al Massachusetts Institute of Technology, in apertura dei lavori:

La robotica e le tecnologie che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale non ci ruberanno il lavoro dall’oggi al domani. Si tratta di sistemi non ancora sufficientemente abili nello volgere quei compiti che richiedono un’elevata destrezza o un’elaborazione generalizzata di diversi tipi di informazioni. Tuttavia, negli ultimi anni, l’automazione si è a poco poco insinuata nelle aziende e tale tendenza è inarrestabile

Automazione nei luoghi di lavoro: il ruolo dell’AI e della robotica e il loro rapporto con l’uomo

Durante il convegno del MIT, uno dei focus ha riguardato, in particolare, il ruolo dell’intelligenza artificiale e dei robot nell’automazione dei processi nei luoghi di lavoro. La domanda è stata: l’AI e la robotica stanno già sostituendo l’uomo? E in che modo?

Tra i numerosi interventi, quello di Jeanne Magoulick, responsabile tecnico di Ford Motor Company, il quale ha raccontato l’esperienza dell’azienda per la quale lavora e di come il suo team abbia sviluppato sistemi di intelligenza artificiale per la manutenzione predittiva dei macchinari:

I sistemi AI ci avvisano quando una macchina dà segnali di malfunzionamento, consentendoci di programmare in modo puntuale la sua manutenzione o l’intervento di riparazione. L’AI ci rende più efficienti

Volkmar Denner, CEO di Bosch, ha aggiunto che, sebbene, a livello globale, negli ultimi due anni, si sia assistito alla perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione, tale fenomeno può – e deve – essere evitato attraverso un’attenta implementazione dei processi di automazione nelle aziende:

Il percorso che abbiamo adottato in azienda segue una linea completamente diversa rispetto a quella che vuole la macchina prendere il posto dell’uomo. Nello specifico, i robot della linea di produzione Bosch vengono progettati non per estromettere l’uomo, ma per assisterlo in compiti particolari, anche rischiosi, in modo da rendere più efficiente e sicuro il suo lavoro. La tecnologia dovrebbe sempre servire gli esseri umani e non viceversa

Il CEO di Microsoft, Satya Nadella, ha, invece, rimarcato il ruolo prezioso delle tecnologie digitali durante la pandemia che stiamo vivendo, osservando come, soprattutto durante i periodi di totale lockdown, le videoconferenze e le tecnologie correlate abbiano consentito la continuazione delle attività lavorative e scolastiche, oltre alla comunicazione di contenuti preziosi ai fini della protezione dal virus.

Pensiamo agli esperti virologi di ogni parte del mondo in comunicazione da remoto durante le fasi acute dei contagi, i quali sono riusciti a trasferire le proprie conoscenze a chi era in prima linea nella lotta al Covid. Tutto questo – ha sottolineato Nadella – ha avviato una profonda riflessione circa la reale necessità della presenza fisica nei luoghi di lavoro – soprattutto riferita a determinati settori e a determinate figure professionali – rispetto alla presenza da remoto.

automazione luoghi di lavoro
L’obiettivo dell’utilizzo dei robot nelle linee di produzione è quello di estromettere l’uomo oppure di assisterlo, rendendo più efficiente e sicuro il suo lavoro?

Le macchine come “partner” dei lavoratori

Un altro punto focale del convegno è stato il dibattito attorno all’uso delle macchine quali sistemi di supporto, in grado di aiutare i lavoratori a esercitare al meglio la propria attività.

Daniela Rus, a tale proposito, ha citato uno studio in cui ai radiologi e a un algoritmo di intelligenza artificiale sono state mostrate, separatamente, immagini di cellule linfonodali, chiedendo di determinare se fossero cancerogene o meno. Ebbene, il tasso di errore da parte dei radiologi è stato del 7,5%, mentre quello del sistema AI del 3,5%.

E Julie Shah, professore associato del MIT presso il Dipartimento di Aeronautica e Astronautica, ha aggiunto che questo tipo di “rapporto” tra esseri umani e macchine nei luoghi di lavoro – fatto di supporto e di aiuto – potrebbe estendersi a molti domini, comprese le auto a guida autonoma e i sistemi di produzione.

Satya Nadella ipotizza che, un giorno, sistemi di automazione dalle capacità di progettare e programmare computer e robot, diventeranno accessibili a quei lavoratori che non possiedono una formazione professionale specifica, affiancandoli e supportandoli. Allo stesso modo in cui i programmi di elaborazione testi e i fogli di calcolo Excel hanno, molto tempo fa, potenziato la produttività, senza che ci fosse bisogno, da parte dei lavoratori, di apprenderne i meccanismi e i codici.

A chiudere i lavori del Forum virtuale è stato Daron Acemoglu, professore di economia del MIT, il quale ha ribadito il concetto in base al quale è la tecnologia a dover essere “plasmata” dall’uomo e non viceversa. E questo vale anche nei luoghi di lavoro. E devono essere i responsabili delle aziende e i manager a decidere e a pianificare con attenzione come inserire i processi di automazione nei luoghi di lavoro e come utilizzarli, a seconda della tipologia dell’impresa, della sua attività e del suo modello di business.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin