Realtà virtuale e realtà aumentata, telemedicina, assistenza robotica e pagamenti digitali. Sono alcune delle ultime tecnologie chiave che, secondo quanto riporta il World Economic Forum, potrebbero aiutarci ad essere più resilienti in futuro, anche post Covid-19
Non c’è apprendimento senza cambiamento. E le tecnologie e gli strumenti che, dall’inizio della pandemia, abbiamo imparato a utilizzare per lavorare, fruire di servizi sanitari, seguire corsi di formazione e fare acquisti, ci dicono che il Covid-19 sta compiendo una rivoluzione che apre nuovi scenari di business.
Fin dal suo esordio, nella drammaticità dell’emergenza, il Covid-19 ha iniziato a scavare un cambiamento profondo nei nostri stili di vita. Costretti a casa, impediti nel nostro muoverci all’esterno, complici le tecnologie digitali di ultima generazione, abbiamo iniziato ad apprendere e a utilizzare nuovi strumenti per comunicare, lavorare, fare didattica, seguire corsi e lezioni accademiche, fruire di servizi sanitari, fare acquisti.
Strumenti che sono entrati, ormai, a fare parte del nostro quotidiano, dando origine a veri e propri trend tecnologici e aprendo nuovi scenari di business.
Secondo un recente articolo pubblicato sul sito del World Economic Forum, la pandemia Covid-19 ha accelerato alcune tendenze tecnologiche chiave, inclusi pagamenti digitali, telehealth e robotica. Il messaggio è stimolante: la tecnologia può aiutare a rendere la società più resiliente di fronte alla pandemia e ad altre minacce.
Le ultime tecnologie per la didattica a distanza: app, Realtà Virtuale e Realtà Aumentata
Il primo grande cambiamento imposto dal coronavirus ha riguardato il mondo dell’istruzione. Si stima che, a metà dello scorso aprile, 191 Paesi nel mondo abbiano sospeso le lezioni scolastiche, decretando la chiusura di scuole e Università, con un totale di circa 1,57 miliardi di studenti coinvolti.
La didattica, da quel momento, abbandonate le aule fisiche, si è spostata nella sfera del virtuale, aprendosi all’utilizzo delle app, molte delle quali gratuite e facilmente scaricabili.
In base ai contenuti da veicolare e alla metodologia di insegnamento, i docenti si affidano ad app diverse: YouTube è utile per la creazione e la pubblicazione di video-lezioni da condividere con gli studenti, mentre Zoom e Google Meet per lezioni e Webinar in diretta video.
Google Hangouts, invece, viene utilizzata per realizzare videoconferenze e dare supporto ai singoli studenti e Google Classroom consente agli insegnanti di creare aule virtuali, fare lezione, inviare e correggere i compiti, coinvolgendo direttamente gli studenti.
Accanto alle applicazioni software, gli studenti – soprattutto di scuola superiore e Università – stanno sperimentando nuovi metodi di apprendimento anche attraverso la Realtà Virtuale (VR) e la Realtà Aumentata (AR), dove la prima si fonda su una realtà completamente costruita al computer, con la quale interagire grazie a visori, guanti e auricolari, e la seconda rimanda a una realtà modificata grazie all’aggiunta di contenuti e animazioni virtuali. Geografia, storia e arte, le materie che maggiormente si prestano all’utilizzo di tali tecnologie.
Smart working: sì, ma protetto dal rischio di attacchi informatici
Con la chiusura di molte aziende, dovuta alle misure restrittive adottate per arrestare la diffusione del virus, il numero dei lavoratori dipendenti in modalità smart working è raddoppiato, superando, solo in Italia, il milione. E il trend è in continua crescita anche in questa fase 2 dell’emergenza sanitaria.
Ma il lavoro agile ha aperto una questione spinosa: quella del rischio di attacchi informatici ai danni delle aziende per le quali lo smart worker lavora. Un rischio che sale con l’aumentare del tempo che il dipendente trascorre connesso ai dispositivi mobili forniti dal datore di lavoro.
Sul tema, si è pronunciata ENISA, Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione, con una serie di raccomandazioni per i datori di lavoro, tra cui prestare assoluta attenzione alle caratteristiche tecniche e alle protezioni della Rete Privata Virtuale (VPN) aziendale, affinché sia in grado di sostenere un elevato numero di collegamenti simultanei. Inoltre, l’Agenzia raccomanda che tutti gli applicativi aziendali siano accessibili solo tramite canali di comunicazione cifrati.
Anche lo smart working, come la didattica a distanza, sfrutta app come Zoom e Google Meet per riunioni virtuali e Webinar in diretta video, oltre ad avvalersi di protocolli Voice over IP (VoIP), tecnologia che rende possibile effettuare conversazioni per mezzo di connessione Internet o rete di telecomunicazione con protocollo IP.
Telemedicina: servizi per consulti virtuali e monitoraggio pazienti Covid
Durante la pandemia, la telemedicina si è rivelata uno strumento prezioso nel ridurre – o addirittura annullare del tutto – le visite in ambulatorio, con conseguenti assembramenti nelle sale di attesa e rischi di contagio.
Per un colloquio, per refertare esami diagnostici e prescrivere terapie, il medico incontra il paziente virtualmente, con semplice videochiamata whatsapp o Skype, oppure attraverso un’apposita app, sviluppata e gestita dal centro medico, che il paziente scarica sul proprio smartphone o tablet.
In particolare, l’attuale emergenza ha portato alla messa a punto di servivi di telemedicina ad hoc per pazienti covid. Servizi che, dopo le dimissioni dall’ospedale, consentono di tenerne monitorati i parametri e di seguirli durante tutto il periodo della convalescenza.
A ogni paziente dimesso, viene consegnato un kit con tutti gli strumenti necessari al telemonitoraggio, ovvero uno smartphone, un dispositivo che consente di misurare il grado di ossigenazione del sangue, un apparecchio per la pressione arteriosa, un rilevatore di glicemia e uno per i parametri cardiaci.
Tutti queste apparecchiature vengono collegate a un’applicazione dedicata che rileva i valori, li memorizza e li invia al database del sistema centrale.
Impennata dello shopping online. E, in futuro, fattorini robot per le consegne
In tempo di covid, lo shopping online è ormai pratica acquisita in tutto il mondo e include le più svariate categorie merceologiche, compreso il food. Ma c’è una nota dolente: la consegna della merce, fatta da personale addetto, non è a prova di virus.
Negli Stati Uniti e in Cina, numerose società e ristoranti stanno lanciando servizi di consegna senza contatto, in cui le merci vengono spedite e poi ritirate in un luogo designato, anziché ricevute direttamente a casa per mano di un fattorino.
E i giganti cinesi dell’e-commerce stanno accelerando lo sviluppo delle consegne da pare di fattorini robot. Ma, prima che tale servizio sia operativo, sarà necessario definire precisi protocolli medico-sanitari che mettano in sicurezza le condizioni delle merci consegnate.
Dunque, la pandemia ci sta facendo riflettere sulla necessità o meno della presenza umana nell’ambito di molteplici attività lavorative, in particolare nella vendita al dettaglio, nell’alimentare, nella produzione e nella logistica.
Da qui, una forte spinta alla ricerca sulla robotica e alla diffusione dell’uso dei robot. A tale proposito, ricordiamo che, durante la fase 1 dell’emergenza covid, in diverse località USA e della Cina sono stati utilizzati robot per disinfettare alcune aree e consegnare cibo a coloro che erano in quarantena.
Ripensare la catena di distribuzione in versione 4.0
Durante la fase acuta della sua diffusione, il covid-19 ha messo letteralmente in ginocchio, interrompendola, la catena di distribuzione globale, proprio mentre aumentava, giorno dopo giorno, la domanda di prodotti alimentari e di dispositivi di protezione individuale.
Una catena di distribuzione che ha mostrato tutta la sua vulnerabilità, perché, in molti casi, ancora troppo dipendente da meccanismi ormai vetusti e poco digitalizzata.
La pandemia ci sta costringendo a rivederne i paradigmi, per renderla più strategica. Come?
Attraverso l’adozione di tecnologie 4.0 – IoT, robotica, realtà virtuale e realtà aumentata – la tracciabilità dei prodotti lungo l’intera filiera, la mappatura 3D dei magazzini, la comunicazione fra macchine e oggetti connessi, senza l’intervento dell’operatore e strategie che integrino i flussi logistici provenienti da tutti i canali, online e fisici.
Pagamenti sempre senza contatto e solo digitali
Il coronavirus resiste su carta e cartone per diverse ore prima di perdere la propria carica virale. E, nel caso delle banconote, passando di mano in mano più volte al giorno, la carica virale è addirittura superiore a quella di altri oggetti cartacei.
Già all’inizio di marzo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva lanciato l’allarme sulla pericolosità delle banconote. A tale riguardo, le banche centrali di Cina, Stati Uniti e Corea del Sud hanno implementato diverse misure per garantire che le banconote vengano igienizzate prima che entrino in circolazione.
I pagamenti digitali senza contatto, per mezzo di bancomat e carte di credito, restano, in questo momento, il metodo di pagamento consigliato per proteggerci ed evitare la diffusione del virus.
Tuttavia, fa notare la Banca Mondiale, oltre 1,7 miliardi di persone nel mondo potrebbero non avere un facile accesso ai pagamenti digitali, sia per motivi socio-economici, sia per la mancanza di una connessione Internet.