Il BIM (Building Information Modeling) ha sostanzialmente consentito di estendere i principi generali del PLM (Product Lifecycle Management) all’industria AEC (Architecture, Engineering, Construction) per ottenere tutti i vantaggi della continuità digitale lungo l’intero ciclo di vita di una costruzione.
Il BIM è, infatti, una metodologia concepita – nello specifico – per formare un modello informativo capace di centralizzare e unificare la base di dati utile a descrivere tutti i parametri della costruzione.
In questo servizio vedremo in cosa consiste il BIM, com’è nato, a cosa serve e quali vantaggi consente di ottenere nell’ambito del ciclo di vita di una costruzione.
Nella seconda parte ci soffermeremo, invece, sugli aspetti normativi, sulle figure professionali che il BIM ha introdotto nel mercato del lavoro e su quali saranno le future opportunità di business che consentirà di implementare nell’industria delle costruzioni, grazie a connessioni sempre più profonde con l’universo PropTech.
- BIM, cos’è il Building Information Modeling
- A cosa serve il BIM
- CAD e BIM: strumento vs metodologia
- I Livelli BIM (BIM Levels)
- BIM livello 0: disegni cartacei, nessuna collaborazione
- BIM livello 1: disegni di progetto 2D e 3D
- BIM livello 2: ambiente collaborativo e modellazione CAD 3D all’interno dei singoli team
- BIM livello 3: modello 3D condiviso
- BIM livello 4: la variabile temporale
- BIM livello 5: valutazione e gestione economica
- BIM livello 6: stima energetica
- Il BIM lungo il ciclo di vita della costruzione
- Il BIM in Italia: il Decreto BIM e la normativa del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50 del 2016)
- Il futuro del BIM: l’universo PropTech
BIM, cos’è il Building Information Modeling
Il BIM è l’acronimo di Building Information Modeling, un processo che supporta con continuità, attraverso tutte le sue fasi, la creazione e la gestione delle informazioni relative all’intero ciclo di vita di una costruzione.
La costruzione viene descritta quale insieme di elementi (asset) attraverso i dati digitali dei parametri che le compongono, utilizzando una notevole varietà tecnologica, tra cui si rilevano sistemi di gestione di dati in prevalenza strutturati (es. database), software 3D per la progettazione, strumenti gestionali per il project management, la cantierizzazione e il facility management.
Il modello BIM centralizza la base di dati che fa riferimento al ciclo di vita di una costruzione e li rende disponibili attraverso una serie di moduli a cui accedono gli strumenti utilizzati dagli specialisti delle singole discipline che lo compongono.
Tra i vari parametri descritti in un modello BIM, si ritrovano in genere: dimensioni, proprietà, specifiche tecniche e posizione dei componenti e dei sistemi edilizi, oltre a tutti gli aspetti relativi alle normative e alle caratteristiche commerciali.
Il BIM supera la visione dell’edificio quale sistema composto da forme, spazi e materiali, per descriverlo attraverso la complessità parametrica dei sistemi costruttivi che lo compongono. Un modello BIM rende misurabile qualsiasi definizione spaziale e compositiva dell’architettura, per consentire una maggiore facilità di gestione e interoperabilità da parte di tutti gli stakeholder che intervengono nelle varie fasi del ciclo di vita della costruzione.
Sentiamo, infatti, frequentemente parlare di BIM management in quei contesti in cui si fa riferimento a una centralizzazione delle informazioni relative all’edificio e alla possibilità di effettuare verifiche e valutazioni attraverso la descrizione dei suoi componenti, a partire dalla sua base CAD.
Il BIM, come esamineremo nel dettaglio, non è da intendersi quale semplice – per quanto evoluto – strumento di progettazione, ma rientra in un concetto più ampio, che lo assoggetta a una metodologia orientata a favorire la collaborazione tra le parti che concorrono alla creazione e alla gestione dell’opera, anche dopo la fine della sua cantierizzazione, ossia alle fasi in cui l’edificio viene utilizzato e vissuto per le destinazioni d’uso che sono state concepite.
Breve storia del BIM
Anche se il termine, la metodologia e i software BIM sono argomenti che hanno acquisito una certa popolarità negli ultimi 20 anni, il BIM non rappresenta assolutamente una novità.
Almeno in termini concettuali, l’idea di sintetizzare un edificio come un sistema di sistemi complessi presenta radici ben più remote nella storia dell’industria AEC (Architecture, Engineering, Construction), precedendo di gran lunga l’era digitale in cui siamo soliti contestualizzarlo oggi.
Le prime avvisaglie dei concetti che oggi possiamo ricondurre con relativa certezza al BIM risalgono all’inizio degli anni Sessanta, con il paper “Augmenting Human Intellect: a Conceptual Framework”, a firma di Douglas Engelbart, ingegnere statunitense noto ai più quale inventore di quel mouse che tuttora utilizziamo quale controller per i personal computer.
Englebart anticipava in buona sostanza quella che, una volta intervenute le tecnologie necessarie per farla, sarebbe diventata l’attuale modellazione parametrica, principale abilitatore del BIM nel suo pieno significato di Building Information Modeling.
La novità era costituita in particolar modo dalla “I” di Information, quella che avrebbe reso possibile vedere una struttura generarsi grazie agli input dei sistemi costruttivi, espressi in forma numerica, anziché mediante la tradizionale modellazione per forma
I concetti introdotti da Englebart sono ovviamente stati implementati nel corso di successivi studi e ricerche, spesso del tutto slegate rispetto ai presupposti originali, fino ad arrivare al BIM come lo intendiamo oggi, in cui risultano evidenti contributi di discipline quali l’ingegneria dei sistemi.
Volendo estremizzare il concetto, il BIM è un PLM (Product Lifecycle Management) in cui il prodotto coincide con una costruzione, verticalizzando pertanto quei processi che tradizionalmente vengono riferiti alla manifattura industriale.
A scanso di equivoci, è doveroso fare notare come oggi il BIM venga spesso associato all’evoluzione del CAD di progettazione tradizionale (es. AutoCAD) negli strumenti di progettazione BIM (es. Revit, Archicad, AllPlan, ecc.).
Approfondiremo nel dettaglio questo aspetto. Per ora ci basti sapere che ridurre la questione esclusivamente su questo piano equivale a confondere la metodologia BIM con gli strumenti BIM. Non a caso ciò accade prevalentemente per ragioni commerciali, dal momento che la maggior parte della comunicazione sull’argomento viene regolarmente svolta dai vendor dei software BIM.
A cosa serve il BIM
Storicamente, i progetti di architettura e ingegneria delle costruzioni hanno costituito un processo nativamente frammentato, in cui ogni disciplina interveniva con strumenti, elaborati e convenzioni differenti. In altri termini, gli architetti facevano il loro progetto, gli strutturisti altrettanto, gli impiantisti idem, così come tutte le competenze specialistiche chiamate in causa.
L’ingrato compito di mettere insieme tutte queste informazioni era solitamente demandato a un responsabile di progetto, solitamente in forza a chi svolge la progettazione architettonica, ossia il contributo disciplinare che vanta il livello di visibilità più ampio rispetto ai singoli contributi specialistici.
Questo modo di lavorare, tuttora parecchio diffuso, genera per forza di cose una serie di problemi, dovuti al fatto che tutte le parti in causa non parlano la stessa lingua sul progetto e oltretutto dispongono di conoscenze disciplinari che spesso non trovano punti d’incontro o zone di sovrapposizione.
Dal punto di vista tecnologico, ogni contributo implica l’impiego di software differenti. Per cui è vero che il progettista architettonico può prevedere una serie di vincoli in merito alla posizione delle strutture e degli impianti, indicandole negli elaborati che trasmette a chi si occupa di progettare tali aspetti, ma questo accade spesso su elaborati 2D, che passano di mano in mano con il rischio di errori, dimenticanze e incongruenze.
Il BIM non è certamente fonte di miracoli, ma il fatto di unificare la base di dati all’interno di un unico modello consente di avere un livello di controllo di coerenze tra i vari contributi disciplinari molto più elevato rispetto al flusso di lavoro standard.
La condivisione di informazioni per tutti gli stakeholder diventa un fattore sempre più importante, anche considerando semplicemente la varietà che contraddistingue il cosiddetto building environment, dove possiamo citare:
- progettazione architettura civile e industriale (spazi interni ed esterni)
- progettazione ingegneria civile e industriale (strutture e impianti)
- progettazione impianti energy and utilities
- progettazione strade, ponti e sopraelevate
- progettazione paesaggistica e ambientale
- progettazione strutture offshore e architetture marittime
- progettazione strutture ferroviarie e metropolitane
- progettazione tunnel e gallerie
- progettazione urbanistica
- progettazione smart city
Gli stakeholder che solitamente intervengono nella definizione di un progetto sono I seguenti:
- committente dell’opera
- progettista architettonico
- progettista strutturale
- progettista impianti meccanici
- progettista impianti elettrici
- construction manager (impresa di costruzioni)
- interior designer
- commerciali e agenti immobiliari
In tale contesto, per ogni progetto possono contribuire anche diverse decine di specialisti e senza una base di dati unificata la gestione del progetto sarebbe di fatto proibitiva, soprattutto considerata la notevole complessità che si è aggiunta negli ultimi anni, tra nuovi sistemi tecnologici da integrare e nuove normative da rispettive.
Il BIM contribuisce a definire un modello della costruzione che è lo stesso per tutte le parti in causa, con la proprietà di aggiornarsi in tempo reale, in modo che tutti lavorino di fatto sullo stesso progetto nel suo effettivo stato di avanzamento, non su una varietà di versioni differenti che finisce per generare soltanto il caos.
Il fatto di avere un modello BIM aggiornato e un’unica base di dati consente soprattutto di prendere decisioni più informate, senza il rischio di trovarsi a valutare delle versioni di progetto che non corrispondono allo stato più aggiornato.
Lo scenario che abbiamo citato è relativo alla fase di progettazione, ma anche nel contesto della cantierizzazione dell’opera e della sua gestione, una volta conclusi i lavori di costruzione i concetti rimangono sostanzialmente gli stessi, pur variando gli stakeholder coinvolti.
L’approccio aperto e collaborativo della metodologia BIM consente pertanto di ridurre sensibilmente la possibilità di errori e di incongruenze, rilevando automaticamente tutte le anomalie che si presentano nei vari stati di progetto.
Risolvere le criticità in fase di progettazione equivale a ritrovarsi molti meno problemi in cantiere, con il risultato di concludere i lavori nei tempi previsti, senza gli extra costi che derivano dalle riserve da soddisfare.
CAD e BIM: strumento vs metodologia
In passato, si progettava utilizzando i tecnigrafi, disegnando su fogli e lucidi con matite e chine. Il digitale non esisteva ancora e si lavorava quasi esclusivamente in 2D.
Poi sono arrivati i personal computer e con essi i primi software CAD, un po’ primitivi nelle interfacce, pur lasciando intuire il clamoroso salto generazionale tra l’analogico e il digitale, con vantaggi abissali nelle fasi di modifica del progetto.
Anno dopo anno, versione dopo versione, i principali CAD sono diventati sempre più user friendly nell’interfaccia e sempre più ricchi di funzioni, tra cui un ambiente di lavoro in 3D in grado di rendere molto più intuitiva la progettazione, dote ulteriormente enfatizzata dai primi motori di rendering dedicati, in grado di offrire pre-visualizzazioni sempre più realistiche.
La possibilità di esportare i modelli 3D di progetto in software di modellazione 3D utilizzati per la produzione creativa ha, inoltre, consentito di migliorare sensibilmente il livello di realismo delle simulazioni.
Poi è arrivato il BIM, con tutte le buone intenzioni nel ridefinire il modo in cui si progetta, si costruisce e si gestisce un edificio in un contesto di totale continuità digitale, capace di arrivare laddove il CAD tradizionale aveva palesato evidenti limiti generazionali, a partire dalla progettazione collaborativa.
Come anticipato, gli aspetti CAD (Computer-Aided Design) costituiscono soltanto una parte del BIM, certamente la più tangibile dal punto di vista strumentale. Concepire il BIM quale l’evoluzione del CAD rischia di offrire una visione limitante e distorta, in quanto il CAD non è stato assolutamente rimpiazzato dalla metodologia BIM.
Ha, semmai, variato il suo ruolo all’interno di una pipeline notevolmente arricchita di contenuti grazie alla continuità digitale.
Nemmeno la modellazione parametrica è una condizione esclusiva del BIM, dal momento che viene regolarmente supportata da una varietà di CAD che non dispongono assolutamente di funzionalità BIM.
Per disambiguare la confusione diffusa tra CAD e BIM è sufficiente focalizzare due punti molto semplici:
- il CAD è uno strumento, il BIM è una metodologia in cui, per gli aspetti strumentali, rientra anche il CAD
- il BIM si avvale di strumenti BIM su base CAD 3D, dotati di funzionalità di modellazione parametrica
A questo punto, possiamo parlare più consapevolmente di software BIM.
Il software BIM e il file di interscambio IFC
Abbiamo visto come il BIM, nella sua generale definizione di Building Information Modeling, faccia riferimento al processo di progettazione, costruzione e gestione della costruzione che costituisce il suo intero ciclo di vita.
Ciò avviene mediante l’adozione di una metodologia basata su un modello centralizzato, definito con un software di modellazione BIM tridimensionale.
Il software di modellazione 3D utilizzato nel BIM dispone quindi di funzioni che non necessariamente ritroviamo in un CAD generico, tra cui gli strumenti di interoperabilità su standard openBIM, che consentono a team differenti di operare sullo stesso modello BIM utilizzando software differenti.
Detta così, si tratta di una condizione in ogni caso più teorica che pratica, dal momento che ogni software BIM è in grado di garantire tutte le funzionalità di cui dispone soltanto utilizzando il proprio formato proprietario.
I file di interscambio utilizzati dai software BIM, come lo standard aperto IFC (Industry Foundation Classes), consentono tuttavia di trasmettere un modello informativo senza perdite di dati, in modo da avere a disposizione tutte le informazioni almeno in fase di lettura. Un file IFC è, infatti, in grado di conservare le geometrie e i dati mantenendo inalterata la struttura dell’insieme e dei suoi singoli componenti, consentendo a software differenti di importare le informazioni principali del modello BIM.
BIM e digital twin city
Il BIM consente di implementare i modelli informativi di singoli edifici o di interi insediamenti urbani per costituire la base dati del digital twin, attraverso cui è possibile effettuare un’ampia varietà di simulazioni 3D sulla versione digitale, per valutare aspetti figurativi – attraverso il rendering degli spazi prima che vengano realizzati – o fisici comportamentali, come il comportamento fluidodinamico degli impianti HVAC e le valutazioni strutturali antisismiche.
La centralizzazione dei dati di progetto su un unico modello BIM consente a tutti i team disciplinari di interagire in tempo reale nella definizione di simulazioni sempre più complesse e realistiche nelle loro valutazioni, che consentono di conoscere praticamente tutti gli aspetti di una costruzione prima che venga effettivamente realizzata.
Questo metodo di lavoro consente di ottenere costruzioni di maggiori qualità, riducendo tempi e costi di realizzazione, grazie al fatto di anticipare e risolvere eventuali criticità prima di procedere alla cantierizzazione dell’opera.
Se il digital twin di un singolo e edificio o di una singola infrastruttura costituisce un know-how piuttosto maturo nell’ambito dei modelli BIM, uno degli aspetti più interessanti a cui abbiamo assistito negli ultimi anni è il crescente impiego del BIM quale base della digital twin city, che consente di realizzare il gemello digitale di intere città, aprendo a una serie di immense potenzialità nell’ambito della simulazione.
Diventa, ad esempio, possibile monitorare i sistemi attivi nella smart city e valutare sul modello digitale gli effetti delle possibili ottimizzazioni prima di metterle all’opera nei sistemi fisici.
I Livelli BIM (BIM Levels)
La modellazione BIM è contraddistinta da vari livelli (o dimensioni) in grado di descrivere aspetti e funzionalità differenti, in modo da conservare le informazioni necessarie alla definizione di un livello di dettaglio appropriato per ogni applicazione prevista.
Non avrebbe, ad esempio, alcun senso definire tutti gli aspetti relativi alla cantierizzazione quando si tratta di elaborare uno studio di fattibilità o un concept iniziale di progetto.
Ad oggi si è arrivati a definire quasi una decina di livelli BIM, ma i principali sono essenzialmente sei. Vediamoli nel dettaglio.
BIM livello 0: disegni cartacei, nessuna collaborazione
Il BIM livello zero equivale grosso modo al tradizionale CAD 2D, che consente di plottare le tavole da mandare in cantiere, senza preoccuparsi della collaborazione tra più progettisti. In molti casi, il BIM livello 0 costituisce ancora uno standard decisamente diffuso, soprattutto nei piccoli lavori, spesso sviluppati da un singolo progettista.
Non sarebbe pertanto corretto considerare il livello zero come qualcosa di obsoleto, anche se è evidente che si tratta di una dimensione, ad oggi, piuttosto limitata nelle sue potenzialità descrittive.
BIM livello 1: disegni di progetto 2D e 3D
È il classico caso in cui il lavoro viene svolto in prevalenza in 2D, pur utilizzando il 3D a supporto di determinate fasi, come quelle concettuali o nello sviluppo di un particolare esecutivo.
A differenza del CAD tradizionale, i dati sono gestiti in un CDE (Common Data Environment) standardizzato per la collaborazione – piuttosto limitata, in realtà – tra più stakeholder, che tendenzialmente procedono gestendo in autonomia i dati di loro competenza.
Rispetto al livello 0, il livello 1, pur sfruttando in maniera superficiale le potenzialità della metodologia BIM, si avvale di alcune sue peculiarità.
BIM livello 2: ambiente collaborativo e modellazione CAD 3D all’interno dei singoli team
Il BIM livello 2 introduce aspetti di natura collaborativa all’interno dei singoli team, che utilizzano modelli 3D. I vari team, però, non condividono le informazioni su un unico modello BIM e possono pertanto utilizzare differenti standard tecnologici.
Se i vari team di lavoro coinvolti su un progetto impiegano, ad esempio, software BIM differenti, i file di lavoro possono essere condivisi attraverso un formato file di interscambio, come il già citato IFC.
Con il BIM livello 2, i team non sfruttano ancora tutti i vantaggi collaborativi consentiti dalla metodologia BIM, ma iniziano a beneficiare concretamente dei risparmi di tempi e di costi dovuti alla maggiore integrazione tra le varie fasi disciplinari che caratterizzano il progetto.
BIM livello 3: modello 3D condiviso
Rispetto al precedente livello, il BIM livello 3 aumenta il proprio livello di collaborazione. Se nel livello 2 ogni team era autonomo nella gestione del modello, il livello 3D impone un unico modello BIM, condiviso tra tutti i team coinvolti nel progetto, in modo da abilitare la totale collaborazione.
Il modello 3D viene quindi centralizzato in modo che tutti gli stakeholder possano accedervi e modificarlo secondo le autorizzazioni in capo alle rispettive competenze e ai ruoli assegnati dal BIM Manager.
Una volta raggiunto il BIM livello 3, i team di progetto sono in grado di ottenere concretamente i seguenti benefici:
- simulazioni in 3D e visualizzazioni fotorealistiche dell’intero progetto
- collaborazione seamless tra più team di lavoro
- comunicazioni semplificate e possibilità di revisionare il progetto direttamente all’interno dell’ambiente 3D del software BIM o di appositi visualizzatori
Se questi aspetti garantiscono una serie di ottimizzazioni e di miglioramenti in termini di efficienza del processo rispetto a un flusso di lavoro basato sul CAD tradizionale, è grazie al BIM di livello 4, 5 e 6 che diventa possibile ottenere un valore aggiunto decisivo, grazie all’implementazione della metodologia BIM per la gestione unificata di tutto il ciclo di vita della costruzione, proprio laddove intervengono funzioni legate agli aspetti gestionali del progetto.
BIM livello 4: la variabile temporale
Se i primi 3 livelli BIM si focalizzano sulle tre dimensioni geometriche che descrivono gli spazi di progetto, il BIM livello 4 entra nel merito della pianificazione delle fasi esecutive del progetto stesso lungo una timeline di sviluppo.
Esistono vari metodi per svolgere questo genere di lavoro, tra cui i celebri diagrammi di Gantt. L’obiettivo comune del BIM livello 4 è quello di offrire la percezione concreta di quanto tempo viene richiesto da ogni fase del progetto, oltre alla sequenza secondo cui queste vengono strutturate.
BIM livello 5: valutazione e gestione economica
Il BIM livello 5 si focalizza sulla stima dei costi, sull’analisi e il monitoraggio del budget, aggiungendo questi parametri direttamente all’interno del modello BIM.
Gli specialisti della gestione economica del progetto possono pertanto avere una visibilità unificata di tutti i costi, in relazione a tutte le fasi di progetto pianificate nel BIM livello 4.
BIM livello 6: stima energetica
Il BIM livello 6 sta assumendo un’importanza crescente grazie alla sua capacità di stimare i consumi energetici della costruzione sin dalle fasi di progettazione, grazie alla simulazione 3D operata sul digital twin.
Il modello BIM viene, quindi, utilizzato per valutare tutti i costi di gestione energetica che la costruzione assumerà una volta realizzata ed entrata pienamente in funzione, ai fini di valutare la sua effettiva sostenibilità, oltre alla rispondenza con i disposti normativi vigenti in fatto di contenimento dei consumi energetici.
Il BIM livello 6 si avvale pertanto di strumenti specifici per la simulazione energetica, che consentono ad esempio valutare differenti layout impiantistici per capire quale sia effettivamente il più conveniente da adottare.
In sintesi, i principali benefici che I livelli BIM 4, 5 e 6 consentono di raggiungere sono:
- pianificazione e programmazione efficiente delle fasi di progettazione ed esecuzione della costruzione
- controllo dei costi di costruzione in tempo reale
- analisi dei prezzi dettagliata e accurata, in quanto direttamente correlata agli elementi presenti nel modello BIM
- previsione dettagliata della valutazione energetica dei progetti
- riduzione dei consumi energetici
- informazioni utili a supportare i processi di facility management che seguono la conclusione dei cantieri e la consegna dei lavori
Il BIM lungo il ciclo di vita della costruzione
Le prime fasi di un progetto implementato con la metodologia BIM prevedono la definizione di un team multidisciplinare chiamato a collaborare su un unico modello BIM.
La continuità digitale che questo flusso di lavoro è in grado di garantire comporta una notevole efficienza nel processo di progettazione, che genera ricadute positive anche durante la cantierizzazione dell’opera e le fasi di facility management.
In altri termini, se un progetto BIM viene implementato in maniera efficiente e consapevole, i benefici in termini di qualità si manifestano durante l’intero ciclo di vita della costruzione, con una ricaduta positiva nell’arco di moltissimi anni. Una progettazione efficiente può, infatti, garantire risparmi enormi nel lungo termine, rendendo persino marginali gli aspetti legati al costo di costruzione iniziale.
Quando il progetto esecutivo entra nella fase di costruzione dell’opera, le informazioni del modello BIM possono essere utilizzate per pianificare i lavori in maniera ottimale e avere il totale controllo sugli elementi da realizzare, facilitando enormemente le operazioni di direzione lavori. I vantaggi sono tanto più evidenti quanto più risulta elevato il livello di complessità della costruzione.
Il modello BIM può, ad esempio, essere integrato da funzioni di realtà aumentata, in modo da consentire la verifica di coerenza tra il modello 3D di progetto e quanto realizzato in cantiere. La capacità di visualizzare in modalità “3D su 3D” il progetto sullo stato di fatto facilita in maniera evidente le procedure di istruzioni che il direttore lavori deve impartire agli operai e agli artigiani che intervengono nell’esecuzione delle opere edili, strutturali e impiantistiche, oltre a tutte le finiture necessari per completare la costruzione.
Dopo il termine dei cantieri e la consegna dei lavori, inizia la fase di facility management, in cui l’edificio o l’infrastruttura entrano effettivamente in funzione. I dati contenuti nel modello BIM consentono a chi si occupa della gestione e della manutenzione delle costruzioni un patrimonio informativo estremamente prezioso a cui fare riferimento.
La gestione degli asset di un patrimonio immobiliare consente di valorizzare ancora una volta la disponibilità di un digital twin per simulare qualsiasi intervento possa rendersi necessario, ad esempio quando si presenta l’esigenza di una successiva variante rispetto al progetto originale.
Oltre a disporre della base documentale per redigere il progetto e ottenere in tempi più rapidi le necessarie approvazioni, il modello BIM consente di fare tutte le valutazioni e le simulazioni sulla variante di progetto, per individuare le migliori alternative dal punto di vista architettonico, strutturale ed energetico.
Il valore aggiunto del processo BIM nelle fasi del ciclo di vita della costruzione
Abbiamo evidenziato come il BIM venga sempre più spesso utilizzato lungo l’intero ciclo di vita di una costruzione, dal concept iniziale alla sua demolizione, attraverso tutte le fasi di progetto, realizzazione, gestione e manutenzione che si rendono necessarie.
Se implementato in maniera efficiente e consapevole, il BIM è infatti in grado di generare un significativo valore aggiunto in ciascuna fase del ciclo di vita della costruzione. Ripercorriamo le fasi in sommariamente descritte in precedenza secondo questo punto di vista.
Progettazione
Attraverso l’utilizzo di un unico modello 3D condiviso, architetti, strutturisti e impiantisti possono collaborare e valutare in tempo reale qualsiasi possibile criticità, ottimizzando sensibilmente tempi e costi del progetto.
Stima dei costi e pianificazione
La puntuale correlazione tra gli elementi del modello 3D e i dati che li descrivono consente di ottenere in maniera immediata capitolati, analisi dei prezzi e tutti gli elementi necessari per analizzare e definire la stima dei costi della costruzione. I dati di progetto consentono, inoltre, di pianificare la realizzazione dell’opera con una notevole accuratezza per quanto riguarda le tempistiche e i costi di realizzazione.
Cantierizzazione
Il modello BIM consente di avere un riferimento preciso e realistico di quanto effettivamente è da realizzare, supportando le istruzioni del progetto esecutivo e le fasi di direzione lavori, con la possibilità di ricevere in tempo reale le informazioni relative a qualsiasi variante di progetto in corso d’opera.
Facility Management
Una volta che la costruzione è stata completata, il facility manager può accedere al modello BIM per ottenere tutte le informazioni necessarie alla gestione e alla manutenzione nel corso degli anni, oltre ad aggiornarlo nel caso in cui intervenga nel frattempo l’esigenza di effettuare eventuali modifiche, ad esempio quando si presenta una variazione funzionale che richiede la ridistribuzione degli spazi interni, oppure quando vengono sostituiti alcuni sistemi costruttivi, come avviene nel caso di un adeguamento impiantistico.
Il BIM in Italia: il Decreto BIM e la normativa del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50 del 2016)
Anche se il settore edile, rispetto ad altri contesti industriali, si contraddistingue tradizionalmente per una certa pigrizia nei confronti dell’innovazione, il BIM si diffonderà fino a diventare lo standard di riferimento prevalente, soprattutto perché le normative in vigore lo renderanno di fatto obbligatorio in una varietà di casi sempre più ampia.
Il BIM sarà parte sempre più integrante nell’ambito dei lavori pubblici, secondo le disposizioni del D.Lgs 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici), che ha recepito la Direttiva 2014/24/CE, in cui la Commissione europea manifestava ai paesi membri l’esigenza di modernizzare il settore dei contratti pubblici per ottenere una maggiore qualità dalle procedure di gara, lasciando loro piena libertà nel definire soglie economiche e criteri di obbligatorietà.
In particolare, l’art. 23, comma 13, nel contesto dei «livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”, descrive che “tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti. L’uso dei metodi e strumenti elettronici può essere richiesto soltanto dalle stazioni appaltanti dotate di personale adeguatamente formato». Questione, quest’ultima, che ha sollevato più di qualche interrogativo in capo agli addetti ai lavori.
I tempi di attuazione del Decreto Baratono (DM 560/2017)
Per regolamentare l’implementazione del BIM nella disciplina del Codice dei Contratti Pubblici, il MIT (Ministero delle Infrastrutture) ha scelto di attuare il già citato art. 23 con il DM 560/2017, meglio noto come Decreto Baratono, che si sofferma – nello specifico – sulle modalità e i tempi di progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e degli strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture, nelle fasi di progettazione, costruzione e gestione delle opere e relative verifiche.
Il Decreto Baratono non indica i termini entro cui il BIM diventa obbligatorio in merito alle soglie relative a determinati importi a base di gara e stabilisce l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di adottare un piano di formazione del personale e di acquisire le tecnologie hardware e software necessarie per gestire i processi decisionali e informativi relativi alle stesse procedure di gara.
Fatte salve eventuali proroghe, i termini di adozione del BIM nella disciplina del Codice dei Contratti Pubblici sono i seguenti:
- 1 gennaio 2019: opere con importo a base di gara pari o superiore a 100 milioni di euro
- 1 gennaio 2020: opere con importo a base di gara pari o superiore a 50 milioni di euro
- 1 gennaio 2021: opere con importo a base di gara pari o superiore a 15 milioni di euro
- 1 gennaio 2023: opere con importo a base di gara pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 35 del Codice dei Contratti Pubblici
- 1 gennaio 2025: opere con importo a base di gara pari o superiore a 1 milione di euro
Con la previsione di estendere l’obbligatorietà del BIM a tutte le opere pubbliche oggetto di procedura di gara. In merito ai criteri di attribuzione, utili a determinare i punteggi di gara, entra nel merito l’articolo 7 bis (punteggi premiali), che prescrive un elenco a titolo esemplicativo, personalizzabile da ciascuna stazione appaltante nel contesto della redazione del disciplinare di gara.
Le professioni del BIM riconosciute dalla normativa UNI
Il BIM oltre ai suoi aspetti metodologici, vede la presenza di una serie di professionisti atti a supportare le varie fasi del processo: BIM specialist, BIM Coordinator, BIM Manager e CDE Manager.
Tali figure professionali sono certificabili dal consorzio indipendente ICMQ secondo quanto previsto dalla norma UNI 11337-7 (Edilizia e opere di ingegneria civile – Gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni).
Nello specifico, le quattro figure professionali certificabili in ambito BIM prevedono una formazione di base nel campo dell’architettura e dell’ingegneria civile/edile e presentano le seguenti caratteristiche.
BIM Specialist
Il BIM specialist è la figura che si occupa nello specifico di utilizzare gli strumenti di progettazione. Tecnico esperto in materia di modellazione informativa, attivo nello sviluppo e nella produzione del modello BIM attraverso specifici software che consentono di realizzare il progetto a definire il suo modello 3D.
Tra i compiti del BIM specialist figura la creazione e la modifica delle librerie di oggetti (es. famiglie BIM). Le sue competenze sui software BIM gli consentono, inoltre, di accedere e di utilizzare i dati del modello per eseguire analisi tecniche o sintesi documentali come i computi, le relazioni e gli elaborati grafici per la produzione.
Il percorso di formazione/certificazione di un BIM specialist prevede, a sua volta, quattro ulteriori specializzazioni: architettura, strutture, impianti, infrastrutture, in previsione dello specifico ambito in cui il professionista intende operare.
BIM Coordinator
Come il nome stesso suggerisce, il BIM Coordinator è una figura professionale che si occupa di coordinare il lavoro dei BIM Specialist, affinché venga assicurato il pieno rispetto degli standard e dei processi previsti in un determinato progetto.
Opera pertanto in una condizione intermedia tra la fase esecutiva svolta dai BIM Specialist e la fase di gestione che fa riferimento all’attività dei BIM Manager, con cui si relaziona continuamente in merito allo stato di avanzamento del progetto.
Nell’ambito degli studi e delle società di progettazione, il BIM Coordinator è inoltre la figura a cui solitamente viene affidata la responsabilità della formazione per tutti i BIM Specialist attivi nelle quattro specializzazioni di riferimento (architettura, strutture, impianti, infrastrutture), con voce in capitolo per quanto concerne la pipeline dei software utilizzati.
Per tali ragioni, il BIM Coordinator è una figura che solitamente proviene da un passato, certificato o meno, da BIM Specialist e sceglie di mettere la propria esperienza a disposizione di una mansione più strategica rispetto a quella puramente operativa.
BIM Manager
Il BIM Manager è la figura che assume la responsabilità di gestire il modello BIM di progetto, coordinando i contenuti che provengono dalle singole discipline. Tra i suoi compiti figura la redazione del capitolato informativo destinato al committente e soprattutto l’elaborazione del BIM Execution Plan, un piano ad uso interno dell’azienda, che definisce nel dettaglio i processi di gestione dei progetti.
Il BIM Manager supervisiona e verifica l’operato dei BIM Coordinator per accertarsi della congruenza con gli standard stabiliti per il progetto. A differenza di quest’ultimo, il BIM Manager non si occupa nello specifico degli strumenti, infatti può disporre di competenze informatiche meno approfondite, ma deve avere competenze qualificate in fatto di progettazione, in modo da sapersi relazionare con tutti gli stakeholder impegnati nel construction lifecycle (architetti, strutturisti, impiantisti, direttore lavori, capi cantiere ecc.) e il committente stesso. Nel caso dei lavori pubblici, il BIM Manager si relaziona anche con il RUP (Responsabile Unico del Procedimento).
Il compito del BIM Manager è, infatti, quello di assicurare l’adozione della metodologia BIM in tutti i processi e le fasi che caratterizzano il progetto e, in relazione alla fase esecutiva, la sua cantierizzazione.
Per tali ragioni, il profilo ideale di un BIM Manager è una figura senior, con una spiccata attitudine multidisciplinare, che arriva da una solida esperienza come architetto o ingegnere, avendo svolto vari ruoli in progettazione e direzione lavori. Un know-how di cui BIM Specialist e BIM Coordinator dispongono di rado, essendo figure più specifiche nel solo ambito del BIM.
CDE Manager
La quarta professione certificabile in ambito BIM è costituita dal CDE Manager, dove CDE è l’acronimo di Common Data Environment. All’atto pratico, parliamo del responsabile dell’ambiente di condivisione dei dati. Le sue mansioni consistono nel verificare la correttezza e l’efficienza del flusso di informazioni tra gli stakeholder di un progetto, in conformità con le policy aziendali, gli accordi contrattuali con i clienti e le normative vigenti in materia di protezione dei dati.
Questa mansione può essere svolta anche dal BIM Manager, ma le imprese che operano su molte commesse, per giunta contraddistinte da fatturati importanti, tendono ad affidarsi a uno specialista dei dati, assegnandolo in maniera trasversale a tutti i progetti attivi.
A differenze delle tre figure contraddistinte dal prefisso BIM, che abbiamo analizzato in precedenza, il ruolo del CDE Manager non presuppone necessariamente un background di progettazione, ma deve essere in grado di gestire l’ambiente di condivisione dei dati, per mettere in relazione i contenuti dei modelli BIM con tutti i dati relativi alla commessa.
Tali mansioni richiedono comunque la conoscenza delle dinamiche che guidano l’attività di una società di progettazione/ingegneria o di un’impresa di costruzioni che agisce in qualità di general contractor. Per le stesse ragioni, il CDE Manager deve operare in stretto contatto con il BIM Manager, ossia la figura che dispone di tutte queste informazioni.
Il futuro del BIM: l’universo PropTech
In attesa di capire come la PA riuscirà concretamente a recepire all’interno dei suoi sistemi informativi i dati provenienti da un progetto BIM affinché risultino integrati e di supporto alle attività che il settore tecnico è chiamato a svolgere sul patrimonio pubblico (progettazione, gestione, manutenzione) e privato (controllo), ci limitiamo a considerazioni di carattere esclusivamente tecnologico.
In tale frangente dobbiamo inevitabilmente ricondurci alla crescita, nell’ambito del business delle costruzioni, del fenomeno legato al PropTech, acronimo di Property Technology, che nella definizione più generica, è un termine ombrello che copre le tecnologie e le soluzioni digitali utilizzate per l’innovazione dei processi, dei prodotti e dei servizi del settore Real Estate.
Nel PropTech afferiscono iniziative imprenditoriali basate su una grande varietà di tecnologie emergenti, sempre più spesso disponibili grazie al cloud computing: l’intelligenza artificiale, i big data, la blockchain, la Internet of Things (IoT) e il già citato ambito delle simulazioni 3D del digital twin, che comprende anche la realtà virtuale e la realtà aumentata, infilandosi nel chiacchierato calderone del metaverso.
Appare evidente come, nel contesto in cui i dati digitali rappresentano la linfa più preziosa, il modello BIM di una costruzione costituisca una preziosissima fonte di informazioni, a cui possono fare riferimento le applicazioni per il mercato immobiliare (marketing e vendite), le transazioni commerciali (atti e contratti), i servizi di gestione e manutenzione (facility management), giusto per citare alcuni ambiti in cui il PropTech si sta dimostrando particolarmente attivo.
La crescita del business legato alle applicazioni digitali in ambito Real Estate avrà importanti ricadute dal punto di vista occupazionale. Nel caso del BIM, il coinvolgimento non rimarrà limitato alle quattro professioni “ufficiali”, ma genererà un importante indotto per tutte quelle attività di formazione e consulenza necessarie per fornire ai vari settori verticali del mercato le competenze richieste.
Il BIM diventerà, quindi, un volano economico in grado di coinvolgere moltissimi professionisti in un quel contesto di collaborazione multidisciplinare che costituire il fondamento della sua metodologia.