Una startup del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha sviluppato una classe di materiali per condizionatori d'aria meno energivori e dal minore impatto sul clima rispetto ai modelli tradizionali.

TAKEAWAY

  • I condizionatori d’aria, oltre a essere energivori, sono anche “vomitatori” di aria calda, incidendo in questo modo sui cambiamenti climatici e sul surriscaldamento globale.
  • In base ai dati del Rapporto 2020 delle Nazioni Unite, nel 2018, gli apparecchi per l’aria condizionata hanno registrato, a livello globale, un consumo di energia stimato di 2.000 TWh, con la previsione di triplicare questo valore entro il 2050.
  • Per fare fronte al problema, una startup del MIT ha sviluppato una particolare tecnologia in grado di dare vita a condizionatori d’aria in linea con l’urgenza in tema di efficienza energetica.

Il focus su climatizzazione ed efficienza energetica si fa più forte con l’avvicinarsi della stagione estiva e delle alte temperature. L’attenzione, in particolare, è rivolta ai consumi di energia elettrica da parte dei condizionatori d’aria, i più energivori tra gli elettrodomestici, al punto che uno di medie dimensioni utilizza, in un’ora, tanta elettricità quanto un frigo da 300 litri. Ma non solo.

Gli apparecchi per l’aria condizionata (AC, Air Conditioning) oltre a essere energivori, sono anche “vomitatori” di aria calda, incidendo in questo modo sui cambiamenti climatici e sul surriscaldamento globale del pianeta.

A tale riguardo, il Rapporto 2020 “Cooling Emissions and Policy Synthesis Report” dell’UNEP – United Nations Environment Programme, in collaborazione con la IEA, International Energy Agency, fa notare che, nel 2018, tutti gli apparecchi per la climatizzazione e la refrigerazione in uso nel mondo (circa 3,6 miliardi di dispositivi) hanno consumato intorno ai 3.900 TWh di energia elettrica, corrispondente al 17% circa della domanda mondiale di elettricità.

E, in tutto questo, gli apparecchi per l’aria condizionata hanno avuto un ruolo importante, registrando, a livello globale, un consumo stimato di 2.000 TWh, con la previsione – si legge nel rapporto – di triplicare questo valore entro il 2050, complice un mercato in continua espansione per gli impianti AC.

E, secondo uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology, condotto dal Dipartimento di Scienze dell’atmosfera dell’Università di Wisconsin-Madison, l’utilizzo dell’aria condizionata nelle giornate più calde comporta un netto aumento delle immissioni di gas nocivi nell’atmosfera, tra cui anidride solforosa, ossido di azoto e anidride carbonica.

Solo negli Stati Uniti, il condizionamento dell’aria comporta l’emissione in atmosfera di circa 117 tonnellate di anidride carbonica all’anno, oltre ai gas fluorurati, il cui impatto sul riscaldamento globale e sull’effetto serra è superiore a quello dell’anidride carbonica.

Sul tema climatizzazione ed efficienza energetica, l’International Energy Agency è molto chiara, sottolineando l’urgenza di adottare misure precise, tra cui anche buone pratiche per il corretto impiego degli impianti e l’uso di tecnologie e di sistemi intelligenti, oltre a tutta una serie di regolamenti sulle prestazioni minime delle unità di climatizzazione nei diversi settori.

In questo modo, si legge nel Rapporto citato in precedenza, si potrebbero evitare, nei prossimi quarant’anni, fino a 460 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, corrispondenti a circa otto anni di emissioni totali di gas serra, considerando il livello di emissioni registrato nel 2018.

Tecnologie per una climatizzazione efficiente, contro il surriscaldamento globale

Quali sono, oggi, in materia di climatizzazione ed efficienza energetica, le nuove tecnologie che consentono di risparmiare percentuali significative di energia, rispetto ai condizionatori d’aria dalla tecnologia tradizionale?

Un esempio viene dall’utilizzo dell’energia solare per alimentare impianti di raffrescamento degli edifici, come accade già a Vienna e a Copenaghen. In numerose strutture commerciali degli Stati Uniti, soluzioni di accumulo termico sono utilizzate per evitare picchi di carico di domanda, consentendo la produzione di raffrescamento a meno della metà del costo originale e riducendo emissioni di anidride carbonica fino al 96%.

E in India, dove – per alcune città – gli impianti di condizionamento dell’aria rappresentano il 40% della domanda di elettricità, si stanno diffondendo prodotti che imitano i processi di evaporazione naturale delle piante, in grado di diminuire la temperatura dell’aria di 6-8°C.

Tornando agli USA, una startup del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha sviluppato una classe di materiali denominati Metal Organic Frameworks – o MOFs – con i quali costruire condizionatori d’aria meno energivori e dall’impatto tre volte inferiore sul clima rispetto ai modelli tradizionali.

Si tratta, nello specifico, di materiali altamente porosi, declinati in strutture metalliche organiche in grado di assorbire passivamente l’umidità dell’aria mentre la macchina funziona. A questi materiali ha lavorato per molti anni Mircea Dincă, professore di chimica presso il MIT, le cui ricerche in materia sono considerate pionieristiche.

Le proprietà dei MOFs derivano dalla loro ampia superficie interna e dalla capacità di regolare con precisione le dimensioni delle minuscole camere che la attraversano.

I condizionatori d’aria – rimarca Dincă – non sono deputati al solo raffrescamento dell’aria all’interno dello spazio in cui vengono installati. Oltre a questo, ‘asciugano’, privandola delle molecole d’acqua, l’aria che raffreddano all’interno delle loro pompe

I condizionatori tradizionali utilizzano una serpentina fredda per estrarre l’acqua dall’aria attraverso la condensa. Processo – questo – spiega Dincă – che richiede circa la metà dell’elettricità utilizzata dalle apparecchiature.

Mentre, i Metal Organic Frameworks messi a punto dalle sue ricerche assorbono l’umidità nel momento stesso in cui l’aria entra nel sistema, utilizzando il calore di scarto, dunque senza ulteriore consumo energetico.

climatizzazione ed efficienza energetica
Sul tema climatizzazione ed efficienza energetica, l’International Energy Agency sottolinea l’urgenza di adottare buone pratiche per il corretto impiego degli impianti e l’uso di tecnologie e di sistemi intelligenti, oltre a tutta una serie di regolamenti sulle prestazioni minime delle unità di climatizzazione nei diversi settori.

Climatizzazione ed efficienza energetica: gli scenari futuri dei Metal Organic Frameworks (MOFs)

I test e le prove sul campo ai quali sono state sottoposte le strutture metalliche MOFs hanno dato esiti positivi, mostrando che il sistema ha un impatto climatico significativamente inferiore rispetto alle unità di base. E nel corso di questo 2021 verranno eseguiti ulteriori test.

Il sistema messo a punto, inoltre, utilizza un refrigerante noto come R-32, con Ozone Depleting Potential (“Potenziale di eliminazione dell’ozono”, ossia il valore che, di un composto chimico, indica il degrado della fascia di ozono che esso può causare) pari a zero e – a detta dei ricercatori – con un potenziale di riscaldamento globale circa tre volte inferiore rispetto ai refrigeranti comunemente utilizzati.

Il progetto ha recentemente ricevuto una sovvenzione dalla National Science Foundation – agenzia governativa USA che sostiene la ricerca e la formazione – per esplorare la possibilità di produzione dei MOFs su larga scala in collaborazione con i laboratori del Massachusetts Institute of Technology. Conclude Sorin Grama, CEO della startup e docente presso il MIT D-Lab:

I Metal Organic Frameworks aprono molte possibilità per un’ampia gamma di dispositivi, non solo nell’ambito della climatizzazione ed efficienza energetica, ma anche nella raccolta dell’acqua, nell’accumulo di energia e nei super condensatori

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