I ricercatori dell’Università di San Diego hanno creato un robot a quattro zampe che, per essere funzionante, non ha bisogno dell’elettronica, ma solamente di aria pressurizzata. Una soluzione che permetterà alle macchine di muoversi agilmente in spazi angusti e in presenza di ostacoli.

TAKEAWAY

  • La robotica ha cercato spesso negli ultimi anni valide alternative ai circuiti elettronici, l’ultima novità arriva dalla California.
  • Alcuni ingegneri dell’Università di San Diego hanno creato un robot a quattro zampe che si alimenta solo attraverso l’aria pressurizzata.
  • L’idea nasce dall’osservazione del comportamento di alcuni animali e si presta a diverse applicazioni, dai trasporti alle risonanze magnetiche.

Soft robotica e aria pressurizzata possono conferire alle macchine autonomia e velocità, senza il supporto dell’elettronica. La scoperta arriva dall’Università di San Diego in California, ma cosa intendiamo esattamente per soft robotica? E per aria pressurizzata? Andiamo per ordine.

La soft robotica – o soft robotics – è l’insieme delle discipline che mirano a costruire robot a partire da materiali duttili e deformabili, in una parola “morbidi”. Nel caso della ricerca californiana, entra in gioco la pressurizzazione dell’aria, un procedimento in cui quest’ultima viene compressa a una pressione maggiore di quella atmosferica.

Il legame tra soft robotica e aria pressurizzata è stato trovato da un team diretto dall’ingegner Michael T. Tolley, professore al Dipartimento di Meccanica dell’Università di San Diego e docente presso la Jacobs School of Engineering dell’Ateneo. Vediamo in che modo hanno operato.

L’approccio della robotica contestuale

Le ricerche si sono svolte nei laboratori del Contextual Robotics Institute che, come suggerisce la parola, si concentra sulla “robotica contestuale” ovvero sullo sviluppo di sistemi che comprendano in maniera ottimale i contesti che li circondano, aumentando la propria percezione sensoriale.

Imparare dalle esperienze fatte permette alle macchine di agire consapevolmente, diventando di grande aiuto per gli esseri umani. Per giungere a risultati interessanti, e applicabili in diversi settori, è necessario un approccio interdisciplinare che unisca informatica, data science, biologia, ingegneria e neuroscienze.

L’unione di più forze apparentemente differenti fra loro, è stata fondamentale per costruire il robot a quattro zampe che è stato descritto dettagliatamente lo scorso 17 febbraio sulla rivista specialistica Science Robotics.

Prima di procedere a spiegare i fattori che legano soft robotica e aria pressurizzata, bisogna inquadrare l’elettronica come quella branca della tecnica che consiste nell’emissione e la propagazione degli elettroni nel vuoto o nella materia. Una caratterizzazione ben precisa per cui non va confusa con l’elettricità, che indica tutti i fenomeni riconducibili a particelle caricate positivamente o negativamente.

Come specificato già dal titolo, “Electronics-free pneumatic circuits for controlling soft-legged robots”, lo studio si è spinto oltre i confini dell’elettronica, ideando una nuova tipologia di circuiti che si modificano a seconda degli input ricevuti dall’esterno. Ecco cosa ne consegue.

Il punto di contatto tra soft robotica e aria pressurizzata

Mettere insieme soft robotica e aria pressurizzata ha consentito al team di gestire l’intero apparato di controllo e locomozione del quadrupede. Dylan Drotman, autore della pubblicazione, ha dichiarato:

Questo lavoro rappresenta un passo veramente significativo lungo il percorso che conduce alla costruzione di robot capaci di muoversi senza il supporto dell’elettronica e dotati di una notevole autonomia

L’innovazione presentata consiste in un sistema di circuiti pneumatici costituiti da valvole e pompe. Quella pneumatica (da pneuma, che in greco significa vento) è l’energia innescata dal movimento dell’aria compressa.

Lo studio ha attinto da una lunga serie di esperimenti in cui si è tentato di costruire componenti robotiche basate proprio sull’utilizzo di valvole. Una cornice complessa, in cui il nuovo robot quadrupede si propone di imitare il comportamento degli animali, riproducendo le connessioni neurali presenti nella colonna vertebrale dei mammiferi.

Con il nostro approccio – aggiunge il professor Tolley – si può creare un vero e proprio cervello robotico che sia in grado di controllare la locomozione unendo soft robotica e aria pressurizzata”.

Il team si è reso conto di come una maggiore agilità potesse consentire un percorso più agevole su terreni naturali, superfici non lisce e di fronte a un’ampia varietà di ostacoli. Sfide nuove che richiederanno una sofisticata rete di sensori e, nel corso del tempo, un articolato sistema di controllo.

Soft robotica e aria pressurizzata tra miglioramenti e prospettive future

Con l’utilizzo di poche valvole, la velocità dei robot è stata portata dagli scienziati fino al 270% rispetto a quelle riscontrate finora da tecnologie simili, mentre la leggerezza degli strumenti utilizzati ha contribuito a ridurre al minimo gli ingombri.

L’unione di soft robotica e aria pressurizzata permette all’automa di scegliere tra diverse andature, a seconda del luogo in cui si trova, riuscendo a orientarsi anche in spazi ristretti e persino a nuotare sott’acqua, con l’ausilio di un accessorio gonfiabile. L’obiettivo è quello di coordinare tra loro i quattro arti cercando di eguagliare l’equilibrio e l’andatura riscontrati negli animali.

I circuiti pneumatici e i sensori utilizzati dal professor Tolley e dai suoi allievi sono serviti ad avvicinare la stabilità del robot a quella dei mammiferi e a garantire un’ampia flessibilità rispetto alle informazioni acquisite di volta in volta. A seconda degli input ricevuti, la macchina è risultata sempre più nelle condizioni di decidere quale direzione intraprendere.

In futuro – precisano gli scienziati – si potrebbero studiare nuovi modi per regolare questi parametri, ad esempio, comprendendo la specifica valvola da utilizzare in ogni situazione. Si potrà così regolare l’oscillazione degli arti del robot soprattutto nel momento in cui è in azione”.

Dai laboratori di San Diego emerge la necessità di approcci e di metodi che riducano sia la massa che il volume dei circuiti pneumatici e, al tempo stesso, che sappiano differenziare questi ultimi, seguendo l’organizzazione tipica dell’elettronica.

Ispirarsi al mondo della natura per ottenere diverse applicazioni pratiche

L’ispirazione che ha portato ad accostare soft robotica e aria pressurizzata è arrivata dal mondo della natura e in particolare da alcuni circuiti neurali, definiti “pattern generators“, una sorta di sensori utilizzati dagli animali per regolare le proprie attività in base al posto in cui si trovano.

Al fine di riprenderne il funzionamento, gli ingegneri hanno costruito un sistema di valvole che, nel corso delle sperimentazioni, è riuscito a sostituirsi in maniera efficace agli oscillatori, circuiti centrali a livello elettronico per la loro capacità di generare cariche. Per consentire al robot un maggiore coordinamento, simile a quello degli esseri umani, gli ingegneri hanno evitato che fosse pompata troppa aria nelle gambe. 

Delle piccole bolle piene di fluido sono state sistemate in modo da capovolgere le valvole, facendo sì che l’aria cambiasse direzione, motivo per cui sono state definite “inverter”.

Il meccanismo, prima di essere applicato nell’ambito della soft robotica, era stato riscontrato dagli scienziati nell’atteggiamento difensivo delle tartarughe della specie Pleurodira. Queste ultime, invece di ritrarre la testa all’interno del guscio, sono solite spostare il collo lateralmente.

Tali conclusioni, nella sfera pratica, potranno tornare utili ad esempio per le risonanze magnetiche, che si basano esclusivamente su principi fisici, e in particolare nelle tecniche di imaging per le quali spesso non è possibile utilizzare congegni in metallo e servono alternative ai sistemi elettronici. 

Un’ultima suggestione riguarda l’ingegneria navale e la navigazione in presenza ostacoli, situazioni sulle quali gli scienziati stanno lavorando, per garantire una maggiore stabilità dei robot utilizzati.

Scritto da:

Emanuele La Veglia

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin