Dopo lo straordinario hype vissuto a cavallo tra il 2021 e il 2022, il metaverso sta attraversando un momento di profonda depressione, al punto che i principali player tech ne stanno addirittura prendendo le distanze, sia in termini di investimenti che di approcci nella comunicazione. Ma si può davvero parlare di crisi del metaverso?
Sembra passata davvero una vita dal 27 ottobre 2021, giorno in cui Mark Zuckerberg annunciò il rebrand di Facebook in Meta, annunciando come il futuro dell’azienda avrebbe visto nel metaverso il proprio percorso privilegiato verso l’era post web. Pareva una sorta di passaggio di consegne, che andava a delineare lo scenario che dovrebbe succedere ai social network che attualmente dominano la scena del web 2.0.
Quel giorno, il metaverso diventò improvvisamente oggetto di una speculazione incredibile, capace di alimentare promesse, specie nel breve termine, che nessuno era evidentemente in grado di mantenere, soprattutto in virtù della scarsa maturità delle sue tecnologie abilitanti e di quelle applicazioni che, per quanto acerbe, venivano chiamate a risolvere dei problemi che di fatto ancora non esistevano.
Dopo aver subito perdite miliardarie sui mercati nei più recenti periodi fiscali, lo stesso Zuckerberg è stato “costretto” a prendere le distanze dal metaverso, affermando come la holding da lui creata, pur non abbandonando del tutto lo sviluppo dei social ambientati nei mondi virtuali immersivi, ora concentrerà le proprie attenzioni su un’altra tecnologia emergente, l’intelligenza artificiale, concentrando gli sforzi sulla divisione Meta AI.
Sulla scia di Meta, più di recente, anche Microsoft e Disney hanno annunciato importanti tagli negli investimenti precedentemente pianificati per sviluppare le tecnologie e le applicazioni del metaverso. Secondo alcune indiscrezioni pubblicate dal Wall Street Journal, la holding Disney avrebbe intenzione di cessare l’attività della divisione appositamente creata per la ricerca e sviluppo del metaverso.
Microsoft, oltre a rallentare la corsa allo sviluppo delle tecnologie immersive, chiuderà definitivamente AltSpace VR, una piattaforma social in realtà virtuale acquisita nel 2017, integrando gli asset più rilevanti in altre applicazioni, maggiormente focalizzate sull’intelligenza artificiale, a prescindere dalla loro effettiva sostanza.


Tali aspetti, non certo incoraggianti, si aggiungono alla notizia del taglio di centinaia di migliaia di posti di lavoro, annunciati a cavallo dell’anno da quasi tutti i principali player della scena tech, per fare fronte all’esigenza di contenere drasticamente i costi dopo la contrazione della domanda che ha seguito il boom del periodo contrassegnato dalla pandemia Covid-19.
In tal senso, la fuga dal metaverso a cui stiamo assistendo conferma una congiuntura negativa che coinvolge globalmente vari aspetti del mercato tech, obbligando i big tech ad una razionalizzazione degli investimenti. Le scelte più ricorrenti vedono sacrificare in primis quelle attività che non si rivelano in grado di garantire un ritorno immediato, costituendo, in termini di ricerca e sviluppo, un notevole aggravio nella natura dei bilanci.
Ma cosa sta succedendo realmente al metaverso? Siamo di fronte ad una bolla sul punto di esplodere definitivamente o a quello che viene definito quale un inverno della tecnologia?
Takeaway
Fuga dal metaverso… l’hype cycle dove tutto era stato previsto
Chi segue puntualmente il mercato tech non può certamente dirsi sorpreso dalla fuga dal metaverso che attualmente coinvolge i più importanti nomi in ambito tech. Tra questi rientra per certi aspetti anche Apple, che continua a rimandare l’esordio commerciale del suo primo visore in realtà aumentata.
Per spiegare in modo semplice i concetti che caratterizzano la strada verso il successo e l’affermazione mainstream delle tecnologie emergenti, Gartner ogni anno pubblica uno studio dedicato: l’hype cycle delle tecnologie emergenti.
Il ciclo viene descritto mediante una curva che relaziona le aspettative di una tecnologia emergente in funzione del tempo. Dopo la fase iniziale, che prevede un’autentica escalation, segue una brusca contrazione creata da un sentimento di generale disillusione, solitamente accompagnato da un calo di fiducia da parte degli investitori.
Attualmente, il metaverso, introdotto da Gartner nell’hype cycle del 2022, si avvia ad affrontare questo periodo di repentina discesa, allontanando da sé la componente puramente speculativa che ha accompagnato quella fortuna mediatica rivelatasi del tutto effimera.
Nel frattempo, procede invece lo sviluppo di quello che, come vedremo, è il vero metaverso a cui occorre fare riferimento oggi, fatto di applicazioni concrete in settori che vi investono senza sosta da anni, con i ritmi lenti che caratterizzano la solida implementazione nei processi industriali.

Con il senno di poi, appare ancor più logica la scelta di Gartner di inserire il metaverso nel novero delle tecnologie emergenti soltanto nel 2022, quando già si intuivano le avvisaglie di una crisi che poi si è trasformata nella profonda disillusione a cui assistiamo nella prima metà del 2023.
Il 27 luglio 2022, Mark Zuckerberg aveva infatti ufficialmente comunicato agli investitori della sua holding l’intenzione di rallentare la corsa al metaverso, dimezzando il ciclo di assunzioni. Una scelta ben presto condivisa da Apple e Google. A queste notizie è seguito un crollo nella fiducia che ha portato alle massive campagne di licenziamenti annunciati tra dicembre e gennaio.
Nella relazione illustrativa del hype cycle delle tecnologie emergenti 2022, Melissa Davis, VP Analyst di Gartner, aveva infatti colto nel segno, rilevando come tutte le tecnologie abilitanti del metaverso:
«Si trovano allo stato iniziale, alcune in fase embrionale, e vi è grande incertezza sulla loro possibile evoluzione. Le tecnologie embrionali presentano i maggiori rischi in termini di sviluppo ma potenzialmente anche maggiori benefici per gli early adopter».
Il metaverso prospettato da Gartner rappresenta, in termini di business, un punto a capo rispetto alla sua pluriennale, per quanto immatura, tradizione tecnologica. In altri termini, Gartner ha scelto una delle tante definizioni di metaverso possibili, quella che la vede di fatto un sinonimo del già noto AR cloud, per indirizzarlo all’attenzione degli investitori con una connotazione tecnologica capace di andare oltre l’effimera buzzword con cui è stato proposto nel contesto mainstream.
Il vero metaverso: le applicazioni enterprise delle tecnologie immersive
La crisi attuale descrive pertanto un percorso di pesante recessione, che non ha comunque arrestato lo sviluppo del metaverso, pur ridimensionandone prudenzialmente le ambizioni, oltre ad allontanare la componente puramente speculativa. L’attuale domanda di mercato non è commisurabile all’esborso che i big tech avevano programmato. L’incapacità di attrarre nuovi investitori e il sensibile calo di fiducia di chi aveva scelto di puntare sul metaverso dei big tech ha costretto questi ultimi a invertire bruscamente la rotta, spegnendo in primo luogo i riflettori sulla scena.
Nell’immaginario mediatico, il metaverso è passato dall’essere il termine ombrello di una serie di tecnologie dirompenti ad una buzzword da cui molti stakeholder stanno in qualche modo prendendo le distanze, tornando a riferirsi alle singole tipologie applicative, come avveniva prima della comparsa di Meta.
Tuttavia, i mondi virtuali 3D e le tecnologie immersive non hanno certamente cessato di esistere, anzi, il loro sviluppo procede in maniera incessante, trovando riscontro ed applicazioni in molti settori di business.
La dimostrazione più tangibile arriva dal contesto manufatturiero, che da anni vede l’implementazione del digital twin per monitorare e simulare gli aspetti legati al piano di fabbrica. L’industria automotive procede senza sosta nello sviluppo di nuove smart factory, dalla natura sempre più digital-first. La dimostrazione è di recente arrivata da BMW, che ha scelto di implementare un digital twin integrale per il nuovo stabilimento di Debrecen (Ungheria), destinato alla produzione di veicoli elettrici, la cui apertura è prevista entro il 2025.
Il modello scelto dal brand tedesco costituisce un vero esempio di cosa sia lecito attendersi dal metaverso, una dimensione virtuale 3D interconnessa con la controparte reale, in grado di abilitare simulazioni in tempo reale sugli aspetti legati al layout di fabbrica, alla logistica, ai sistemi robotici e automatizzati, già molti anni prima che uno stabilimento entri effettivamente in produzione.
Questa prospettiva è abilitata dalla capacità di acquisire ed elaborare i dati di fabbrica con modelli analitici sempre più performanti, che consentono di mettere a disposizione di tutte le linee di business le informazioni loro necessarie, in tempo reale. La base di dati unificata di un digital twin consente a tutti gli stakeholder di operare con i rispettivi strumenti in un unico spazio virtuale condiviso, che coincide con la manifestazione spaziale del metaverso. Questa visione offre la possibilità di collaborare oltre i tradizionali confini del tempo e dello spazio.
Il metaverso industriale, come dimostra il digital twin di BMW, costituisce pertanto un esempio concreto degli investimenti che porteranno questa dimensione tecnologica ad affermarsi sempre più in futuro, di pari passo con la maturazione e l’adozione mainstream delle tecnologie abilitanti del paradigma Industry 4.0 (intelligenza artificiale, realtà virtuale, realtà aumentata, internet of things, robotica, cybersecurity, ecc.).