Entriamo in Area42 di Reply, soffermandoci - in compagnia di Paolo Capitelli, Direttore Community of Practices dell’azienda - su alcuni dei sei laboratori del nuovo centro di ricerca applicata inaugurato di recente.

Qual è, in linea generale – e, più in particolare, per le organizzazioni – il valore della ricerca applicata, riferita a quei centri in cui, allo sviluppo di tecnologie innovative, segue la loro trasformazione in prototipi, la loro concreta applicazione a casi d’uso reali?

La sociologa Ulrike Felt – impegnata, presso l’Università di Vienna, nell’ambito degli studi in tema di sociologia della scienza e della tecnologia – sostiene che proprio «all’interno di ambienti di ricerca ad alta intensità di conoscenza teorica e pratica, tecnologia e società entrano in relazione, con la prima che reca in sé la linea della sviluppo, dell’evoluzione, della seconda».

È un pensiero di ampio respiro quello della sociologa austriaca, che guarda al potere trasformativo della ricerca e delle tecnologie emergenti sul “gruppo”, sulla comunità intera, non solo sull’individuo.

Paolo Capitelli, Direttore Community of Practices di Reply – azienda che, il mese scorso, a Torino, ha ufficialmente presentato Area42, il suo nuovo centro di ricerca applicata impegnato nell’innovazione spinta – fa una riflessione complementare, che considera l’impatto della ricerca applicata sulle aziende, sulla relazione che queste hanno con i suoi clienti e sulla loro autorevolezza, rimarcando come l’approccio teorico – da solo – non sia sufficiente e che studiare, di per sé, non basti, ma che è sempre più importante provare a “metterci sopra” le mani, provare a implementare le innovazioni su casi d’uso concreti in ambito industriale:

«… perché solo implementandole, solo “mettendole a terra”, ci si rende conto di ciò che, delle nuove tecnologie sviluppate, funziona realmente e di ciò che, al contrario, va rivisto e migliorato»

E, in particolare, dei sei nuovi laboratori recentemente inaugurati presso la sede torinese dell’azienda, ne sottolinea la dimensione di spazi aperti, in cui «invitare i clienti a toccare con mano le tecnologie, a collaborare e a sperimentare insieme a noi».

Gli spazi aperti in questione – lo ricordiamo – sono i laboratori in tema di Autonomous Warehouse, Last Mile Delivery, Robotica, Connected Products, Blockchain e Metaverso. Visitiamone insieme alcuni, alla scoperta delle ultime frontiere della ricerca applicata in fatto di roboticamobilità avanzata ed esperienze immersive.

Ricerca applicata e tecnologie innovative: l’impiego di droni per l’automazione dei magazzini

Paolo Capitelli, Direttore Community of Practices di Reply
Paolo Capitelli

In tema di ricerca applicata e tecnologie innovative, il laboratorio di Area42 dedicato alle soluzioni più evolute per la gestione delle operazioni di magazzino – osserva Capitelli – rappresenta l’esempio più eloquente di innovazione che si fa realtà, di applicazione sul campo di quanto studiato, sviluppato e messo a punto a livello teorico:

«All’interno dell’Autonomous Warehouse Lab – in un’area protetta – abbiamo ricreato un piccolo magazzino dove poter sperimentare l’impiego di droni indoor per operazioni di inventario. Droni in grado, in volo, di fare la scansione degli scaffali e un reporting immediato di quanto è presente in magazzino»

Il punto di partenza per lo sviluppo di tale applicazione – precisa – è stata una soluzione ideata presso la sede brasiliana dell’azienda, alla quale, nei laboratori di Torino, si sta lavorando per renderla sempre più automatizzata tramite il ricorso a diverse tecnologie.

Con l’obiettivo di verificare quali siano – tra queste ultime – quelle che possiedono le caratteristiche che si prestano meglio a questa specifica applicazione, è necessario testarle nel concreto. In particolare:

«… in questo momento ne stiamo provando due: una basata sull’utilizzo di un rover che si muove autonomamente all’interno del magazzino e che reca sopra di sé un drone collegato con un cavo che, a sua volta, si muove solo in verticale. Mentre, il secondo sistema che stiamo sperimentando – anch’esso integrato con la nostra piattaforma LEA – sfrutta la tecnologia Ultra Wideband (UWB) per eseguire la localizzazione indoor di oggetti»

Una terza sperimentazione – che, però, non è possibile svolgere all’interno dei laboratori, poiché le features necessarie non sono ancora commercialmente disponibili – vede, infine l’impiego della tecnologia 5G per l’utilizzo dei droni in maniera autonoma all’interno di luoghi chiusi.

Le soluzioni identificate fanno uso di algoritmi di machine learning e di tecniche di computer vision, nonché di uno specifico hardware che permette al drone di navigare con precisione all’interno di uno spazio chiuso e di fermarsi esattamente in corrispondenza della giacenza da identificare.

Immagine dell'interno dell’Autonomous Warehouse Lab di Area42, in cui è stato ricreato un piccolo magazzino dove sperimentare l’impiego di droni indoor per operazioni di inventario (Credit: Reply).
All’interno dell’Autonomous Warehouse Lab di Area42 è stato ricreato un piccolo magazzino dove sperimentare l’impiego di droni indoor per operazioni di inventario (Credit: Reply).

Intelligenza artificiale, cloud ed edge computing per applicazioni di robotica

In tema di ricerca applicata e tecnologie innovative, completamente dedicato alle sperimentazioni – attraverso la progettazione di scenari d’uso – delle abilità dei robot autonomi nello svolgere attività di ispezionemanutenzione e rilevazione di anomalie all’interno di ambienti complessi, particolarmente estesi e non protetti, è il Robotics Lab.

Tra gli aspetti critici legati a tali applicazioni, la gestione e l’analisi della mole di dati generati dalle attività elencate, derivanti dall’interazione tra i robot e l’ambiente circostante.

All’interno di questo laboratorio – spiega Capitelli – proprio con l’obiettivo di fare fronte a tale criticità, si realizza la commistione tra diverse tecnologie, che vede, in particolare, intelligenza artificiale, cloud, edge computing e reti giocare – ciascuna – un ruolo importante:

«Perché se è vero che, per svolgere operazioni che prevedono l’individuazione di anomalie e situazioni di pericolo, il dispositivo robotico necessita di algoritmi di machine learning, è altrettanto vero che a bordo, essi, tipicamente, hanno poca capacità di calcolo. E il cloud non sempre è disponibile per visualizzare, analizzare e gestire da remoto i dati raccolti dal robot durante le sue attività, dal momento che questo potrebbe operare all’interno di un impianto in cui la copertura di rete è assente»

È in questi casi – fa notare il Direttore Community of Practices – che l’edge computing interviene, «con la possibilità di raggiungere il robot tramite coperture di rete locali e di eseguire gli algoritmi non a bordo, ma su macchine più potenti, situate nei pressi del luogo in cui il robot opera»

Ricerca applicata e tecnologie innovative: focus su blockchain e identità digitale dei veicoli

In tema di ricerca applicata e tecnologie innovative, il Blockchain Lab sperimenta, invece, la tecnologia Vehicle Digital Identity, sviluppata da MOBI (Mobility Open Blockchain Initiative) – organizzazione di cui Reply è partner – per abilitare, attraverso la blockchain, nuovi processi nell’ambito della mobilità connessa e delle smart cities.

La Vehicle Digital Identity – precisa Paolo Capitelli – ha un ruolo chiave nella definizione e nell’aggiornamento della storia del veicolo, andando a certificare ogni evento che ha un’incidenza su di esso, a partire dalla sua manutenzione ordinaria, da un’eventuale anomalia che comporta la sostituzione di un pezzo di ricambio, fino ad arrivare al suo cambio di proprietà:

«Il fatto di poter collegare in maniera univoca – per mezzo di un digital wallet – l’identità di un veicolo alla blockchain e poter tenere traccia di tutto quello che avviene su quel veicolo in termini di ricambi, attività di manutenzione, guasti e incidenti, permette di aprire su scenari che includono, ad esempio, una migliore gestione del post vendita e polizze assicurative in grado di valutare in modo più puntuale lo storico di quel veicolo»

Il primo caso d’uso realizzato in laboratorio riguarda un veicolo in leasing, per il quale, grazie all’utilizzo di smart contract, è possibile automatizzare le clausole standard, rendendo più efficiente l’intera filiera.

Il passo successivo sarà estendere questa tecnologia ad altri contesti, per sondarne le funzionalità applicate alla smart city e alla mobilità del futuro, in cui il digital wallet facilitarà la sottoscrizione e la fruizione di servizi, dal pagamento di pedaggi e parcheggi, fino all’interazione con le colonnine di ricarica.

Capitelli ci riporta, però, coi piedi per terra, ricordandoci che si tratta di funzioni, al momento, presenti solo sulla carta e non sui veicoli reali, «ma di cui stiamo cercando di implementare alcuni scenari, per poi renderle, infuturo, applicazioni concrete».

La sperimentazione in tema di soluzioni immersive destinate all’ambito industriale

In tema di ricerca applicata e tecnologie innovative, chiude questa breve panoramica di Area42 il Metaverse Lab, spazio in cui la sperimentazione verte sull’integrazione tra realtà aumentata e realtà virtuale da un lato e soluzioni di intelligenza artificiale in cloud dall’altro, nonché su piattaforme metaverso testate col fine di aumentare la sensazione di immersività da parte dell’utente.

L’ambizioso obiettivo è rendere disponile la fruizione di esperienze immersive destinate al mondo del lavoro e, più precisamente, al supporto degli operatori nello svolgimento di attività di produzione e di controllo qualità dei prodotti in contesti industriali.

Il focus è su soluzioni interconnesse a tecniche di intelligenza artificiale per migliorare i processi produttivi e di controllo all’interno delle aziende, «grazie a “guide intelligenti” in grado di aiutare gli operatori nello svolgimento di operazioni particolarmente delicate e cruciali, come quelle relative alle fasi di assemblaggio o alla configurazione dei componenti»

Aggiunge Capitelli:

«Mentre fino a poco tempo fa esistevano molteplici applicazioni di realtà aumentata e realtà virtuale differenziate, prive di un ambiente unico di riferimento, oggi stiamo assistendo, invece, alla nascita di ambienti immersivi unici, all’interno dei quali gli utenti possono fare più cose. E ciò che noi ora stiamo facendo è testare piattaforme di realtà virtuale diverse, dagli ambienti diversi, col fine di osservarne e studiarne le funzionalità»

Quello del centro di ricerca Area42 – conclude – è paragonabile a un’esperienza in itinere, che vedrà trasformare, nel corso del viaggio, i laboratori di ricerca applicata, i quali probabilmente – da qui a poco – andranno ampliandosi e ad aumentare di numero. Proprio come accade alle idee, nate singole, per poi, nel tempo, moltiplicarsi e acquistare una dimensione via via sempre più grande.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin