A meno di venti di giorni al termine dell’anno, è d’obbligo guardare a quanto è stato fatto. Non tanto per redigere un bilancio, quanto per avere chiaro il punto in cui si è arrivati e dal quale si dovrà ripartire per nuove evoluzioni. Vale per tutti i settori e le sfere del vivere, compresi lo sviluppo di nuove tecnologie e il mondo della ricerca.

TAKEAWAY

  • The World Economic Forum ha di recente pubblicato la sua consueta classifica annuale delle dieci tecnologie che hanno caratterizzato il 2021 e dalle quali ripartire, con nuove evoluzioni, nel 2022.
  • Delle tecnologie elencate e dei relativi ambiti di riferimento, quello che risalta a un primo sguardo è il fatto che sono “interconnessi”, che esiste, cioè, una trama di fondo che crea tra loro intrecci.
  • Le tecnologie a sostegno delle politiche di decarbonizzazione, ad esempio, si legano a quelle per la riduzione delle emissioni di carbonio dei fertilizzanti industriali e alle colture ingegnerizzate, a vantaggio delle sostenibilità ambientale e della produzione alimentare sostenibile.

Quale eredità – in termini di tecnologie emergenti, di ricerche e studi avviati nel 2021– l’anno che sta per concludersi lascia al 2022? The World Economic Forum, in collaborazione con la rivista di divulgazione Scientific American, ha pubblicato la sua consueta classifica annuale delle dieci tecnologie che hanno caratterizzato il 2021 – Top 10 Emerging Technologies of 2021 – e che tracciano la via all’anno che sta per iniziare, indicando la rotta da seguire.

Delle tecnologie elencate e dei relativi ambiti di riferimento, quello che risalta a un primo sguardo è il fatto che sono “interconnessi”, che esiste, cioè, una trama di fondo che crea intrecci tra i protagonisti che, in questo caso, sono, appunto, le tecnologie.

Le tecnologie a sostegno delle politiche di decarbonizzazione, ad esempio, si legano a quelle per la riduzione delle emissioni di carbonio dei fertilizzanti industriali e alle colture ingegnerizzate (che producono da sole il proprio fertilizzante), a vantaggio delle sostenibilità ambientale e della produzione alimentare sostenibile.

Per quanto concerne, invece, il settore medicale, i sensori del respiro – in grado di rilevare determinati disturbi e patologie – e i dispositivi biomarker wireless per la gestione non invasiva delle malattie croniche, coniugano – insieme – diagnosi e trattamento terapeutico.

Sono solo alcuni esempi (molti altri emergeranno nel corso della lettura), ma sufficienti a confermare che il futuro della ricerca e delle tecnologie, pur nella sua complessità ed eterogeneità, è interconnesso e destinato a evolvere in modo fluido.

Ma diamo ora uno sguardo alla trama tecnologica che ha distinto questo 2021 e dalla quale si ripartirà, con nuove evoluzioni, nel 2022.

La lotta ai cambiamenti climatici

Non poteva che essere così: al primo posto tra le tecnologie emergenti che hanno caratterizzato il 2021 troviamo quelle a supporto della sfida legata alla decarbonizzazione globale, «costrette a emergere nei prossimi tre-cinque anni» – si legge nel documento del WEF – sotto la forte spinta degli impegni assunti dai Paesi membri dell’ONU.

Ricordiamo che la recente Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – tenutasi a Glasgow e conclusasi il 12 novembre 2021 – rispetto agli obiettivi sul clima e l’ambiente contenuti nell’Agenda 2030, ha dato un giro di vite, fissando, da qui a nove anni, sotto 1,5 gradi l’aumento del riscaldamento globale, al 45% l’obiettivo minimo di decarbonizzazione e a zero le emissioni nette di gas serra entro il 2050.

Le tecnologie emergenti a supporto della decarbonizzazione

Per raggiungere i traguardi fissati, esistono già alcune soluzioni tecnologiche. Ma non sono ancora mature. E, per esserlo a sufficienza, occorrerà continuare a investire su ricerca e innovazione. Ad esempio, si dovrà lavorare all’incremento del fotovoltaico, dell’eolico, dell’idroelettrico, delle tecnologie che sfruttano le maree, rimuovendo, però, alcuni ostacoli, tra cui il problema dell’accumulo di energia su scala industriale.

Si dovrà lavorare ancora molto anche all’idrogeno verde che, se completamente prodotto senza ricorrere a combustibili a base di carbonio, potrebbe trasformarsi in combustibile assolutamente non inquinante per i trasporti a basse emissioni. Allo stesso modo, si dovrà studiare e fare ricerca in merito a un’energia nucleare priva di carbonio e basata su un processo di fissione sicura.

Tra gli ambiti destinati, in futuro, a un ruolo di primo piano a sostegno della decarbonizzazione, anche quello della scienza dei materiali, chiamato a puntare su materiali da costruzione naturali e sostenibili, tra cui il legno rinnovabile e il cemento a basse emissioni di carbonio.

Tecnologie emergenti nell’agricoltura green

Al secondo posto delle tecnologie emergenti del 2021, quelle tese a fornire cibo nutriente e sicuro alla popolazione mondiale – soprattutto in quelle aree in cui scarseggiano acqua e terreni coltivabili – utilizzando fertilizzanti che non abbiano un impatto negativo sull’ambiente e sulle emissioni globali di anidride carbonica e il cui costo possa essere sostenuto anche dai piccoli agricoltori. È – questo – un obiettivo al quale sta lavorando la comunità scientifica, che mira a sostituire su larga scala i comuni fertilizzanti industriali contenenti azoto e ottenuti convertendo l’azoto atmosferico in ammoniaca, processo chimico ad alta intensità energetica.

Fertilizzanti naturali per una produzione alimentare più sostenibile

L’alternativa si ispira al comportamento della natura nel produrre da sé fertilizzanti azotati, in particolare a quello delle piante leguminose, le cui radici – a contatto con i batteri presenti nel terreno – formano delle strutture denominate “noduli”, all’interno delle quali forniscono zuccheri per il nutrimento dei batteri che, a loro volta, fissano l’azoto.

È proprio questa «antica simbiosi naturale con i batteri del suolo, che porta alla creazione di fabbriche di fertilizzanti naturali» a rendere i legumi indipendenti dai fertilizzanti industriali azotati comunemente in uso e a spingere verso nuove tecniche di fissazione naturale dell’azoto nelle piante non leguminose.

I lavori più recenti sulle radici dei cereali, ad esempio, si basano sulla fissazione dell’azoto attraverso la nitrogenasi, enzima in grado di convertire l’azoto dall’aria in ammoniaca compatibile con le piante. E in questa direzione si muove la ricerca futura, volta alla produzione alimentare più sostenibile a livello globale.

Tecnologie emergenti nella biochimica

Nella classifica de World Economic Forum, il terzo posto delle tecnologie emergenti del 2021 è occupato da quel filone di ricerca nel campo della biochimica focalizzato sullo studio dei composti contenuti nei campioni di respiro umano, evidenziando come una determinata concentrazione sia associata a specifiche patologie.

A rilevare i composti (e le loro quantità) presenti nel respiro raccolto all’interno di un campionatore, sono sensori che lavorano misurando i cambiamenti nella resistenza elettrica dei semiconduttori di ossido di metallo. L’analisi di quanto rilevato viene, poi, eseguita da un software, che delinea il profilo di quanto emerso.

Sensori del respiro come strumenti diagnostici rapidi ed economici

I sensori del respiro (detti anche “breath sensors”) sono in grado di produrre risultati in modo più rapido, più semplice, meno costoso e meno invasivo rispetto al tradizionale metodo del prelievo ematico, si legge nel documento. E questo, in particolare nelle aree del mondo a basso reddito e dalle limitate risorse mediche, si traduce in un nuovo modo di fare assistenza sanitaria, in uno strumento diagnostico economico e agevole.

Benché l’esempio dello studio clinico condotto dall’Israel Institute of Technology a Wuhan, in Cina – a marzo del 2020, in piena emergenza pandemica – per il rilevamento del Covid-19 nei campioni di respiro raccolti tra la popolazione abbia registrato, per quanto concerne i sensori utilizzati, una precisione pari al 95% e una sensibilità del 100% nel discriminare i positivi e i negativi al virus, una criticità importante nell’adozione dei breath sensors (sulla quale lavorare nei prossimi anni) riguarda proprio l’accuratezza e la precisione del rilevamento e dell’analisi dei dati raccolti, soprattutto in riferimento a patologie come la tubercolosi e il cancro.

Tecnologie emergenti per l’ingegneria farmaceutica

Tra le tecnologie emergenti del 2021 destinate ad essere protagoniste nel corso del prossimo anno, anche quelle impegnate a trasformare i processi che conducono alla messa a punto di impianti di produzione nel settore farmaceuticoe allo sviluppo di nuovi farmaci.

Da sempre, la realizzazione di prodotti farmaceutici segue la produzione di massa, fatta di processi scanditi da numerose fasi, da centinaia di tonnellate di materiale e da tempistiche di distribuzione piuttosto lunghe. Esattamente opposta a questo schema, la produzione di farmaci su richiesta, detta anche produzione farmaceutica a flusso continuo”, «in un unico sito, con meno risorse per immagazzinare e trasportare i farmaci e con dosi che possono essere adattate ai singoli pazienti».

Dalla produzione di massa ai farmaci on demand

Il primo esempio di produzione di farmaci on demand si deve al Massachusetts Institute of Technology (MIT) che, in collaborazione con la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) – agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti – ha costruito una macchina simile, nell’aspetto, a un frigorifero, in grado di lavorare sfruttando la tecnologia a flusso continuo per la produzione – in 24 ore – di quattro diverse tipologie di farmaci, per un totale di mille dosi per ciascuno di essi.

Oggi, diversi produttori farmaceutici (tra cui Johnson & Johnson e Pfizer) utilizzano tale tecnologia per parti dei loro processi di produzione. La ricerca futura dovrà, però, concentrarsi sulla definizione di nuovi standard di qualità relativi alle nuove macchine di produzione e di nuove misure di controllo: questo passaggio, insieme alla riduzione dei costi e all’evoluzione del quadro normativo di riferimento, potrebbe fare della produzione di farmaci su richiesta la rivoluzione dell’ingegneria farmaceutica.

Internet of Things

Quello dell’Internet of Things è considerato un settore in ascesa, caratterizzato da una miriade di applicazioni e dal progressivo ampliarsi dei servizi offerti.

Recenti stime – riporta The World Economic Forum – ipotizzano, a livello globale, 40 miliardi di dispositivi IoT attivi entro il 2025, aprendo la complessa questione relativa alla loro connessione, che non dovrà soltanto essere stabile, ma anche veloce e affidabile, capace di supportarne tutte le funzioni. Ma non solo. Si apre anche la questione di come fornire alimentazione costate a tali dispositivi.

La tecnologia 5G potenzierà l’IoT

In tema di tecnologie emergenti, sarà la tecnologia 5G a scendere in campo a sostegno del futuro dell’IoT, sia per garantire una maggiore copertura di rete anche nelle zone più remote (si pensi, ad esempio, all’agricoltura 4.0) e una velocità di trasmissione più elevata, sia per alimentare i dispositivi Internet of Things: infatti, «i segnali wireless 5G trasmettono una maggiore quantità di energia irradiata rispetto al 4G. Questa capacità punta a un futuro in cui molti dispositivi wireless a bassa potenza non dovranno mai essere collegati per essere caricati».

In particolare, i dispositivi IoT acquisiscono energia dai segnali wireless 5G per mezzo di una speciale antenna in grado di trasformare in energia le onde millimetriche: «Questa combinazione di antenna e convertitore è chiamata “rectenna”, la quale viene seguita da un circuito di gestione dell’alimentazione che amplifica la tensione e consuma esso stesso una potenza trascurabile». La ricerca punta a prodotti di ricarica wireless capaci, in futuro, di raccogliere segnali Wi-Fi e 5G.

Genomica

I dati che – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – vedono, entro il 2050, la percentuale della popolazione mondiale con più di 60 anni quasi raddoppiata (dal 12% al 22%), mettono in allarme i sistemi sanitari, preoccupati dalla gestione delle patologie croniche (tra cui diabete, demenza senile e disturbi cardiovascolari) correlate al processo di invecchiamento. Da qui l’esigenza di studiare i meccanismi molecolari e, mediante la genomica, le caratteristiche del DNA alla base non solo di una vita più lunga, ma anche più sana, a beneficio del singolo e dell’intera società.

Tecnologie emergenti del 2021: come prolungare lo stato di salute

In tema di tecnologie emergenti, l’anno che sta per concludersi lascia in eredità al 2022 una serie di studi sulle «mutazioni dell’attività genica – a causa del comportamento dell’individuo oppure dell’ambiente – e di quei composti metabolici che possono servire come identificatori dell’età biologica di un organismo».

A questo si aggiunge il fatto che, negli ultimi anni, il progredire delle tecniche di sequenziamento del genoma umano ha reso possibile dimostrare che il numero di mutazioni genetiche tende ad aumentare durante l’invecchiamento e che i danni al DNA sono posti in relazione anche con la senescenza delle cellule e con l’esaurirsi delle cellule staminali, fondamentali nei processi di rinnovamento di cellule e tessuti.

Sulla base di tali nuove intuizioni, attualmente oltre cento aziende nel mondo – si legge nel Report del World Economic Forum – sono impegnate nello sviluppo di «approcci farmaceutici e di ingegneria genetica atti ad analizzare e a progettare la “durata della salute” dell’essere umano», di cui la maggior parte è in fase preclinica o nelle prime sperimentazioni cliniche.

Il contributo delle biotecnologie nel ridurre l’impronta di carbonio dei fertilizzanti industriali

A proposito delle tecnologie emergenti del 2021 impiegate nel comparto dell’agricoltura per fornire cibo nutriente alla popolazione globale, si è detto degli sforzi dei ricercatori nel sostituire i comuni fertilizzanti industriali contenenti azoto (e dall’impatto negativo sull’ambiente e sulle emissioni di anidride carbonica) mediante tecniche di fissazione naturale dell’azoto nelle piante.

Ebbene, i biotecnologi stanno affrontando un altro tipo di ricerca, che vede l’impiego dell’idrogeno verde nel processo chimico di conversione dell’azoto atmosferico in ammoniaca. Il che andrebbe a ridurre l’impronta di carbonio che finora ha caratterizzato la produzione di fertilizzanti industriali.

Verso la produzione di ammoniaca verde

L’idrogeno verde è un idrogeno più pulito. E questo si traduce nello sviluppo di catalizzatori che non necessitano più dell’impiego di sostanze chimiche proprie dei combustibili fossili, aprendo alla produzione (vi sono già degli esempi in Danimarca e in Spagna) di «nuovi catalizzatori da fonti interamente rinnovabili per la produzione di ammoniaca verde».

Al momento, il punto critico è rappresentato dal costo elevato dell’idrogeno verde. Problema in merito al quale, in Europa, cerca una soluzione il progetto a cura di trenta operatori del settore Energia (HyDeal Ambition), il cui obiettivo è arrivare a «fornire idrogeno verde a 1,5 € per chilogrammo entro il 2030, attraverso innovazioni nella produzione, stoccaggio e trasporto dell’idrogeno». Se questo obiettivo venisse conseguito, si prevedono una serie di nuove applicazioni per l’ammoniaca verde, a partire dal processo che, decomponendola, la trasforma nuovamente in idrogeno.

Tecnologie emergenti per i dispositivi biomarker

In tema di tecnologie emergenti, sono oltre un centinaio, in tutto il mondo, le aziende impegnate nello sviluppo di dispositivi wireless portatili, indossabili o impiantabili, per il monitoraggio continuo e non invasivo dei parametri vitali e il rilevamento di determinati biomarcatori (detti anche biomarker), ovvero di quei segnali correlati alla presenza di una data patologia a partire dall’analisi di piccole quantità di sudore, di lacrime o di saliva.

Le tecnologie utilizzate vanno dalle radiazioni elettromagnetiche leggere o a bassa potenza, ai sensori elettronici da porre a diretto contatto con la pelle: per tutti, l’obiettivo è individuare anche il minimo cambiamento nella corrente, nella tensione o nella concentrazione elettrochimica.

Sensori wireless per il monitoraggio non invasivo delle patologie croniche: l’esempio del diabete

È il diabete la patologia per il cui monitoraggio, nel corso degli anni, sono stati realizzati più studi e ricerche e che, oggi, data la sua incidenza – a diverse età – tra la popolazione mondiale, è tra i principali obiettivi della tecnologia wireless per il suo controllo continuo e non invasivo.

In particolare, per la misurazione non invasiva dei livelli di glucosio, oggi la tecnologia è in grado di mettere a disposizione apparecchiature portatili che sfruttano i campi elettromagnetici wireless a onde millimetriche e il rilevamento del vicino infrarosso, oppure l’elettronica indossabile incorporata negli indumenti, «capace di rilevare la glicemia nel flusso sanguigno attraverso onde elettromagnetiche all’interno della gamma delle microonde».

Altri esempi di dispositivi utilizzati sono i circuiti elettronici simili a tatuaggi – che rilevano la quantità di glucosio presente nel sudore sulla pelle per mezzo di elettrodi – e le lenti a contatto elettroniche che rilevano, sempre in modalità wireless, la concentrazione di glucosio nelle lacrime.

L’edilizia di domani

Tra le tecnologie emergenti del 2021, anche quelle che vedono – per la costruzione di abitazioni – l’utilizzo del terreno locale e di materiali nativi o di cemento e miscele di sabbia, plastica e sostanze adesive e coesive, trasportati in cantiere e lavorati attraverso un’enorme stampante 3D. Il concetto di base non è affatto nuovo (vi sono già diversi esempi negli Stati Uniti) e – si legge nel Report del World Economic Forum – trattandosi di un metodo di costruzione semplice e a basso costo, potrebbe contribuire a risolvere il problema degli alloggi per 1,6 miliardi di persone in tutto il mondo.

Costruire abitazioni utilizzando stampanti 3D

Un prototipo di casa costruita mediante stampa 3D è quello progettato a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, dove è stato usato il terreno argilloso locale – mescolato con canapa e un liquido legante – per stampare tutti i componenti in 3D.

Al di là dell’approccio e dei materiali utilizzati (un altro esempio è quello del fango miscelato a una fibra naturale), costruire abitazioni per mezzo di stampanti 3D, oltre ad abbattere i costi generali, riduce il consumo energetico legato al trasporto dei materiali sul sito e ai tradizionali lavori di costruzione. Inoltre, le strutture ottenute, nel momento in cui raggiungono la fine del loro ciclo di vita, possono essere scomposte nei loro materiali di base e quegli stessi materiali possono essere riutilizzati, in linea col modello di economia circolare e a rifiuti zero.

Tecnologie emergenti nell’ingegneria delle telecomunicazioni

Se – come già si è detto – i dispositivi IoT sono destinati a un aumento esponenziale, che prevede addirittura un raddoppio del loro numero attuale (diedi miliardi nel mondo) nei prossimi dieci anni, urge affrontare in anticipo i problemi legati alla connettività.

Oltre che dalla tecnologia 5G (come si è visto), una possibile soluzione potrebbe venire da un sistema IoT spaziale, basato su una rete di nanosatelliti dal peso inferiore ai 10 chilogrammi, orbitanti a poche centinaia di chilometri dalla Terra.

L’IoT del futuro si baserà su reti di nanosatelliti

Ricordiamo che il lancio del primo nanosatellite risale al 1998 e che, successivamente, diverse aziende – tra cui Amazon e Telesat – sono ricorse ai nanosatelliti per garantire una copertura Internet globale. Oggi circa 2.000 nanosatelliti dalla forma cubica fungono da monitor orbitanti. E, in futuro, piccoli dispositivi IoT sulla Terra potrebbero comunicare con loro. Poniamo, ad esempio, i dati provenienti da un sensore IoT che rileva i tracciamenti dei veicoli: questi verrebbero inviati a un nanosatellite – utilizzando protocolli di comunicazione capaci di decodificare anche i segnali più deboli – e, quindi, trasferiti alle stazioni di terra per l’elaborazione dei dati.

Tra le tecnologie emergenti del 2021, quella dell’IoT che viaggia nello spazio pone numerosissime sfide alla sua piena concretizzazione, prima fra tutte la breve durata dei nanosatelliti e i costi ancora elevati delle infrastrutture delle stazioni di terra. Inoltre, è necessario assicurare che le comunicazioni dai nanosatelliti alle stazioni di terra siano sicure e caratterizzate da un’alta larghezza di banda, al fine di garantire la connettività in presenza di differenti condizioni meteo.

Scritto da:

Paola Cozzi

Giornalista Leggi articoli Guarda il profilo Linkedin