Per contare su coltivazioni più fruttuose e capaci di adattarsi meglio a condizioni climatiche sempre più difficili, si guarda con favore ai sistemi di editing genetico. È un’opportunità da considerare, spiega il docente ed esperto Michele Morgante.
Le tecniche di evoluzione assistita per l’editing genetico (Genetic Editing) sono soluzioni che la scienza studia e sviluppa per migliorare le caratteristiche delle piante in agricoltura, utili agli scopi agroalimentari e a renderle più resilienti ai mutamenti del clima. I cambiamenti climatici hanno già impatti diffusi e pervasivi sugli ecosistemi e sulle persone, con sempre più frequenti e intensi eventi meteorologici estremi. Periodi di caldo estremo, forti precipitazioni, siccità hanno ridotto la sicurezza alimentare e idrica, segnala IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change in “Summary for Policymakers”
A fronte di questo scenario, occorre provvedere ai fabbisogni di una popolazione in sensibile aumento. Secondo previsioni dell’ONU, a livello mondiale si passerà da 7,6 miliardi di persone a 9,8 miliardi nel 2050 e a 11,2 miliardi nel 2100.
La ricerca, da tempo, lavora al perfezionamento delle Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) e, tra queste, l’editing genomico (o genetico), specie con l’avvento del sistema CRISPR Cas9. Esso permette di correggere e apportare migliorie nel genoma e attivare o disattivare i geni nelle cellule.
L’Italia ha particolare necessità di trovare soluzioni, in quanto parte della regione Mediterranea, considerata uno degli “hot spot” del climate change. In essa il riscaldamento supera del 20% l’incremento medio globale e si registra una sensibile riduzione delle precipitazioni, rileva il Centro Euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.
Di fronte a questo scenario, «da un lato occorre agire sulla tolleranza alla siccità delle piante, facendo sì che possano sfruttare meglio la risorsa idrica, dall’altro occorre renderle più capaci di difendersi dagli agenti patogeni. Il cambiamento climatico, cui si aggiungono il fenomeno della globalizzazione e l’aumento degli scambi di merci e il flusso continuo di persone, porta con sé un enorme aumento nella frequenza di nuovi patogeni, in particolare dall’Asia» afferma Michele Morgante, professore ordinario di genetica all’Università di Udine e direttore scientifico dell’Istituto di Genomica Applicata. Inoltre, è presidente dell’Associazione Genetica Italiana ed è membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Takeaway
Miglioramento delle piante: dalla fotosintesi più efficiente…
La scienza affronta diversi percorsi per riuscire a trovare risposte alla necessità di contare, già oggi e ancor più domani, su piante che possano adattarsi a condizioni meteo-climatiche mutate. Un esempio riguarda la necessità di affrontare condizioni siccitose sempre più frequenti. «Si può pensare a rendere le piante più efficienti nel compiere la fotosintesi, ossia il processo di conversione dell’energia solare in energia chimica. Migliorare l’efficienza favorirebbe un minor consumo d’acqua», spiega Morgante.
Su questo aspetto si sta lavorando, come conferma un articolo, pubblicato su Molecular Plant e firmato anche dagli italiani Alessandro Alboresi e Giovanni Finazzi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, dove si mettono in evidenza progressi e prospettive.
«Non c’è un’unica strada da seguire, ma diverse. Personalmente credo che migliorare l’efficienza fotosintetica sia uno dei grandi traguardi che ci dobbiamo porre, anche perché è un carattere sul quale il miglioramento genetico non ha agito molto finora. Ci sono esempi di utilizzo della biologia molecolare che prefigurano sviluppi significativi per riuscire a migliorare questo processo fondamentale».
… all’editing genetico
Accanto a questa strada, uno dei filoni più promettenti riguarda l’editing genetico. Tuttavia, premette lo stesso presidente dell’Associazione Genetica Italiana, «dobbiamo stare attenti a non promettere quello che potremmo non essere in grado di fornire. È un errore già commesso 40 anni fa, ai tempi delle “piante OGM”, presentate come una soluzione definitiva. Detto questo, l’editing genomico è una tecnologia straordinaria, mediante cui si può rifare esattamente – in maniera più rapida e precisa – quello che avremmo fatto con le tecnologie tradizionali».
Qui va fatta chiarezza, specificando che nel campo delle biotecnologie agrarie ci sono diversi approcci. Oltre alla transgenesi, processo basato sul trasferimento di uno o più geni esogeni provenienti da specie o regni diversi, il cui risultato sono piante che rientrano tra gli OGM, c’è la cisgenesi, che prevede il trasferimento di uno o più geni nativi con le proprie sequenze regolatrici. Quindi, il DNA che viene introdotto appartiene alla stessa specie che viene modificata.
In entrambi i casi si tratta di un’operazione di miglioramento genetico, ma con sensibili differenze. L’esempio portato da Morgante è emblematico:
«Spesso capita che le piante coltivate siano sensibili a malattie. Se in un progenitore selvatico della pianta coltivata è presente un gene di resistenza, è possibile trasferirlo alla pianta coltivata. Sul metodo, si può usare la pratica di incrociare la pianta coltivata con quella selvatica, producendo una progenie e incrociandola di nuovo con la pianta coltivata. Se questa operazione verrà condotta per un certo numero di generazioni, si sarà ricostituito il genoma della pianta coltivata. Ma se a ogni generazione si selezionano solo gli individui resistenti al patogeno, si sarà importato il gene di resistenza. È una sorta di ingegneria cromosomica ante litteram, in cui si sarà sostituito un segmento di cromosoma. Questo oggi è possibile farlo anche mediante la cisgenesi, che ha il pregio di evitare tutta la serie di incroci, trasferendo attraverso tecniche di ingegneria genetica il gene migliorativo della pianta selvatica in quella coltivata. Con la cisgenesi il processo è decisamente più rapido rispetto agli incroci ed è anche più preciso»
C’è poi l’intragenesi, che si riferisce alla modifica del materiale genetico di un organismo, combinando sequenze diverse della stessa specie o di una strettamente correlata.
Editing genetico per le piante attraverso la mutagenesi mirata
Un’altra strada che in passato è stata impiegata è la mutagenesi, attraverso l’impiego di agenti chimici e/o fisici. L’editing genetico per le piante permette di fare una mutagenesi mirata, specifica Morgante: «se si conosce qual è il gene da modificare, si può scegliere una base, sapendo che la modificazione fornirà uno specifico miglioramento. L’editing è una tecnologia che potrà fornire molteplici possibilità perché è estremamente flessibile. È bene specificare che prima di intervenire occorre avere una perfetta conoscenzadei geni che influenzano il determinato carattere che si vuole modificare. Se manca, l’editing resta una splendida tecnologia, ma inutile. Quindi la pratica deve essere anticipata e accompagnata da una profonda ricerca per un’attività ottimale».
Uno dei più interessanti sistemi di editing genetico messi a punto in questi anni è il CRISPR Cas9. Numerosi studi hanno dimostrato la sua efficienza in vari organismi e la sua applicazione ha fortemente influenzato il progresso delle manipolazioni del genoma nei sistemi vegetali [fonte: J. A. Montecilio et al. MDPI]. Una delle applicazioni di maggiore impatto di CRISPR Cas9 riguarda la potenzialità di miglioramento della qualità delle coltivazioni agricole [fonte: National Library of Medicine].
Professor Morgante, quali sono le sfide aperte in termini di editing genetico?
Attualmente sono stati sequenziati quasi tutti i genomi delle principali piante coltivate, fornendo l’elenco di tutti i geni. Avere questo elenco non è però sufficiente, perché poi si devono trovare le relazioni fra geni e caratteristiche di interesse per l’agricoltura, un aspetto sicuramente più complicato. Tuttavia, si stanno facendo progressi anche in questo senso. Ciò che bisognerà fare sarà modulare l’espressione genetica in maniera molto accurata: questo richiede che si conoscano le sequenze che controllano l’espressione che si deve andare a modificare. È un aspetto sul quale sarà cruciale maturare maggiore conoscenza. Però questa sarà la strada da percorrere.
Qual è lo stato dell’arte dell’Italia sulle biotecnologie vegetali?
L’Italia ha investito molto e ha maturato notevoli competenze nel campo del sequenziamento e dell’analisi dei genomi. Su questo aspetto si è guadagnata una leadership riconosciuta a livello internazionale, in particolare su alcune specie di maggiore interesse per l’agricoltura nazionale. Penso, ad esempio, al pomodoro, al frumento, alla vite. Forse quello di cui si lamenta una carenza è che non viene adeguatamente finanziata la ricerca di base, di cui c’è un gran bisogno. Serve puntare su una ricerca che vada a comprendere meccanismi fondamentali su come le piante si difendono dai patogeni e dalla siccità, sulla loro capacità di utilizzare l’azoto, sul miglioramento della fotosintesi, come già detto. Su questo versante bisognerebbe investire di più.
Guardando al futuro delle biotecnologie vegetali, quali saranno i filoni di ricerca su cui si concentrerà il maggiore interesse?
Nel corso del tempo, abbiamo costantemente cambiato i sistemi di produzione agricola. Malgrado ci sia una tendenza conservativa, molto forte in Italia, credo che per contare su un’agricoltura capace di conciliare livelli produttivi, sostenibilità, qualità e sicurezza per il consumatore, si debbano considerare tutte le opzioni che la scienza mette a disposizione. Un settore di sicuro interesse è quello dell’agricoltura cellulare, basata sulla possibilità di produrre senza bisogno di coltivarle in campo. La più nota oggi riguarda la carne coltivata, ma è solo un esempio delle potenziali applicazioni.
Si fa spazio la coltivazione idroponica, si parla con interesse di vertical farming. Sono del parere che occorra considerare ogni opzione possibile, con una visione laica, non dogmatica finalizzata a conciliare produzione, sostenibilità e qualità. Mediante l’editing genetico sarà possibile sviluppare nuove possibilità, per esempio produrre proteine vegetali con un contenuto di aminoacidi più simile a quello delle proteine animali. Grazie a questa opportunità – tutta da studiare – si potrebbero diminuire gli allevamenti animali, che contribuiscono in maniera importante alle emissioni di gas clima-alteranti. È un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire.
A proposito di editing genomico, CRISPR Cas9 risulta ormai il metodo più efficace a questo proposito, grazie alla sua facile applicabilità. Nelle applicazioni attuali viene impiegato per “tagliare” una molecola DNA in un punto preciso, utilizzando Cas9, un enzima che taglia il DNA, e una molecola di RNA che si lega all’enzima e lo guida in una posizione specifica del genoma corrispondente al DNA bersaglio. Lo si può pensare come un sistema generico per veicolare qualsiasi molecola in un punto preciso del genoma, perché resta la molecola di RNA, ma nell’enzima si può inattivare la funzione di taglio e attaccare qualsiasi altra funzione. Si spazia dalla possibilità di attivare la trascrizione genica a quella di modificare le caratteristiche epigenetiche di una determinata regione. È un sistema estremamente flessibile. Oggi abbiamo solo visto la punta dell’iceberg di tutte le opportunità che ci potrà offrire: quindi dovremo attenderci molte novità che ci consentiranno di compiere modificazioni sempre più mirate e precise, con sempre meno conseguenze su altre parti del genoma.
Glimpses of futures
Per contare su un’agricoltura capace di provvedere efficacemente alle necessità di una popolazione in aumento e dovendo affrontare una crisi climatica che si fa sempre più preoccupante, occorre guardare al futuro con più opzioni possibili.
Le tecniche di evoluzione assistita possono avere un ruolo importante per progettare piante adatte a soddisfare le richieste agricole globali, ma occorrerà superare gli aspetti critici ancora presenti.
In ogni caso, come sottolinea la Commissione Europea, dall’invenzione dell’agricoltura, gli esseri umani hanno proceduto a un continuo miglioramento delle tecniche colturali, in modo da migliorare la resa e la qualità dei prodotti. Le piante sono state incrociate e selezionate per ottenere le giuste caratteristiche e ottenere raccolti migliori. “Le nuove tecniche genomiche ci permettono di fare esattamente la stessa cosa, ma più velocemente e con maggiore precisione”.
Detto questo, è bene mettere in rilievo – servendoci della matrice STEPS – alcune implicazioni che l’impiego di queste tecnologie possono avere.
S – SOCIAL: l’impiego delle tecniche di editing genetico nelle piante potrebbe contribuire a garantire una maggiore sicurezza alimentare, specialmente in regioni colpite con maggiore veemenza dagli effetti dei cambiamenti climatici o alle prese con pratiche agricole arretrate e carenti. Va considerato l’esempio dell’Africa: nel 2021 sono state quasi 795 milioni le persone sofferenti l’insicurezza alimentare, quasi il 60% della popolazione del continente [fonte: UNCTAD].
T – TECHNOLOGY: l’efficienza introdotta dalle piante sottoposte a editing genetico potrebbero ridurre la necessità di manodopera nel settore agricolo e consentire di aumentare la resa dei terreni, anche quelli in aree oggi difficilmente coltivabili.
E – ECONOMY: le tecniche di evoluzione assistita mirano a migliorare specifici tratti delle colture, come la resa, la resistenza alle malattie o la tolleranza alle condizioni ambientali avverse. Un miglioramento di questi tratti può comportare un aumento della produttività delle colture, con benefici anche economici per le comunità rurali.
P – POLITICAL: l’implementazione di regolamentazioni efficaci e di meccanismi di governance è cruciale per assicurare un utilizzo sicuro ed etico delle tecnologie di editing genetico. Ciò contribuirà a prevenire abusi, garantendo la sicurezza alimentare e proteggendo l’ambiente, e a evitare diseguaglianze e gravi squilibri che potrebbero causare tensioni geopolitiche importanti.
S – SUSTAINABILITY: se correttamente progettata e su base ecologica, la protezione preventiva delle piante può ridurre o azzerare l’uso di pesticidi, segnala l’ong FoodWatch. Tuttavia, l’editing genetico va considerato uno dei possibili strumenti a disposizione dell’uomo per una produzione alimentare sicura ed efficace, oltre che meno impattante per l’ambiente. Va ricordato che l’agricoltura è la quarta voce in assoluto in termini di emissioni di gas serra, prima al mondo per emissioni di metano e protossido di azoto [fonte: Our World In Data].