Il rapporto tra scienza ed informatica ha creato dei connubi indissolubili nell’ambito della ricerca e dell’applicazione di nuovi studi, capaci di cambiare per sempre il corso dell’umanità. In tale scenario di profonda innovazione, la bioinformatica si esprime trasversalmente nel corpus di discipline e tecniche multidisciplinari capaci di supportare la ricerca biologica nei suoi vari ambiti applicativi.
Informatica e scienze della vita si ritrovano a percorrere insieme una strada ricca di sfide ed ostacoli da superare, sia dal punto di vista tecnologico che per quanto concerne gli aspetti etici. Lungi dal voler anche soltanto tentare una trattazione enciclopedica di una tale enormità di contenuti e significati, in questo articolo ci occuperemo di introdurre i principali aspetti che hanno connotato la bioinformatica dagli albori alle infinite biforcazioni applicative che la vedono impegnata nei giorni che stiamo vivendo.
Cos’è la bioinformatica
Secondo una scorrevole definizione di ICAR CNR, la bioinformatica è un’area di ricerca interdisciplinare che si occupa di sviluppare nuovi algoritmi, metodologie e strumenti software per l’analisi di dati biologici.
In un certo senso, il concetto informatico applicato alla biologia trova riscontro ancor prima del ricorso all’utilizzo dei bit, quando negli anni 50, Frederick Sanger si vide riconosciuto il premio Nobel per la chimica grazie all’introduzione del sequenziamento delle proteine, inizialmente manuale e successivamente affinato fino all’automazione proposta da Pehr Edman nel 1967. Sequenziamento e informatica erano destinati ad andare a braccetto.
L’esecuzione di calcoli ed operazioni complesse, chiamate a gestire una quantità enorme di dati, manifestava sin dagli albori l’esigenza pratica di ricorrere a simulazioni supportate da discipline e dispositivi informatici. Negli anni 50 IBM introdusse il linguaggio FORTRAN, per consentire la programmazione dei primi computer utilizzati nei centri di ricerca, mentre nel decennio successivo, il MIT si fece pioniere del 3D ricostruendo il modello della struttura del citocromo c, aprendo di fatto una nuova era nella biologia molecolare.
Da allora il rapporto sinergico tra biologia ed informatica è diventato una costante, con una serie di pietre miliari che hanno aperto delle nuove vie di esplorazione e ricerca, che continuano ancora oggi, con il proliferare di nuovi programmi utili a svolgere calcoli via via sempre più complessi, grazie ad approcci metodologici sempre più innovativi.
Nel 1970, Saul Needleman e Christian Wunch scrissero un nuovo algoritmo, capace di comparare in maniera efficace due sequenze per analisi di similarità. Nel 1977, Allan Maxam e Walter Gilbert inventarono il sequenziamento del DNA, inaugurando la stagione delle sequenze geniche, laddove il contributo della bioinformatica iniziava a passare dall’utile all’indispensabile, a maggior ragione se si pensa come la rappresentazione delle sequenze del DNA e delle proteine fosse descritta per via di stringhe di caratteri.
Grazie ad una crescente varietà di programmi informatici, i ricercatori hanno potuto utilizzare i file digitali per archiviare, stampare e identificare le sequenze di DNA, piuttosto che tradurle in sequenze di amminoacidi.
Come vedremo nei paragrafi successivi, le applicazioni citate hanno progressivamente portato alla scrittura di programmi capaci di comparare in primo luogo le sequenze e successivamente le strutture delle proteine, con le recenti scoperte nell’ambito del protein folding, in cui i software informatici e la capacità di elaborazione dei supercomputer rivestono un ruolo fondamentale.
Vediamo dunque quali sono i principali aree di studio oggetto dove l’impiego della bioinformatica contribuisce ogni giorno a raggiungere nuovi e fondamentali traguardi sulla strada del progresso scientifico.
Cosa studia la bioinformatica
Le prime applicazioni della bioinformatica sono state utili a supportare il sequenziamento del DNA, ma ben presto si sono estese fino ad interessare altre discipline della biologia. In questa breve rassegna vedremo alcune delle aree di studio della bioinformatica: genetica, genomica, bioinformatica strutturale, biologia dei sistemi e reti biologiche, oltre agli aspetti che, oltre all’informatica, contribuiscono ad elevare il potenziale di una disciplinare sempre più multidisciplinare.
Genetica e genomica
La genetica è una scienza che studia i geni e la loro variabilità, oltre ai principi che ne regolano aspetti quali l’ereditarietà, mentre la genomica è una branca della genetica che studia nello specifico la struttura dei geni nel contesto dell’intero genoma.
La genomica estende pertanto l’indagine all’immagine complessiva, per comprendere come le diverse parti del genoma interagiscono tra loro. Si tratta di una disciplina pertanto più giovane della genetica, le cui origini risalgono soltanto agli anni 80 e la cui pietra miliare risale al 2001, anno in cui è stata completata la mappatura del genoma umano.
Le applicazioni della genomica sono ormai una prassi in ambito medico, per studiare quella che è a tutti gli effetti l’evoluzione della specie, oltre alla variabilità genetica dell’uomo, per capire come questa possa incidere sulle cause di malattie neurodegenerative, cardiovascolari, del metabolismo, oltre alle patologie tumorali.
Gli studi relativi al sequenziamento del DNA sono ad esempio la base di una grande opportunità, data dall’editing genomico, una tecnica che consente di individuare e correggere gli errori genetici del DNA ai fini di curare un’ampia serie di patologie, ed in cui viene riposta una grande speranza per l’evoluzione della medicina.
La complessità delle operazioni e l’enormità dei dataset della genomica rendono questa area di studio un campo d’azione privilegiato delle tecniche e dei metodi computazionali della bioinformatica.
Quando vi è un’associazione dichiarata tra queste discipline, è piuttosto frequente incontrare definizioni quali genetica computazionale e genomica computazionale. Tra i progetti di ampio respiro in questo ambito ritroviamo la volontà, da parte della comunità scientifica, di mappare il genoma di tutti gli organismi viventi sul pianeta, a cominciare dai vertebrati, ai fini di acquisire il maggior numero di dati e informazioni utili a preservare la vita animale sulla Terra.
Informatica: dalla programmazione alla statistica, fino all’intelligenza artificiale
La bioinformatica si colloca lungo un continuum multidisciplinare che comprende, oltre a biologia ed informatica, anche matematica, statistica, biochimica, vari ambiti dell’ingegneria, oltre ai contributi tecnologici dell’intelligenza artificiale.
La ragione di questa varietà è ben presto spiegata, se si considera il fatto che l’oggetto dell’indagine coincide in buona sostanza con la varietà all’origine della vita stessa, con tutte le applicazioni che ne derivano.
Lo specifico della bioinformatica consiste dunque nel rendere fruibili, a vari livelli, le tecniche informatiche utili a risolvere concretamente i vari problemi che si prospettano durante la ricerca e l’applicazione in ambito biologico, biotecnologico, medicale, farmacologico, ecc. A cominciare dai linguaggi di programmazione e dai framework utilizzati per creare e personalizzare i principali software disponibili.
Bioinformatica strutturale
Si tratta del ramo della bioinformatica che si occupa di analizzare e predire la struttura 3D di proteine, RNA e DNA. In maniera analoga alla biologia strutturale, la sua controparte informatica si pone quali obiettivi la creazione di nuovi metodi per trattare i dati relativi alle macromolecole, ai fini di risolvere problemi concreti, ad esempio nell’ambito della medicina e della farmacologia.
Per cogliere il senso pratico della bioinformatica strutturale è opportuno focalizzarci sulla differenza tra “sequenza” e “struttura”. Un aspetto sorprendente è dato dalla totale distanza percettiva che intercorre tra la sequenza di un genoma e la forma effettiva della proteina, equiparabile al modello 3D della sua struttura molecolare. Sequenze di amminoacidi apparentemente simili possono rivelarsi in strutture proteiche che di somigliante non hanno assolutamente nulla, dal momento che il loro ripiegamento esprime delle forme tridimensionali molto differenti.
Il calcolo del ripiegamento proteico (protein folding) costituisce una delle aree di studio in cui la bioinformatica ha fornito un contributo fondamentale, passando dalle tecniche di laboratorio alle simulazioni basate sul calcolo distribuito, come i progetti collaborativi Rosetta@Home e Folding@Home, che impiegano le risorse non utilizzate dei computer per sostenere le complesse simulazioni delle strutture proteiche.
Un’altra iniziativa open source per sostenere il ripiegamento proteico è caratterizzata da Foldit, un vero e proprio gioco in cui ciascun utente può utilizzare la propria abilita nel ripiegare le strutture tridimensionali e condividerle con la piattaforma globale del progetto.
Se i tre casi citati erano o sono accessibili a tutti, vi sono al tempo stesso alcune iniziative riservate a gruppi di ricerca, come il celebre CASP (Critical Assessment of protein Structure Prediction), che si svolge su base biennale a partire dal 1994.
Team universitari e privati (sostenuti dalle multinazionali delle AI) si sfidano per individuare metodi computazionali capaci di predire le strutture 3D delle proteine nel modo più accurato possibile. L’obiettivo del CASP è quello di trovare soluzioni più efficienti, veloci ed economiche rispetto alle tecnologie di laboratorio come la cristallografia a raggi X o la spettroscopia NMR.
La biologia dei sistemi
È una disciplina biologica che si occupa di studiare gli organismi viventi quali sistemi in grado di evolvere nel tempo, attraverso l’impiego di modelli dinamici basati sulla tecnologia high throughput, da cui deriva il nesso con la bioinformatica.
In altri termini, la biologia dei sistemi coniuga le procedure della generica teoria dei sistemi, della bioinformatica, della matematica e della statistica per creare dei modelli dinamici capaci di descrivere e spiegare il funzionamento dei sistemi biologici.
A differenza della biologia molecolare intesa in senso ampio, la biologia dei sistemi non si focalizza nello specifico sulla sequenza e sulle strutture, ma va oltre il singolo meccanismo per indagare in merito alle interazioni dinamiche che le molecole instaurano tra loro in funzione del tempo.
Le reti biologiche
I geni definiscono di fatto ogni organismo vivente, ma non sono l’unica fonte di informazione biologica. Le reti di interazioni tra i geni, così come le reti strutturali proteiche e le reti metaboliche, consentono di acquisire una base di dati estremamente più ampia ed utile a comprendere il funzionamento degli organismi stessi, ai fini di individuare sia le cause che le possibili terapie per una patologia.
Grazie all’impiego di matematica, informatica, calcolo parallelo e tecniche di data mining, è possibile analizzare la complessità delle reti di interazione genetica e delle altre principali reti biologiche per scoprire nuove informazioni utili alla ricerca.
La sfida è aperta ed al centro di numerosi progetti di ricerca in tutto il mondo, sostenuti dalla consapevolezza che nessuna singola fonte di dati biologici è in grado di spiegare i processi che si generano in ogni organismo, per cui è necessario approcciare il concetto di “reti biologiche”, cercando di isolare le parti che le compongono per associarle ed ottenere un quadro unitario della loro complessità.
In altri termini, per spiegare il funzionamento di una cellula si rende necessario prendere in esame molte migliaia di proteine e tutte le possibilità interazioni che le caratterizzano. L’entità numerica del problema obbliga l’adozione sistema computazionale basato su una serie di algoritmi capaci di processare un dataset di enormi dimensioni, per svolgere tutte le analisi utili agli obiettivi della ricerca.
Dove studiare bioinformatica (i percorsi di studi)
Le discipline legate alle applicazioni informatiche della biologia e delle biotecnologie sono pienamente riconosciute in ambito accademico, al punto che i cataloghi formazione dei principali atenei italiani ed internazionali annoverano ormai da tempo numerosi corsi di laurea in bioinformatica, sia triennale che magistrale.
Più che entrare nel merito delle qualità delle singole offerte formative, l’ambito di indagine che intendiamo affrontare è focalizzato a mettere in evidenza il quadro di competenze necessario per diventare dei professionisti nell’ambito della bioinformatica.
Innanzitutto chi è il bioinformatico? Non esiste un profilo univoco, fabbricato con lo stampino. È infatti possibile approcciare la disciplina sia proveniendo da una formazione biologica, piuttosto che informatica, a patto di formare nel tempo un sufficiente background cross disciplinare, utile a dialogare con efficienza con tutti i contributi utili, a prescindere dal proprio ruolo specifico.
Tale è la varietà applicativa data dalle combinazioni tra le discipline che vi concorrono, che un bioinformatico può essere sia lo sviluppatore chiamato a creare algoritmi e software per svolgere i processi, piuttosto che un data scientist utile ad implementare i dataset e a gestire i modelli per l’analisi dei dati basati su tecniche di intelligenza artificiale.
Dal punto di vista delle competenze informatiche, è auspicabile conoscere come orientarsi nell’offerta dei software open source e di pubblico dominio che la comunità scientifica continua a rendere disponibili a tutti i ricercatori.
Questo implica necessariamente delle competenze in ambiente Linux e in linguaggi di programmazione come Python, Java, C++, ecc. per personalizzare il software libero sulla base delle proprie esigenze.
Sulla base delle aree di studio individuate nel precedente paragrafo, un corso di laurea magistrale in bioinformatica dovrebbe prevedere almeno le seguenti aree di apprendimento:
- biologia molecolare e informatica di base, con elementi di matematica e statistica;
- programmazione, per sviluppare gli strumenti informatici;
- bioinformatica applicata, con sviluppo di capacità relative al problem solving
Grazie a questo grande kit di strumenti, i neolaureati possono intraprendere il loro percorso nei laboratori di tutto il mondo, per alimentare un parco di professionalità in crescita esponenziale, sempre più richieste in varie discipline applicative.
Le discipline applicative della bioinformatica
Parallelamente alle numerose aree di studio che vedono coinvolte la bioinformatica, è opportuno focalizzare la nostra rassegna introduttiva verso tre discipline di riferimento: la biologia computazionale, la genomica computazionale e la biorobotica, che corrispondono ai tre principali filoni in cui ricerca e applicazione stanno evolvendo grazie al supporto delle più avanzate tecnologie computazionali.
La biologia computazionale
Per certi versi un sinonimo della bioinformatica stessa, in quanto ne assimila i presupposti generali, che coincidono con l’impiego di algoritmi per risolvere determinati problemi di matrice biologica.
Come abbiamo visto, uno dei primi ambiti disciplinari in cui biologia e informatica hanno giovato dalla loro collaborazione è dato all’allineamento delle sequenze, per capire ad esempio se la loro similitudine sia l’effetto di un progenitore comune.
Il concetto alla base degli algoritmi di allineamento è relativamente semplice, data la complessità delle operazioni che sono chiamati a risolvere: dato un dato sistema di scoring (punteggio), l’algoritmo deve allineare due sequenze con il punteggio più elevato possibile. Esistono pertanto varie tipologie di algoritmi.
Gli algoritmi esatti, come i già citati Needleman-Wunsch (global gapped alignments) e Smith-Waterman (local gapped alignments) sono molto precisi ma al tempo stesso richiedono risorse computazionali molto elevate per raggiungere il loro obiettivo. Gli algoritmi euristici, di più recente concezione, non garantiscono il miglior allineamento ma si distinguono per la loro notevole velocità nell’eseguire la simulazione. È il caso dell’algoritmo BLAST (ungapped local alingments).
Lo scenario varia sensibilmente a seconda della tipologia di sequenze analizzate, per cui occorre individuare di volta in volta il modello di calcolo basato su algoritmi e matrici di sostituzione adeguati per risolvere in maniera ottimale l’allineamento.
Questa brevissima introduzione sulla matematica non rende minimamente idea della complessità dell’intera questione, ma è utile a focalizzare la notevole varietà degli aspetti computazionali che riguardano la biologia molecolare, per comprendere l’esigenza di team di ricerca multidisciplinari.
Le odierne risorse computazionali consentono ad esempio di affrontare delle simulazioni molto complesse per risolvere sequenze e strutture molecolari grazie alle più avanzate tecniche di intelligenza artificiale, tra cui il deep learning.
Un esempio straordinario è costituito da AlphaFold, un progetto open source sviluppato da DeepMind per risolvere il problema del Protein Folding, la simulazione in 3D delle strutture proteiche. Trionfatore dell’ultima edizione del già citato CASP, il noto AI Lab londinese supportato finanziariamente da Google, ha prodotto un risultato che sta aprendo una nuova era nell’ambito della biologica molecolare, grazie alla sua capacità di ridurre progressivamente i costi della ricerca, oltre a renderla estremamente più veloce e funzionale nel rispondere alle crescenti esigenze in ambito medicale e farmacologico.
La genomica computazionale
La genomica computazionale è la scienza basata sul sequenziamento del genoma grazie ad una pluralità di tecniche e metodi basati sull’analisi statistica e computazionale, per studiare le funzioni delle regioni del genoma stesso, ai fini di guidare la ricerca nell’ambito della biologia, della medicina e della farmacologia.
La ricostruzione della sequenza del genoma umano rappresenta per certi versi l’episodio che ha riconosciuto la genomica computazionale quale una disciplina chiave nello studio dei processi biologici.
Si tratta di una disciplina in continua evoluzione, che nel giro di pochi anni ha visto gli studiosi interrogarsi in merito a vari approcci, da quello tradizionalmente riduzionista, focalizzata in maniera sistemica sui singoli geni, fino alle più recenti metodiche sperimentali, che sfruttano la progressiva evoluzione dei sistemi computazionali per ottenere una crescente quantità di dati genomici con tempi e costi sempre più contenuti.
Per rendere l’idea, la più volte citata ricostruzione della sequenza del genoma umano, in origine ha richiesto un impegno di miliardi di dollari nella ricerca, per oltre dieci anni di duro lavoro, che oggi potrebbe essere risolto in pochi giorni di calcolo, con costi al confronto assolutamente irrisori.
Uno degli aspetti più affascinanti della genomica computazionale è costituito dai differenti approcci possibili alla ricerca. La genomica data-driven costituisce l’esempio perfetto per descrivere questo sentimento, in quanto si traduce nella costante creazione di nuovi modelli e linguaggi per analizzare i dati in maniera sempre più interoperabile, ai fini di coordinare gli effetti di più ricerche in parallelo, nella direzione di costituire un vero e proprio Internet of Genomics, parafrasando la più celebre ed inflazionata accezione dell’IoT (Internet of Things).
Su tali presupposti si basa ad esempio il progetto di ricerca GeCo del Politecnico di Milano, che utilizza grandi banche dati pubbliche ed è utilizzabile sia presso il Consorzio Cineca che liberamente scaricabile dai server dell’ateneo.
Tra gli obiettivi secondari di GeCo vi è quella di consentire alle strutture sanitarie la possibilità di utilizzare i propri dataset per la medicina di precisione, ai fini di individuare dei percorsi di cura personalizzati sulla base dei dati clinici di ogni paziente.
Intelligenza artificiale e genomica
Il contributo dei sistemi di intelligenza artificiale all’analisi e all’incrocio di complessi set di dati biomedici accelera il ritmo della ricerca sul genoma umano. Secondo uno studio a cura della PHG Foundation, in seno all’Università di Cambridge, in futuro, l’applicazione clinica della genomica proseguirà il suo percorso anche parallelamente all’affinamento delle tecniche di intelligenza artificiale. Secondo gli autori dello studi, in futuro, l’applicazione clinica della genomica proseguirà il suo percorso parallelamente all’emergere non solo di nuove conoscenze in ambito scientifico, bensì anche al progresso delle tecniche che fanno capo all’ambito di studi dell’intelligenza artificiale. A condizione, però, che – all’interno dei laboratori di ricerca – vengano sfruttate appieno tutte le potenzialità che, oggi, l’AI è in grado di offrire: solo in questo modo, infatti, potrà essere vinta la sfida che vuole l’intelligenza artificiale sempre più presente anche nella pratica clinica.
Per approfondire le potenzialità dell’intelligenza artificiale sulla genomica suggeriamo la lettura dell’articolo “Perché l’intelligenza artificiale è utile alla genomica“
Biorobotica: robotica e biologia si incontrano
Tra le discipline più suggestive in cui l’informatica contribuisce a dare un solido contributo evolutivo troviamo senza dubbio la biorobotica, una scienza che si ispira dichiaratamente alla natura per generare dei robot capaci di adattarsi a situazioni sempre più estreme.
La biorobotica fa propri i contributi disciplinari della robotica propriamente intesa, della bioingegneria e dell’intelligenza artificiale, con specifico riferimento a forme di intelligenza differenti da quella umana. L’osservazione del comportamento delle piante e degli animali ispira le creazioni robotiche sia dal punto di vista della forma che per quanto concerne gli aspetti funzionali.
Un biorobot può ad esempio ispirarsi alla capacità di adattamento delle piante, in grado di modificarsi lungo il loro percorso, per individuare il rilascio improprio di sostanze tossiche, intervenendo per ridurre la minaccia, senza mettere a rischio l’incolumità degli operatori umani.
Non è raro incontrare dei biorobot la cui forma si ispira a quella di un animale particolarmente noto, come avviene nel caso dei prototipi Silver 2 e Octopus, rispettivamente granchio e polpo robot sviluppati dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con l’obiettivo di esplorare i fondali marini, oltre a ripulirli dai residui inquinanti. Octopus rappresenta peraltro uno dei più mirabili esempi di soft robotica sin qui implementati.
I robot dalle sembianze e dal comportamento ispirato agli animali interessano anche altre specie, tra i serpenti, molto utilizzati nel caso di endoscopi e organismi di controllo il cui requisito fondamentale è dato dalla capacità di sapersi muovere in maniera efficace anche in spazi stretti e tortuosi.
Singolare anche l’apporto delle api robot, deputate sia a supportare gli insetti nell’impollinazione dei fiori, che ad inserirsi all’interno del nostro organismo per trattare le patologie cancerogene dell’intestino, piuttosto che ripulire i vasi sanguigni da pericolosi accumuli.
Altri esempi di biorobotica sono relativi alle protesi e agli esoscheletri, ispirati ai rivestimenti esterni degli artropodi, capaci di funzionare come dei veri arti, sia potenziando il movimento di gambe e braccia, oltre a dare sostegno alla colonna vertebrale, e persino ad essere governati dal cervello grazie alle connessioni degli elettrodi con i terminali nervosi dell’organismo umano.
Applicazioni pratiche
Se la bioinformatica supporta ormai con successo le discipline legate agli studi biologici, è innegabile come le applicazioni di queste siano capaci di innescare un’azione profondamente innovativa, capace di allargare gli orizzonti determinati dagli approcci tradizionali, oppure di incrementare in maniera radicale l’efficienza dei processi già in atto. Vediamo dunque due tra le principali applicazioni della bioinformatica nell’ambito della medicina e della farmacologia.
Medicina di precisione e medicina preventiva
La medicina di precisione, altrimenti nota come medicina personalizzata, è una disciplina che sfrutta la conoscenza clinica di ogni paziente per cercare di garantirgli il miglior supporto terapico possibile, con un livello di efficienza generalmente ben superiore rispetto agli approcci generalisti.
Non si tratta naturalmente di un concetto nuovo, ma i progressi della genomica, dovuti in gran parte al contributo della bioinformatica, stanno accelerando notevolmente gli studi e le ricerche in ambito biomedico.
Le scoperte e gli studi effettuati sul genoma umano cominciano a garantire dei risultati sul fronte della diagnosi, della cura e, di conseguenza, della razionalizzazione della spesa pubblica, derivante da un utilizzo più efficiente dei farmaci disponibili.
L’analisi del funzionamento dei singoli organismi, uniti alla comprensione delle loro capacità metaboliche, possono risultare determinanti per disegnare un percorso terapico personalizzato, individuando i farmaci in grado di offrire una risposta migliore da parte del singolo individuo. Gli ambiti in cui la medicina di precisione è in grado di offrire significativi vantaggi sono l’oncologico, l’immunologico, il cardiocircolatorio, lo psichiatrico ed il neurologico. I benefici della personalizzazione si riflettono su larga scala a livello terapico, sin dalle fasi della sua definizione.
Nel caso del paziente oncologico è ad esempio possibile valutare con maggior certezza i dosaggi di terapie invasive come la radio e la chemioterapia, evitando di sforare nella tossicità. Significativi anche i possibili benefici derivanti dal trattamento delle malattie infiammatorie croniche, che richiedono un’assunzione di farmaci decisamente prolungata. In questi casi, diventa fondamentale evitare possibili interferenze con l’assunzione di farmaci che dovesse rendersi necessaria per trattare altre patologie.
La medicina personalizzata apre oltretutto un fronte di attività dal punto di vista etico, considerato il valore del mercato che i dati genetici raccolti dalle aziende di genomica personalizzata sono in grado alimentare.
Particolarmente noto il caso della 23andMe, colosso americano per anni osteggiato dal suo governo, fino a quando l’Agenzia per il farmaco e la ricerca biomedica statunitense non le ha consentito, entro certi limiti, di commercializzare una serie di test effettuati dal 2006 ad oggi.
Un altro fronte applicativo fondamentale è costituito dalla medicina predittiva, quella branca della medicina che grazie alla conoscenza genetica degli individui è in grado di determinare i rischi di sviluppare una determinata patologia nel breve, medio e lungo periodo, agevolando la diagnostica periodica, con particolare attenzione nei confronti delle terapie da adoperare sia in fase preventiva che qualora dovessero manifestarsi i sintomi precoci della malattia.
Nel caso delle malattie respiratorie, soprattutto a causa della loro grande e crescente diffusione, l’azione predittiva si traduce in un impatto particolarmente positivo sul fronte socio-economico della popolazione.
La generale conoscenza del problema ci porta ormai a dare quasi per scontati i principali fattori che causano le patologie polmonari. Si spazia infatti dal rischio ambientale (fumo, esposizione ad agenti inquinanti, dieta, infezioni, ecc.) al rischio individuale (predisposizione generica alla malattia). Prevenire i fattori di rischio può contribuire in maniera importante a prevenire la malattia o anticipare l’insorgenza della patologia nella sua fase acuta.
L’azione della medicina predittiva risulta efficace soprattutto in relazione ai fattori di rischio individuali. Grazie all’azione sulle persone sane, è possibile ricercare i fattori di fragilità che potrebbero dare luogo alla malattia, soprattutto laddove vi siano degli indizi dati dalla possibile ereditarietà, riscontrabile dai casi attivi in famiglia.
La medicina predittiva assume dunque una valenza probabilistica ed individuale, richiedendo una notevole contributo computazionale, fattore che la rende un campo d’azione privilegiato della bioinformatica.
La bioinformatica per la ricerca farmacologica
Ad oggi sul mercato esiste un numero molto elevato di farmaci, eppure i laboratori sono costantemente alla ricerca di nuove soluzioni. Eppure, con una maggior consapevolezza delle strutture proteiche, molte delle medicine attualmente disponibili potrebbero risultare efficaci per curare molte patologie per cui determinati farmaci non sono stati disegnati. La risposta pratica a questa osservazione deriva dall’applicazione della biologia molecolare, in particolare quella che studia il ripiegamento proteico (protein folding).
Confrontando le strutture tridimensionali delle proteine del farmaco con quelle delle strutture alterate degli organismi, sarebbe infatti possibile verificare l’allineamento che consentirebbe al farmaco di contrastare gli effetti nefasti della patologia.
Per progettare farmaci efficaci, il protein designer utilizza software che gli consentono di visualizzare la struttura 3D ed andare nella direzione di un crescente livello di personalizzazione della cura. Si tratta di un aspetto complementare rispetto alle considerazioni relative alla medicina di precisione nel paragrafo precedente.
Sia per lo sviluppo di nuovi farmaci, che per verificare l’efficacia di quelli esistenti, la ricerca farmacologica ha dunque bisogno di apporti importanti da parte della genomica computazionale, le cui potenzialità sono in continua crescita grazie ai progressi della bioinformatica.